Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (II parte)

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Minerva McGranittTorino è una città discreta, abituata a riservare a sé stessa il godimento delle sue bellezze, ma il fatto che piuttosto insolitamente abbia deciso di mostrarsi al mondo, mette decisamente di buon umore.
Ha tutte le carte in regola e se decidesse di spenderle bene per proporre un modello avanzato di "Made in Italy", in un periodo di crisi come questo, manifesterebbe la sua magia trasformando una crisi in un'opportunità. Tutto ciò dimostrerebbe come la propria cultura sia da anni al servizio dell'innovazione, proprio come il suo tipico di stile di vita.
La storia di Torino è fatta di stagioni che si avvicendano, proprio come quelle dell'anno: letarghi lunghi e grigi come il suo inverno si alternano a impennate solo apparentemente improvvise in un dolce passaggio dalla stagione primaverile alla più torrida estate. Fu promettente castrum romano in epoca antica, in ragione della sua collocazione geostrategica, ma quasi scomparve nel medioevo e non conobbe nemmeno il Rinascimento. Il suo secolo d'oro fu il settecento, grazie a Vittorio Amedeo II, il Savoia che rese Torino capitale di un Regno, grazie all'originalissimo connubio di razionalità e fantasia frutto dell'incontro del nuovo regnante con Filippo Juvarra.
Fu proprio il geniale architetto messinese che disegnò il centro storico come lo conosciamo oggi; un bellissimo inseguirsi di eleganti scenografie.
Juvarra poté dare il meglio di sé proprio all'interno di un progetto di crescita della città, con uno sviluppo urbanistico basato su linee di grande razionalità ma anche di integrazione con la campagna circostante che ottenne indiscusso vantaggio economico, diventando così una vera capitale europea.
La dinastia sabauda aveva bisogno di una capitale europea e anche di capitali privati e di sontuosi palazzi per la sua nascente borghesia sia mercantile che industriale e i maggiori progettisti dell'epoca gareggiarono per essere presenti in questa nuova capitale.
L'interruzione del periodo napoleonico accelerò questo processo ammodernando il sistema amministrativo e sopratutto rompendo il diaframma esistente tra le classi sociali, cittadine e rurali, tra nobili, borghesi ed il ceto ecclesiastico.
Fu però Cavour con la sua caparbietà a creare una maturità risorgimentale e a creare l'ambizione di diventare la capitale italica, volontà che venne poi frustrata dall'obbligata scelta di trasferire la capitale del nuovo regno a Roma.
Torino non ha una chiave di lettura solo estetica, la sua vera dote magica è stata la capacità di contaminazione tra le diverse classi sociali, mantenendo la sua caratteristica nobiliare.
E il primo incontro che faremo insieme a Torino e che rappresenta tutte queste caratteristiche è al caffè "Torino" da dove partiremo con il nostro curioso tour.
Minerva McGranitt è una donna non molto alta, dai lineamenti duri e severi e porta un paio di occhiali squadrati da lettura, che indossa con classe. Capelli castani tinti sul rossiccio parla con il tipico accento delle madame di Torino ed ha un atteggiamento da professoressa. Personaggio di per sé magico che potrebbe tranquillamente comparire nei libri e nei film di fantasia, ricopre da sempre ruoli di relativa importanza nella mia saga. Da sempre segretaria dei più importanti personaggi della mia Hogwarts, storica collega di Hagrid, è maestra nel tirare le file dei più ingarbugliati misteri, dimostrandosi non solo intelligente e sveglia, ma anche forte e molto capace, tanto da tenere testa a chiunque, solo a pronunciarne il nome.
Nel suo atteggiamento da professoressa è molto severa ma anche molto giusta e cerca di non fare nessun tipo di favoritismo.
Siamo seduti vicini ad un altro dei caffè storici della capitale sabauda, il caffè "San Carlo" che fu inaugurato nel 1822 col nome di Caffè di Piazza d'Armi. Il locale situato nell'omonima piazza, ha la particolarità di essere stato il primo caffè d'Italia ad avere la luce a gas. È un salotto intellettuale percorso da sempre da forti fermenti di patriottismo e roccaforte del Risorgimento italiano, non poteva che essere il caffè della mia compagna di viaggio per Torino. L'interno è arricchito con marmi, statue e dorature ed è sicuramente il locale più prestigioso della città.
Con Minerva McGranitt mi intrattengo volentieri a sorseggiare un tè in questo famoso locale, che visse i suoi anni d'oro quando, tra il 1920 e il 1925, divenendo luogo di ritrovo di importanti, saggisti, critici letterari e poeti.
Torino, come la Rosina di Vittorio Emanuele II è elegante, ma di una eleganza frigida e arrogante come una donna di campagna, tipica di una nobiltà decaduta. Torino è sentita come enigmatica e lontana e Minerva lo sa bene e su questo ci ha da sempre giocato.
Al mio arrivo a Torino, Minerva McGranitt era già in pensione, ma sempre vicino ai posti di potere, pronta ad elargire consigli e a richiamarti alla più rigida "etichetta", cosa non facile nella mia Hogwarts. Donna amante della vita agiata ma anche di regole precise, sopratutto se da lei stabilite.
Questi caffè storici furono frequentati in passato da Dumas, Gramsci ed Einaudi, ed è un vero e proprio salto nella storia, come le storie e le conoscenze che Minerva sa raccontare su tutte le famiglie più importanti di Torino. La conobbi in tempi più remoti, grazie ad una comune amica. Una "donnina", minuta ma fiera che dalle terre dell'alessandrino si era trasferita a Torino, senza mai perdere però il contatto e l'amore per il suo paese. Fu una donna che si fece amare da tantissime persone, sia per l'umanità che la caratterizzava che per l'umiltà che la distingueva nonostante avesse raggiunto i più alti vertici associativi e nel vero senso della parola "partecipato" a tantissimi conflitti armati.
Minerva McGranitt mette un po' di soggezione quando le rivolgi la parola, sia per il caparbio carattere che per il modo sbrigativo e diretto di rivolgersi al suo interlocutore, sempre pronta a richiamare chiunque che per qualunque motivo si fosse comportato fuori dai canoni classici del bon ton o di un cerimoniale torinese.
Da questo tavolino privilegiato, si sente ancora l'odore della vecchia nobiltà torinese ma anche di alcuni dei diversi simboli esoterici sparsi per la città, alcuni chiari e ben in mostra, molti nascosti agli sguardi veloci dei passanti: così il "salotto di Torino", piazza San Carlo, sotto le sue belle finestre nasconde volti di persone spaventate, volti che spesso richiamano figure ultraterrene, e solo il passeggiare con un personaggio misterioso come Minerva McGranitt, capace di trasformarsi, grazie alle sue capacità di animagus, ci aiuterà a comprendere meglio questo angolo di città.
Anche i torinesi a loro modo sono gente scaramantica: il toro rampante di piazza San Carlo, ne è testimone proprio nel "salotto" del centro storico.
Proprio sotto i portici, poco lontano dalla nostra comoda posizione possiamo ammirare di fronte all'ingresso dello storico Caffè Torino, un toro d'ottone, simbolo della città, inserito nella pavimentazione dal lontano 1930. Il turista, come ogni torinese che si rispetti, sa che calpestargli gli "attributi" porta fortuna ma nel contempo il gesto scaramantico deve avvenire però nella più totale discrezione. Infatti le "madame" della città questo lo sanno bene e passeggiando disinvoltamente per il centro si dirigono con apparente disimpegno verso i cosiddetti dell'animale e quasi impercettibilmente, li schiacciano sotto le loro suole senza che nessuno se ne accorga.
Piazza San Carlo è uno dei luoghi di incontro più importanti di Torino; Minerva la definisce il "cuore pulsante della città". È inserita all'interno dell'asse viario di Via Roma, che la collega a Piazza Castello e a Piazza Carlo Felice, la sua estensione di 12768 metri quadrati e la sua posizione centrale la rende effettivamente strategica.
Nella sua storia ha preso diversi nomi, da Piazza Reale a Piazza d'Armi e poi, nel periodo napoleonico, Place Napoléon. Ma per i torinesi è sempre stata piazza San Carlo, dedicata, come una delle due chiese gemelle poste su un lato della piazza, a quel Borromeo santo e Arcivescovo di Milano, che chiese a Emanuele Filiberto di portare il Sacro Lino a Torino nel 1578. Carlo Borromeo ebbe per la Sindone una particolare devozione e fece molti pellegrinaggi sia a Chambéry che a Torino per venerarla.
L'aspetto attuale è risalente al XVII secolo su progetto di Carlo di Castellamonte, ulteriormente arricchita dall'intervento di Benedetto Alfieri.
Ai lati si trovano palazzi seicenteschi come quello di Solaro del Borgo, ma anche le due chiese gemelle in stile barocco poste sul lato sud. Quella di Santa Cristina (1639), progettata dal Castellamonte, la cui facciata concava si deve a Filippo Juvarra (1715) e quella di San Carlo (1619), attribuita a vari architetti tra cui anche il Castellamonte. La sua facciata invece è del lombardo Ferdinando Caronesi (1836).
Prima del XVII secolo Piazza San Carlo non esisteva. La nuova città prende forma con il trasferimento della capitale sabauda a Torino nel 1563, quando la città era ancora costruita all'interno delle antiche mura romane, rinforzate dai francesi nel Cinquecento. La piazza venne inaugurata nel 1638 da Maria Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo I.
Anche le due chiese gemelle di Santa Cristina e di San Carlo allora erano molto diverse da come le vediamo oggi. Entrambe erano prive dell'aspetto odierno delle facciate e la chiesa di Santa Cristina, fortemente voluta dalla reggente Maria Cristina, era allora un convento di carmelitane scalze. Cristina, nella sua vecchiaia, amò così tanto questa chiesa da volervi essere sepolta (1663).
In questa piazza si verificò uno degli eventi più tragici della storia cittadina (la Strage di Torino del 21 settembre 1864). I torinesi, pacificamente, scesero in piazza per protestare contro la decisione del ministro Marco Minghetti, di preferire Firenze quale capitale d'Italia a Torino. Le forze dell'ordine furono spietate nel reprimere una protesta che voleva essere pacifica e pare che rimasero a terra 184 persone. Minghetti fu costretto alle dimissioni e Torino nel 1865 rinunciava al ruolo di capitale del Regno.
«... provvistami in Torino una magnifica casa posta su la bellissima Piazza San Carlo, e ammobiliatala con gusto, mi posi a far vita da gaudente...». Su questa piazza il ventiquattrenne scrittore Vittorio Alfieri, rientrando in Italia dopo "anni di viaggi e dissolutezze", prese casa nel 1773: il palazzo è sito sopra l'ultimo tratto dei portici prima della chiesa di San Carlo e successivamente fu dimora dei conti Avogadro di Collobiano. In questo luogo l'Alfieri scrisse, tra il 1774 e il 1777, le sua prima tragedia.
Ma la vita politica piemontese dapprima e poi nazionale si è svolta sempre in Piazza San Carlo, o per meglio dire nei suoi famosi caffè, frequentati da reali, nobili, politici, economisti e scrittori...
Mentre sorseggiamo il nostro tè, Minerva mi racconta dell'odio che ha per Umbridge, delle cattiverie dei fratelli Carrow e della supponenza della Cooman che a stento sopportava.
Il passeggio dei turisti per Torino è di molto aumentato dopo che la città è diventata sede dei XX giochi olimpici invernali ed è proprio stata scelta piazza san Carlo dalla TV americana NBC per farne il palcoscenico dei suoi collegamenti live: Minerva è in effetti un contenitore inesauribile di informazioni e pettegolezzi, ma anche e sempre pronta ad una "tiratine di orecchie" come quella volta che invitato ad un pranzo con alcuni benestanti della città, come mio solito arrivai con un po' di ritardo, accolto con gli indispettiti sorrisi di rito.



Fine II parte.