Blog di Dante Paolo Ferraris

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A Lisbona con Pessoa (XVII parte)

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LisbonaVeloce colazione per fare una rapida ed ultima visita alla città prima di partire per rientrare in Italia.
Lasciamo nella Pensione i bagagli che passeremo a recuperare prima di recarci in aeroporto. Paghiamo il disturbo e usciamo a goderci l'ultimo giorno lisbonetano.
"Nella mezza nebbia del mattino di mezza primavera la Baixa si sveglia intorpidita e si direbbe che il sole sorga lentamente. C'è un allegria tranquilla nell'aria semifredda, e la vita, al soffio leggero della brezza che non c'è ... I negozi, eccetto i caffè e le latterie, non sono ancora aperti; ma la quiete non è torpida come quella della domenica: è quiete soltanto. Una traccia bionda si preannuncia nell'aria che si apre e l'azzurro si colora pallidamente di rosso attraverso la bruma che scema. Il nascere del traffico rareggia per le strade, risalta la distanza fra i pedoni e nelle rare finestre aperte. I tram disegnano a mezz'aria la loro sagoma mobile gialla e numerata. E di minuto in minuto, in modo sensibile, le strade si popolano". Ovviamente non è primavera, ma Bernardo Soares (Pessoa), nel suo libro dell'inquietudine descrive con esattezza ciò che troviamo oltre la porta della Pensão Central.
Attraversiamo la Praça de D. Pedro IV meglio conosciuta come Piazza del Rossio, lo sguardo dapprima contempla lo splendido scenario che il Castelo de São Jorge ti offre, abbarbicato lassù sull'Alfama sembra guardare ciò che accade quaggiù nella Baixa: "In mezzo al caseggiato, in un alternarsi di luce e di ombra, il mattino si scioglie sulla città. Sembra che esso non nasca dal sole, ma dalla città e che la luce dell'alto si stacchi dai muri e dai tetti: non da essi fisicamente, ma da essi perché sono lì" così descrive Bernardo Soares una mattina a Lisbona.
Facciamo un'ultima passeggiata mattutina nella Baixa. I ritmi della vita della città sono scanditi regolarmente, scorrono tranquilli e senza fretta e la città, come la sua gente, pare quasi rassegnata al succedere delle cose, al susseguirsi degli eventi che possono incombere. Personaggi solitari ed indolenti danno l'idea di consumare un'esistenza di basso profilo, sono gli stessi che Bernardo Soares (Pessoa) disegna nei suoi scritti. Negli impiegati, casalinghe, agenti di commercio, venditori ambulanti, nei conducenti di tram, lo sguardo pare rappresentare la nostalgia, la saudade di Lisbona, accompagnata dalle malinconiche note del più famoso canto portoghese, il fado (dal latino "fatum": fato, destino), confine tra poesia e musica, una delle manifestazioni più compiute della saudade lisbonese. Decidiamo di cercare un ristorantino per un ultimo pranzo portoghese prima di ripartire e esaminiamo diversi locali alla ricerca di qualcuno non frequentato da turisti ma da residenti. Nella Baixa ne troviamo uno che mi ricorda quanto scritto nel libro dell'inquietudine di Bernardo Soares. Nella prefazione l'autore racconta l'incontro avuto un giorno a Lisbona con uno sconosciuto:
"C'è a Lisbona un piccolo numero di ristoranti o di osterie in cui, nella parte superiore di un esercizio dall'aspetto di dignitosa taverna, si eleva un mezzanino inelegante e casalingo, simile a quei ristoranti di cittadine non raggiunte dalla ferrovia. In tali mezzanini, salvo la domenica quando sono poco frequentati, non è raro incontrare tipi curiosi, facce insignificanti, una serie di emarginati dalla vita".
Nel nostro girovagare, raggiungiamo Praça de Figueira, una piazza adiacente a Praça D. Pedro IV che Pessoa così descrive: "A due passi dal Rossio, verso est, troverà Praça da Figueira, il mercato centrale di Lisbona che sorge dove un tempo si trovarono l'Ospedale di Tutti i santi, il Convento di San Camillo e altri edifici. È un mercato molto popolare e vivace; costruito in ferro con il tetto di vetro, è composto da un gran numero di piccoli negozi e banchi che si affacciano sulla strada e all'interno dell'edificio. Il momento migliore per visitarlo è la mattina, quando offre un animato spettacolo". Attualmente sulla piazza non c'è nessun mercato ed è scomparsa negli anni cinquanta anche la struttura in ferro che l'ospitava. La Praça da Figueira presenta un profilo molto uniforme, con edifici di quattro piani risalenti al periodo in cui venne ricostruita la Baixa Pombalina. Al centro campeggia la Statua equestre di Giovanni I del Portogallo, un imponente monumento dedicato a Giovanni d'Aviz detto il Buono o il Grande, decimo re del Portogallo e dell'Algarve dal 1385 al 1433 (L'Algarve è la regione più meridionale della nazione).
Un grande tendone bianco, in cui gruppi di persone entrano ed escono in continuazione, attira la nostra attenzione. Una volta entrati vi ritroviamo la fiera dei prodotti alimentari tipici delle varie regioni del Portogallo. Gustosi panini con ogni tipo di salumi, profumati formaggi e pane casereccio dalla crosta croccante che sembra appena sfornato. Dolci di ogni forma, arricchiti con noci e pistacchi, fiaschi di vino bianco e rosso sono l'addobbo migliore che si poteva presentare, insieme a ceste ricolme di ogni tipo di verdure e frutta.
Ci facciamo prendere per la gola e decidiamo di pranzare sotto il tendone, con un enorme panino ricolmo di prosciutto di cinghiale e con un bel bicchiere di vino rosso, accomodati su due traballanti sedie vicino ad un minuscolo tavolo al quale è già seduto un anziano signore. Le sue forme sono imponenti ma non è grasso, è semplicemente robusto. Ha una carnagione olivastra che rende il suo viso ovale più luminoso e due occhi dolci e tristi di color castano con un grande naso che sovrasta due labbra carnose. Un berretto di lana copre una testa che pare calva o con pochi capelli e due grandi orecchie con sbuffi di peli bianchi evidenziano l'età avanzata.
L'abbigliamento è curato, le mani grandi e callose impugnano un bicchiere di vino che lentamente sorseggia, la pelle lucida e curata non pare appartenere ad una persona anziana. Luís Carlos è il nome del nostro nuovo "amico", con cui intavoliamo una lunga chiacchierata; ci racconta che si trova a Lisbona per turismo, anche se lui è portoghese, anzi capoverdiano, e che attualmente risiede in Lussemburgo. Ci narra la sua vita e ci parla della sua famiglia, scoprendo così che ha oltre ottanta anni. La sua vita è sicuramente avvincente e racconta un pezzo di storia coloniale portoghese.
Infatti in giovane età viene mandato, come militare, a combattere in Angola contro gli indipendentisti e li conosce la sua futura moglie, anch'essa di Capo Verde inviata in Angola a lavorare in una fazenda. Rientrato a Capo verde, munito di passaporto portoghese, raggiunge l'Olanda dove lavora per 11 anni come marinaio sulle navi mercantili, avendo l'opportunità di girare il mondo. Così ci racconta la vita marinara e ci parla dei porti delle città italiane dove la nave attraccava.
Ciò mi porta a fare una breve premessa sulle ex colonie portoghesi, oggetto di discussione con Luís Carlos.
Capo Verde (in portoghese: Cabo Verde) è un arcipelago di dieci isole di origine vulcanica, situato a circa 500 km dalle coste senegalesi nell'oceano Atlantico settentrionale, al largo dell'Africa occidentale.
Fu Alvise Cadamosto che nel 1456 scoprì alcune delle isole di Capo Verde e Antonio e Bartolomeo da Noli, navigatori nolesi al servizio del Portogallo, i primi a sbarcarci. Ma solo nel 1460 il navigatore Diogo Gomes prese possesso dell'arcipelago in nome del Portogallo, diventandone di fatto Colonia.
Nel 1951 il Portogallo cambiò lo status di Capo Verde da Colonia Portoghese a provincia estera e i Capoverdiani divennero a tutti gli effetti cittadini Portoghesi e nel 1975, Capo Verde, dopo la rivoluzione dei garofani, ottenne finalmente l'indipendenza dai lusitani ed il 16 settembre dello stesso anno venne ammesso tra i membri delle Nazioni Unite (ONU). Fino a tale data, gli abitanti di Capo Verde furono chiamati alle armi per combattere con le truppe di Salazar contro gli indipendentisti angolani. Dopo un periodo sulle navi e 4 figli, Luís Carlos si trasferisce in Lussemburgo, dove fa per anni l'imbianchino, il manovale e il muratore. È contento della sua vita ed ora si merita un po' di riposo per viaggiare e per conoscere meglio il Portogallo. I suoi figli lavorano tutti, chi come autista di pullman, chi come meccanico di camion, chi fa il cuoco in ospedale e chi l'autista per il Governo. Non ha mai imparato a scrivere, afferma di scarabocchiare, ed è un vero peccato perché la sua vita sarebbe veramente da trasformare in libro autobiografico.
Mangiato il nostro panino e bevuto l'ottimo vino portoghese, abbracciamo il nostro nuovo "amico" con un caloroso abbraccio e ci allontaniamo da Praça da Figueira per proseguire l'ultima passeggiata per Lisbona sotto uno splendido sole.



Fine XVII parte.