Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Novara

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NovaraIl sole è già alto, fuori fa freddo, dalla finestra vedo i vetri delle auto parcheggiate ricoperte di un velo di ghiaccio, scendo rapidamente dal letto dove un profondo sonno mi ha accompagnato tutta la notte, mi scrollo dai brividi che mi colgono appena ho alzato il piumone, inforco le ciabatte per recarmi a svolgere tutte quelle ordinarie attività mattutine che ognuno di noi svolge con ripetizione quasi nauseante tutte le mattine. Stamane però mi devo preparare con più attenzione, devo andare a Novara a festeggiare l'arrivo della befana, o meglio in questo caso il Befano (ossia il sottoscritto) a casa di una carissima amica.
Mi preparo con cura meticolosa, abbandono i colori vivaci con cui tanto mi piace vestirmi, indosso un più serio pantalone colore grigio, una camicia azzurra con un bel righino e un maglione di lana color blu marino con il collo sciallato. Lascio per una volta gli scarponcini per un paio di scarpe nere, so già che mi pentirò della scelta in quanto le stringhe sono rotonde e quindi sicuramente si slacceranno ripetutamente. Anche la mia cuffia di lana multicolore rimarrà a casa, sostituita da un berretto piatto con visiera con un disegno a piccoli quadretti bianchi e neri.
Dopo una visita a mio padre, raggiungo finalmente Novara dopo poco meno di un ora di strada, pochissimo traffico per essere un giorno festivo e sopratutto giorno in cui gli amanti dello shopping del saldo invadono le strade ed autostrade che portano agli outlet.
Novara è una piccola cittadina che non mi ha mai attirato particolarmente e il suo nome lo lego mentalmente a poche vicende storiche.
La battaglia di Novara del 23 marzo 1849 fu lo scontro decisivo della prima guerra di indipendenza italiana durante il Risorgimento e si concluse con la completa vittoria dell'esercito austriaco guidato dal maresciallo Josef Radetzky contro l'armata piemontese comandata dal generale polacco Wojciech Chrzanowski. È familiarmente conosciuta come la battaglia della Bicocca, dal nome della località vicina alla città dove si combatterono gli scontri più importanti.
Ma Novara fu scenario di altre battaglie come quella detta anche battaglia dell'Ariotta, che venne combattuta il 6 giugno 1513 tra le truppe svizzere, parte della Lega Santa, che sconfissero i francesi guidati da Louis de la Trémoille, costringendoli ad abbandonare Milano, conseguentemente venne restaurato il potere del duca Massimiliano Sforza, ma anche la meno nota battaglia di Novara tra Rotarit duca longobardo di Bergamo e Ragimperto duca di Torino nel 701 o anche la battaglia che avvenne l'8 aprile 1821 tra le truppe degli insurrezionalisti liberali piemontesi detti costituzionalisti contro le truppe austriache dette lealiste; fu un momento cruciale dei moti del 1820-1821.
Entrando in Novara, sulla ex ss11 padana superiore, ero abituato a vedere un insegna che univo al nome della città, ossia la fabbrica della Pavesi, dove si produceva il famoso biscotto pavesino, che ahimè non c'è più e al suo posto trovo quello della Barilla del quale il marchio Pavesi fa parte.
Sicuramente l'emblema cittadino è rimasto, lo scorgo da lontano è la cupola della basilica di San Gaudenzio.
Enza mi accoglie in casa con il suo solare sorriso siciliano, è molto più giovane di me. Una capigliatura corvina lucida con taglio alla maschiaccio incornicia un bel viso acqua e sapone con due occhi color castano, profondissimi divisi con eleganza da un nasino alla francese, labbra fini e rosa e con un neo sulla dx del naso che pare disegnato ne completano il quadro.
Con me è arrivata anche Paola, una amicizia torinese di lunga data, oggi se dovessi fare il befano lo farei volentieri, proprio per l'allegra compagnia con cui condividerò il desco.
Dopo un po di convenevoli, gustiamo un antipastino preparato da Enza e una bella razione di tagliatelle caserecce prodotte da Paola ma condite con un gustoso pesto di pistacchio. La padrona di casa ci tiene evidenziare come sia stata Lei a preparare tutto quanto e noi non possiamo che apprezzare lo sforzo che ella ha voluto fare per darci ospitalità, sapendo che tendenzialmente non ama molto cucinare. Ci racconta le sue ultime attività filantropiche per aiutare i bambini del Nicaragua, dove recentemente è stata per diversi mesi come medico pediatra. Infatti io scherzosamente l'ho da subito definita "la mia pediatra", perché se si dice che diventando vecchi si torna bambini non capisco perché non posso avere un pediatra, anzi una bellissima pediatra piuttosto che un vecchio barbuto geriatra.
Dopo un po' di chiacchiere, un digestivo e qualche trasmissione televisiva vista insieme, tra l'altro un divertente film a cartoni animato con protagonista Barbie e Ken che ci riportano alla mente i giochi di gioventù, dobbiamo purtroppo accomiatarci, sia perché Paola deve rientrare a Torino, e anche perché Enza monterà di guardia medica.
Baci, abbracci, promesse di andare tutti alle terme insieme in uno dei prossimi week-end e ci allontaniamo da casa di Enza, salutato anche Paola mi dedico ad un breve tour per Novara.
Parcheggio l'auto davanti all'ingresso principale dell'Ospedale della Carità di Novara, luogo dove lavora Enza, la facciata è veramente desolante, scrostata, abbandonata quasi fosse un vecchio rudere anziché un prestigioso e storico edificio. Entro nel cortile, un portico gli corre tutto intorno con belle colonne di pietra, un orologio antico è collocato su uno dei due lati lunghi del cortile, dimostra tutti gli anni che ha, nessun restauro o pulizia pare gli sia stata fatta da chissà quanti anni. Anche le mura interne sono scrostate e le uniche decorazioni che trovi sono i manifesti funebri appesi alle pareti e qualche orribile cartello indicatore di uffici e reparti. Un vero peccato per un Ospedale che è clinica universitaria ed è la seconda del Piemonte, eppure il costo della sanità piemontese è altissimo e nonostante tutto il degrado è tanto.
Raggiungo, dopo aver percorso tutta via Cavour, un tempo il cardo dell'antica città romana della Gallia Cisalpina che forse si chiamava "Novaria" ed aver ammirato qualche vetrina e schivato qualche gruppo di famiglie che spingendo il carrozzino dei pargoli, ed intenti a chiacchierare non danno molta attenzione agli altri viandanti, largo Cavour. Vorrei entrare a visitare la chiesa del Monserrato, posta in fondo al corso ma e chiusa e allora i miei passi mi portano per una strada dedicata a Gaudenzio Ferrari, molto poco frequentata e raggiungo così la basilica a di San Gaudenzio un importante luogo di culto cattolico, famosa per la sua cupola, alta 121 metri, opera dell'architetto Alessandro Antonelli, novarese "d.o.c".
La basilica di san Gaudenzio, patrono di Novara, fu costruita nel punto più alto della città tra il 1577 e il 1690 là dove esisteva una precedente basilica. La progettazione della nuova basilica fu affidata a Pellegrino Tibaldi celebre architetto per il suo verticalismo e per il rigore delle linee della facciata, mentre il campanile è opera di Benedetto Alfieri,zio del più famoso Vittorio letterato. Il campanile è alto 90 metri e fu costruito con calma in 33 anni dal 1753 al 1786.
Dopo oltre 50 anni dall'ultimazione del campanile, grazie al denaro ricavato dalla tassa sulla carne (sesino), fu deciso il completamento della basilica realizzando la cupola e questa volta l'incaricò fu affidato appunto all'Antonelli che presentò un primo progetto nel 1841.
I lavori iniziarono nel 1844; occorreva rifare innanzi tutto il tamburo e gli archi di sostegno, essendo quelli precedenti inadatti a sostenere il peso dell'opera. Il cantiere si interruppe dapprima e poi riprese lentamente, a causa delle guerre d'indipendenza contro l'Austria anche perché il Comune ridusse drasticamente i fondi destinati alla costruzione.
Si susseguirono molti modifiche al progetto originario presentate dall'Antonelli stesso, e solo nel 1862 la costruzione della cupola giunse al termine. Mentre per la guglia occorre aspettare ancora 14 anni, il 16 maggio 1878 fu issata sulla cima la statua del Cristo Salvatore (e non di San Gaudenzio come ingenuamente potrebbe ritenere), opera di Pietro Zucchi. La statua è in bronzo ricoperta di lamine d'oro, alta quasi 5 metri. Attualmente in cima alla cupola si trova una moderna copia in vetroresina, mentre l'originale è collocata all'interno della basilica, nel transetto sinistro del Duomo. Calcolando anche la statua l'altezza totale dell'edificio raggiunge i 126 metri. Sulla cupola si può salire, cosa che non riesco a fare, ma che mi riprometto di poter visitare in una delle prossime visite a Novara.
Ad ammirare l'imponente basilica e a far scattare foto della sua cupola, trovo una graziosa famigliola, tutti con il naso all'insù, compreso i bambini. Decido di entrare in basilica, già era stata occasione di una fugace visita, quando con mia sorella andammo qualche anno or sono a vedere l'urna contenente le spoglie di san Gaudenzio.
La chiesa si presenta con pianta a croce latina con un'unica navata, affiancata da sei cappelle laterali collegate tra loro, con un ampio transetto presbiterio. Vi sono sia diversi visitatori che persone assorte ed impegnate in preghiera che cercherò di non disturbare.
La prima cappella su cui mi soffermo è detta "cappella della Buona Morte" con una bellissima pala rappresentante la Deposizione di Gesù, opera del monferrino Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, sono molto belli anche gli affreschi sulla volta e la tela del Giudizio universale sulla parete destra della cappella che sono del Morazzone.
Mi affascina la "cappella della Circoncisione", dove sopra l'altare una grande cornice lignea barocca racchiude l'opera di Giovan Battista Della Rovere, detto il Fiammenghino, raffigurante Gesù circonciso nel tempio, che mi piacerebbe fotografare ma purtroppo vi è troppa poca luce. Rapidamente guardo la "cappella del Crocifisso", il cui crocifisso è attribuito a Gaudenzio Ferrari, notevole anche la "cappella della Madonna di Loreto" che ha dei bei affreschi.
Nella "cappella dell'Angelo Custode" apprezzo particolarmente la tela posta sulla parete sinistra raffigurante la battaglia di Sennacherib (1627-1629) di Tanzio da Varallo.
Tutt'altro discorso è la "cappella della Natività" che meriterebbe di poter fermarsi delle ore ad ammirarla e commentarla, ma limitiamoci solamente ad osservare sommariamente il grande polittico a due piani di Gaudenzio Ferrari (1516), opera realizzata per la vecchia basilica demolita e qui ora collocato. L'opera è divisa in 3 parti:
  • in quella superiore sono raffigurati, da sinistra a destra: l'arcangelo Gabriele, la Natività, la Vergine Annunciata
  • in quella inferiore: san Pietro e san Giovanni Battista, la Madonna con il Bambino tra i santi Ambrogio e Gaudenzio, san Paolo e sant'Eusebio o sant'Agabio.
  • nella predella con 10 piccoli riquadri raffigurano sant'Ambrogio, san Gregorio Magno, san Gerolamo, sant'Agostino, alternati da episodi della vita di Gaudenzio.
Purtroppo non mi è permesso accedere all'ottagonale "Cappella dello Scurolo"; all'interno si trova un altare riccamente decorato con rilievi bronzei decorato con lapislazzuli sul quale è posta la grande urna in argento e cristallo contenente il corpo di san Gaudenzio.
Meriterebbero maggior attenzione e un commento anche la grande tela di Pelagio Palagi (1833), che, raffigura Sant'Adalgiso che dona ai canonici della basilica di san Gaudenzio i beni di Cesto o in sacrestia dove è visibile un san Gerolamo attribuito allo Spagnoletto, o ancora nella "cappella del Santissimo Sacramento", le 8 tavole con scene della vita di san Gaudenzio, opere di Giovan Mauro Della Rovere.
Limitiamoci ad ammirare, prima di uscire sospeso al centro della barca l'enorme lampadario con fiori in ferro battuto realizzato a ricordo dell'incontro tra Gaudenzio, vescovo di Novara e Ambrogio, vescovo di Milano. Il 22 gennaio di ogni anno, in occasione della festa patronale, viene rievocata la cosiddetta "cerimonia del fiore" durante la quale il lampadario viene calato e avviene la sostituzione dei fiori in metallo che lo compongono con altri portati in corteo dai valletti comunali, a ricordo del miracolo compiuto da san Gaudenzio che per rendere omaggio a sant'Ambrogio in visita avrebbe fatto sbocciare in gennaio i fiori del suo orto. La tradizione vuole che durante l'incontro fra Gaudenzio e Ambrogio, il primo fece omaggio di miracolosi fiori invernali al vescovo di Milano. Importante è anche la secolare offerta di cera da parte di 59 comuni del circondario e di 12 famiglie patrizie alla basilica.
Proseguo il mio breve giro per Novara, do un rapido sguardo alla facciata della chiesa di san Marco e mi dirigo verso il Broletto. Percorro brevemente, prima di entrare nel Broletto, corso Italia, una importante via di "struscio" cittadino per le passeggiate dei ragazzi ma che un tempo fu il decumano dell'antico insediamento ramno
Da sempre fulcro della vita civile cittadina, il Broletto è un complesso architettonico medioevale costituito da quattro edifici storici sorti in epoche diverse, con stili artistici differenti, disposti a quadrilatero attorno ad un cortile o "Arengo". Oggi ospita una Galleria d'Arte Moderna ma fu sede anche delle carceri e in seguito delle corporazioni artigiane. Sul lato nord dell'arengo si trova il Palazzo del Comune (o Palazzo dell'Arengo), il più antico del complesso, risalente al XII secolo. Il piano terra è porticato con archi a tutto sesto, sotto il quale, nel medioevo, era amministrata la giustizia, mentre al piano superiore si trova un ampio salone che veniva usato per le pubbliche assemblee.
La facciata presenta una serie di quattro trifore e i resti di un fregio pittorico risalente all'incirca al 1460 rappresentante stemmi e scene di episodi cavallereschi. Una scala coperta detta dell'arengaria situata all'angolo nord-ovest, è una fedele ricostruzione della prima metà del XX secolo.
Sul lato est il Palazzo dei Paratici (corporazioni artigiane), è risalente al XII-XIII secolo, successivamente ampliato nel corso nel XVIII secolo, con un elegante e semplice portico con loggia.
Sul lato sud invece sorge il Palazzo del Podestà, edificato tra la fine del e l'inizio del XV secolo, facilmente identificabile dal porticato ad archi ogivali sovrastato da cinque monofore con decorazioni in cotto ed affreschi. Dello stesso periodo è il Palazzo dei Referendari posto sul lato ovest; anch'esso con decorazioni in cotto alle finestre del piano superiore ed è l'unico degli edifici che non ha un porticato aperto sul cortile.
Una bel pozzo, posto su un lato dell'arengo rende romantico il luogo, vicino al quale turisti e novaresi si soffermano volentieri.
Di fronte al broletto si staglia la cattedrale di santa Maria Assunta. Il duomo non s'affaccia direttamente su piazza della Repubblica, ma anzi gli dà il fianco, infatti è un lungo colonnato ad dividerlo dal ciottolato della piazza. Sotto al portico del colonnato si trova l'accesso al sagrato del duomo, chiuso da una cancellata e circondato internamente da un ulteriore porticato.
L'ingresso del duomo è situato sotto un alto pronao, costituito da quattro gigantesche colonne scanalate, dai capitelli corinzi, che sorreggono il frontone di forma triangolare.
L'interno è a tre navate suddivise da imponenti colonne. La chiesa è attualmente in restauro, quindi sono poche le cappelle visibili. La navata centrale ha una copertura a botte mentre le navate laterali hanno copertura a calotta in ogni campata.
Sono comunque visibili anche se da lontano lo Sposalizio di Santa Caterina, un dipinto di Gaudenzio Ferrari, oltre ad opere di Bernardino Lanino e Callisto Piazza. Di fronte al duomo, dall'altro lato del sagrato, sorge un antico edificio a pianta ottagonale, ossia il Battistero paleocristiano, risalente al IV-V secolo.
Proseguo la passeggiata, su un tratto di via Fratelli Rosselli, transito a fianco del Teatro Coccia di color giallo dedicato a Carlo Coccia compositore napoletano vissuto a lungo a Novara, raggiungo così piazza Martiri della Libertà. Una deludente piazza, che sarà anche il cuore di Novara ma francamente mi sembra più che altro un gigantesco parcheggio, con le auto che assediano la bella statua equestre dedicata a re Vittorio Emanuele II. Fortunatamente vi sono altre belle piazze con altrettanti bei monumenti come piazza Garibaldi di fronte alla stazione ferroviaria con l'immancabile statua l'eroe dei due mondi e fontana con mondina piegate in due, intenta a raccogliere riso. Anche in largo Cavour, una piccola e caratteristica piazzetta, proprio vicina alla chiesa del Monserrato vi è statua dedicata allo statista Camillo Benso conte di Cavour; da osservare che proprio vicino alla piazzetta in un piccolo fossato, sono visibili tracce delle antiche mura romane costituite da grandi ciottoli di fiume legati con malta ed alternati da corsi di mattoni, secondo la tecnica detta opus mixtum. Ancora in piazza Puccini vi è un altra statua di re Carlo Emanuele III
In piazza Martiri della Libertà si affaccia anche il castello, o quello che ne rimane. Non ricordo di aver visto i suoi bastioni senza impalcature, comunque sia merita uno sguardo questo castello visconteo/sforzesco o per meglio dire ai suoi imponenti ruderi.
Sembra che le sue origini possano risalire al 1272, quando l'allora signore di Milano, Francesco Torriani, fece costruire una torre con un recinto all'interno del quale sorgevano alcuni edifici di proprietà della famiglia vercellese dei Tettoni. La struttura a torre, fu chiamata "Turrisella" ed era un luogo fortificato per il controllo politico della città; oggi dicono che siano visibili delle tracce delle fondamenta originarie, io non sono mai riuscito ad entrare e vedere ciò che che rimane del castello.
Grazie agli stretti rapporti tra Novara e i Visconti, l'antica torre si sviluppò in un vero e proprio castello venendo la "Turisella" incorporata nel nuovo edificio e ribattezzata "La Mirabella". Successivamente quando il vescovo Giovanni Visconti si impadronì della Signoria di Novara e poi di quella di Milano il castello fu ancora ampliato
Dell'antico castello Visconteo oggi rimane in piedi solo la cosiddetta Rocchetta, all'angolo nord-ovest e si intravedono le merlature viscontee ormai murate e i resti del portone, in passato protetto da un torrione quadrato chiamato forse "La Torre del Monicione".
Verso la metà del 1500, ormai Novara sotto la dominazione spagnola del Ducato di Milano, si decise di trasformare il castello in piazzaforte per rafforzare il confine occidentale dello stato. Nonostante ormai fosse ridotto a caserma, l'amministrazione spagnola del Seicento continuò a considerare il castello un elemento essenzialmente difensivo. Mentre nel settecento, l'amministrazione sabauda trasformò i bastioni in luoghi di passeggio pubblico.
Il castello divenne poi carcere durante il periodo napoleonico snaturando di fatto le antiche strutture medievali: furono aperte delle nuove finestre, altre se ne chiusero, si eliminarono le merlature, si trasformò la corte in un cortile per l'ora d'aria dei prigionieri e altro ancora. L'edificio ospitò il carcere per 170 anni ininterrottamente. Ulteriori danneggiamenti vennero fatti a metà dell'Ottocento, quando si volle abbattere una buona parte della cinta di bastioni per realizzare degli eleganti giardini pubblici. Addirittura Il castello rischiò di essere abbattuto nell'Ottocento, perché considerato "spoglio di ogni pregio artistico", fortunatamente personaggi autorevoli si opposero, forse ispirati dal grandioso intervento di restauro che stava avvenendo proprio in quei giorni al castello Sforzesco di Milano, rimanendo così ancora per decenni sede delle Regie Carceri Mandamentali. In occasione della visita ufficiale di Mussolini a Novara, nel 1939, si ricostruì per intero la cortina muraria dell'angolo nordest.
Solo con il trasferimento delle prigioni nel 1973 il castello perse la destinazione carceraria, passando la proprietà all'Amministrazione Municipale di Novara finché, negli anni Ottanta, si abbatterono alcuni edifici e strutture ottocentesche e novecentesche, sgombrandone il cortile. In questo periodo e per oltre un decennio il castello venne lasciato al Corpo Forestale dello Stato per attività vivaistica, fintanto che venne chiuso per restauro ed è chiuso al pubblico ancora adesso.
Tornando verso via fratelli Rosselli raggiungo piazza Cesare Battisti, ex piazza erbe, dalla particolare forma triangolare. Questa è il centro perfetto della città di Novara ed è indicato da una piccola mattonella triangolare sul selciato, riconoscibile perché differente dalla altre che costituiscono la pavimentazione della piazza. La piazzetta, era un tempo sede del mercato delle carni e anche oggi conserva la sua prevalente destinazione commerciale, è completamente porticata e, pur essendo formata da edifici di epoche diverse, che vanno dal XII al XV secolo, nonostante ciò presenta un aspetto omogeneo, molto armonioso. È curioso ricordare che durante il Medioevo la piazzetta apparteneva alla potente corporazione dei calzolai, che aveva i suoi banchi sul lato nord e affittava gli spazi residui agli altri commercianti: pellicciai, venditori di tessuti e macellai, i quali le diedero il nome di piazza delle Beccherie maggiori; fu rinominata in seguito in piazza delle Erbe perché vi si teneva il mercato delle verdure Ormai sono giunto in piazza Matteotti, dove il bel palazzo Natta Isola ora sede di Prefetture e Provincia con la sua spettacolare e svettante torre dell'orologio pare davvero osservare il tempo che scorre ma anche chi sotto di lei passeggia. Il palazzo fu costruito per desiderio dei Conti Caccia di Mandello e Castellazzo, nobile e antica famiglia novarese, per poi venire acquisito dalle famiglie Natta d'Alfiano e Natta Isola di Casale.
Il suo nucleo più antico è sicuramente la Torre dell'Orologio, nota anche come "torre grande", della quale si ha notizia a fin dal 1268. Questa torre medievale è ciò che rimane della "contrada delle torri lunghe", l'antico quartiere nobiliare della città. Il Palazzo posto idealmente all'incrocio tra il decumano e il cardo della "Novaria" romana, contiene nascoste bellezze artistiche, quali affreschi del pittore De Giorgi che adornano i saloni dell'attuale Prefettura e il salone d'onore che conserva più recenti decorazioni dell'architetto novarese Umberto Rizzotti.
Ormai si è fatto tardi, mentre mi dirigo a riprendere la mia auto che mi condurrà in mandrogna, mi soffermo ancora un attimo in piazza Gramsci già piazza del Rosario dove finalmente trovo un monumento originale che rappresenta Icaro, proprio quello che si bruciò le ali di cera avvicinandosi troppo al sole opera. È un'opera in stile moderno che non a tutti piace ma che io apprezzo molto.
Sempre in questa piazza si affaccia la chiesa di san Pietro al Rosario (1599-1618), che fu la sede novarese dell'Ordine Domenicano prima delle soppressioni napoleoniche. Avevo letto che conserva alcune opere di rilievo come la statua della Madonna del latte, risalente al XV secolo ma ricavata da un preesistente monumento di epoca romana, la Vergine del Rosario di Giulio Cesare Procaccini ed il ciclo di affreschi sulla vita di san Pietro di Giovanni Mauro Della Rovere, ma non ho mai avuto modo di entrarci.
Mi sarebbe piaciuto bermi un aperitivo "Campari", famoso in tutto il mondo; al "Bar dell'Amicizia" (ora non più esistente) dove Gaspare Campari, nel lontano 1860, mise a punto la ricetta della bevanda alcolica che porta il suo nome.
Se il tempo non fosse "tiranno" e nonostante il lauto pasto a casa di Enza mi sarei concesso un piatto di panissa, la specialità gastronomica novarese, fatta con riso, cotenna di maiale, cipolle, fagioli borlotti, cavolo bianco, carote e sedano, salam d'la duja(conservato nello strutto), pomodori pelati e vino rosso. Oppure mi sarei portato a casa una dolce portata di tipici biscottini novaresi. Il più tipico è il "Biscottino di Novara", un biscotto di forma rettangolare con angoli arrotondati, molto leggero divenuto famoso in anni recenti grazie ad una sua rivisitazione commerciale (il cosiddetto "Pavesino" prodotto dalla locale ditta Pavesi). Altro dolce tipico novarese è il "Pane di san Gaudenzio" ossia un dolce con un rivestimento esterno di pasta frolla ed un soffice ripieno composto da farina di frumento, zucchero, uva sultanina, burro, uova e limone; la sua superficie può essere cosparsa da granella di pinoli o di nocciole e zucchero a velo. Rientro a casa senza non aver osservato che questa città ha dato i natali a molti personaggi celebri, ma che però hanno fatto carriera altrove ed infatti mi sovvengono oltre all'architetto Alessandro Antonelli, Silvio Piola calciatore ed allenatore e Oscar Luigi Scalfaro come presidente della Repubblica. Gaspare Campari (1828-1882), imprenditore italiano e inventore della nota bevanda alcolica Campari, Felice Casorati (1883 - 1963), pittore, Sergio Tacchini tennista ed imprenditore, Gaudenzio Ferrari pittore e scultore, san Gaudenzio, Angelo dal Boca storico e Giuseppe Ravizza l'inventore della macchina da scrivere. Ormai è sera, la luce del sole che mi ha accompagnato tutto il giorno è scomparsa, la strada verso casa non è lunga e la mia piccola automobile corre verso la mandrogna certo che presto tornerò da Enza e per una nuova visita alla città.