Blog di Dante Paolo Ferraris

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Chiaroscuri nella città eterna (XII parte)

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RomaRaggiungo Trinità dei Monti, un luogo di culto cattolico, nel rione Campo Marzio, prospiciente la più famosa scalinata di piazza di Spagna. Proprio difronte alla chiesa si erge l'obelisco Sallustiano che è uno dei tredici obelischi più antichi di Roma, e domina sia la scalinata di piazza di Spagna sia la chiesa. Questo obelisco realizzato in granito rosso, misura 13,91 metri di altezza, 30,45 con il basamento.
Fu realizzato in epoca imperiale ad imitazione degli obelischi egiziani, copiandone anche i geroglifici dei faraoni Seti I e Ramesse II dell'obelisco Flaminio; Ma alcuni segni dei geroglifici sono mal copiati, altri addirittura capovolti. L'obelisco in origine decorava gli Horti Sallustiani (da cui il nome).
Dopo il ritrovamento nel medioevo, Sisto V, decise di erigerlo davanti alla Chiesa di S. Maria degli Angeli, ma il progetto non ebbe seguito. Nel 1734, fu papa Clemente XII a volerlo portare al Laterano con l'intenzione di erigerlo davanti alla facciata della costruenda chiesa. In realtà rimase in terra, vicino all'obelisco Lateranense, per molti decenni. Addirittura vennero avviate delle trattative per farlo trasferire a Parigi, perché i francesi erano intenzionati ad erigerlo davanti alla cattedrale di Notre-Dame.
Solo con Pio VI si trovò, finalmente, la collocazione definitiva dell'obelisco, che fu trasferito a Trinità dei Monti. Nel 1789 il monolito fu innalzato.
Quando fu innalzato davanti alla chiesa di Trinità dei Monti la sommità fu ornata con i simboli araldici del Papa e una croce che serviva da reliquiario fu posta sulla sua sommità. Questa croce avrebbe dovuto contenere un frammento della santa Croce e le reliquie di S. Giuseppe, S. Francesco di Paola, Pio V e degli apostoli Pietro e Paolo.
La chiesa invece, fu costruita in stile gotico con pietre provenienti dalla città francese di Narbonne, sembra per espresso volere di re Luigi XII, ma poi trovo successivo grande spazio e fasto nel periodo del barocco. La facciata, ad un solo ordine di lesene è conclusa da un lunettone centrale dotato di balaustra. La chiesa già posta in cima al colle del Pincio risulta ancor più proiettata verso l'alto grazie ai due campanili simmetrici con cupolino ottagonale. La chiesa esibisce su un campanile un orologio e sull'altro una meridiana.
Si hanno diverse versioni sull'acquisto dell'area per edificare la chiesa: una vuole che l'area fosse stata acquistata da san Francesco di Paola dai nobili veneziani Barbaro, come risulta dall'atto di acquisto ancora reperibile, per realizzarci il convento dell'Ordine dei Padri Minimi. Un'altra vuole che l'edificazione della chiesa fosse iniziata nel 1502 per volere di Luigi XII, re di Francia e proprietario del terreno, con l'intenzione di concederla ai religiosi dell'Ordine di san Francesco da Paola. Comunque sia è sicuramente certo un contributo economico da parte del re francese alla sua edificazione.
Infatti la chiesa di Trinità dei Monti è una delle 5 chiese cattoliche francofone di Roma, insieme con san Luigi dei Francesi, san Nicola dei Lorenesi, sant'Ivo dei Bretoni e santi Claudio e Andrea dei Borgognoni. La chiesa fu consacrata nel 1585 da papa Sisto V. Molte le opere d'arte presenti nella chiesa, come il ciclo di affreschi lasciati nel 1541 da Daniele da Volterra, presenti nelle prime cappelle, tra cui la bellissima Deposizione, unanimemente considerata uno dei vertici del Manierismo. Ma si trovano anche splendide opere ed affreschi di Perin del Vaga "Storie dell'Antico e del Nuovo Testamento" del 1537, come anche opere di Taddeo e Federico Zuccari, di Giovanni Battista Naldini (1580).
Anche l'annesso convento è un piccolo scrigno di tesori, come gli affreschi del chiostro, con un ciclo didattico dedicato alla vita del santo fondatore ed una galleria di ritratti dei re di Francia. Oppure le teatrali Nozze di Cana, mirabilmente affrescato con effetti con incredibili artifici illusionistici dal gesuita Andrea Pozzo
Curiosa è invece la Galleria prospettica, con le criptiche anamorfosi di Emmanuel Maignan e François Nicéron. Posta al primo piano del convento, nel corridoio che circonda il chiostro. si trovano due rare anamorfosi. L'anamorfismo è un effetto di illusione ottica per cui una immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto originale riconoscibile solamente guardando l'immagine da una posizione precisa. E' una tecnica utilizzata a partire dal Rinascimento, infatti diversi pittori facevano uso dell'anamorfismo per nascondere significati alternativi in un'opera. Ad esempio ne faceva grande uso Leonardo da Vinci che tracciava in alcuni suoi appunti diversi esempi di figure anamorfiche. Alcuni artisti contemporanei fanno grande uso di questa tecnica ad esempio dipingendo su pareti di edifici o marciapiedi opere anamorfiche tali che i passanti percepiscano cavità o oggetti tridimensionali che in realtà non esistono.
Tornando al nostro convento, questi due strani e affascinanti dipinti sono il risultato di una serie di ricerche prospettiche portate avanti da padre Emmanuel Maignan (1601-1676) e del suo discepolo padre Jean-François Nicéron (1613 - 1646), entrambi impegnati nello studio all'ottica e alla prospettiva. Nicéron ne scrive anche un trattato nel 1642 il "Thaumaturgus opticus".
La prima anamorfosi, in chiaroscuro, visibile in maniera radente appena entri nel corridoio, rappresenta san Francesco da Paola, in preghiera, genuflesso ai piedi di un albero. Ma quando ci si è difronte, la figura del santo scompare e appare invece un paesaggio, una baia circondata da colline. Vi si distingue chiaramente case, torri, il porto e la vegetazione, si tratterebbe della rappresentazione della Calabria, regione d'origine del santo. Vi sono rappresentati i più importanti episodi della vita di san Francesco da Paola. Una barca vela e degli uomini nell'acqua evocherebbero il miracolo della traversata dello stretto sul mantello del santo, come altre scene rievocherebbero la vita eremitica del santo. Quest'opera si estende per circa sei metri nella parete del corridoio. Ma non è tutto, poiché l'anamorfosi di Maignan è in realtà palindroma, è cioè possibile osservare la medesima immagine del santo in preghiera da entrambi i lati del corridoio.
Mentre l'altro affresco anamorfico, posto dall'altro lato del chiostro, è del parigino Jean François Nicéron (terminata poi da Maignan), raffigurerebbe san Giovanni Evangelista che scrive l'apocalisse, mentre la visione frontale mostra un paesaggio, forse quello dell'isola di Patmos dove il santo ebbe la visione di Cristo e dove, secondo la tradizione cristiana, l'apostolo trascorse parte della sua vita in esilio. Quest'opera fu più sfortunata della prima perché a causa della sovrapposizione di molteplici strati di calce stesi per rispondere ad esigenze igienico-sanitarie durante il periodo dell'occupazione francese, scomparve dalla vista per oltre duecento anni, ossia dai tempi dell'invasione napoleonica della capitale.
Solo nel 2009, il dipinto di Nicéron ha rivisto la luce grazie agli interventi di restauro che ne hanno rivelato la presenza. Benché incompleta in alcune sue parti, ha un'estensione di circa venti metri, occupando interamente la lunghezza del corridoio e presenta un cromatismo più acceso rispetto a quella di Maignan.
Il convento è un vero scrigno di meraviglie inaspettate, frutto raffinata abilità tecnica e di certosina sapienza in grado di stupire chiunque abbia voglia e l'occasione di visitarlo.
Infatti oltre le due anamorfosi, occupanti i corridoi est ed ovest, al primo piano dell'edificio, si può ammirare sulla volta del corridoio sovrastante il chiostro un affascinante astrolabio catottrico (l'orologio solare con quadrante a riflessione), realizzato dallo stesso padre Emmanuel Maignan, che oltre insegnare matematica, aveva interessi di studio anche in ottica, teologia e filosofia. Studi che oltreché applicarli alla anamorfosi, le applicava anche alla gnomonica, ossia l'arte di costruire quadranti solari. Questo del convento annesso alla chiesa di Trinità dei Monti è un immenso quadrante catottrico che rappresenta le ore grazie al riflesso del sole. Infatti questo astrolabio catottrico si differenzia dagli altri, anche, per la caratteristica che è il raggio del sole che si riflette su uno specchio, posto sul davanzale, ad indicare, grazie ad un "angolo d'incidenza" l'ora. Mentre in quelli comuni è l'ombra di uno stilo ad indicarla.
Inoltre questo astrolabio da diverse indicazioni; sempre grazie alla posizione della macchia di luce è possibile leggere le ore secondo l'antico meridiano di Roma, ossia un ora in più rispetto al meridiano di Greenwich, e ciò seguendo una linea nera con le cifre arabe, mentre una linea verde con cifre romane più piccole indica l'ora italica, ossia da quanto tempo è tramontato il sole e comprendere conseguentemente quanto tempo manca al prossimo tramonto. Oppure seguendo la linea rossa sempre tracciata sulla volta,si possono trovare le coordinate celesti. Scritte, sempre sul soffitto, si trova il nome di 12 città del mondo, da Babilonia al Messico, passando per le isole Salomone e sempre grazie al riflesso solare sapere qual'è l'ora locale. Insomma questo astrolabio catottrico meriterebbe perderci delle ore ad ammirarlo e a comprendere come nel XV questo esimio padre dell'ordine dei Minimi, Emmanuel Maignan, sia riuscito a calcolare e creare un così preciso strumento di misura del tempo.
Ma il mio orologio, meno preciso dell'astrolabio, mi indica che ho ancora tante cose da vedere e il tempo corre inesorabilmente, devo lasciare il convento e la chiesa di Trinità dei Monti, senza nemmeno soffermarmi ad ammirare la scalinata che scende verso piazza di Spagna. Posso solo, scendendo la monumentale scalinata, contare i suoi 135 gradini, pensare che fu inaugurata da papa Benedetto XIII in occasione del Giubileo del 1725, e che venne realizzata grazie a dei finanziamenti francesi per collegare l'ambasciata borbonica spagnola alla chiesa di Trinità dei Monti.
Volgo un fugace sguardo all'angolo sinistro della scalinata, dove vi era l'abitazione del poeta inglese John Keats, che vi visse e vi morì. Costui fu uno dei principali esponenti del romanticismo inglese, ma perennemente incompreso. Oggi l'abitazione è trasformata in un museo dedicato alla sua memoria. Poeta sfortunato, che morirà il 23 febbraio 1821 intorno alle 23.00, a soli ventisei anni, e viene sepolto nel cimitero acattolico di Roma. La sua ultima richiesta viene rispettata ed è così che sulla sua lapide si legge solo il seguente epitaffio, commissionato ai suoi amici più cari: «This grave contains all that was mortal, of a young english poet, who on his death bed, in the bitterness of his heart, at the malicious power of his enemies, desired these words to be engraven on his tombstone: Here lies one whose name was writ in water» ossia «Questa tomba contiene i resti mortali di un giovane poeta inglese che, sul letto di morte, nell'amarezza del suo cuore, di fronte al potere maligno dei suoi nemici, volle che fossero incise queste parole sulla sua lapide: "Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell'acqua"»
I gradini della scalinata sono come sempre occupati da decine di ragazzi, seduti, intenti a chiacchierare e da una molteplicità di turisti delle etnie diverse che si fanno immortalare da scatti fotografici a ricordo del loro viaggio nella città "eterna". Giunto ormai in fondo alla scalinata, lascio il centro di piazza di Spagna ove vi è la famosa fontana della Barcaccia, che risale al primo periodo barocco, scolpita da Pietro Bernini e da suo figlio, il più celebre Gian Lorenzo Bernini. Rapidamente mi dirigo verso la sottostante stazione dei metro, di piazza di Spagna, ripercorrendo a memoria i versi della famosa poesia di Cesare Pavese, denominata "Passerò da Piazza da Spagna", il cui testo del marzo 1950 è stato riportato integralmente su una targa vicino alla sala da tè Babington. Ormai il metro corre velocemente verso la prossima meta che è Piazza San Giovanni in Laterano.



Fine XII parte.