Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Olmo Gentile

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Olmo GentileÈ una di quelle giornate in cui il cielo promette tutto e non mantiene niente. Nuvole, sole e vento parlottano lassù e alla fine nessuno prenderà una decisione. Il mio viaggio in auto nella alta langa astigiana prosegue all'insegna del cielo variabile. Oggi voglio visitare il borgo di Olmo Gentile, il suo territorio è attraversato dal rio Tatorba, mentre il centro del borgo è arroccato intorno al castello con la sua alta torre e la chiesa parrocchiale. Vi arrivo percorrendo la strada che proviene da Roccaverano; il paesaggio è suggestivo nonostante l'alternarsi del gioco delle nuvole con il sole. Il territorio è sostanzialmente collinoso, con diversi terrazzamenti dove si alternano campi coltivati, pascoli, gerbidi e boschi. Da sempre l'agricoltura ha rappresentato per la popolazione la fonte più importante della economia locale. Il paesaggio sulla cresta che divide due vallate pare voglia oggi essere lo scenario del vento che con le sue folate schizza strani disegni sui prati e gioca con le foglie degli alberi. Prima di raggiungere il centro abitato, lungo la stretta strada provinciale, sosto a osservare la cappella dell'Addolorata, posta in una magnifica posizione panoramica, ha la facciata curiosamente molto squadrata. Sulla sommità due pinnacoli e una cella campanaria a vela pare vogliano richiamare gli elementi gotici del piccolo rosone, posto sopra al bel protiro in pietra. Raggiungo così il cuore del borgo, ed in primo piano trovo la mole del castello con la sua torre di vedetta. La torre medioevale, la chiesa, il municipio, il castello, il monumento ai caduti e la trattoria della Posta, il borgo è tutto lì. Eppure non sarà un caso che i Vescovi di Acqui quattro secoli fa decisero di fissare in Olmo il luogo delle loro ferie estive; forse lo scelsero per godere di questo eccezionale spettacolo naturale, ricostruirono castello e vi realizzarono una duplice loggia di pietra, per osservare riparati dal vento l'orizzonte sulle alte Langhe.
Parcheggiato l'auto, inizio ad aggirarmi per le poche e strette vie del paese, intanto ripercorro la sua storia. Il toponimo deriva da ulmus, collegato alla tradizione medioevale di piantare presso i luoghi di culto e i castelli un olmo, Questo grande albero era il simbolo di carità, amicizia, giustizia e protezione. Era chiamato ulmus sacra, perché i sacerdoti Celti vi officiavano e i giudici amministravano la giustizia e vi avevano luogo le assemblee della comunità. L'appellativo Gentile vi fu aggiunto con un regio decreto del 1863. Olmo appare nel 1142 per la prima volta nell'atto di divisione dell'eredità di Bonifacio Marchese del Vasto nella quale «de Olmo» rientra nelle pertinenze del marchesato de Curtimio (Cortemilia) assegnato a Bonifacio Minore. Passa poi dai marchesi Del Vasto ai Del Carretto che nel 1209 Ottone del Carretto Marchese di Savona vende al Comune di Asti varie borgate compreso Ulmo «..in rectum et gentile feudum».
Olmo è oggetto, insieme ad altri borghi, della controversia fra la Casa Sabauda, i Marchesi del Carretto e il Duca di Milano. Nel 1575 in possedimento degli Scarampi passò quindi ai Valperga e poi agli Scaglia di Verrua. Olmo, feudo imperiale, eretto in marchesato per i Gozzani di Casale da questi fu ceduto al Marchese Borea di Roccasterone che assunse perciò il titolo d'Olmo. Infatti Vittorio Amedeo III re di Sardegna concedeva il 6 luglio 1773 a Pietro Francesco Borea feudatario di Roccasterone il titolo e dignità marchionale, ed "in feudo antico e retto per lui e suoi discendenti maschi con mero e misto impero il luogo di Olmo". Costui fu anche l'ultimo feudatario del territorio.
Ma in questi vari passaggi di feudatari Olmo subì i danni di diverse guerre come nel 1615 quando durante la guerra per la successione del Monferrato (1612-1680) fu stretta d'assedio dagli spagnoli, mentre i francesi ne erano di presidio e si arresero facendone salvo l'onore. Per raggiungere il castello con la sua torre devo obbligatoriamente passare per la parrocchiale di Santa Maria Assunta, sulla cui facciata a capanna sono ancora visibili due affreschi, anche se non in splendide condizioni, raffigurazioni settecentesche di San Felice e della Maddalena. Sull'architrave della porta della chiesa si legge incisa sulla pietra arenaria la data 1714 data della sua fondazione. Al suo interno una tela, datata 1799, rappresenta la Maddalena penitente e un altro quadro di gusto neoclassico raffigura Santa Cecilia e due Santi martiri in vesti, piuttosto vaghe, di soldati romani; l'interno ha subito numerosi rimaneggiamenti eseguiti sia in epoca tardo barocca e con l'ampliamento che nel 1912-1913 ha realizzato le due navate laterali.
Accanto alla parrocchiale si erge la chiesa dei Disciplinati, una Confraternita di flaggellanti che era molto attiva in paese, la chiesa è dedicata oggi a San Carlo Borromeo e fu fatta costruire dal vescovo di Acqui Terme, Carlo Gozzani negli ultimi anni del XVII secolo, all'epoca della sua permanenza nel borgo. Raggiungo così il castello con la sua torre che almeno fino a un secolo fa era abitato dalle famiglie Chiesa e Cortina. L'edificio si compone di due parti nettamente distinte, la torre e l'abitazione vera e propria benché collegate. Il massiccio e alto maniero in pietra squadrata nella sua parte residenziale fu voluta nel 1681 dal vescovo Carlo Gozzani, che ne fece poi la sua dimora abituale. Anticamente all'interno, vi dovevano essere grandi affreschi sia sullo scalone che su alcuni soffitti. La torre del XII secolo è quadrangolare, in pietra arenaria, alla sua sommità sporgono, su quattro lati, dei massicci beccatelli, supporti in pietra che forse in origine servivano a sostenere un ballatoio a camminamento.
Nella parte posteriore della torre vi è una casa cosiddetta "della servitù", ristrutturata nel 1818 e abitata fino al 1970 ed oggi bisognosa di restauri. Proprio di fronte vi è il palazzo municipale che oggi amministra i quasi 100 residenti, infatti Olmo Gentile è il Comune astigiano con minor numero di abitanti, mentre a inizio XX secolo poteva contare su circa 500 residenti. Grazie a molte famiglie svizzere che negli ultimi anni hanno voluto venire a vivere a Olmo Gentile il paese non si è totalmente spopolato. Devo riprendere l'auto per raggiungere dapprima Regione Lavagnini e poi Pian Martino, percorrendo la strada provinciale 24b che è stretta, tortuosa e in parte sterrata. Interessante, sulla strada verso la frazione Lavagnini, trovo la piccola cappella privata di San Sebastiano, eretta nel secolo scorso sulle rovine di una antichissima pieve le cui forme sono state in parte mantenute; è ormai un rudere in pietra, svuotata di ogni arredo ed infissi, è un ottimo esempio di edilizia in pietra con tetto in pietra di losa.
Il viaggio mi riserva altre sorprese lungo la strada tortuosa che porta fino a Pian Martino, infatti trovo su un colle isolato, privo di sentiero d'accesso, una piccola cappella semidistrutta. La chiesa circondata dalla vegetazione ha anch'essa un tetto a capanna con una cella campanaria a vela ed è realizzata in mattoni intonacati ed è dedicata a San Massimo. L'arrampicata non è facile, sia per la ripidità del terreno che la mia non più fulgida destrezza nei movimenti. Raggiunto la cima lo sconforto per le precarie condizioni dell'edificio religioso non mi appagano della faticata che ho fatto. La chiesa, intorno ha molti detriti, la porta è sfondata e al suo interno, vi è un aula rettangolare il tetto è parzialmente sfondato e i calcinacci ricoprono il pavimento. L'interno è intonacato come lo è altare, non vi è più nessuna suppellettile e solo un quadro raffigurante Cristo pare far la guardia a ciò che rimane di questo piccolo edificio sacro che raccoglieva la spiritualità campestre dell'alta Langa. Riprendo l'auto assai afflitto per questo visita e cerco di raggiungere la pieve di San Martino. Lungo la strada posso notare antichi esempi di cascina, grandi case squadrate coperte di scure lose che recano sugli stipiti delle porte date risalenti al XV e al XVI secolo.
In fondo al vallone, dove l'asfalto finisce e a fatica si vede la strada sterrata, lascio l'auto vicino ad una moderna cappelletta di un antica cascina. Un giovane contadino, accompagnato dal suo cane scodinzolante, mi indica gentilmente la strada tra i campi per raggiungere la vetusta pieve di San Martino, antica parrocchiale. Attraverso così fangosi terreni coltivati a noccioleto e raggiungo l'antica Pieve edificata nel 1557, come è incisa sullo stipite della porta d'accesso sulla pietra arenaria. Anche questa chiesa è in pessime condizioni, sul tetto a capanna un grande telo blu, ormai strappato dal vento e bruciato dal sole vorrebbe proteggere l'antica chiesa. La sua porta è fortunatamente chiusa ma dalle due finestre laterali posso guardare con disperazione il pessimo stato di conservazioni. Nonostante la poca luce posso vedere un altare riccamente decorato in totale stato di abbandono, sopra al quale vi sono tracce di antichi affreschi del primo Sei­cento. Ha anch'essa una cella campanaria, tutt'intorno vi sono cumuli di pietre che dovevano un tempo essere parte del grande portico sotto cui trovavano riparo mercanti e pellegrini. Qui intorno c'era il primitivo paese, sulla via che univa importanti centri abitati, da qui passava la via del sale, quelle degli scambi commerciali tra il mare e le terre delle Langhe, quelle delle vie dei pellegrini che volevano raggiungere Roma o Santiago di Compostela. Di quegli antichi sentieri non esiste più nulla se non le pietre della Pieve.
Da qui passarono anche i Francesi che distrussero l'antico borgo, costringendo gli abitanti a trasferirsi intorno alla torre e al castello. Lascio questo antico borgo, felice di poter ammirato gli antichi edifici rurali in pietra disseminati presso le varie borgate e dove ho potuto trovare angoli e scorci veramente suggestivi, ma che purtroppo sconfortato per la perdita della memoria della comunità che sta per venire cancellata per l'inerzia umana complice del tempo.