
Spesso trovo viottoli in pietra e lastroni, assai ripidi. Invece la fontana Sottana, risale alla fine del XV secolo e il sostegno fu realizzato riutilizzando una antica colonna appartenuta alla Collegiata. Molte sono le edicole votive presenti sulle pareti delle strette stradine e tutte ben conservate e abbelliti da fiori. Largo Tamagni sembra un piccolo salotto. Questo piccolo slargo prende il nome dal Generale Francesco Tamagni distintosi nella guerra di Libia e nella prima guerra mondiale di cui avevo visto dei documenti al museo.
Lo slargo presenta resti di colonne utilizzati come sedili ed è circondata da case-torri, alte anche sette piani e con bellissimi portali in pietra, sicuramente magnifico è quello di casa Tamagni che presenta un trigramma gotico scolpito su pietra nera, posto sull'architrave della porta. Questa è incorniciato da ghirlande affiancato da due fiori a otto petali. Lo scudo nobiliare è stato abraso ed è sorretto da due leoni. Via forno è un caratteristico carrugio e prende il nome dal forno comunale situato al suo termine.
Via padre Francesco Ferraironi prende il nome da colui che nacque a Triora nel 1883 e ricopri importanti incarichi nell'Ordine della Madre di Dio; era sua consuetudine passare a Roma gli inverni e l'estate a Triora. Costui scrisse diverse pubblicazioni non solo legati alla chiesa e religione ma anche al turismo, agricoltura, arte e dialetto. Via Giauni invece ricorda il dott. Venanzio Giauni, medico nato nel 1859 ma noto anche come profondo conoscitore dei classici latini; questa strada è un piccolo capolavoro che conserva il vecchio oratorio di San Giovanni Battista ricordato da una targa.
Sempre su questa stradina, incastonato su un muro laterale della Collegiata vi è il busto in altorilievo in pietra, raffigurante Padre Ricca, un francescano. L'altorilievo presenta con un iscrizione in latino: Questa è un atto di gratitudine per la fondazione nella Collegiata della cappellania di Sant'Antonio abate. Di questa scultura m'incuriosisce il fatto che in mano tiene un paio di occhiali. Difronte a a questa scultura vi è un bel palazzo che una targa ricorda essere appartenuto alla nobile famiglia dei Gastaldi che, come dice la targa, diede 3 Sindaci, 6 parroci a Triora. Alla famiglia Gastaldi si devono anche diversi pittori.
Anche casa Giauni presenta un ricco portale in pietra nera con uno stemma nobiliare con un aquila ad ali spiegate e la data 1587. Questo stemma si salvò dalla furia rivoluzionaria napoleonica e pertanto non fu abraso. Sempre su questa strada vi è la biblioteca Ferraironi e sono stranito dalla quantità di lapidi con diverse iscrizioni poste sulla sua facciata. Tra questi vi è lo stemma della Repubblica di Genova risalente al XIII secolo. Questo stemma era collocato sull'edificio comunale che crollo per via del terremoto del 1887 e che fu in seguito donato a Padre Ferraironi.
Invece il breve vicolo che scende da via Camurata e che conserva una piccola edicola votiva, è intitolata a due fratelli, entrambi divenuti Generali. Giovanni Battista e Luca, il primo fu guardia del corpo del re e prese parte alle guerre di indipendenza del 1848 e 1859. Il fratello Luca, fu invece un valente combattente partecipando alla guerra del 1848 dove gli venne conferita la medaglia d'argento, ancora nel 1859 dove fu decorato con la Legione d'Onore e la Croce di Ufficiale dell'Ordine Militare Savoia. Via Sambughea invece prende il nome dal fatto che sulle case abbandonate dai suoi abitanti, morti per una pestilenza vi fossero cresciuti dei Sambuchi.
Sulla via è presente un portale detto dell'Annunciazione risalente al XV secolo, che presenta l'arcangelo Gabriele con un giglio in mano, inginocchiato davanti alla Madonna. Su questa strada in un area chiamata "Ciappa" vi ebbe i natali padre Ferraironi e suo zio padre Giolindo che fu un noto storiografo, inventore e cultore di meccanica. Su via Poggio invece ci sono i ruderi di Palazzo Borelli che ospito il generale napoleonico Andrea Massena nel periodo in cui avevano luogo scontri armati tra i militari francesi e quelli Austro-Sardi sulle montagne intorno a Triora. In via Madonna di Lourdes trovo una piccola grotta in cui è stata collocata una statua della Vergine. La riproduzione della grotta di Lourdes dimostra la devozione mariana dei trioresi.
Via Cima è la strada che conduce alla parte alta del borgo passando sotto le volte di palazzo Stella. Era la zona dove abitavano le famiglie nobili di Triora come i Lantrua e i Capponi e dove c'era l'antica caserma dei Carabinieri Reali. Una lapide ricorda ricorda che vi era anche la chiesa intitolata a Santa Rosa da Lima e San Domenico fondata nel XVII secolo di cui non rimane più nulla. Lungo questa strada non è impossibile trovare bifore del XV secolo. Anche lo stemma nobiliare posto sul portale di casa Lantrua è stato abraso. Invece l'enorme caseggiato appartenuto alla famiglia Capponi presenta bei portali in ardesia e stipiti in marmo e un massiccio cornicione con frontone spezzato e pilastrini.
La famiglia Capponi, era originaria della Toscana da dove fu esiliata e giunse a Triora nel XIII secolo. Fu una famiglia di mecenati, avvocati e religiosi. Via San Dalmazzo è in punto molto panoramico e si raggiunge percorrendo una strada in ciottolato. Sul culmine di questa colle vi fu costruito dapprima un antica fortezza che fu poi incorporata alla chiesa di San Dalmazzo. Questa chiesa era ivi già presente nel 1261, l'edificio fu pesantemente danneggiato dal tritolo tedesco nel 1944. La chiesa presenta un semplice ingresso e un piccolo campanile a vela ed internamente, mi raccontano, presenta diverse opere d'arte sacre. L'edificio era veramente grande e intorno vi erano dei magazzini/abitazioni in cui erano conservate e nascoste le derrate alimentari in caso di guerra.
Una lapide ricorda che in una di queste piccole abitazione vi nacque nel 1876 il padre francescano dei minimi Francesco Saldo che fu parroco a Marassi a Genova per quarant'anni. Raggiungo via Cabotina che prende il nome da un umile casetta, dove secondo la leggenda erano solite riunirsi le "Bàgiue" ossia le streghe per i loro sabba nella prospiciente piccola aia. Un tempo la zona era abitata da povere persone, i piccoli anfratti erano utilizzati come stalle per il bestiame, in gran parte capre e pecore. Oggi non vi vive più nessuno ed è solo oggetto di visite di turisti alla ricerche delle storie di stregoneria. Mi siedo su un muretto ad ammirare il panorama e con il pensiero ripercorro le antiche credenze popolari.
Quanti nomi per indicare queste povere donne accusate di orribili atti quando solo magari cercavano di curarsi con le erbe raccolte. Masca, lamie, basca, talamasca, strie rcc... Masca per i longobardi secondo alcuni studiosi indicava lo spirito ignobile, simile alle strigae romane divoratrici di uomini vivi come descritto nell'editto di Rotari del 643 si legge: "nullas praesumat haldian alien aut ancillam quasi strigam, quam dicunt mascam occidere".
Le erbe "magiche" utilizzate dalle streghe per addormentare ed avvelenare si narra e che fossero la Belladonna, lo Stramonio detta erba del diavolo, il Giusquiamo ecc.. ma erano anche utilizzate per stordirsi, direi drogarsi viste le proprietà di queste piante, per potersi abbandonare in sfrenate danze, osceni atti di accoppiamenti con il diavolo che assumeva le sembianze animalesche del caprone. Da questa aia si racconta che a bordo della loro scopa spiccassero il volo verso altri luoghi. Ma qui si riunivano anche per trastullarsi palleggiandosi i bimbi in fasce che le loro madri incautamente avevano lasciato soli dopo il suono dell'Ave Maria.
Infatti si narra che tutti i bambini del paese dovevano essere a casa entro il suono delle campane, perché altrimenti le streghe li prendevano per mangiarseli, bolliti in un pentolone. Di sventurati bambini le leggende ne è piena. Si credeva anche che le streghe e gli stregoni fossero in grado di curare l'herpes, il mal di denti semplicemente segnandoli con una moneta mentre recitano formula magiche, ma anche il "mal d'amore" utilizzando la Strigonella (stachys recta), pianta famosa dall'antichità come erba medicinale utile per abbassare la febbre e guarire le ferite.
In Toscana è conosciuta popolarmente come "Erba della paura" perché si riteneva che potesse lavare via le paure ai bambini aggiungendo il decotto all'acqua del bagno. Diffusa la credenza che facessero inaridire le mammelle delle mucche o anche rendere indigesto il latte materno per i loro bambini. Noti anche gli intrugli a base di rospi, pipistrelli, serpenti ecc per le loro pozioni in grado di far innamorare o viceversa allontanare gli amanti tra di loro e molto altro. Il "paese delle streghe" sembra essere un luogo dove il confine tra il mondo naturale e il soprannaturale è sottile, un posto dove il folklore e la magia vivono ancora, intrecciati nella vita quotidiana e nei rituali di chi ci abita.
Il luogo evoca un luogo magico e misterioso, un villaggio immerso in leggende e folklore, quasi un villaggio antico, nascosto tra fitte foreste e nebbie persistenti, dove il crepuscolo dura più a lungo e la luna piena sembra più grande e più brillante. I ruderi della casa costruita in pietra sono ricoperte di edera e muschio, dando al luogo un aspetto selvaggio e non del tutto civilizzato. Ormai è ora di riprendere il mio cammino e andare a vedere la fontana soprana, luogo anche d'accesso al paese e di riscossione della gabella. Questa fontana è sicuramente la più grande del paese ed è rivestita in lastroni in pietra. La casa nei suoi pressi è indicata come la casa del boia perché vi alloggiava la persona addetta alle esecuzioni delle pene capitali che comunque avvenivano fuori dall'abitato.
I portali delle case sono bellissimi lavorati in pietra nera locale, scolpiti con temi religiosi, allegorici e con stemmi nobiliari, questi ultimi discalpellati in parte all'epoca napoleonica ma che conservano il loro antico fascino. Molti riportano inciso l'hanno di costruzione o anche di passaggio di proprietà dell'edificio. La pietra color grigio scuro o nera, presente nei portali, nelle finestre, nelle fontane ecc … caratterizzano Triora. L'ardesia è un materiale presente nelle montagne di Triora di cui vi erano diverse cave.
Nel recente passato ha rappresentato una fonte di opulenza per Triora con la sua attività di estrazione. Passando nei carrugi, sotto le sue volte delle alte case, tra le viuzze che si intersecano fra di loro dell'antico borgo medievale, la mia immaginazione mi porta a provare ancora improvvisi brividi nel sentire oltre alle inferriate delle abitazioni, giungere lamenti e urla raccapriccianti e richieste di misericordia. Sicuramente la storia dei tormenti della povera Franchetta Borelli sottoposta per due giorni alla tortura del cavalletto mi ha suggestionato.
Fine III parte.