Blog di Dante Paolo Ferraris

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Pillole di storia: il 25 aprile 1945

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25 AprileIl 25 aprile ha sempre avuto per il sottoscritto un sapore speciale. Non è solo una giornata di festa, una ricorrenza, il giorno di ringraziamento italiano. Ha avuto ed ha un colore speciale che mi ricorda tanto la nostra bandiera; infatti vi associo il bianco della neve delle montagne, il verde dei prati e dei nostri boschi con il rosso del sangue versato dai partigiani.
Da bimbo ero solito andare, con mia sorella e i miei genitori, alle manifestazioni che si organizzavano in paese. Ascoltavo dalla viva voce dei partigiani i loro racconti e anche se mi sembravano storie antiche; avevano il fascino di essere narrate con quel patos che solo chi aveva vissuto, quelle tragedie sapeva trasmettere.
Raccontavano di luoghi che conoscevo e di persone che avevo avuto modo di incontrare, se questi erano stati fortunati a non morire, o dei loro fratelli o sorelle che avevano perso la vita nei combattimenti o nei lager. Erano le "gite" alla Benedicta, alla casa dei fratelli Cervi, a Villadeati, in cittadella in Alessandria e in tanti altri luoghi, a raccontare la Resistenza e i partigiani. Ero troppo piccolo per capire cosa volessero dire quei tragici anni di regime fascista e poi di occupazione nazi-fascista.
Solo negli anni riuscii a capire le angosce provate dalla mia famiglia. In seguito riunendo, come un puzzle, i brevi racconti degli zii e dei miei genitori mi sono fatto un idea di ciò che accadde. Non fu mio nonno Dante a raccontarmi la sua storia da partigiano, come non mi narrò neanche la tragedia vissuta da combattente della prima guerra mondiale. Nemmeno mia zia Maria che faceva da staffetta partigiana nell'ovadese ne fece mai parola.
Poche cose che porto con me, con il rammarico di non averle saputo raccoglierle dai protagonisti. Mi rimangono immagini sfocate del nonno sappista di Castelceriolo che lavorava alla Montecatini, impegnato a fare volantinaggio e distribuzione di giornali "sovversivi" che nascondeva in casa sotto la brace del camino. Ma anche della zia Maria che portava dispacci, nascosti nelle mutandine o farmaci infilati nei tubi vuoti del manubrio della bicicletta.
Erano storie private, di famiglia. Mio padre, anche se allora era un bambino, aveva il vivido ricordo che nel castello di Castelceriolo vi era presente un presidio tedesco dove torturavano i partigiani, dove il partigiano Paolo Rossi fu pure ammazzato dopo essere stato torturato. Ma ricordo anche che mi raccontava come molti delatori fascisti erano in prima linea in Alessandria ad osannare l'ingresso dei partigiani e delle truppe americane e brasiliane di liberazione. Lo stesso mi diceva che costoro erano sempre presenti nelle ricorrenze del 25 aprile.
L'ipocrisia e la mistificazione sono ancora oggi presenti in molti. Ogni qualvolta trovo una lapide o un monumento che ricorda un partigiano o una vittima nazifascista, mi fermo e cerco di conoscere la sua storia. Mi colpisce sempre la loro giovane età. Il 25 aprile è un giorno speciale, non una cerimonia, ma un recupero forte di storia e di valori. Oggi ancora più valido, in un contesto internazionale di guerra diffusa, dove si cerca di riscrivere la storia.
Il 25 aprile non è la festa dei comunisti, ma di tutti coloro che fossero partigiani dalle Brigate Garibaldi (legate al PCI), alle formazioni di Giustizia e Libertà (legate al Partito d'Azione), alle formazioni cattoliche (partigiani bianchi), alle formazioni monarchiche e badogliane (chiamate anche "azzurre") e altre formazioni autonome. Ed è grazie a costoro che l'Italia non è stata considerato completamente una nazione aggressore, e quindi sconfitta e smembrata. Infatti il 25 aprile, io celebro la vittoria della democrazia, della libertà, dalla dittatura fascista e dall'occupazione nazista.

Dove siete, partigiani di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
quelli che restano hanno i capelli bianchi
e raccontano ai figli dei figli
come, al tempo remoto delle certezze,
hanno rotto l'assedio dei tedeschi
là dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
altri rosicchiano la pensione dell'Inps
o si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'è congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sarà duro,
ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
perché nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno è nemico di ognuno,
spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
la mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non è mai finita.

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