Una fresca mattina di primavera, parto da Alessandria con l'idea di esplorare un luogo ricco di storia e fascino: Pollenzo, antica Pollentia, oggi frazione di Bra. L'auto scivola tra le colline e i filari di viti del Monferrato, poi del Roero, mentre il paesaggio si fa sempre più morbido e profumato. Attraverso lentamente paesini, mentre l'auto segue strade immerse tra vigneti e silenziosi, campi di grano appena germogliati e boschetti di robinia, fino al borgo che emerge dolcemente tra le colline. Giunto a Pollenzo, il tempo sembra rallentare.Il borgo è curato, elegante, ma nasconde un passato antico che affiora tra le pietre. Camminando lungo le sue stradine, tra le belle case sorte sulle rovine dell'antica città di Roma, resti di mura, tratti di strade antiche, silenziosi testimoni delle glorie passate è come fare un viaggio nel tempo. Oggi l'aria profuma di tiglio e di storia. Pollentia, fu fondata dai Romani nel I secolo a.C. nel territorio dei liguri Bagienni e fu città strategica per i suoi collegamenti con le altre città romane. Fu altresì teatro della famosa battaglia del 402 d.C., da cui prende il nome e combattuta tra Stilicone e Alarico. Infatti era il giorno di Pasqua del 402 d.C. quando l'esercito romano di Stilicone vinse i Visigoti di Alarico che si erano accampati vicino a Pollentia e li costrinse a riparare nell'Illirico.
Non si hanno dati sicuri sulla fondazione della città, che pare essere avvenuta tra il 179 e il 170 a.C.: sarebbe quindi la più antica colonia della zona, nella IX regio, precedendo Alba Pompeia ed Augusta Bagiennorum. Nata come oppidum, cioè città fortificata con funzioni militari e non agricole considerato che il territorio era paludoso ed insalubre, ottenne in seguito lo stato giuridico di colonia e successivamente la trasformazione in municipium. Fu un centro strategico della valle del fiume Tanaro che era navigabile e quindi di facile collegamento tra la pianura padana, valichi alpini e coste liguri, grazie anche alle strade come la via Fulvia e la Aemilia Scauri.
Pollentia è documentata per la produzione di lane nere e per i vasi di ceramica fine. La città vide poi un continuo e lento decadimento, sopratutto nel III° e IV° secolo sempre più immiserita dalle continue scorrerie e dominazioni, epoca in cui inizia a sorgere Brayda, l'attuale Bra, a poca distanza. Ciò accadde soprattutto nel VII sec. e successivi, quando il territorio fu assoggettato alla dominazione longobarda sotto Rotari. È in questo periodo che gli antichi resti delle costruzioni romane, come il teatro, l'anfiteatro ecc diventano cave di recupero di materiale di edilizio.
Nel X secolo, gran parte del suo territorio era possesso dell'abbazia benedettina di Breme (Pavia). Pollenzo fu poi sottoposta al controllo della famiglia De Brayda. Nel 1292 Pollenzo fu distrutta dagli astigiani, nell'ambito delle guerre per il controllo del territorio contro gli albesi. Il possesso nominale dell'area rimase per un lunghissimo periodo all'Abbazia di Breme. Il territorio fu dominato poi dai Visconti e dagli Sforza; nella prima metà del 1500 Carlo V cedette il feudo di Pollenzo ai Duchi di Savoia e dal 1762 entrò a far parte delle dipendenze della casa sabauda.
Nella prima metà del 1800 vennero ristrutturati il castello e il borgo della "tenuta reale", costruite 14 cascine e "l'Agenzia" che nelle intenzioni di Carlo Alberto sarebbe dovuta diventare un centro sperimentale sulle attività agricole e sulla vinificazione. La città romana si estendeva su un'area che in parte venne occupata dalla tenuta reale di Carlo Alberto; probabilmente era rettangolare e si sviluppava secondo le modalità classiche dell'urbanistica romana lungo il decumano e il cardine con insulae ortogonali; era dotata di un teatro, un anfiteatro, un acquedotto, il foro e templi, alcuni sono stati recentemente scavati e recuperati.
Parcheggiata l'auto, vado subito a vedere cosa rimane dell'anfiteatro. Questo è riconoscibile solo per la conformazione delle case, costruite seguendo le linee ellissoidali dell'antica muratura. Mi immaginino gladiatori, legionari, mercanti, cittadini in toga che s'aggirano tra le belle case alla ricerca dell'anfiteatro. I numerosi cimeli venuti alla luce dagli scavi, come stele sepolcrali, are votive, bronzi, vasi, cammei monete, sono conservate nei musei di Torino, Bra, Benevagienna ecc... Dopo aver ammirato ciò che rimane dei resti archeologici, mi dirigo verso il cuore del borgo per visitare la Chiesa di San Vittore, la parrocchiale di Pollenzo.
La chiesa si affaccia sulla grande piazza, delimitata da due ali porticate, frutto della riplasmazione del borgo in età carloalbertina. L'edificio, in stile neogotico, venne progettato da Ernest Melano fu inaugurato nel 1843. La facciata in mattoni a vista, presenta un solo portale a sesto acuto fortemente strombato. Sui lati è munito di archi rampanti ed è decorato da cuspidi. Sul lato posteriore sorge il campanile, con orologio e campane. Sul lato destro, vi è l'arcata attraverso la quale la famiglia reale poteva raggiungere direttamente la propria cappella dall'area del castello, per partecipare alle celebrazioni.
Il prospetto principale presenta un solo portale a sesto acuto fortemente strombato. Al di sopra di questo corre una loggetta con archi trilobati inseriti in cornici in cotto. La parte superiore, rientrante rispetto a quella inferiore, è dominata da una grande finestra ogivale, inserita in una cornice in cotto, e termina in alto con i due lati spioventi sottolineati da archetti ciechi trilobati. È ornata di numerose statue. L'edificio ha pianta longitudinale, a tre navate con volte a crociera riccamente dipinte e anche l'abside.
L'interno è luminoso, elegante, con archi acuti, colonne slanciate ed dettagli gotici eleganti. Splendide vetrate colorate che filtrano la luce in modo suggestivo. Al suo interno si trova anche una tela con il "martirio di san Vittore" dipinto da Carlo Bellosio e un prezioso coro ligneo del XVI secolo proveniente dall'abbazia di Staffarda. La chieda sorge ove un tempo vi era la pieve di San Vittore, già presente nel V° secolo, che viene demolita per l'edificazione dell'attuale edificio.
La piazza principale, Piazza Vittorio Emanuele II, ove s'affacciano i più importanti edifici ha al centro una bella fontana che costituisce nell'insieme con gli edifici che la circondano un revival di stile gothic ottocentesco. La piazza è animata: tra studenti provenienti da tutto il mondo. Pollenzo ha questa vocazione internazionali da quando è sede dell'Università di Scienze Gastronomiche. Qui incontro, seduti su un muretto, Lucas e Mei, promettenti giovani che conversano del loro progetto, del legame cibo-terra-cultura, e rimango affascinato dai loro racconti e dalla grande voglia di costruire un futuro migliore.
In piazza si riconoscono accenti francesi, inglesi, portoghesi, giapponesi, tutti iscritti all'Università di Scienze Gastronomiche che qui ha sede. Alcuni sono seduti sui gradini a discutere di biodiversità e coltivazioni orticole, altri sorseggiano caffè e scrivono appunti su quaderni ben curati. Sulla piazza si affaccia,anche un fantasioso torrione neo-medioevale noto come Torre dei Carabinieri, silenzioso testimone di funzioni difensive medievali benché più moderno. Pur non essendo una caserma, la torre conserva quel nome tradizionale, evocativo di autorità e sicurezza nel cuore del borgo.
Dalla piazza posso ammirare anche il castello trasformato anch'esso da Carlo Alberto nel XIX secolo. Le sue origini, però, risalgono al Medioevo, fu fatto costruire nel 1385 sulle rovine dell'antico priorato benedettino. Il castello fu rimaneggiato nel tempo fino a diventare una residenza nobiliare in stile neogotico, con torrette, merlature e un'architettura suggestiva. I lavori furono affidati dal re Carlo Alberto all'architetto Pelagio Pelagi. Il castello benché modificato pesantemente è inserito armoniosamente nel complesso dell'Agenzia, ed è oggi proprietà privata. Di originale c'è solo il torrione rotondo.
Mi corre l'obbligo ricordare che nel 1946 il re Vittorio Emanuele III dopo la sua abdicazione in favore del figlio Umberto II (l'ultimo monarca italiano), assunse il titolo del Conte di Pollenzo. Con Carlo Alberto, nel XIX secolo, il borgo fu completamente trasformato: il Castello venne rimaneggiato in stile neogotico e divenne una residenza di campagna reale, la chiesa ricostruita, edificato un grandiose edificio, denominata Agenzia dove oggi ha sede l'Università di Scienze Gastronomiche. Qui si sperimentavano nuove tecniche di coltivazione.
Il re Carlo Alberto, stesso amava recarsi a Pollenzo per supervisionare i lavori agricoli e si dice che avesse un piccolo studio privato nelle stanze del castello. Pollenzo fu pensata dal Re come parte di un grande progetto per trasformare il borgo in una residenza o podere agricolo modello e un centro culturale. Visito poi l'Agenzia, questa ampia costruzione realizzata intorno ad un ampio cortile a prato. Già la facciata frontale è assai spettacolare con il suo viale d'ingresso e le sue torri ai lati del portone d'accesso. Qui trovo anche la Banca del Vino, dove molti produttori italiani conservano bottiglie pregiate in una vera "cassaforte del gusto".
In questa particolare Banca, vi sono bottiglie rare che riposano in silenzio. Se non vi fossero i cartelli turistici con le indicazioni sull'abitato sarebbe difficile immaginare dove sono i e i ruderi del Teatro romano di Pollentia che ancora nel nel 1800 presentava ancora ben visibili i muri di sostegno della cavea, oggi incorporati nelle cantine di alcune case private. Camminare nelle stradine, tra le antiche mura e i portici del borgo è come attraversare epoche diverse, tra i fasti regali e atmosfere contadine.
Dopo aver ammirato il borgo, mi dirigo verso una trattoria. Seduto al mio tavolo, coperto da una tovaglia a quadri bianca e rossa inizio a chiacchierare con un ragazzo di nome Carlòs che arriva dall'argentina, e con Ling, una studentessa cinese con una passione per i formaggi italiani. "Pollenzo è un posto magico", mi dice Carlos sorridendo, "qui impariamo a pensare il cibo come cultura, come rispetto per la terra". Ling invece racconta del suo sogno di aprire una piccola scuola di cucina sostenibile nel Fujian, ispirata ai principi di Slow Food.
Le loro parole mi colpiscono; in questo piccolo borgo, storia e futuro si intrecciano nelle loro voci. Il pranzo è semplice ma delizioso: tajarin al ragù di salsiccia, un calice di nebbiolo, sotto un pergolato che mi regala una piacevole ombra. Ancora due notizie che mi sembrano importanti su Pollenzo prima di rientrare verso Casa. Durante gli scavi, fu trovata sotto piazza Vittorio Emanuele II una necropoli, tra questi ritrovamenti che hanno restituito un documentazione della presenza non solo romana ma anche delle popolazioni barbariche nella città.
Una tomba fu considerata molto significativa, questa conservava la "dama di Pollenzo", una donna di 30-35 anni, sepolta con i suoi gioielli: un coppia di grandi fibule a staffa, orecchini in oro, resti di una collana, frammenti di mantello e abito. Si pensa ad una origine germanico-orientale datata al secondo quarto del V secolo. Certamente non di origine romana, forse barbara e su questo ritrovamento sono nate tante leggende.
Nel tardo pomeriggio risalgo in auto verso Alessandria, con il suono lontano di campane della chiesa e negli occhi la torre che, silenziosa, veglia su Pollenzo. Il ritorno è lento, con il sole che cala dietro le colline. Oggi ho toccato con mano la storia antica, le radici del Piemonte, e lo sguardo curioso e globale delle nuove generazioni. In direzione La Morra si vedono a destra del Ponte sul fiume Tanaro, due interessanti archi da accesso in cotto del Vecchio ponte sospeso. Si tratta di manufatti bellissimi e sono ciò che rimane del ponte distrutto durante l'ultima guerra.





