Blog di Dante Paolo Ferraris

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Arezzo - V ed ultima parte

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ArezzoLa mattina dopo, ultimo giorno alla scoperta di Arezzo, riparto da Porta Pozzuolo e mi avvio alla visita della basilica di San Domenico. Questo maestoso edificio gotico è caratterizzato dalla sua facciata asimmetrica e si affaccia sull'omonima piazza. La Basilica di San Domenico è uno degli scrigni di arte più preziosi di Arezzo, infatti conserva molte preziose opere. La costruzione iniziò nel 1275 e fu completata nel XIV secolo.
La facciata è caratterizzata da uni piccolo loggiato addossato alla porta d'accesso. Questo elemento architettonico è relativamente recente e fu realizzato negli anni Trenta del XX secolo per proteggere un affresco d'inizio Cinquecento, dipinto nella lunetta sopra il portone. Sopra alla porta d'accesso vi è anche una tonda finestra. Sul fronte presenta un piccolo campanile a vela in cui sono collocate due antiche campane; una del 1349, l'altra del 1556. Il suo interno a navata unica, con copertura a capriate, si presenta solenne ed apparentemente spoglio.
Nella controfacciata di sinistra, mi soffermo ad ammirare un affresco di Spinello Aretino di fine XIV secolo che raffigura le "Storie dei Santi Filippo e Giacomo" sormontate da una lunetta con il "Matrimonio mistico di Santa Caterina" e il suo "martirio". Sulla parete di sinistra trovo il "San Vincenzo Ferreri" attribuito in passato a Lazzaro Vasari, che fu il bisnonno del più celebre pittore e storico dell'arte Giorgio Vasari.
Trovo poi le "Storie di San Cristoforo" di scuola spinelliana e il bellissimo e raffinato "Matrimonio mistico di Santa Caterina" di Parri di Spinello, tutti dei primi XV secolo. Particolare attenzione la rivolgo ad altre tre opere della prima metà del XV secolo: la "Madonna con il Bambino tra San Clemente e San Lorenzo", la "Annunciazione" e il "Crocifisso tra i SS. Giovanni e Michele Arcangelo", attribuiti a Giovanni d'Agnolo di Balduccio.
Scorgo sulla parte superiore della parete un "San Pietro, San Paolo e San Domenico" di fine XIII secolo. La cappella maggiore è dominata dal bellissimo "Crocifisso" di Cenni di Pepo detto Cimabue. L'opera risale tra il 1265 e il 1268 ed è un capolavoro giovanile di questo grande innovatore della pittura. Mi colpisce il viso è lo sguardo di Cristo crocifisso nello spasimo della morte. Anche il portale duecentesco della sacrestia è sormontato dai seicenteschi affreschi di "Angeli musicanti".
La cappella di sinistra della zona absidale è impreziosita dal trittico trecentesco con "San Michele Arcangelo tra i SS. Domenico e Paolo". Alla sua sinistra la cinquecentesca "Madonna con il Bambino" di Angelo di Lorentino. Sempre a sinistra si può ammirano la "Annunciazione" di Spinello Aretino datata 1386 e la "Crocifissione tra la Madonna, San Giovanni e due cavalieri" della prima metà del Trecento. Inoltre è presente anche la statua della "Madonna con il Bambino" in pietra degli anni Trenta del XIV secolo che proteggeva Porta San Biagio.
Sulla parete destra, procedendo verso l'uscita trovo "Cristo Giudice e la Madonna del Popolo", risalente alla prima metà del XIV secolo. Ancora l'affresco di con "Santa Caterina d'Alessandria, San Lorenzo e Santa Barbara" che anticipa la terracotta invetriata con "San Pietro Martire", eseguita nel 1515-20 da Giovanni e Girolamo della Robbia. Guardando in alto osservo la "Predica del Beato Ambrogio Sansedoni" di fine XIII secolo.
Ora mi trovo davanti alla bella Cappella Dragomanni, scolpita tra il 1360 e il 1377. Al centro dell'edicola si trova l'affresco con la "Disputa tra Gesù e i dottori nel tempio" realizzata dopo il 1321, da Donato e Gregorio d'Arezzo. Ancora trovo alcuni frammenti di affreschi trecenteschi, tra le quali si riconoscono una "Adorazione dei Magi"e una "Deposizione", mentre in una nicchia vi è una "Madonna con il Bambino" in terracotta policroma del XVI secolo.
Nella controfacciata di destra, trovo l'affresco del "Crocifisso tra la Madonna, San Nicola, San Giovanni e San Domenico" e le "Storie di San Nicola" posto nella lunetta, dei primi del XV secolo, anch'esso attribuito a Parri di Spinello. Fuori dalla basilica, nell'antistante piazza vi si affaccia Palazzo Fossombroni; costruito nel 1550, dove vi nacque Vittorio Fossombroni il 15 novembre 1754. A costui che fu uno statista, insigne diplomatico, matematico, economista e ingegnere, fu eretta la grande statua marmorea che ho ammirato in piazza San Francesco. Il palazzo, oggi è di proprietà del Comune di Arezzo.
Prendo per via san Domenico e prima di vedere chiesa San Benedetto, proseguo per via San Clemente per raggiungere porta san Clemente: le strade sono incorniciati da pregevoli e antichi edifici, mentre la pavimentazione stradale è in lastroni di pietra. Porta San Clemente trae denominazione da una chiesa altomedievale. Questo complesso camaldolese era posto all'esterno alle mura. Porta San Clemente era una delle quattro porte medicee cinquecentesche.
Devio leggermente per via Vecchia per vedere la Madonna del Conforto. di Si tratta una piccola cappella, annessa alla cantina dell'ospizio dei monaci Camaldonesi e fu realizzata nel luogo ove il 15 febbraio 1796, durante la preghiera davanti ad un immagine raffigurante la Madonna di Provenzano, in ceramica, assai sporca, la stessa divenne improvvisamente luminosa, pulita con l'apparizione di una fascia d'oro e due stelle. L'apparizione della Madonna del Conforto, come venne subito chiamata, interruppe le continue scosse di terremoto che da tempo funestavano la città che terrorizzavano la popolazione. La statua fu portata poi in cattedrale, e ora qui si può ammirarne una copia.
Ritorno su via San Domenico e salgo per piaggia Faenzi per vedere il prospetto della chiesetta san Benedetto afferente alla casa di riposo Fossembroni. Questa piccola chiesetta era parte integrante del monastero femminile, già benedettino, ospitante anche monache camaldolesi e risale al XII secolo. Il monastero fu soppresso in epoca napoleonica, dopo diversi utilizzi è oggi una casa di riposo. La sua chiesetta è sicuramente antica ed oggi si presenta con tetto a capanna con porta lignea incorniciata da un portale in pietra con timpano triangolare e una finestra rettangolare posta sotto il culmine del tetto. Apprendo che conserva interamente belle tele seicentesche.
Mi porto in via XX settembre, dove trovo la Casa Museo del Vasari. Giorgio Vasari nacque ad Arezzo nel 1511 e fu uno storico dell'arte, artista poliedrico fu sempre molto legato alla sua città natale, come testimoniano le numerose opere realizzate su tutto il territorio aretino. Vasari scrisse della casa aretina, che considerava il proprio rifugio e dove riposarsi dai numerosi impegni: "[…] Iniziai col comprare una casa ad Arezzo nel sobborgo di S.Vito, dove si respira l'aria più buona di questa città […]": con queste parole Vasari descriveva la sua casa, acquistata nel 1541, oggi sede del museo omonimo. Lo stesso Vasari realizzò personalmente le decorazioni delle sale del piano nobile.
La Casa Museo raccoglie moltissime opere d'arte cinquecentesche. Subito dopo trovo la chiesetta intitolata a San Vito e Modesto consacrata nel 1237 ed oggi adibita a magazzino. L'antica chiesa oggi si presenta con il rifacimento settecentesco con tetto a capanna, facciata intonacata, accesso anticipato da quattro gradini e con la grande finestra quadrangolare.
Giro via Aliotti e arrivo in piazza Santa Maria in Gradi. Sulla piazza in lastricato di pietra si erge la chiesa Santa Maria in Gradi di fine XVI secolo, costruita ove esisteva un monastero camaldolese comprendente una chiesa romanica, costruita verosimilmente tra XI e XII secolo. Inizialmente questa chiesa doveva essere piuttosto piccola e i camaldolesi decisero di ampliarla facendo costruire la chiesa attuale, su disegno di Bartolomeo Ammannati, che fu terminata nel 1611 con la realizzazione dell'altare maggiore su disegno di Giorgio Vasari il giovane. Il monastero fu poi soppresso nel 1783 e di esso rimane solo un piccolo chiostro dietro l'abside.
La facciata divisa in due ordini è veramente originale per Arezzo. La parte inferiore, presenta un alto portale archivoltato con timpano curvilineo, e un'alternanza tra parete intonacata e un severo bugnato, mentre la parte superiore, timpanata, presenta una finestra con timpano curvilineo spezzato e nelle ridotte delle volute laterali. L'edificio è chiuso ma apprendo che l'interno presenta un'aula unica priva di transetto e un soffitto ligneo del 1711 che reca lo stemma camaldolese.
La piazza antistante è attraversata da Piaggia di Murello e di fronte alla chiesa si erge la bella duecentesca torre medioevale Ricoveri - Gamurrini. Proseguendo su Piaggia di Murello, all'angolo con via Camillo Benso conte di Cavour trovo la chiesa ex Oratorio San Lorentino e Pergentino. L'edificio fu costruito nel 1363 dalla Fraternita di Santa Maria della Misericordia. La chiesa attuale risale al 1702. Di trecentesco è però il fregio con storie dei due santi sull'architrave esterno del portale. La venerazione popolare per i due santi protomartiri aretini è molto antica.
Subito dopo all'angolo con via Garibaldi trovo Palazzo Barbolani di Montauto. Questa dimora patrizia fu adibita a seminario vescovile, a biblioteca e museo della Fraternita dei Laici. Dopo diversi passaggi di proprietà venne ristrutturato nelle forme attuali con facciata a tre ordini di finestre, negli ultimi anni del XVIII sec. Qui la strada cambia nome e diventa via San Lorentino e poco dopo trovo il Museo Nazionale d'Arte Medievale e Moderna. Si tratta di un grande edificio quattrocentesco che prende il nome di Palazzo Bruni Ciocchi.
Quando nel Seicento passo ai Conti Barbolani vi furono apportate importanti ristrutturazioni interne. Da dopo il periodo napoleonico e fino all'Unità d'Italia fu proprietà del Granducato di Toscana che lo utilizzò come magazzino per i beni soggetti a Monopolio di Stato e gli Uffici della Dogana. Per questo motivo l'edificio oggi è noto ad Arezzo anche come Palazzo della Dogana e dal 1958 è sede del Museo d'Arte Medievale e Moderna. Il Palazzo fu fatto costruire da Donato Bruni, figlio del celebre umanista Leonardo che fu anche segretario della Repubblica Fiorentina.
Proseguo per via san Lorentino fino a raggiungere l'omonima Porta. Questa è sicuramente la Porta più bella tra gli ingressi del centro storico ancora esistenti ad Arezzo e fa parte delle fortificazioni rinascimentali della città. Si tratta dell'erede naturale dell'antica Porta Fori, quando un tempo era posta alla fine dell'attuale via Ricasoli, all'ingresso di Piaggia del Murello ed era detta anche "Porta delle Forche" perché nel XVII e XVIII secolo vi passava la processione che accompagnava all'esecuzione i condannati a morte.
La Porta acquisì il corrente nome, in riferimento a uno dei protomartiri aretini, i fratelli Lorentino e Pergentino che secondo la tradizione vennero decapitati nel 250 d.C. assieme al fratello al Canto alla Croce, dove oggi sorge l'ex oratorio dedicato ai due martiri. Nei pressi della Porta fu rinvenuto, durante i lavori di sbancamento del 1553, il bronzo etrusco della Chimera che è lo stemma della città. La Chimera di Arezzo è un bronzo realizzato tra il V e il IV secolo avanti Cristo ed è un capolavoro dell'arte della lavorazione del bronzo etrusca. Quella posto sotto la Porta è una splendida riproduzione.
Torno indietro per un breve tratto e prendo per via Garibaldi e raggiungo piazza della SS Annunziata, dove si erge l'omonima chiesa della SS Annunziata. Questa fu costruita a seguito del miracolo operato da una statua della "Madonna col Bambino", avvenuto il 26 febbraio 1490. Secondo la tradizione, la statua che era collocata nel vestibolo dell'ospedale intitolato a San Cristoforo, annesso al complesso monastico ed avrebbe lacrimato davanti ad un giovane di La Spezia, che tornando da Loreto, s'inginocchiò per pregare la Vergine. A seguito di ciò la statua della Vergine fu venerata come Madonna delle Lacrime.
La facciata mi si presenta incompiuta ed è ancora visibile, in un'edicola, un affresco con l'Annunciazione, opera giovanile di Spinello Aretino. La chiesa è in stile neoclassico e conserva nella navata sinistra un'opera giovanile di Giorgio Vasari, la "Deposizione", ma sono presenti anche altre tele, come quella raffigurante la "Vergine che appare a San Francesco", opera del 1641 di Pietro da Cortona. Mentre nella cappella famiglia Spadari è conservato il gruppo scultoreo in terracotta, con la"Madonna col Bambino tra i santi Francesco e Rocco col Padre Eterno giudicante" di Agnolo di Polo, allievo del Verrocchio.
In piazza si erge Palazzo Sandrelli un edificio cinquecentesco che fu rinnovato nel Settecento e Palazzo Gozzari. Dalla piazza mi avvio per via Camillo Benso conte di Cavour dove trovo Palazzo Tondinelli, si tratta di una quattrocentesca casa signorile, interessante anche Palazzo Lappoli. Faccio una breve deviazione si via Saracino per vedere la chiesa San Giuseppe di Chiavello. Questa chiesetta è conosciuta come chiesa di San Giuseppino ed ha origini seicentesche.
L'edificio fu rinnovato nel settecentesco e presenta una facciata assai semplice con tetto a capanna con un portone ligneo centrale inserito in un bel portale in pietra scolpita con bella mensola posta sopra l'architrave. Una grande finestra rettangolare è incorniciata da pietre scolpite con forte richiamo barocco. Sul prospetto laterale, parte integrante della facciata vi è una piccola porta di accesso con due piccole finestre sovrapposte, mentre sul tetto insiste un campanile a vela.
Rientrato su via Cavour raggiungo piazza della Badia. Qui si erge la Badia delle Sante Flora e Lucilla. La chiesa fu edificata intorno al 1278 in stile gotico su un precedente edificio monastico e nel 1315 fu rifatto anche il monastero. Nel Quattrocento si avviarono lavori di ammodernamento e fu realizzato il chiostro. La chiesa fu ancora trasformata su progetto di Giorgio Vasari a partire dal 1565. Il campanile è invece seicentesco ed è caratteristico con la sua forma ottagonale.
La facciata mostra le due fasi di costruzione: a destra la parte gotica, in arenaria, di cui si riconosce la traccia del portale medievale. Al centro vi è il portale tardo cinquecentesco, occultante parte di quello precedente, mentre a sinistra si nota l'ampliamento dello stesso periodo. Tanto che il portale non è in asse con la gotica e alta finestra. Internamente ha tre navate e presenta sul lato destro della contro-facciata l'affresco rinascimentale di "San Lorenzo" attribuito a Bartolomeo della Gatta del 1476. Sempre nella contro-facciata è presente anche la tela con la l'"Immacolata concezione" del 1603.
Nella parte destra della contro-facciata, vi è la cosiddetta "Pala Albergotti", ovvero una grande tavola di Giorgio Vasari formata da una parte centrale con la "Assunzione e Incoronazione della Vergine" del 1566, a cui nel 1570 furono aggiunti ai lati "San Donato" e "San Francesco" e nella centina della cornice monumentale otto tavolette con ritratti di sante. Altre interessanti tele cinquecentesche e seicentesche sono nelle cappelle laterali.
La Chiesa della Badia delle SS. Flora e Lucilla sorge accanto all'ex monastero benedettino, oggi plesso scolastico, ma che conserva ancora i due chiostri. Quello maggiore fu disegnato dall'allievo del Brunelleschi, Giuliano da Maiano ed è composto da un porticato con loggia superiore. Sul portale d'ingresso dell'istituto scolastico che presenta una graziosa loggetta, vi è una terracotta di Andrea della Robbia raffigurante La Madonna con bambino tra San Benedetto e santa Giustina. In precedenza, nell'antico refettorio vi era esposta la grande tavola dipinta dal Vasari, "Il banchetto di nozze di Ester e Assuero", oggi collocato al Museo d'arte Medioevale e Moderna della città.
È il momento di partire per tornare a casa, ma non prima di un lauto pasto aretino. Proprio nei pressi della Badia trovo un caratteristico ristorantino. Seduto al tavolo, tranquillamente pranzo con il cibo della tradizione, cominciando da i crostini neri con carne macinata di vitello, fegatini di pollo, carote, capperi, acciughe, sedano, prezzemolo, olio evo e vinsanto. Proseguo con maccheroni con l'ocio; si tratta di grossi quadrati di pasta fresca di 7/10 cm per lato, perfetti per il sugo d'oca.
Concludo con un pezzo di coniglio in porchetta; si tratta di un coniglio ripieno di pancetta, patate, aglio, salvia, rosmarino e finocchio selvatico, cucinato al forno con le patate. Salto il dolce con dispiacere, avrei assaggiato il Baldino, ossia un preparato di farina di castagne, zucchero, uva passa, pinoli, noci, rosmarino e olio d'oliva. Comunque non ho rinunciato a un bel e buono calice di Chianti classico.
Mentre torno verso casa e nel ripercorrere ciò che ho potuto ammirare, ricordo i tanti film che hanno avuto Arezzo come scenario, ricordo: "La via e Bella" di Roberto Benigni del 1997; "Un fantastico via vai" di Leonardo Pieraccioni del 2013; "Quore" di Federica Pontremoli del 2002 e chissà quanti altri.
Arezzo è una splendida città che vale una visita accurata, lontano dai grandi e trafficati percorsi turistici.



Fine V ed ultma parte