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Agosto a casa della Regina

Mercoledì 27 Gennaio 2010 10:30
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undergroundSono stato per tanti anni, soprattutto in gioventù, contrariato al pensiero di fare un viaggio in Inghilterra: vinceva lo stereotipo di coloro che vanno contromano, dei colonialisti per eccellenza, pensando che se l'epoca delle colonie era finita, gli inglesi avevano inventato il modo di conquistare il mondo attraverso l'imposizione della loro lingua. E cosa ha di particolare, questa lingua, piatta, con parole che finiscono senza vocale,con parole strane come bus per indicare mezzi di trasporto pubblici addirittura alti due piani, tanto è vero che definivo la Gran Bretagna "paesi dei sassi", giocando sulla parola "anglosassoni". Poi avevo sempre l'idea di uomini che portano la gonna (Kilt) e di altri con un cappello in testa, tanto alto da sembrare un tubo (cilindro).
Ma poi ha vinto la curiosità, ma soprattutto è stato Alessandro, che da bravo anglofono, mi ha caricato quasi di peso su un aereo e mi ha fatto trascorrere qualche giorno a Londra.
Uno sbarco già di per sé traumatico, se non fosse per Ale che mi ha preso per mano, come una maestra prende per mano il suo remigino. Mi è tornata alla mente una tragica esperienza in un aeroporto londinese, ove, diretto a Dublino, avevo perso la coincidenza con Aer Lingus. Solo dopo una lunga attesa e una discussione tra me, in perfetto dialetto, e una moltitudine di addetti ai banconi nella lingua dei sassi, mi hanno imbarcato sul primo volo disponibile per Dublino.
Meno male che non hanno capito cosa dicevo. Ma nemmeno io capivo loro.
Devo francamente dire che, a parte guardare a sinistra prima di attraversare la strada, la caotica Londra non mi è dispiaciuta per nulla.
La scelta era andare per musei oppure vivere la città: abbiamo preferito scegliere la seconda.
Nella stazione ferroviaria dell'aeroporto mi sarei perso: devi scegliere la compagnia con la quale viaggiare, i costi sono differenti come differenti sono le fermate effettuate da ogni compagnia, poi ovviamente.. le indicazioni sono in lingua internazionale e, per me che arrivo dalla campagna, è stato difficile non sentirmi smarrito in questa babele di gente di tutte le razze e lingue.
Scesi a Victoria Station, saliamo su un taxi, o meglio, su un "cab", proprio come uno di quelli visti fino a poco tempo prima solo nei telefilm. Beh, direi che sono strani ma non così tanto eccezionali.
L'albergo scelto è a Kensington: bello, moderno, in un'ottima posizione, la stanza è accogliente, ma purtroppo il panorama dalla finestra è pessimo: è rivolto verso un cortile interno e quindi si vedono solo tetti e impianti tecnologici.
Decidiamo di cenare con qualche pietanza etnica, ma ancora non sappiamo cosa e dove: perciò, ci avventuriamo per la strada, la scelta è ampia, scegliamo di entrare in quello che ci ispira di più da fuori: entriamo perciò in un ristorante persiano consigliato da Time Out, guida indispensabile per gustare a pieno quanto la città offre.
All'interno del ristorante, i nârgil emanano il loro tradizionale profumo, giunge tra le nostre mani il menù: ovviamente, è scritto in inglese ed in persiano, ma non c'è problema, tanto per me non fanno differenza!
Ordiniamo alla cieca, l'unica voce della comanda di cui sono sicuro è la birra. E qui scopro un'altra sorpresa: la birra che va per la maggiore è la Nastro Azzurro, insomma, niente male questi italiani.
La cena mi ha soddisfatto. La serata è calda, non c'e molto traffico per strada, le case che fanno da cornice alla strada sembrano quelle fotografie delle riviste patinate di arredamento: piccole, bianche o di mattoncino rosso, mansardate, con piccolo giardino davanti all'ingresso, che allineate come soldatini della Regina ci accompagnano con i profumi della notte verso l'albergo.
Attraversiamo Kensington Gardens e Hyde Park per raggiungere il centro, incredibilmente belli, la villa della Principessa Diana, Kensington Palace, sembra una grande casa di campagna al centro della città, ma sprigiona regalità e in contemporanea tristezza per la terribile morte della sua famosa inquilina.
Durante la visita ad Hyde Park, incontriamo una statua che mi riporta alla mente la mia infanzia, che nel cuor mio mi sento ancora: la statua dedicata a Peter Pan, perenne fanciullo, e ovviamente non possiamo che scattare qualche foto. Un parco colmo di bambini festanti, uomini e donne di ogni età a passeggio o a fare footing, Chilometri di stradine, tutte regolari, pulite, con arbusti e alberi molto belli, ovunque bellissimi laghetti, qualche bicicletta ma soprattutto non si ha l'impressione di essere in centro città.
Picadilly Circus: il cuore pulsante della città, migliaia i turisti con il naso in su, che intralciano la strada in ogni dove, e tanti londinesi freneticamente impegnati a scartarli.
La cattedrale di Saint Paul e la chiesa di Westminster, faraonicamente belle, sono inaccessibili a causa della folla in coda per acquistare un esoso biglietto. Perciò rinunciamo, sia per la coda all'ingresso sia perché sono contrariato a dover pagare per entrare nella casa del Signore (sono credente): mi vengono in mente i mercanti nel tempio.
Il parlamento è proprio come nelle cartoline, ci giriamo intorno, ammiro la fantastica architettura mentre Ale mi racconta un po' la vita dei parlamentari, il ruolo della Regina e il sistema di governo britannico; davvero affascinante.
Quante volte ho attraversato il Tamigi! Tante che ho perso il conto, ma ogni volta mi sembrava diverso. Prendiamo il battello per raggiungere Greenwich, e percorrendo un lungo tratto di Tamigi scopro una Londra nuova, quella vera. La presenza di Alessandro mi tranquillizza, sia perché sa muoversi benissimo in questa città, sia perché è "un libro stampato": è un piacere ascoltarlo mentre raggiungiamo la nostra meta.
Mi porta subito a vedere il palazzo sede del National Marittime Museum, vera dimostrazione del profondo legame tra la Gran Bretagna ed il mare, un vero esempio di costruzione imperiale.
L'osservatorio di Greenwich è piccolo ma bellissimo: non me lo aspettavo così, mi entusiasma, almeno quanto il parco che lo circonda. Mentre guardo, seduto su un muretto, il Royal Observatory, penso a questo piccolo edificio e la sua sfera rossa che alle ore 13 si abbassa dalla cima dell'osservatorio, per scandire con esattezza il Greenwich Mean Time: un rito che si ripete dal 1883, segnando il tempo della storia del mondo.
La piccola cittadina, ormai integrata nella grande Londra, ha un bellissimo e piccolissimo mercato: lo percorro ripetutamente, e mi rendo conto che le bancarelle non raccontano la storia di Londra, ma di come Londra sia la capitale dell'Impero, almeno idealmente. Culture, mode, lingue e colori, sono vivaci e molto lontane dai colori piatti della Londra tradizionale.
I nostri pasti in giro per la città vengono sempre consumati in locali caratteristici, spesso scartiamo quelli che ci appaiono troppo turistici, ma poi, alla fine, i piatti sono sempre gli stessi.
La sera di solito vinceva l'etnico, tra cui quello eritreo in cui abbiamo cenato con alcuni amici di Ale: il titolare del locale, masticando un po' di italiano, ci ha raccontato la storia della sua terra e del colonialismo italiano; una serata bellissima, trascorsa consumando la cena con le mani e con le dita.
Hyde Park è un posto dove passo sempre volentieri: allungo un po' il percorso per arrivare a Piccadilly Circuì, e durante il quotidiano giro, trovo un gruppo di giovani che, insieme ad un coach, praticano attività ginnica: lui mi sembra un emulo di rambo, le attività che fa fare a questa ventina di ragazzi, tutti sulla trentina, mi sembrano allenamenti da forze speciali.
Tutti i discenti indossano una maglietta di uguale colore rosso, corrono come matti e saltano come forsennati, facendo lo slalom tra le piante e anche tra loro stessi. Il coach è vestito da paramilitare, pantaloni mimetici, tshirt verde che mette in evidenza muscoli e tatuaggi. Il gruppo che lasciamo alle spalle, lo ritroviamo poco dopo davanti a noi, mentre si affronta in attività "ginniche" con il gruppo dalle magliette azzurre, un analogo gruppo di forsennati rambo dei parchi, che fanno lezione di sopravvivenza forse per superare le difficoltà della giungla londinese.
Ogni tanto passa un "bobby", con indosso il suo tradizionale cappello con fascia a scacchi, e anche lui guarda con occhio meravigliato quattro giovani ragazzi, che sulla pista per i cavalli che circonda tutto il parco e viene utilizzata da un reggimento di cavalleria reale per gli addestramenti, si sono legati con degli spallacci ad un pneumatico da camion che tirano lungo la pista, correndo, ovviamente facendo sforzi incredibili e sudando sette camicie, tentano di gareggiare tra loro. Mi guardo con Alessandro e ipotizzo una nuova moda per fare fitness che tra qualche anno arriverà in Italia, o forse noi saremo tanto emancipati da sostituire il pneumatico con qualcosa di classe, magari firmato. Comunque per me hanno perso un venerdi!
Londra ci offre 10 minuti di pioggia, non di più, il colore del tamigi cambia subito da color caffelatte a un bruno scuro; chissà se è mai stato limpido o azzurrognolo?
Facciamo il nostro ingresso al Tate Modern, grandissimo museo di arte moderna e non solo, ricavato all'interno di un ex cantiere navale: non sono un grande cultore della materia, ma devo dirvi che, a parte alcune belle opere, non ho trovato nessun senso logico nell'esposizione, né tanto meno ho trovato le opere di maggior interesse in posizione di rilievo. Devo anche dire che vi è abbastanza caos all'interno, assomiglia più ad una stazione ferroviaria che ad un museo d'arte moderna, ma forse loro la intendono cosi!
Partiamo per andare a fare un giro nel mitico Harrods: sin da quando sono bambino, durante il periodo di Natale, la Rai racconta dell'invasione a questo mega mercato, perciò mi aspetto di trovare una delle meraviglie del mondo moderno.
In effetti è immenso, la merce è tanta, quanto la gente che si accalca tra gli scaffali e si aggira tra le moltissime sale, per non perdermi cerco dei punti di riferimento, per fortuna Alessandro è alto ed è difficile perderlo mentre cerco qualche cosa da portare a casa: trovo qualcosa, ma a che prezzi!
Nonostante il calendario mi confermi che è agosto, rimango perplesso di fronte ad un intero piano dedicato permanentemente al Natale: luminoso, scintillante, colorato ma fuori tempo. Insomma, sarà Natale tra quattro mesi, non svendiamolo, che tristezza!
Harrods è una boutique dietro l'altra, si può trovare davvero di tutto e trovi anche tutte le persone più strane, forse per questo è così famoso. Generalmente mi piace andare per mercati e osservarmi intorno, ma qui è talmente troppo che mi sono già stancato, mi manca quasi l'aria.
Alessandro, mi porta ripetutamente in alcuni locali di una catena che in Italia non esiste, che mi dice essere la famosissima: Starbucks. In effetti ho verificato che lo è, mi fa bere delle brodaglie con nomi strani come "frappuccino", sapori inconsueti, colori non descrivibili… dentro a questo tazzone di latte ci mettono davvero di tutto, ed io ovviamente provo tutto da bravo turista curioso, compresi i dolci che mi sembrano di polistirolo, ma purtroppo c'e sempre la codaper bere queste brodaglie: sono io che mi devo adattare!
Nello Starbucks vicino all'hotel mi accomodo su una poltrona, prendo due giornali, mi atteggio da vero inglese, lo sfoglio e guardo le fotografie: le guardo con tale intensità e interesse che pare a me stesso di leggere un qualcosa che non comprendo.
E' domenica, desidero andare a Messa, e quindi cerchiamo una chiesa di rito cattolico in zona. Ne troviamo una a pochissima distanza dal famoso Starbucks, ci infiliamo dentro nell'ultima fila di banchi a Messa già iniziata. Per fortuna, nonostante cambi la lingua, il rito è sempre lo stesso; il prete è giovane, scalda la chiesa con l'omelia, pare che la gente lo ascolti con intensità. Ogni tanto un bambino piange, un altro corre tra i banchi della navata… i bambini sono uguali dappertutto!
Al termine della funzione, il giovane prete, attende tutti i fedeli sul sagrato della chiesa, stringe la mano a tutti i suoi parrocchiani, scambiando anche una parola. Un gesto che per me, uomo di campagna, è splendidamente umano.
La ruota di Londra (la famosa "London Eye") è fantastica: bisogna fare una lunga coda per acquistare il biglietto (abbastanza caro) e poi fare un'altra coda per salire. Per fortuna Ale ha prenotato i biglietti su internet poco prima di salire! Una volta "salito a bordo", mi sembrava di essere tornato bambino quando mi portavano alle Giostre. Devo dire, francamente, che non ero l'unico ad essere tornato bambino, e nel guardare gli altri, si comprendeva benissimo che la meraviglia ci accumunava. Londra dall'alto è molto bella, non sembra caotica come invece purtroppo la sto vivendo a terra.
Ultima sera prima del rientro: ci rechiamo in un pub a mangiare qualcosa, insomma... il solito fish & chips accompagnato da una birra "ale". Ci accomodiamo su alti sgabelli, davanti a un piccolo tavolino, il locale non è grande, nemmeno molto illuminato, alle pareti le pubblicità di birre e vecchie foto di Londra. Gli altri tavoli non sono tutti occupati, e quelli occupati trovano sul desco solo fish & chips oppure enormi dolci, tutta panna e cioccolata.
Sul tavolo vicino al nostro si accomodano due ragazzi, uno di fronte all'altro, alti, grandi e grossi, che mi ricordano degli hooligans. Ordinano Lasagne alla Bolognese, ed io guardo meravigliato Ale.
Poco dopo, gli portano due piatti di portata rettangolari con le lasagne appoggiate a foglie di lattuga. Strana presentazione, ma penso anche che non si finisce mai di imparare.
Mangio il mio pesce mettendoci sopra le diverse salsine che mi hanno portato, faccio prima delle prove di gusto, c'e ne uno color coca-cola che non riesco proprio ad inghiottire.
Continuo ad osservare meravigliato i due ragazzi accanto a noi, che avranno più o meno 25 -28 anni, che hanno ordinato le Lasagne e bevono una birra. Ma mi blocco di colpo, rabbrividendo, quando vedo disegnare una greca con il ketchup sopra la lasagna.
Guardo Ale con sguardo allucinato, lui scrolla le spalle, e mi rendo conto di aver già visto di peggio da qualche parte. Dopo aver eseguito tale opera grafica con il ketchup sulla lasagna, passano, con mio sommo orrore, ad un'altra salsa, e poi ad un'altra, ed un'altra ancora! Insomma, ricoprono quelle povere lasagne, sicuramente precotte, di qualunque salsa sia presente sul tavolo. Io non posso evitare di pensare a quelle povere massaie bolognesi che ci mettono anima e cuore a preparare una lasagna degna di tale nome.
Ale mi invita ripetutamente a staccare lo sguardo da loro, io ci provo, ma come una calamita la mia testa si gira a fissarli: sono anzi tentato di dirgli qualcosa.
Ale continua a richiamarmi, ma quando avvolgono la lasagna nella foglia di lattuga e la ingoiano come un panino...non resisto più! Tutto ha un limite! Ale mi prende e mi porta fuori dal pub, meglio evitare la rissa. Mi sfogo mandando un sms a Pj, che dall'Italia segue i mio viaggio facendomi da tutor a distanza.
Lasciamo Londra, per tornare in Italia, è stata una meravigliosa avventura, ci tornerò volentieri, anche solo per vedere quanto sono veramente alti le guardie della Regina, sotto quel cappello altissimo., Londra sicuramente non è una città allegra, per quello che ho visto io, ma mi ha aiutato a comprendere un mondo che fino a ieri rifiutavo.