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Luci ed ombre a Torino (IX parte)

Mercoledì 13 Marzo 2013 15:26
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Draco MalfoyTrovo Draco Malfoy appoggiato alla sua Mini Cooper gialla, con il suo classico atteggiamento altezzoso e "scazzato". Draco è figlio di Lucius ed è un mangiamorte come il padre.
Mi attende in piazza Solferino, una delle "location" predilette dai più grandi registi italiani, come Michelangelo Antonioni, che qui girò nel lontano 1950 alcuni esterni del suo film "Cronache di un amore", con grandi interpreti come Lucia Bosé, Massimo Girotti e Gino Cervi.
Draco è un ragazzo superbo, che ha un'alta opinione di sé, convinto di essere l'unico depositario della verità e che tratta tutti i suoi compagni come inferiori. Sono poche le persone che vengono trattate da lui come suoi pari.
L'ho conosciuto nell'ultimo anno di permanenza a Torino, presentatomi dal maligno in persona, solo che allora non avevo ancora capito chi avevo di fronte.
Il nome Draco forse deriva dal nome della costellazione del Drago, ma ritengo più plausibile che il nome sia stato tratto dal latino Draco, infatti, significherebbe "drago", ma anche "serpente", e ciò lo farebbe più vicino alla sua appartenenza ai Serpeverde. Inoltre il cognome Malfoy deriva dal francese "Mal Foi" (Mala Fede), caratteristica del personaggio, che non è certo famoso per le sue doti positive.
La sua giovane età, il suo esile corpo con l'addome a tartaruga in mostra, capelli castani sempre curati, occhi color nocciola, un grosso naso su una bocca ampia, una parlata facile da cocorita lo fanno sembrare, ovviamente solo in apparenza, un bravo ragazzino come il Draco Malfoy della Hogwarts di J.K. Rowling.
Ci spostiamo verso il centro di Piazza Solferino chiacchierando di amenità varie, anche se vuole sembrare erudito le sue discussioni sono sempre banali e molto legate all'arrivismo sul quale si impernia la sua personalità. Fare due passi in questa piazza è come aprire il libro della filmografia italiana, infatti sempre qui sono state girate delle scene del film giallo " La Donna della Domenica" di Luigi Comencini (1975), ambientato nella ovattata borghesia torinese con Marcello Mastroianni e impreziosito dalla colonna sonora di Ennio Morricone. Ma in questa piazza furono veramente tanti i film girati, come l'episodio "Il frigorifero" del Film "le Coppie" (1970), firmato da grandi registi come Mario Monicelli ed eccellenti interpreti come Monica Vitti ed Enzo Jannacci. La trama di questo film è ambientata nel momento della grande immigrazione torinese e del boom economico. Infatti Gavino (Iannacci) e Adelina Puddu (M. Vitti) sono due coniugi sardi emigrati a Torino che nonostante le ristrettezze hanno comperato a rate un enorme frigorifero, status symbol dell'epoca e orgoglio di Adelina, ma nel quale, a parte acqua e limoni, non hanno niente da conservare. Giunto il momento di pagare l'ultima rata, Gavino perde il denaro e chiede inutilmente un prestito ad una finanziaria sita nel grattacielo di piazza Solferino. Tentati vari espedienti per far fronte al debito, Adelina, con Gavino consenziente, si prostituisce, vendendo il suo corpo sotto la tettoia che attualmente ospita il mercato di Porta Palazzo.
Ma Piazza Solferino, è soprattutto una piazza storica di Torino che prende il nome da un comune di in provincia di Mantova, luogo della famosa battaglia che ivi si svolse il 24 giugno 1859 e che vide la vittoria delle truppe franco-piemontesi contro gli austriaci (Seconda guerra di indipendenza italiana ). La piazza ospita ed è coronata da pregevoli palazzi dalle architetture ottocentesche, tra cui il Teatro Alfieri, uno dei più conosciuti della città, nel quale andai a vedere alcuni spettacoli in compagnia di personaggi afferenti alla stirpe dei mangiamorte, quando ancora non sapevo chi si celasse realmente sotto alla maschera di bravi ragazzi.
La piazza, che fino all'età napoleonica fu conosciuta come la piazza del mercato del legno, anche detta Piazza del Bosco, era inizialmente di forma irregolare ed era posta alla periferia della città. Su di essa si affacciavano vari edifici eterogenei con tettoie, bassi fabbricati e muri di cinta a protezione di orti e giardini privati.
In precedenza da queste parti esisteva una torre, posta appena fuori dalle porte della città (la Porta Nuova).
E sempre qui era collocata la colonna della tortura, dove venivano eseguite le sentenze richieste dai tribunali.
Anche se oggi ci sembra una cosa inconcepibile, bisogna ricordare che nei secoli passati erano all'ordine del giorno, ferocie di ogni tipo nei confronti anche dei comuni delinquenti.
Il boia Pantoni di Torino, ci ricorda che gli stessi condannati a morte, lungo il tragitto per andare al luogo ove sarebbero stati puniti, spesso venivano torturati con pinze infuocate ed altri arnesi.
Frequentemente a causa di queste torture, molti condannati vi giungevano già in stato di incoscienza per via delle torture subite, poteva anche capitare che fossero già privi di qualche arto,strappati loro durante il tragitto. I condannati venivano bruscamente risvegliati prima dell'esecuzione.
Si veniva condannati alle frustate, al taglio di una mano o ad altre terribili mutilazioni. Queste esecuzioni venivano organizzate in luoghi pubblici, perché servissero da monito per tutta la popolazione.
L'utilizzo della colonna per la tortura cessò con l'arrivo dei Francesi. La colonna fu abbattuta e, al suo posto, venne eretto un albero della libertà.
Il rifacimento della Piazza, fu affidato all'architetto Carlo Promis nel 1853 e nel 1855 venne costruito il Teatro Alfieri, opera di Lorenzo Panizza. Il 5 gennaio 1858 tuttavia, un violento incendio lo distrusse completamente, costringendo la comunità a ricostruirlo nuovamente.
Nel 1877 nella piazza viene collocato il monumento equestre dedicato a Ferdinando di Savoia - Genova di cui abbiamo già parlato, mentre nel 1884 fu la volta del monumento all'esule messinese Giuseppe La Farina, eletto deputato al primo parlamento italiano, nominato Consigliere di Stato, successivamente Ministro dell'istruzione, dei Lavori Pubblici dell'Interno e della Guerra. Una strana storia quella del monumento dedicato a Ferdinando di Savoia - Genova, soprattutto fu un'opera titanica il suo trasporto. Il bozzetto realizzato da Alfonso Balzico fu concretizzato in un apposito locale creato nei giardini reali e poi inviato a Firenze, dove Clemente Papi eseguì la fusione della scultura, ma le dimensioni della statua e soprattutto il peso di 10 tonnellate, creavano non pochi problemi per il trasporto a Torino. Il previsto trasporto via ferrovia non fu possibile, perché la statua era di dimensioni superiori a quello delle gallerie ferroviarie. Con immense fatiche e solo grazie ad una locomotiva stradale a vapore, normalmente utilizzata dal Genio ferrovieri per il trasporto dei grandi cannoni, si riuscì a farla giungere a Torino.
Si dovette studiare un percorso idoneo, verificando la portata di tutti i ponti attraversati, allestendo apposite opere di rinforzo per sostenere le 160 tonnellate di peso del convoglio. Ci volle oltre un mese dalla partenza da Firenze per far giungere a Torino il monumento, ed era il 18 maggio 1877.
Sempre nell'Ottocento vennero anche edificati nuovi edifici signorili, tra cui il prestigioso Palazzo Ceriana, progettato dall'architetto Carlo Ceppi, voluto dalla ricca famiglia torinese dei Ceriana, banchieri ed industriali della seta.
All'angolo con corso Pietro Micca e via Santa Teresa, sorgeva un elegante palazzo ottocentesco, distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale: al suo posto negli anni cinquanta venne realizzato, su disegno dell'architetto Gualtiero Casalegno, la Torre Solferino di 15 piani fuori terra, il grattacielo dove era situata la finanziaria nell'episodio "il Frigorifero" del film "le Coppie". Questo palazzo è uno dei principali edifici residenziali multipiano di Torino, sinceramente uno schiaffo a una bella e scenografica piazza ottocentesca. Nel 1930 sulla piazza fu collocata la celebre Fontana Angelica, ad opera dello scultore Giovanni Riva.
Ed è davanti a questa Fontana che mi intrattengo a conversare con Draco Malfoy; inizialmente, come un babbano, avevo creduto che questo piccolo mangiamorte avesse delle qualità e avevo contato molto sulla sua giovane età, senza peraltro ottenere nulla degli obiettivi che mi ero posto per lo sviluppo della nostra Hogwarts. Anzi, facendo correre anche insinuazioni poco piacevoli che alla fine mi danneggiarono, ma all'epoca ero il re dei babbani, credevo ancora nelle "mucche lilla".
Benché fossi certo che non era un bravo ragazzo, avevo scommesso su di lui, d'altra parte dovevo comprendere che non poteva essere diverso da chi me lo aveva presentato. Infatti entrambi erano come una spiaggia libera, pieni di prosopopea, disponibili a tutto pur di emergere e divertirsi, anche e soprattutto a spese altrui.
La fontana angelica che abbiamo di fronte, è costituita da quattro gruppi di statue che si richiamano alle quattro stagioni. È stata voluta dal sindaco Riccardo Cattaneo e fu costruita grazie al finanziamento concesso dal ministro del Regno sabaudo Paolo Bajnotti, che sovvenzionò l'opera per ricordare i suoi genitori Tommaso Bajnotti e Angelica Cugiani, la madre, da cui prese il nome la fontana. Dispose un lascito di 150 mila lire affinché si costruisse la fontana. Bajnotti non vide mai la fontana perché morì nel 1919 e nelle sue intenzioni avrebbe voluto che fosse posizionata davanti al duomo, in piazza San Giovanni ma poi venne scelta piazza Solferino, poiché rappresentava uno scenario migliore per ospitarla.
L'opera è dello scultore Giovanni Riva e fu inaugurata il 28 ottobre 1930, giorno dell'anniversario della marcia su Roma. Ha decine di getti d'acqua e vi sono scolpiti vari uccellini che sembrano librarsi in volo. La fontana è anche chiamata "delle quattro stagioni" per i quattro gruppi di statue che simboleggiano appunto le stagioni, ognuna contornata da tre amorini che rappresentano i mesi. In alto si trovano due figure maschili: l'Autunno è raffigurato da un giovane alto e forte, l'Inverno da un uomo barbuto seduto di fronte a rami spogli. In basso la Primavera, è raffigurata da una giovane ragazza che tiene in grembo un nido che guarda amorevolmente, l'Estate è raffigurata da una donna più matura. La Fontana altresì è anche letta come uno scrigno ed un coarcervo di simboli esoterici che parrebbero nascosti e se volessimo scoprirli dovremmo leggerla diversamente: infatti tra le statue maschili che raffigurano i giganti Boaz e Jaquin, che sono i giganti che sostengono le colonne d'Ercole, pare vi sia il varco oltre il quale iniziava l'infinito e l'ignoto, una specie di guardiani o sentinelle. Boaz e Jaquin sono anche i nomi delle colonne del vestibolo del tempio di Salomone. Boaz rappresenta tenebre e ignoranza, cioè il primo grado dell'iniziazione che il neofita massone deve compiere nel lungo cammino per i 33 scalini delle logge massoniche. Jaquin invece rappresenta la conoscenza, la perfezione e la luce quindi il punto di arrivo. Osservate frontalmente e a grande distanza sembra rappresentino in chiave esoterica veramente le Colonne d'Ercole dei segreti Alchemici, cioè la Caverna Luminosa, invalicabile ai profani, custode delle leggi che governano il mondo. La fontana sarebbe la porta della conoscenza e della perfezione. Entrambi i giganti impugnano delle otri dalle quali fuoriesce dell'acqua, questa rappresenta la conoscenza da cui l'uomo si deve abbeverare.
Ma vi sono altri simboli che si possono definire alquanto particolari, come ad esempio sul retro della fontana, dove sulla statua di sinistra ci sono molte decorazioni e due bambini, uno dei quali porge un pesce all'altro. Il pesce è un simbolo del cristianesimo (la parabola di Gesù della moltiplicazione del pane e dei pesci). L'altro bambino ha la testa con i capelli dritti, come se avesse preso la scossa, ma rappresenterebbe il sole, cioè Gesù; sulla destra del bambino-Gesù c'è una testa d'animale che sembra quella di un ariete o di un caprone cioè il simbolo del diavolo. Un'altra lettura vede invece l'ariete come simbolo alchemico del vello d'oro cercato dagli argonauti e il putto con i capelli sparati sarebbe il sole, cioè il punto di d'arrivo a cui miravano gli alchimisti.
Le due figure femminili vorrebbero rappresentare, quella giovane l'amore sacro, quella anziana l'amore profano, oppure la virtù che si confronta con il vizio.
Inoltre tutte le bocche da cui zampilla l'acqua della fontana sono normali visi di antiche divinità, però quella posta in posizione centrale rappresenta una donna con in testa dei serpenti come Medusa. Infatti Medusa nella mitologia aveva il potere di pietrificare le persone con lo sguardo ed era la custode dei segreti del labirinto, cioè custodiva i segreti alchemici. Draco si trova bene in questo piazza, vicino ad una fontana che rappresenta poteri occulti massonici, visto che è un frequentatore di moderne lobby, ed ora mi rendo conto come il gigante Boaz gli assomigli molto.
Facciamo due passi al centro della piazza e Draco mi racconta delle sue esperienze avute grazie ad internet, sistema di contatto e di contagio utilizzato dai Serpeverde. Draco nel corso dell'anno in cui fu, ahimè, collaboratore, assunse ruoli di prestigio ma era ed è sempre un Serpeverde e ne approfittò per screditare i membri delle altre Case, sopratutto i membri della casa dei Grifondoro che frequentavano gli stessi locali della domenica sera. L'ultima parola doveva essere comunque sempre la sua e il suo parere una sentenza definitiva.
Draco, per quanto potesse essere malvagio, lo credevo incapace di fare del male e pensavo fosse una persona recuperabile, ma cosi non fu e non è!
È stato spesso "coccolato" da molti mangiamorte che lo hanno velato di un alone romantico, ma la sua risposta è molto simile a quella di Asmodeo, l'elegante demonio che nella mitologia ebraica, ma anche in quella cristiana, aveva il ruolo di distruttore. Era anche il Demone della lussuria ed aveva tra le sue caratteristiche la lascivia che ha sempre attratto Draco. Non si trova molto nelle scritture se non in racconti trasmessi oralmente; lo descrivono come un demonio affascinante e di bell'aspetto. In un libro apocrifo di Tobia, tuttavia si racconta come Asmodeo si fosse innamorato di Sara, figlia di Raguele, la quale si era sposata ben sette volte, ma Asmodeo le aveva ucciso i mariti prima che questi potessero unirsi a lei carnalmente, come è il classico comportamento egoistico di Draco. Il racconto dice che Tobia, anch'esso follemente innamorato di Sara, aiutato dall'Arcangelo Raffaele, ingannò il Demone, mettendo sulla brace dell'incenso, il cuore e il fegato del pesce. Quando Asmodeo senti l'odore fuggi dall'altro capo dell'Egitto, dove l'Arcangelo Raffaele lo imprigionò. In una traduzione latina invece è aggiunto che dopo il matrimonio Tobia e Sara per tre giorni non consumarono (non ebbero rapporti sessuali), contribuendo così alla sconfitta del demone. L'usanza di giungere casti al matrimonio e non avere rapporti per le tre notti successive alle nozze era molto in uso nel medioevo sopratutto in Francia, dove però era possibile comprare una speciale licenza per poter trasgredire alla regola.
Le fonti ebraiche ci dicono che Asmodeo fosse figlio di una donna mortale, tale Naamah e di un angelo caduto dal cielo, oppure di Adamo prima che Yahweh creasse Eva.
E proprio come tutti i mangiamorte, anche Draco è tentatore, utilizza tutte le sue arti magiche anche se all'epoca erano ancora da sviluppare, un Multitasking senza confronti. Così come Asmodeo causò l'ubriachezza di Noè, allo stesso modo Draco si comporta per rendere i babbani più facilmente soggiogabili. Ma anche l'inganno è una sua strategia Multitasking, come quando il demone raggirò re Salomone. Infatti costui grazie al suo anello magico aveva costretto Asmodeo e la sua schiera di demoni a lavorare per lui nell'imponente impresa della realizzazione del suo Tempio. Asmodeo gli rubò l'anello con l'inganno e regnò al suo posto, fino a quando Salomone ritrovò il suo anello nel ventre di un pesce, dopo che Asmodeo l'aveva lanciato in mare.
Nell'antico Egitto il popolo lo venerava in quanto "patrono" del gioco d'azzardo e delle bische, dedicandogli un tempio nel deserto di Ryanneh. Il tempio di Draco invece è aperto nei Week End, frequentato preferibilmente la Domenica sera insieme ad altri Serpeverde.
Draco, contattato dai suoi simili all'improvviso, come suo solito mi saluta e si allontana con la sua Mini Cooper gialla, ed io inizio a percorrere via Pietro Micca verso Piazza Castello. Nel camminare ripenso a Draco e ai suoi amici Mangiamorte e come alla fine le persone si rivelano per quello che sono veramente; è solo questione di tempo.



Fine IX parte.