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Luci ed ombre a Torino (XII parte)

Sabato 15 Giugno 2013 14:22
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Vincent Tiger e Gregory GoyleRaggiungo così una delle piazze più famose di Torino, che da sempre è chiamata Piazza Carlina anziché utilizzare il suo vero nome di Piazza Carlo Emanuele II; credo che ormai i postini si siano adattati a questa doppia denominazione.
Il motivo di questa dicotomia sembra risiedere nella storia della monarchia sabauda. La reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, moglie di Carlo Emanuele II, fece progettare la pianta della piazza da Amedeo di Castellamonte, che la ideò a forma ottagonale. La piazza venne creata nel 1673, in direzione del Po, pensata come spazio pubblico della città nuova. Carlo Emanuele II fu un personaggio molto particolare e attento alla vita di corte, ma contestato e attaccato dalle malelingue popolari per il suo essere troppo effeminato. Si sospettava infatti dei gusti sessuali del sovrano, causa anche il fatto di non essere stato in grado di avere un figlio dalla sua prima moglie Francesca Maddalena d'Orleans. Le maligne voci diedero così vita all'ormai riconosciuto toponimo Piazza Carlina.
Sotto il regno di Carlo Emanuele II (1635-1675), la città si arricchì di grandi opere architettoniche. La piazza, ad esempio, per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, doveva celebrare il potere reale, uno spazio ampio, con facciate uniformi e al centro una fontana con una statua equestre che raffigurasse il re, sul modello di "place royale". Inizialmente era previsto un grande spiazzo "ottangolare" su cui si sarebbero dovuti affacciare altrettanti palazzi nobiliari. Il progetto si arenò per la difficoltà di acquisto dei lotti trapezoidali, così si decise per un'area quadrangolare destinata a sede del mercato del vino.
Il commercio del vino si svolse in Piazza Carlina dal 1678 fino al 1862, fino a quando fu trasferito in corso San Maurizio. Un corpo speciale di guardie, alle dipendenze dell'amministrazione comunale, aveva il compito di vigilare sulla qualità delle merci, con le modalità così descritte da Baricco: "Periti delegati dal Municipio assaggiano il vino man mano che s'introduce: il vino che si riconosce nocivo alla salute viene sequestrato, ed il proprietario è punito, ove abbia colpa. […] Per travasare e trasportare il vino in qualunque luogo ciascuno può servirsi dei facchini (brentatori) che meglio crede, e può con essi accordarsi del prezzo: sonovi peraltro alla porta del mercato portatori di vino in buon numero pronti a prestar servizio al cenno degli avventori".
Al centro di Piazza Carlina, troneggia un monumento dedicato al Conte Camillo Benso Conte di Cavour. Il gruppo scultoreo di Giovanni Duprè è piuttosto articolato: su un massiccio e imponente piedistallo in granito campeggia la statua di Cavour e, sotto quattro basso-rilievi in bronzo presentano le truppe di ritorno dalla Crimea, le allegorie del Dovere e del Diritto, il Genio della Rivoluzione e quello delle Province liberate che abbracciano la figura dell'Indipendenza. Il leone di Venezia e la lupa di Roma abbozzati sul piedistallo stanno a simboleggiare l'unità d'Italia interrotta nel momento dell'improvvisa scomparsa del conte. Cavour è avvolto in un enorme mantello, tiene in mano un cartiglio con incisa la celebre frase "Libera chiesa in libero stato". La curiosità di questo monumento è che se lo si osserva il da dietro (con le spalle a Porta Nuova per intenderci) e si guarda la parte destra della statua si può notare un piccolo cubo coperto leggermente dal mantello che avvolge Cavour. Il lembo finale lascia comparire un basso-rilievo intagliato nel marmo con tre personaggi: Il Papa, un sovrano e un servo, durante la nomina del sovrano da parte del Papa.
Questa è la piccola rivincita dello scultore senese a cui venne commissionata la statua in commemorazione del Conte Camillo Benso di Cavour. L'iniziativa del monumento parte nel 1861 (subito dopo la morte del conte), ma l'incarico è affidato a Duprè nel 1865. Il motivo pare essere la mancata possibilità di pagare l'artista per il lavoro, per la scarsità di denaro nelle casse reali. Duprè accetta lo stesso l'incarico e lascerà la sua firma e il suo "ringraziamento" per questa committenza, con questo particolare, per lo meno così si pensa.
L'inaugurazione del monumento, ritardata di due anni dal tempo stabilito, avviene alla presenza di re Vittorio Emanuele e di un enorme folla, in un pomeriggio piovoso dell'8 novembre 1873. Non mancarono le polemiche per un'opera che fu subito ribattezzata dai torinesi "il fermacarte", perché l'Italia raffigurata come una matrona in abiti discinta ed inginocchiata, offre la corona civica ad un Cavour ammantato. Le critiche del popolino riguardano la posa dell'Italia che pare troppo ancheggiante per i criteri armonici del tempo.
Osservando quest'opera mi viene voglia di andare a vedere la casa dove nacque, abitò e morì Cavour, nel frattempo mi guardo intorno ad ammirare i bei palazzi che coronano la piazza.
Una lapide posta in Piazza Carlina, angolo via des Ambrosis ricorda il luogo dove nacque il 15 giugno 1780 Ludovico di Breme, degli Arborio Gattinara dei Marchesi di Breme, definito l'Araldo del Romanticismo e della libertà.
Ludovico di Breme (Torino, 1780 – Torino, 15 agosto 1820) è stato un saggista italiano, ideatore del primo giornale romantico; il famoso "Il Conciliatore".
Figlio del ministro degli Interni del Regno d'Italia, Ludovico divenne ecclesiastico all'età di 25 anni e si trasferì a Milano, dove divenne cappellano del viceré (Eugenio di Beauharnais, Principe di Francia, Principe di Venezia, Viceré del Regno d'Italia, Granduca Ereditario di Francoforte, Duca di Leuchtenberg e Principe di Eichstätt ad personam). Successivamente Ludovico, ricoprì l'incarico di Consigliere di Stato del Regno e fu l'ispiratore del giornale bisettimanale "Il Conciliatore", detto anche Foglio azzurro per il colore della carta; un periodico italiano pubblicato a Milano il giovedì e la domenica a partire dal 3 settembre 1818, per un totale di 118 numeri. Il giornale era finanziato da Luigi Porro Lambertenghi e Federico Confalonieri, nobili e ricchissimi proprietari terrieri lombardi. Il 17 ottobre 1819 il giornale venne soppresso dalla censura austriaca. Ludovico di Breme ricopri anche un posto di primo piano nel Risorgimento italiano. Tra le sue opere si possono ricordare "Intorno alla ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani" del 1816, "il Grand commentaire sur un petit article" del 1817, "il saggio sul Giaurro del Byron" del 1818.
Vicino alla lapide di questo poco ricordato scrittore torinese un'altra lapide ricorda il luogo ove nacque e morì Roberto D'Azeglio.
Costui ed esattamente Giuseppe Nepomuceno Roberto Taparelli d'Azeglio (Tapparelli), fu senatore del Regno di Sardegna dal 3 aprile 1848 al 7 febbraio 1861.
Figlio del nobile diplomatico Cesare e della contessa Cristina Morozzo di Bianzè, ma soprattutto è ricordato come il fratello maggiore dell'illustre senatore Massimo d'Azeglio.
Le cronache più note lo ricordano per aver proposto a Carlo Alberto nel 1831, la realizzazione di una grande pinacoteca, che fu poi inaugurata l'anno successivo a Palazzo Madama con il nome di Reale Galleria. Lo stesso sovrano incaricò Roberto d'Azeglio quale direttore, funzione che mantenne per ventidue anni, finché in seguito a una polemica condotta sul giornale La Stampa «pe' danni invano da lui deprecati, che minacciavano la preziosa raccolta, causa la sede negli uffizi del Senato» nel 1854, si dimise in favore del fratello Massimo. La pinacoteca da lui proposta e diretta con maestria è oggi nota come Galleria Sabauda.
Piazza Carlina fu anche scenografia, insieme a tante altre parti della città del Film "Cosi Ridevano" del regista Gianni Amelio. La vicenda, che si svolge a Torino, tratteggia la storia di due fratelli meridionali che emigrano nella capitale sabauda alla ricerca di fortuna. Il film del 1998 è ambientato a fine degli anni cinquanta e inizio anni sessanta. I protagonisti, interpretati da Enrico Lo Verso ( Giovanni) e Francesco Giuffrida (Pietro), vivono in modo conflittuale il rapporto con la città e con le sue continue manifestazioni politiche. Il film è uno spietato atto di accusa contro le condizioni di vita degli immigrati meridionali nella Torino dell'epoca, la cui trama si snoda alla luce di un omicidio del quale è Pietro a prendersi la colpa mentre in realtà il delitto fu commesso da Giovanni.
Il mio sguardo cade lontano, dove scorgo due mangiamorte che vengono verso di me, sono certo che appena mi avvisteranno volteranno lo sguardo altrove per far finta di non vedermi. D'altra parte alcuni mangiamorte, sopratutto della loro specie, se non sono numericamente superiori cercano sempre di evitare qualunque contatto con il mondo babbano.
Proseguo verso di loro per raggiungere l'ex Regio albergo di Virtù, da tempo al centro di vari progetti di restauro, in questo edificio abitò, tra il 1919 e il 1921, Antonio Gramsci, allora segretario della sezione torinese del partito socialista. Una lapide ricorda l'illustre politico, filosofo, giornalista, linguista e critico letterario italiano.
Antonio Gramsci nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia e nel 1926 venne incarcerato dal regime fascista. Nel 1934, in seguito ai gravi problemi di salute, ottenne la libertà condizionata e venne ricoverato nella clinica "Quisisana" di Roma, dove vi morì.
L'edificio, situato in piazza Carlo Emanuele II al civico 15, fa parte dell'isolato di San Bartolomeo, fu realizzato durante la seconda metà del Seicento per ospitare la Casa di Carità, poi Regio Albergo di Virtù, un'istituzione fondata nel 1580 con lo scopo di insegnare un mestiere ai ragazzi meno abbienti.
L'impianto planimetrico originario è costituito da uno schema a "C", con le due maniche laterali di altezza inferiore rispetto a quella verso la piazza ed un giardino con muro di cinta verso via San Massimo. L'opera pia Albergo di Virtù, che darà il nome all'edificio, venne eretta dalla Compagnia di San Paolo nel 1580. Fu Carlo Emanuele I che nel 1587 regificò l'istituzione e la dotò di un cospicuo fondo. L'istituto ha la sua prima sede nel sobborgo di Po (attuale via delle Rosine), prima di trasferirsi in Piazza Carlina, dove vi rimarrà sino al 1890, per poi nuovamente traslocare nella sede di via San Secondo 29. L'opera pia è rimasta attiva sino agli anni Cinquanta del novecento, configurandosi come una delle istituzioni assistenziali più longeve sul territorio torinese. Sin dall'inizio del XX secolo l'edificio di Piazza Carlina presenta una situazione di decadenza, aggravato ulteriormente dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Diventa dapprima proprietà comunale, mentre ora dovrebbe trovarci realizzazione un albergo quattro stelle, denominato "Carlina Hotel". L'alloggio affittato da Antonio Gramsci, rientrato a Torino ai primi di novembre del 1913, era una stanza all'ultimo piano dell'edificio.
Piazza Carlina alimenta ricordi del passato popolare torinese, per i macabri spettacoli offerti dalla ghigliottina posa al centro della piazza, in 14 anni di dominazione francese vide il taglio di 423 teste (la prima a cadere fu quella della "bela caplera", la bella cappellaia). La piazza fu intitolata provvisoriamente dai francesi in piazza della Libertà. La ghigliottina, con la restaurazione, sarà sostituita con la forca. Mi pare il posto giusto per incontrare Vincent Tiger (Vincent Crabbe) e Gregory Goyle.
Nella Hogwarts di J. K. Rowling, i due sono alunni della scuola di magia e stregoneria e membri della casa dei Serpeverde. In quella torinese hanno frequentato la stessa scuola, appassionati dalla materia di studio e della quale cercano di farne professione ma con risultati diversi. Benché abbiano buone capacità professionali hanno fretta di riuscire e cercano le strade più corte e facili per raggiungere il proprio obiettivo.
Vincent è alto, ben piantato ma non grasso benché pare sia una "buona forchetta", capello castano chiaro con taglio a spazzola cortissimo, viso lungo con un naso grande a forma di patata, due occhi che mi sembrano castani, incassati sotto due spesse sopracciglia e nascosti preferibilmente da occhiali scuri da sole. Fa da cornice al viso paffuto una short boxed beard malcurata, sempre attrezzato di macchina fotografica.
Gregory è più piccolo, tozzo dall'aspetto incazzoso, un passato non edificante per le pessime frequentazioni, pantaloni sdrucito, calati sotto le natiche, un cappello da baseball posto sulle "ventitré". Il viso presenta labbra lunghe e carnose, occhi grandi e castani coronati da sopracciglia spesse. Il naso è grande ma non sproporzionato su un viso rettangolare, porta anch'esso una barbetta curata che gli corona il viso, la fronte è alta e il taglio corto di capelli color castani con una frangia disordinata.
I due scagnozzi parlottano tra di loro e pare non mi abbiano visto proseguendo verso di me lasciandosi alle spalle la chiesa di Santa Croce.
La chiesa di santa Croce è edificata su disegno di Juvarra con campanile orientaleggiante e facciata tardo-ottocentesca, destinata ad ospitare le monache agostiniane.
La presenza delle monache agostiniane a Santa Croce subì diverse vicissitudini nel XIX secolo; cacciate nel 1801 dal governo rivoluzionario francese, rientrarono nel 1817, ma furono nuovamente cacciate nel 1848 in seguito all'esproprio dei beni ecclesiastici dichiarato dal governo piemontese. Nel 1848 la chiesa venne chiusa al culto per essere trasformata in ospedale militare, ne seguì un periodo di degrado, durante il quale divenne anche la «Casa del Soldato», dove si organizzavano spettacoli per i militari e reduci. La riapertura al culto avvenne nel settembre del 1927, nel giorno della solennità dell'esaltazione della Santa Croce, dopo lunghi restauri voluti dall'Istituto delle Madri Pie di Ovada (AL), a cui erano stati assegnati i beni delle monache. La chiesa oggi è la parrocchia ortodossa romena dell'esaltazione della Santa Croce per l'area metropolitana torinese.
Vincent e Gregory mi passano a fianco, con gli occhi bassi mi porgono un imbarazzato saluto e proseguono per la loro strada. Goyle di J. K. Rowling, viene rappresentato come il più stupido dei due, mentre Tiger è descritto come uno non in grado di prendere decisioni da solo e che agisce solo quando gli viene detto cosa fare, ma nella mia Hogwarts torinese i ruoli sono invertiti e tra i due è Vincent a dominare su Gregory. Entrambi pare si siano trasformati, grazie alla Pozione Polisucco, da miei leali collaboratori in estremi denigratori, ma è la storia che si ripete in tutti i mangiamorte, sempre pronti a salire del carro del più forte, non interessa l'onesta intellettuale, conta molto di più trovare il carro più veloce per raggiungere l'interesse personale. Gregory ha avuto ripetuti problemi con le forze dell'ordine, sia per i suoi trascorsi che per il modo di comportarsi, ma la possibilità offerta per costruirsi un futuro diverso pare essere una strada troppo lunga e difficoltosa ed è sempre in cerca di scorciatoie.
Il loro comportamento, durante la mia permanenza a Torino mi ricordano i Goblin; umanoidi di una bassa statura, dalla pelle marroncina, ma che può variare dall'arancio al rosso scuro, e dai lineamenti appuntiti, spesso accusati di rapire durante la notte donne e bambini, sostituendo questi ultimi con i propri mostruosi figli. Talvolta si mostrano sotto forme animali, il che rispecchia la loro natura bestiale. I goblin come Vincent e Gregory,sono tentatori e usano sovente i frutti proibiti del regno delle fate, o anche sistemi multimediali, per attirare le loro vittime. Vivono in grotte sotterranee o comunque luoghi nascosti, dove possono tramare meglio e inviare messaggi subliminali. Non attaccano mai se sono soli e soprattutto si sentono deboli se affrontati singolarmente.
Nella mitologia cavalcano mostruosi pipistrelli divertendosi a lanciare zucche marce alle povere vittime, nella Hogwarts torinese, preferiscono utilizzare qualunque mezzo che non costi nulla e che gli permetta di raggiungere i propri scopi, al posto delle zucche marce lanciano improperi e maledizioni.
Sulla piazza si affaccia, al civico 13, anche palazzo Roero di Guarente, un edificio realizzato con il secondo ampliamento della città nel 1673 e acquisito nel 1699 dal conte Traiano Roero della Vezza che decise di completarlo per farne la propria residenza. Un ulteriore rimaneggiamento avvenne nel 1711 con Carlo Giacinto Roero di Guarene in occasione del matrimonio con Luisa Gabriella Valperga di Montuè. Nel 1730, affidando il progetto a Filippo Juvarra, venne realizzata e abbellita la facciata verso la piazza Carlo Emanuele II.
Lascio piazza Carlo Emanuele II (Carlina) e imbocco via dell'Accademia Albertina verso via Cavour, nel cui lato ovest, simmetrico alla chiesa Santa Croce, si trova il Collegio delle Provincie, istituzione voluta nel 1720 per volere di Vittorio Amedeo II di Savoia con lo scopo di aiutare, finanziandone completamente gli studi e fornendogli vitto e alloggio, i giovani più meritevoli provenienti dalle diverse province del Regno. Vittorio Amedeo II voleva accentrare nell'Università di Torino tutti gli studi più avanzati in modo da dare lustro al suo regno. Una attività filantropica dalla quale lo stato sabaudo attinse generazioni di funzionari fedelissimi, spesso elevati a posizioni di massimo prestigio. L'edificio fu realizzato tra il 1729 e il 1737 da Bernardo Antonio Vittone e mantenne la sua funzione originaria sino a tutta l'età napoleonica, periodo in cui ne fu però mutata la denominazione in Pritanèo Imperiale.
Con la Restaurazione il palazzo divenne la prima sede torinese del corpo dei Reali Carabinieri, istituito da Vittorio Emanuele I con regie patenti del 13 luglio 1814. Oggi, trasformato a tutti gli effetti in caserma, ospita il Comando Regione Carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta ed è intitolato al capitano Chiaffredo Bergia (1840-1892), che nel secondo Ottocento si distinse nella lotta contro il fenomeno del brigantaggio nell'Italia meridionale.
Una lapide posta vicino al civico 17 di piazza Carlo Emanuele ci ricorda. Martino Giuseppe; militante comunista, partigiano dell XXVI brigata SAP Tarizzo, ispettore della zona Canavese. Costui naque nel gennaio del 1895 e mentre passeggiava con la moglie vicino a via Po, verso le 9 del mattino del 20 marzo 1945, veniva fermato da una pattuglia comandata da un sottufficiale della Folgore e successivamente condotto nella caserma di Piazza Carlina per identificarlo. Rimasto ferito nel tentativo di liberarsi, viene freddato con due colpi alla testa.
Da qualche tempo Piazza Carlina è una delle mete preferite della movida torinese, in virtù di un paio di locali come la vineria Chez Gaby e la Brasserie Lutece che sicuramente non passano inosservate, in quanto creano un atmosfera francese in un angolo della piazza. Locali dove non mancano i prodotti d'oltralpe, dai formaggi ai vini e ai particolari stuzzichini che rendono l'aperitivo particolarmente gustoso.
Luoghi dove finezza, gusto e piacevoli incontri non mancano in un ambiente particolarmente alla moda.
Ripenso a Vincent Tiger (Vincent Crabbe) e a Gregory Goyle, due strani personaggi che sono cresciuti in crudeltà, diventando esperti nell'arte della maledizione, che spesso non riescono a controllare, ritorcendosi contro loro stessi.
Privi di rispetto e di riconoscenza, non mi volto nemmeno a guardarli mentre si allontanano, non odio nessuno, ma ormai seleziono chi merita le mie attenzioni e chi invece merita la mia indifferenza.



Fine XII parte.