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Baghdad: una missione apparentemente impossibile (II parte)

Lunedì 20 Dicembre 2010 11:20
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Missione BaghdadMi ritrovo a camminare per la via della mia città, appena risvegliata dall'inverno con un tiepido sole, con la gente che esce di casa a passeggio per goderselo tutto.
Ma io cosa conosco dell'Iraq? Sarò davvero in grado di svolgere tale compito? Non posso scontentarli e rendermi indisponibile. Devo prepararmi a dire di Si e a capire come muovermi in un ambiente che non conosco.
Passo le ore successive a studiare tutto il possibile sull'Iraq. Faccio approfondite ricerche antropologiche sulle popolazioni, e sull'aspetto geopolitico attuale, ripercorro tutta la storia e la tragedia della prima guerra del golfo.
Ora mi sento un poco più pronto, attendo la chiamata di M.S. per confermargli che va bene; non voglio starci a lungo in missione questa volta, sento la necessità di riposo.
Il 2002 è stato un anno duro, ho dovuto seguire una serie di calamità naturali non indifferenti, ho partecipato alle attività di soccorso durante il terremoto del Molise, a Bonefro, Comune sede dell'epicentro del sisma, chiamato dal Dipartimento della Protezione Civile per affiancare il Sindaco; poi una lunga serie di alluvioni in Piemonte che hanno colpito diverse aree a partire da maggio fino ad inizio inverno nel cuneese, nonché in Val Sesia e Valle Cervo e nell'alessandrino.
Nell'agosto del 2002 avevo guidato l'unica missione italiana di soccorso per l'alluvione del Danubio e dell'Elba in Germania, affiancando il THW della Baviera, senza dimenticare il terremoto dell'alessandrino che aveva sconvolto una parte non indifferente di piccoli centri abitati.
Confermo quindi a M.S. la mia adesione e prendo contatto con R.P. Ci vedremo direttamente tutti e tre in aeroporto a Roma.
Il viaggio per arrivare a Roma aeroporto lo faccio in auto, accompagnato da due volontari del soccorso di Alessandria, Roberto e Andrea; durante il viaggio non riesco ad appisolarmi, nella mia testa frullano mille pensieri, mille cose da fare e da dire ai colleghi.
Incontro il mio compagno di viaggio R.P., ci scambiamo i soliti convenevoli, un po' di preoccupazioni e timori, nonché i problemi lasciati a casa.
M.S. arriva poco dopo, sempre sorridente con quel fare di assoluta sicurezza che ti trasmette. Ci consegna quanto necessario per la missione e soprattutto il telefono satellitare, nostro unico strumento per comunicare con l'Italia.
Sull'autobus che ci porta all'aereo conosciamo finalmente i nostri partner del Ministero degli Esteri. Sono tutte persone molto esperte che infondono fiducia: di loro voglio dire poco o quasi nulla. Rimango solo positivamente impressionato.
Di fronte a loro mi sento piccolo, come se non avessi dedicato 30 anni della mia vita a fare un lavoro che mi piace e che mi ha permesso di essere qua oggi.
Le guide dicono che in Giordania, nostra prima tappa dove incontriamo il consigliere d'ambasciata, il clima sia continentale da Novembre ad Aprile poi subtropicale con temperature che possono arrivare fino a +45 + 48.
Arriviamo ad Amman in piena notte, in tempo per contrattare il viaggio fino a Baghdad con dei “cammellieri” che a bordo di fuoristrada ci porteranno a destinazione; non abbiamo il tempo di riposarci da un volo che da Roma, ci ha riportato a Milano e poi a Monaco in Baviera per cambiare aereo fino ad Amman.
Il viaggio Amman – Baghdad dovrebbe durare dieci ore circa per percorrere oltre 1000 km; purtroppo durerà qualche ora in più a causa di due contrattempi, il primo dettato da un membro del nucleo di valutazione che si sente male e deve essere prontamente ricoverato, fortunatamente nella delegazione ci sono due medici, il secondo per la lunghezza e le interminabili code e le attese senza fine per uscire dalla Giordania.
Infatti siamo in tanti accalcati al posto di frontiera, soprattutto molti sono i giornalisti che vogliono raggiungere come noi Baghdad o altre zone di guerra; non si esce se prima non metti i timbri sul passaporto e paghi il visto di uscita. Il passaporto lo ritirano subito, ma abbiamo atteso alcune ore prima di vedercelo riconsegnare.
Una volta ripartiti però, la tensione svanisce per un attimo e sulla jeep più che gente che va in zona di guerra sembriamo in gita scolastica, un viaggio silenzioso nonostante l'autoradio del nostro sherpa continui a suonare musiche e canzoni arabe incomprensibili.
Ci scambiamo ogni tanto sguardi perplessi, nessuno chiede nulla, dentro rimane il rumore del motore e queste canzoni che sembrano una cantilena, fuori solo l'asfalto della strada che dalla Giordania porta verso Ovest, in direzione Baghdad.
Da oltre due ore non incrociamo più auto, siamo nel vuoto totale, ogni tanto incontriamo scheletri di pullman ai lati della strada, molti sono i segni dei bombardamenti e non è raro dove fare lo slalom tra i crateri.

Fine II parte.