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Luci ed ombre a Torino (XXXVI parte)

Mercoledì 01 Luglio 2015 08:42
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Seamus FinniganIo continuo ad osservarmi intorno e il mio sguardo si volge verso l'isolato che si affaccia su piazza Castello, posto tra via Viotti e via Roma, dove anticamente vi erano le sedi di alcuni ministeri dei duchi sabaudi e dove sotto gli antichi loro portici si svolgeva il mercato cittadino, ora vi sono collocati importanti negozi. Ma in questo angolo di città, fu anche aperto il caffè Carpano, dove vi nacque il vermouth "Punt e Mes". Una lapide all'imbocco dei portici, verso via Viotti, ricorda il celebre "vermuth" liquore al vino aromatizzato con tredici ingredienti inventato da Antonio Benedetto Carpano nel 1786. Sulla lapide si legge: «A.B. Carpano, nel 1786, in questa casa creò il suo vermouth, primo di un'industria tipica e tradizionale che molto contribuì alla fama e al prestigio di Torino nel mondo». Ora della vecchia casa rimane solo la lapide.
Questa fu la storia di straordinaria intelligenza di un piemontese della media borghesia, amante del vino e con un grande talento imprenditoriale. Antonio Benedetto Carpano (1764-1815), i suoi eredi, seppero tenere fede alla formula originaria di quel Vermuth che divenne rapidamente uno dei vini aromatizzati di lusso italiani, tanto che fin dall'ottocento i borghesi torinesi, avevano preso l'abitudine di sorseggiare un bicchierino di Vermuth Carpano nella vecchia bottega. Tra i frequentatori più celebri del locale figurarono nomi illustri come Camillo Benso conte di Cavour, Massimo d'Azeglio, Giuseppe Garibaldi, Luigi Brofferio, Urbano Rattazzi e Giuseppe Verdi.
La lapide è posta sotto la Torre Littoria che fu il primo e più alto edificio residenziale del XX secolo della città di Torino, nonché uno dei più famosi in stile razionalista in città.
Se non fosse per la storia che rappresenta mi limiterei a definirlo distonico con il suo disegno elegante e regolare in una piazza, vera nicchia di testimonianza dell'architettura barocca piemontese. Anche i torinesi hanno attribuito all'edificio diversi "nomignoli" tra cui il dito del Duce (in piemontese: ël dil dël Dus), o anche il telefonino; di certo con i suoi 19 piani è il primo "grattanuvole" di Torino.
L'edificio fu realizzato con l'intento di ospitare anche la sede del PNF (partito nazionale fascista); in realtà non lo divenne mai, anzi fu subito interamente acquisito dalla Reale Mutua Assicurazioni, società che finanziò la quasi totalità della costruzione e che ne è ancora l'attuale proprietaria.
Inizialmente la torre Littoria doveva essere costruita in piazza XVIII Dicembre, allora chiamata piazza san Martino, dedicata all'omonima battaglia del 1859, dove poi negli anni sessanta sorse il grattacielo della sede RAI. La scelta definitiva fu probabilmente motivata dal contestuale cantiere della nascente via Roma ma forse, io credo, sopratutto dal desiderio del regime fascista di contrapporsi simbolicamente al potere monarchico, rappresentato dal palazzo Reale e da palazzo Madama.
Mi piace ricordare come il progetto dell'architetto Armando Melis de Villa e dell'ingegnere Giovanni Bernocco sia del 1933, redatto e approvato in brevissimo tempo che si concluse con l'inaugurazione dell'edificio nel 1934. Infatti nel cantiere si operò con ritmo serrato, interrotto nemmeno nelle ore notturne.
Dirigo i miei passi verso Porta Nuova, a prendere il treno che mi riporterà a casa dopo un altra giornata alla scoperta di Torino, mi sovviene una antica leggenda, la quale vuole che una delle tre grotte alchemiche presenti a Torino sia sotto piazza Castello. Le grotte alchimiche sono legate al soggiorno a Torino di grandi "maghi", filosofi ed alchimisti; come Nostradamus, (astrologo, scrittore e farmacista francese), Paracelso ossia Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim (alchimista, astrologo e medico svizzero) dediti all'alchimia o anche all'esoterismo. Ma Torino e i suoi misteri alchemici attirarono anche Cagliostro cioè Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Balsamo, noto anche con il nome di Alessandro, conte di Cagliostro (alchimista, esoterista e avventuriero italiano) che vi soggiorno nel luglio anche se fu immediatamente espulso dalla città. Non dimentichiamoci dell'enigmatico Conte di Saint German di cui le origini rimangono avvolte nel mistero, di cui si suppone sia stato figlio illegittimo di Francesco II Rákóczi, principe di Transilvania e della principessa Violante Beatrice di Baviera, appartenente alla dinastia dei Wittelsbach e granduchessa di Toscana.
Secondo la leggenda costui avrebbe trovato il segreto della pietra filosofale, per cui non invecchiava mai e poteva trasformare il piombo in oro e ingigantire le gemme. Uomo dal fascino magnetico esercitato sulla mente e sul cuore di tante nobildonne, si racconta che alcuni lo abbiano incontrato molti anni dopo la sua morte, e ancora oggi c'è chi dice che lo si possa incontrare a Roma, nel giorno di Natale, accomodato nei giardini del Pincio.
Queste grotte dovrebbero conservare, nascosta ad occhi babbani, la pietra filosofale, chissà forse nascosta lì dal Conte di Saint German, dotata di tre proprietà straordinarie: la prima quella di produrre l'elisir di lunga vita in grado di conferire l'immortalità, la seconda di far acquisire una conoscenza assoluta del passato e del futuro, del bene e del male e la terza consiste nella possibilità di trasformare in oro i metalli vili. Vi si accederebbe, almeno nella grotta sotto piazza Castello, dai sotterranei di palazzo Madama o forse attraverso la fontana delle Nereidi progettati dall'arch. André Le Nôtre posta nei giardini reali.
A favorire queste leggende, sono anche i racconti legati all'attrazione di Margherita di Valois (sposa del duca Emanuele Filiberto) che ebbe per l'alchimia e pare che fosse stata la duchessa stessa che nel 1556 avrebbe fatto arrivare il medico e astrologo, mago e alchimista Michel de Nostredame o Miquèl de Nostradam conosciuto come Nostradamus, a Torino, appositamente dalla Francia, ufficialmente per curare la propria sterilità, facendo così nascere l'agognato erede.
Nostradamus a Torino risiedette nella villa Domus Morozzo che si trovava vicino a piazza Statuto, che in quel periodo storico era in piena periferia. La casa verrà abbattuta negli anni '60 del '900 per far spazio a moderne costruzioni. Il probabile soggiorno di Nostradamus, affermano gli esperti, sarebbe documentato da una lapide di marmo ritrovata negli anni settanta in un appartamento in piazza Solferino, successivamente scomparsa. La lapide riportava un testo in francese cinquecentesco: "1556 Notre Damus a loge ici on il ha le paradis lenfer le purgatore ie ma pelle la victoire qui mhonore avrala gloire qui meprise ovra la ruine hntiere" così tradotto: "1556. Nostradamus alloggiò qui dov'è il paradiso, l'inferno e il purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi si oppone la rovina completa".
L'unica cosa che non mi quadra è che se Nostradamus venne a Torino nel 1556 come è possibile che Emanuele Filiberto e Margherita di Valois si sposassero solo nel 1559?
Incontro sempre in piazza Castello, mentre mi dirigo verso la stazione ferroviaria, Seamus Finnigan. E se nel racconto della Rowling, Seamus Finnigan, fa parte della casa di Grifondoro, anche in quella torinese lo farei appartenere alla stessa casa. La Rowling lo descrive come un ragazzo alto dai capelli color sabbia, uno studente molto dotato ed è di ha origini irlandesi, anche perché tifa per la squadra dell'Irlanda del Quidditch. Anche il Seamus, che benché non sia torinese ne è un assiduo frequentatore è alto, con occhi e sguardo profondo, solo che invece di avere i capelli lunghi color carota ha capelli tagliati cortissimi, e biondi. È un giovane dai mille interessi, non ha gemelli ne tanto meno fratelli e la sua "tana" è molto lontana da Torino, ma è spesso presente nella città sabauda perché opera frequenta luoghi che un tempo anch'io frequentavo. È altissimo ed è un ragazzo di grande cultura, molto tecnologico e dal portamento molto signorile. Lo posso considerare un buon amico perché nei momenti più difficili è stato al mio fianco sia ieri come oggi, quando ci incontriamo, passiamo bei momenti insieme. Mi fa piacere fare due chiacchiere con lui, un po' in tranquillità, peccato che ho paura di perdere anche questo treno e non ne ho il tempo. Mi accompagna alla stazione ed insieme percorriamo tutta via Roma, discutendo tranquillamente di argomenti di comune interesse. Fa uso frequente della pozione polisucco per doversi trasformare ed adattare al mondo dei Mangiamorte che oggi dominano la Hogwarts torinese e non solo.
Salgo sul treno sempre con i pensieri rivolti alle storie vere o di fantasia che fanno di Torino e in particolare di piazza Castello il luogo con i maggiori chiaro scuri d'Italia, saluto Seamus sicuro di risentirlo e rivederlo presto.
Durante il viaggio in treno mi sovvengono alcuni dei tanti film che hanno avuto come scenario piazza Castello o palazzo Madama come "Uno scandalo per bene"un film del 1984, diretto da Pasquale Festa Campanile, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 1984, protagonisti Ben Gazzara e Giuliana De Sio, oppure il il film che racconta la cronistoria delle vicende legate alla fine della Seconda Guerra di Indipendenza. Dalla seduta del Parlamento subalpino (1858) fino alla pace di Villafranca (1859), da cui il titolo del film " Palazzo Madama ". Un racconto che si conclude con l'incontro tra il conte di Cavour, allora ministro, e il re Vittorio. Torino compare anche in "Hannah e le sue sorelle" di Woody Hallen, del 1986 con il Teatro Regio che s'affaccia su piazza Castello, o anche "La putuan du roi" del 1990 di Alex Corti, tratto dal romanzo "Jeanne de Luynes, Comtesse de Verue" di Jacques Tournier, regia di Alex Corti, con scene girate a palazzo Reale e in piazza Castello. Ancora scene del "Il Gatto a nove code" di Dario Argento del 1971 e poi come non ricordare le scene delle Mini Minor che scendono sfrecciando dai gradini della scalinata interna di palazzo Madama nella sequenza della fuga dopo la rapina nel film "The Italin job " del 1969, e ancora il film "2061 un anno eccezionale", film del 2007, diretto da Carlo Vanzina. Ambientato in una futuristica piazza castello e dove la statua dell'Alfiere sardo, è sostituita dalla statua del professor Ademaro Maroncelli, impersonato nel film da Diego Abatantuono.



Fine XXXVI parte.