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Umbria 1997: una scossa che ha lasciato il segno

Mercoledì 21 Settembre 2016 09:48
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Sisma Umbria 1997I giornali nazionali e le televisioni avevano solamente accennato della crisi tellurica avvenuta nella primavera del 1997 in provincia di Perugia. Poco eco ebbe anche la scossa di magnitudo 4,5 che il 12 maggio colpì Massa Martana. Essa danneggiò svariati edifici e rese inagibile il 70% delle abitazioni della piccola cittadina umbra. Nell'estate, molti piccoli eventi furono registrati su tutto l'Appennino umbro-marchigiano, interessando molti Comuni, tra i quali quelli di Foligno e Serravalle nel Chienti. Il 4 settembre ci fu una forte scossa di magnitudo 4,4 che iniziò a preoccupare seriamente.
Erano le 2:33 del 26 settembre 1997 quando ci fu una scossa di terremoto del VIII-IX grado della scala Mercalli, di magnitudo 5,8. Essa aveva epicentro a Cesi. A Collecurti, una frazione di Serravalle, una coppia di anziani coniugi morì sotto le macerie della propria abitazione. Numerose case furono danneggiate gravemente, specialmente nei comuni di Foligno e di Nocera Umbra. Anche molte chiese, fra le quali la più nota, la Basilica di San Francesco ad Assisi, subirono gravi danni. La mattina molte scuole furono chiuse alcune per precauzione altre perché inagibili.
Quella delle 2:33 fu in un primo momento considerata la scossa di maggiore intensità di tutto lo sciame. Per il futuro erano previste solo semplici scosse di "assestamento" e di intensità minore.
I tecnici dovettero però rivedere le loro indicazioni quando lo stesso giorno, alle 11:42, ci fu un'altra scossa di magnitudo 6,1 e IX grado Mercalli. Essa aveva una profondità di circa 10 km, il suo epicentro questa volta era ad Annifo.
Moltissime comunità tra l'Umbria e le Marche furono sconvolte da questa scossa. Fu questo il maggiore evento tellurico registrato in quel periodo. Ci furono 10 vittime tra le quali quattro persone perirono dentro la Basilica di San Francesco. Infatti, nel momento della scossa, era in atto un sopralluogo da parte di alcuni tecnici, ingegneri, giornalisti e frati, dentro la chiesa che durante la notte aveva subito danni agli affreschi di Giotto e Cimabue.
Alle 17:25 del 14 ottobre seguì un'ulteriore forte scossa, questa volta con epicentro tra Sellano e Preci. Essa colpì nuovamente le zone già terremotate con una magnitudo di 5,5, aggravandone la situazione. Questa scossa fu immortalata nelle immagini televisive del crollo del "torrino" (la torre campanaria del Comune di Foligno) già danneggiato dalle precedenti scosse, mentre i Vigili del Fuoco la stavano mettendo in sicurezza.
I comuni maggiormente colpiti dal sisma furono Foligno, Nocera Umbra, Valtopina,Preci, Sellano, Assisi Spello, Cannara, Fabriano, Serravalle di Chienti, San Severino Marche, Matelica e Camerino e tanti centri minori nelle Marche come Caldarola, Visso, Pioraco, Fiuminata e molti altri.
Come tutti gli italiani avevo assistito alle tragiche immagini trasmesse dai telegiornali nazionali e avevo ascoltato gli appelli e le richieste d'aiuto delle popolazioni umbro-marchigiane. In ufficio avevo appena finito di leggere i reportage degli inviati del giornale "La Stampa" della scossa del 26 settembre quando il mio Direttore mi chiede di organizzare una colonna di soccorso verso Perugia.
Rapidamente riusciamo a mettere in piedi squadre di tecnici per il rilievo dei danni, agenti di polizia faunistica e molti volontari appartenenti a diverse associazioni. La risposta fu immediata e fu difficile spiegare a molti che non potevano partire tutti subito, per poter garantire in seguito continuità d'intervento e assistenza per diverso tempo. L'appello della popolazione umbra non rimase inascoltato. Gli alessandrini erano reduci dalla grande solidarietà avuta dopo l'alluvione del 1994 era perciò grande la voglia di restituire l'aiuto ricevuto.
Mentre il numeroso gruppo si avvicina a Perugia, i colleghi che avevano anticipato l'autocolonna, composta da mezzi pesanti e leggeri, erano già giunti a Foligno dove era stato costituito un C.O.M. (Centro operativo Misto. Questa sarà la nostra prima destinazione della Missione perché dal C.O.M le varie squadre venivano smistate ai "cantieri di lavoro". C'era chi si occupava di fare i sopralluoghi di agibilità e chi supportava le forze di polizia locale. Altre persone, invece, prestavano assistenza nelle allestimento delle tendopoli. Altre ancora erano impegnate nel supporto delle funzioni del C.O.M.. Infine c'era chi, come il sottoscritto, è venne inviato al Campo dei Volontari della Paciana.
Arrivato al campo ritrovo due vecchi compagni di corso: Riccardo e Giovanni, entrambi di Firenze.
Nel campo erano presenti tanti volontari provenienti da tutta Italia. Divise dai colori diversi, tende di ogni forma e grandezza costituivano questo meraviglioso mondo di solidarietà. La direzione del campo in cui operavamo era situato nel camper che il Comune di Firenze aveva inviato insieme a Giovanni.
La mia permanenza in mezzo a questi splendidi volontari dura poco, infatti, una telefonata di Patrizia, un alto dirigente del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, mi chiede di spostarmi in un piccolo Comune a supportare l'attività del Sindaco nella gestione dell'emergenza e assistenza alla popolazione.
Con la mia Panda 4x4 bianca, mi inoltro per strade e stradine alla volta della mia nuova destinazione. Benché il Comune a cui sono destinato sia abbastanza vicino, sembra di immergersi in un ambiente molto lontano dal quello caotico della piccola città umbra di Foligno.
La vecchia strada Flaminia che ho scelto per raggiungere Valtopina è caratterizzata da boschi di latifoglie come querce, lecci, carpini neri, ornelli, cerri, aceri e roverelle spesso intervallati da olivi. Sono soprattutto i fiori a colorare i prati del monte Subasio, sulle cui pendici insistono le molteplici frazioni del piccolo comune in cui mi devo recare. Le giornate soleggiate e il caldo fanno sembrare ancora lontano l'autunno, tanto che il ginepro, la rosa canina, il prugnolo, il tarassaco e tanti altri fiori ricoprono i verdi campi che accompagnano il mio viaggio.
Raggiungo Valtopina, comune con poco meno di 1500 abitanti, posto lungo la via Flaminia. Mi accolgono gruppi di tende alloggio, poste per lo più nei campi vicino ad abitazioni crollate o gravemente lesionate dal terremoto. La chiesa, che s'affaccia sulla via principale, è stata transennata. Il campo di calcio è diventato un grande accampamento disordinato. L'edificio comunale è gravemente danneggiato e il personale ha dovuto trasferirsi nella sede della Comunità Montana, che nonostante presenti diverse crepe nei tamponamenti ha retto l'urto del terremoto.
Mentre attendo l'arrivo del Sindaco m'informo per quanto possibile sul luogo che per qualche tempo mi ospiterà. Il territorio comunale ha una morfologia che presenta le caratteristiche tipiche della fascia collinare-montana del preappennino umbro. Al suo interno nel fondovalle è inserita una ristretta pianura alluvionale, solcata nella parte centrale dal fiume Topino. I contrafforti vallivi sono densamente ricoperti da aree boscate. Su di esse insistono dei sottosistemi vallivi quali la valle dell'Anna, la valle del Rio e la piccola valle de Vignano.
Il territorio comunale è attraversato, oltre che dall'antica via Flaminia posta in fondovalle che divide in due il comune, anche dalla nuova strada statale Flaminia, che corre quasi tutta su un viadotto, sovrastando di fatto il piccolo centro abitato.
Nel fondo valle è anche presente una linea ferroviaria che corre quasi parallela alla vecchia strada Flaminia. Questa linea ferrata è molto importante perché è il principale collegamento ferroviario della Regione e perché unisce l'Umbria con le Marche. Le molte strade comunali e vicinali ad uso pubblico non sono tutte asfaltate ma sterrate e ricoperte di un brecciolino bianco. Il comune è collegato con Foligno, Nocera Umbra e Spello. Dispone di una zona industriale in cui insistono poche aziende, collocata in direzione Nocera Umbra, in località Ponte Rio. Sui due versanti del Topino sono presenti diversi centri abitati facenti parte del comune di Valtopina. Sul versale orientale i nuclei più importanti sono: Giove, Cerqua Rosaro, Poggio, Santa Cristina, Sasso, Schiavetto, Colle Budino, Franchillo, Casa Fornace e Gallano. Sul versante occidentale sono, invece, Colfulignato, Balciano, Casa Largnano, Ponte Rio, Cà Fondia, Casa Tommaso, Vallemare, Rotondolo, Marco Frate, Cà Sentino, Calaucci, Rancole, Capranica, Casa Solaio e Pasano.
Il sindaco di Valtopina, Giancarlo Picchiarelli, è un persona affabile. Mi viene incontro con il sorriso ma si legge tutta la sua preoccupazione nel dover sostenere il pesante sforzo di mettere in sicurezza il suo paese e soprattutto i suoi abitanti. Egli è un piccolo uomo dai capelli e occhi scuri, con due baffoni possenti, dà l'idea di una persona determinata ed energica. Non servono molte parole per capirci. È un uomo che esprime fiducia, con cui lavorerò molto bene. Con lui faccio un breve giro del capoluogo, ho così modo di vedere meglio le strutture d'interesse pubblico. Tra essi vi sono gli edifici scolastici con le scuole materne, elementari e medie che dal giorno del terremoto non ospitano più i suoi alunni. Tutte queste strutture sono state fortemente danneggiate. Fortunatamente l'edificio che ospita la farmacia, la stazione dei Carabinieri,dei bar, un commestibili e la tabaccheria hanno tenuto. La macelleria, la lavanderia ed altri esercizi commerciali invece sono stati danneggiati e non sono più agibili. Anche la banca è stata colpita dal terremoto così hanno pensato di realizzare uno sportello inizialmente in roulotte e tenda poi in un modulo abitativo.
Superando il piccolo ponte sul torrente Topino, ci rechiamo verso gli impianti sportivi. Qui incontriamo il Comandante della stazione dei Carabinieri, il maresciallo Francesco Barone. Mi appare un Maresciallo d'altri tempi: alto, distinto nella sua impeccabile uniforme. Il suo viso è olivastro ed allungato, il naso adunco sorregge un paio di occhiali da vista, ha due grandi baffi neri che lo contraddistinguono. È molto cordiale, facciamo reciproca conoscenza. Non lo vuole dimostrare ma anche lui come il Sindaco è provato ed è molto stanco, devono essere stati giorni molto duri per loro.
Adiacente ad un edificio espositivo, dove si tenevano le fiere del tartufo, principale attività commerciale del paese,c'è il palazzetto dello sport. Esso è stato adibito ad alloggiamenti provvisori per tutti gli sfollati. In particolare sono ospitati gli anziani e le famiglie con bambini, mentre gli altri stanno occupando le tende che il Ministero degli Interni ha fatto pervenire nel campo sportivo. Qui l'attività dei volontari e della popolazione prosegue velocemente nel montare le tende e nel tentativo di dare un ordine a questo improvvisato villaggio.
Faccio conoscenza con Fabio, l'agente di Polizia locale. È un ragazzo taciturno ma sempre sorridente, nonostante abbia avuto la casa fortemente lesionata. Da subito si è messo a disposizione dei cittadini, è continuamente occupato a notificare, vigilare ed in altri molteplici compiti. Purtroppo abbiamo avuto pochissimo tempo per chiacchierare e di questo me ne dispiaccio assai.
La piccola comunità di Valtopina, nonostante i danni subiti è molto vivace. Lo dimostra, per esempio, la particolare esuberanza di Sofì, la tabaccaia del piccolo centro, che da subito è diventato luogo di ritrovo di tanti giovani. Oppure Gaby, il macellaio, che nonostante abbia perso la casa e il luogo di lavoro non si è arreso, mettendosi subito a disposizione del Comune insieme al fratello e all'amico Domenico.
Il Dipartimento della Protezione Civile ha inviato diverse roulotte da adibire ad alloggi provvisori per permette di decongestionare la tendopoli. Esse sono state posizionate soprattutto nelle frazioni e in quello che era il Kartodromo comunale. Qui si crea un vero proprio villaggio che verrà poi denominato Villaggio Alessandria, in omaggio ai molti volontari alessandrini accorsi a dare un aiuto a questa piccola comunità.
I giorni passano e il mio lavoro di collante tra le varie amministrazioni e di supporto al Sindaco si fa sempre più intenso. Ci siamo prefissati come obiettivo spostare la maggioranza della popolazione, entro Natale, nei moduli abitativi provvisori per un miglioramento del tenore di vita. Per far ciò cerco la collaborazione di molte associazioni e comunità che conoscono la sofferenza, perché l'hanno vissuta prima e pertanto possono offrire una mano solidale. Alcune di queste sono: il gruppo Comunale di Piovera,di Alessandria, i volontari e i cittadini del quartiere Orti di Alessandria.
Insieme a noi hanno anche collaborato i Volontari del Garda e l'associazione Arnica di Berzo Demo della Val Camonica e molte altre, ma anche tanti altri volontari che in quegli anni mi erano vicini, come Daniele, Andrea (detto Campanellino), Diddi, Elisa, Marco, Adriano, Simone, Andrea, Cristian, Enrica, Alessandro, Vincenzo e molti altri. Da Valenza, Piero, comandante della polizia Municipale è accorso con i suoi uomini, subito integrati da quelli di Tortona, Buccinasco, Cardano al Campo, Alessandria, Novi Ligure e molti altri comuni alessandrini e del bresciano. Insieme a loro c'erano decine di agenti della vigilanza provinciale di Alessandria che si sono alternati per mesi a garantire la sicurezza del piccolo Comune.
Il Dipartimento della Protezione Civile incaricò la Provincia Autonoma di Trento di collocare i moduli abitativi che la stessa Provincia aveva deciso di donare a Valtopina. Un'enorme colonna di mezzi pesanti e leggeri invase presto Valtopina, la colonna trentina era giunta a Foligno, prevalentemente in treno e poi raggiunse la piccola comunità con mezzi gommati. Il loro campo base viene allestito a Ponte Rio, i loro moduli abitativi provvisori sono molto somiglianti a chalet, soprattutto a Giove. Un grande tendone mensa dell'associazione trentina Nu.vol.a forniva i pasti alla popolazione e ai soccorritori, insieme alla cucina da campo delle associazioni di volontariato della Val Camonica bresciana.
I locali della Comunità Montana ospitarono provvisoriamente gli uffici municipali tra cui il mio. Erano molto piccoli, con evidenti crepe nei tamponamenti murari e qui la vita si faceva sempre più frenetica. Qui i volontari raccoglievano le richieste di intervento ed inviavano le squadre a collaborare con i cittadini al recupero delle loro masserizie ma anche a fare piccoli interventi tecnici e logistici. In questi spazi ho avuto modo di conoscere Danilo, un giovane ragazzo, responsabile dell'Ufficio tecnico che si dava un gran da fare. Ma anche il Vice sindaco Giuseppe, un instancabile lavoratore ma anche un grande e simpatico chiacchierone, per non parlare poi di Franca, una delle impiegate del Comune sempre attenta e presente ai problemi dei suoi concittadini.
Erano rimaste poche le strutture ricettive ancora attive: tra queste il ristorante "Il Tartufaro" ubicato in mezzo al verde in frazione Balciano che, anche se parzialmente danneggiato, riusciva comunque a lavorare preparando squisiti piatti della cucina umbra. I volontari la sera, stanchi di una giornata di lavoro invece si riunivano allo "Sherwood", una birreria e pizzeria, posto in mezzo ad una pineta vicino al centro storico, per passare qualche ora conviviale tra loro. Altri luogo di ritrovo, sempre nelle ore di riposo, erano il bar del Centro polisportivo e il bar posto al centro del paese. Locali diventati luoghi di appuntamento di molti per scambi di idee e di commiati tra i volontari che si alternavano nelle operazioni di soccorso e assistenza. Questi locali divennero spazi per scaricare la tensione nervosa dopo intere giornate di lavoro sotto il cocente sole, ma anche dopo le continue scosse sismiche che per mesi continuarono a martoriare la piccola comunità.
Scene apparentemente tratte dal film di "Peppone e Don Camillo" si svolgevano anche a Valtopina, soprattutto quando iniziarono i lavori di sgombero per la messa in sicurezza della chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro Apostolo. In quei momenti di forte tensione emotiva, dove la popolazione ha i "nervi a fior di pelle", dove molti hanno perso casa, qualcuno anche il posto di lavoro e dubiti su come organizzare il proprio futuro, basta poco per scatenare smarrimento e angosce. In queste occasioni serve molta cautela nel parlare e serve inviare segnali di serenità,perché sono proprio in questi momenti che tornano alla mente dei più anziani racconti e leggende che vedono il terremoto protagonista. Essi complicano solo le cose. Vi racconterò perciò alcuni aneddoti accaduti, dopo diversi anni magari faccio un po' di confusione ma lo scopo di quello che narro è di far comprendere come facilmente si diventa suscettibili.
Quel giorno il cielo era coperto ma c'era comunque molta afa, ogni tanto una folata di vento riusciva anche a infastidirti. Per la giornata erano stati programmati alcuni importanti lavori: sulla strada principale bisognava sgomberare la chiesa dagli arredi sacri e dalle importanti tele che l'adornavano e una grande gru doveva smontare poco a poco la cella campanaria pericolante. Motivo per cui per alcuni giorni la strada principale andava chiusa al traffico. Inoltre in località Pasano, bisognava mettere in sicurezza una piccola cella campanaria che minacciava di cadere aggravando così l'elenco dei danni. Il tabloid posto fuori dell'edicola, citava le quartine del famoso Nostradamus, al secolo Michel de Nostredame. Il giornale parlava del famoso astrologo, scrittore e speziale. In particolare di uno scritto in cui prevedeva ancora forti scosse: "E il terzo venerdì la terra sprofondò". Così recita la profezia di Nostradamus, avvisando che sarebbe scorso sangue nella valle del Topino. Leggende che sempre dopo un evento catastrofico o calamitoso escono comunque fuori da qualche buontempone che gli piace scherzare con il fuoco, non sapendo il danno che può creare. Ma siccome era il terzo venerdì successivo ad altri due in cui la terra aveva tremato, i superstiziosi e molti altri avevano preferito stare fuori da casa, ammesso che ne avessero ancora una. In paese era l'argomento più discusso fra le persone ferme per strada. La via Flaminia, via principale del paese, sembrava assorta nel più assoluto silenzio mistico. Le persone parlavano poco o parlavano dell'articolo, persino l'unico cane randagio del paese teneva la spelacchiata coda tra le gambe. Sarà stato un caso, ma il tempo sembrava essersi fermato, non si sentivano nemmeno gli uccelli cantare. Un crocchio di persone, davanti al bar silenziosamente guardava i lavori di sgombero della chiesa. Le grandi tele, accuratamente protette, venivano caricate per raggiungere un deposito temporaneo, mentre le donne del paese, più assidue frequentatrici della chiesa collaboravano con Don Angelo a mettere al sicuro le suppellettili della chiesa e della canonica. Un uomo anziano, padre di una persona molto "in vista" nella piccola comunità, inciampò cadendo lungo la via, proprio quasi a ridosso della chiesa. Si corse a chiamare l'ambulanza. Questo piccolo incidente creò un ulteriore stato di ansia. Tra i volontari più mattacchioni, qualcuno si era divertito, a raccontare di avere un'amica che faceva la cartomante e che leggeva il futuro. Costui racconta che dopo aver letto il giornale le aveva telefonato per chiederle un parere e che per tutta risposta la cartomante avesse detto "ma se lo dice Nostradamus è vero!!". Questo stupido scherzo aveva creato nei volontari più "creduloni" uno stato d'ansia e timore particolare. Anche i volontari più gioviali sembrano più taciturni. Non riuscivo a fare molto se non dire che tutto era solo una burla e una leggenda. In aiuto era accaduto l'accidentale ruzzolone dell'anziano che aveva perso un po' di sangue dal naso nella caduta, ed ecco che il sangue nella valle del Topino era scorso e quindi l'evento drammaticamente e fantasiosamente atteso era scongiurato. A facilitarmi il lavoro, anche l'egregio operato dei volontari che erano andati a mettere in sicurezza la piccola cella campanaria di Pasano. Essi avevano avuto l'accortezza, togliendo la piccola campana dalla sua cella di legarla a degli alti bastoni, ricreando una sorta di piccolo campanile a capanna e l'avevano fatta suonare lungamente. Il suono gioioso della campana, proveniente da uno dei colli, dove San Francesco era dedito a camminare aveva riportato il sorriso in paese. Anche se nessuno aveva voglia affermarlo, in quel momento tutto torno alla normalità. La terra quel giorno non tremò.
Sempre in quei giorni a Valtopina, una difficile operazione fu quella di disarmare la campana della chiesa parrocchiale e posarla a terra prima di procedere alla demolizione parziale del campanile. Vi era lungo la via molta gente con il naso all'insù a guardare questa operazione, non erano solo persone anziane e i bacchettoni locali, ma anche molta gente comune. Infatti la campana non suonava più da quel terribile 26 settembre 1997. Essa nel tempo aveva scandito le ore della comunità, aveva raccolto le genti per la messa domenicale, aveva battuto i suoi rintocchi per il battesimo del nuovo arrivato, scandito a festa i passi dei novelli sposi e richiamato la gente per l'ultimo saluto a famigliari ed amici più cari. Forse era questo che rendeva delicato quel momento in cui la campana veniva posata a terra, sapendo che non avrebbe più suonato a festa o a morto per molto tempo, modificando così anche il ritmo di vita della gente di Valtopina, come se volesse fermarsi per sempre a quei giorni del terremoto.
La vita della Comunità non si svolgeva però soltanto nel capoluogo ma anche nelle varie frazioni, oggetto di un mio sopralluogo quotidiano. Il territorio di Valtopina, per la sua collocazione geografica, fu da sempre un naturale luogo di transito e le sue colline hanno ospitato, già in epoca protostorica, piccole comunità offrendo sicurezza e benessere ai suoi abitanti. Benché sia stata individuata la presenza di insediamenti umani preromani sulle alture che circondano il capoluogo, il luogo inizia avere un vero sviluppo con la costruzione della via Flaminia (III sec. a.c)realizzata in fondovalle di cui restano ancora importanti reperti. La presenza della via di comunicazione favorì l'insediamento sulle zone collinari circostanti, come è testimoniato dal ritrovamento dei resti di una villa rustica romana e dalla diffusione di toponimi con suffisso in –ano, come Gallano, Pasano, e Balciano, ecc, con cui i proprietari romani erano soliti denominare i loro poderi. Tra X e XI secolo sul territorio collinare sorsero vari castelli e diversi villaggi che formarono una federazione detta ‘Universitas Vallis Topini et Villae Balciani', costituita dai terzieri di Poggio, Santa Cristina, Gallano, Pasano, Serra e Balciano.
Il territorio della Valle del Topino diventò così una viscontea del Ducato di Spoleto godendo quindi di un'amministrazione autonoma. Il visconte, la cui carica era temporanea, risiedeva nel castello del Poggio, dove si riuniva anche il consiglio generale dei capifamiglia.
Le alterne vicende politiche nel corso del 1200, privarono la "Universitas" di gran parte dei territori di sua pertinenza, e nel 1282 i rappresentanti della Comunità decisero di sottomettersi ad Assisi per sfuggire alle mire espansionistiche di Foligno. Occorre aspettare papa Bonifacio VIII che per suo volere a fine del 1200 concesse alla Comunità della valle del Topino nuovamente la sua autonomia.
Per tutto il periodo medioevale la popolazione abitava prevalentemente sulle zona collinare, in fondo valle il piccolo insediamento era frequentato soprattutto da coloro che traevano profitto dal transito sulla via Flaminia, come stazione cambio cavalli, albergatori e riparatori di carri. L'abitato posto nella vallata venne denominato Cerqua e corrisponde all'attuale Borgo principale di Valtopina. Toponimo questo, presente fino al secolo scorso nella cartografia ufficiale, è tuttora usato dai suoi abitanti. Nella seconda metà del 1400, con lo scopo di garantire una maggiore autonomia economica alla popolazione della vallata, venne istituita la fiera di San Bernardino, che si svolgeva lungo la via principale di comunicazione di fondovalle, alla confluenza del fiume Topino con il Fosso dell'Anna, nelle cui vicinanze era stata edificata anche la chiesa di San Pietro de Cerqua, ufficializzando così il nome all'abitato di fondovalle. Fino al 1800 la maggior parte della popolazione risiedeva ancora negli antichi borghi collinari ed il castello del Poggio mantenne la sua funzione di sede amministrativa fino al 1867. È interessante sapere che la carica di visconte della Valle del Topino fu esercitata dai Trinci, signori di Foligno dal 1383 al 1439. Proprio durante il vicariato di Corrado Trinci, nel 1434, furono emanati gli Statuti che, con successivi aggiornamenti, rimasero in vigore fino al 1816. Importante atto che regolamentarono la vita della Comunità per quattro secoli. Con la nascita della linea ferroviaria in fondovalle e con lo spostamento delle attività economiche anche la residenza comunale fu spostata a Villa della Cerqua, in seguito chiamata Valtopina.
Durante il regime fascista, Valtopina fu aggregata al Comune di Foligno, e solo nel 1948 riconquistò la sua antica autonomia.
Le strade che collegano le varie frazioni, come l'antico capoluogo del Poggio, sono ancora pressoché sterrate, ricoperte da un brecciolino bianco, irte salite e tortuosi tornanti. Esse uniscono queste frazioni ancora densamente abitate nonostante il terremoto abbia devastato buona parte delle abitazioni realizzate in pietra bianca.
Tra gli obiettivi che ci eravamo prefissi, oltre a quello di cominciare prima possibile la fase della ricostruzione, c'era quello di dare continuità alle attività commerciali e artigianali del piccolo borgo. Grazie alla solidarietà della Provincia Autonoma di Trento, alle varie associazioni alessandrine e bresciane, con l'aiuto di aziende, Comuni e Associazioni di categorie, furono allestiti moduli prefabbricati adibiti a negozi e attività artigianali. Un esempio era il villaggio costruito a Giove interamente realizzato dalla Provincia autonoma di Trento, con grande sbancamento di un'intera collina, realizzando una serie di terrazzamenti su cui si posavano le casette stile chalet. Un altro esempio fu il villaggio realizzato sul sito del kartodromo dove prima insisteva la roulottopoli. Come su quest'ultimo anche nello spiazzo adiacente al campo sportivo furono montati i moduli abitativi forniti dal Dipartimento Nazionale della Protezione Civile. Senza dimenticare quelli posti in innumerevoli frazioni o vicino ad attività agricole, facendo così in modo di non allontanare la popolazione né spopolare la montagna. Per far ciò ricordo, per esempio, l'impegno del "Consorzio Nazionale Artigiani della provincia di Alessandria" e della Fondazione specchio dei tempi del giornale "La Stampa" che tanto fece nel Comune di Valtopina. Angelo, il suo responsabile, era spesso a Valtopina per analizzare come aiutare la popolazione. Gaby, un giovane ragazzo che abbiamo avuto modo di conoscere durante la nostra permanenza a Valtopina,avrà in quell'occasione un nuovo negozio di macelleria, provvisoriamente collocato in uno chalet sul piazzale del Kartodromo, grazie alla Provincia Autonoma di Trento e a tanti altri donatori. Permettendo a Gaby di riprendere la sua attività lavorativa. Una delle prime richieste che feci appena arrivato sul luogo, fu quello di poter installare in un piccolo box metallico un impianto con lavatoi e lavatrici. Infatti avevo notato che le signore avevano molta difficoltà a lavare i panni e soprattutto quelle più anziane avevano imbarazzo nel lavare la propria biancheria intima, cosa che facevano di notte nei box doccia. Ci furono numerose battaglie con il responsabile del C.O.M. di Foligno, tutte perse, perché veniva ritenuta una "spesa superflua e non urgente". Fortunatamente la provvidenza umana e il buon senso di molti donatori e volontari arrivò dove non era arrivata la burocrazia. Infatti alcuni gruppi comunali, tra cui quello di Piovera, fecero una donazione riuscendo così a dotare, almeno un campo di accoglienza, di questo importante strumento.
In quel periodo ebbero luogo due eventi molto importanti a Valtopina: il primo fu quello di mantenere la tradizione e continuare a svolgere l'abituale fiera del tartufo. Esso è infatti il principale prodotto della vallata e questa fiera è un momento enogastronomico di rilievo nazionale. Non potendo aver svolgimento nella vecchia sede dei capannoni vicini agli impianti sportivi quell'anno si svolse in un altro luogo. Fu un momento delicato e di rilievo per tutta la comunità che s'impegnò a rilanciare la propria economia. Fu soprattutto una dimostrazione di caparbietà e di volontà a non cedere davanti a tutte le sventure e difficoltà create dal terremoto.
In questa occasione ebbi modo di confrontarmi con altre situazioni di città e paesi colpiti dalla stessa sciagura come Sellano e Nocerà Umbra. Della prima ricordo i suggerimenti forniti per costituire il Gruppo Comunale di Protezione Civile. Insieme al Sindaco ne avevamo istituito uno a Valtopina, formando decine di cittadini. Mentre con l'incontro con gli abitanti della vicina Nocera Umbra ho potuto raccogliere numerosi racconti che stanno tra la leggenda e la storia. Come quella del beato Tommasùccio al secolo Tommaso Unzio. Costui Terziario francescano, nacque in una frazione vicino a Nocera Umbra nel 1319, dopo molti anni di vita ascetica, si dedicò alla predicazione. Il 19 novembre di ogni anno l'amministrazione comunale di Nocera Umbra distribuisce il "Pane di San Tomassuccio", in ricordo del beato che protegge la città dai terremoti e dagli incendi. Infatti Tommasùccio era noto per la sua capacità di prevedere sventure e calamità naturali. Sono molti gli aneddoti sulla sua vita e sulle sue profezie: un esempio è quando, il 19 settembre 1744, Nocera Umbra fu liberata dall'esercito austriaco, per mano degli spagnoli, i nocerini collegarono il fatto con il coincidente anniversario della traslazione del corpo del Santo, ritenendo di essere stati salvati da lui. Oppure si racconta una storiella in cui si narra che mentre egli passeggiava per la fiera di Nocera Umbra, i passanti lo provocavano chiedendogli "Come va Nocera?" e lui rispondeva tirando fuori dal mantello un ramo di malva "Mal và Nocera".
Il racconto che più mi appassionò fu quello legato al terremoto del 26 settembre. Il contadino che mi narrò questa storia diede la colpa del sisma alla volontà manifestata dalla Amministrazione Comunale di cambiare forma e consuetudine nella distribuzione del Pane di San Tomassuccio. Infatti l'anno precedente la tradizione fu sospesa o fu rispettata in forma diversa dalla consuetudine. Ciò, secondo lui, avrebbe fatto irritare il beato Tommasùccio e quindi rinverdire una sua antica profezia. La leggenda,infatti, narra che durante un'epidemia di peste, la popolazione di Nocera Umbra insieme al Capitano del popolo e alla nobiltà si recò da Tommasùccio a chiedergli protezione. Egli, gliela garantì, a patto che fosse distribuito una pagnotta di pane bianco a tutti i cittadini di Nocera, una volta all'anno. Se ciò non veniva fatto la città sarebbe stata scossa e distrutta da un violento terremoto. La peste non toccò Nocera Umbra, almeno quella volta e iniziò così la tradizione della distribuzione del pane bianco che non fu mai interrotta neanche durante i periodi di guerra o carestia. Dopo il terremoto del 26 settembre la distribuzione fu ripresa nelle varie zone della città, ed è il Comune continuò ad assumersi l'onere della distribuzione di pagnotte. Esse sono marchiate con uno specifico timbro e vengono considerate capaci di proteggere da incendi e terremoti.
L'eremita nocerino morì a Foligno il 15 settembre 1377 dove è sepolto nella chiesa di Sant'Agostino. Il pane si distribuisce ogni 19 novembre, giorno della traslazione del suo corpo dall'Ospedale di Foligno ad una cappella della chiesa di Sant'Agostino.
Tante altre sono le leggende che nascono in una terra da sempre soggetta a grandi terremoti, storie che raccolsi in quegli indimenticabili giorni, come tanti voci di popolo. Tra cui la credenza che si possa preannunciare un terremoto dal nervosismo dei gatti, dall'ululare senza apparente motivo dei cani e dell'aumento del numero degli scorpioni all'interno delle case di campagna. Altre persone del luogo credono, invece, che sotto la loro terra ci sia un antico vulcano che sta per eruttare, altri sostengono che si devono prevedere terremoti quando la luna prende forme e colori strani. Proprio come avvenne il 16 settembre 1997 quando le cronache raccontano che la luna si presentò rossa e dieci giorni dopo, appunto il 26 settembre, si presenta con una forma spettrale mentre le stelle erano più luminose del solito. Il 6/7 settembre il cielo umbro fu solcato da una meteorite, da sempre segno di prossima sventura. Invocazioni e riti religiosi si accompagnano da sempre al terremoto. Infatti a Foligno gli abitanti credenti si rivolgono in preghiera a san Feliciano, loro santo patrono e protettore dai terremoti, ma anche alla Madonna del pianto, "eletta" dal popolo coopatrona ricordata insieme a san Feliciano per aver protetto i folignatesi dal terribile terremoto del 1832. Sempre in occasione di quel terremoto, il cantante lirico Paolo Soglia, che doveva cantare al teatro Piermarini o al teatro Apollo, scampato al terremoto, tornato a Cesena sua città natale, fece dono al santuario della Madonna del Monte di un ex voto dedicato a Maria in Cielo assunta per averlo salvato miracolosamente da quel disastro.
In quei mesi ci furono tante visite di importanti politici: tra essi il Presidente della Regione Umbria Prof. Bruno Bracalente, il sottosegretario alla Protezione Civile Dott. Franco Barberi, l'On. Massimo D'Alema della Commissione parlamentare bicamerale per le riforme istituzionali. Quelle più frequenti ed operative erano quelle del Capo Dipartimento della Protezione Civile Nazionale Dott Andrea Todisco e della dott.ssa Patrizia Cologgi Coordinatrice del Servizio Volontariato del D.P.C. Costoro li ricordo anche per un piacevole intervento bucolico, che io chiamo "smorzastress". Esso fu indispensabile per diminuire un po' il livello di tensione emotiva e di stress. Per far ciò mi inventai una gara per scegliere il tartufo migliore tra quello di Valtopina e quello delle valli alessandrine. Grazie alla collaborazione di mio carissimo conoscente, ormai scomparso, Ernanni Caprioglio, all'epoca capo dei Vigili Provinciali, meglio noti come Guardiacaccia, giunse a Valtopina un bel tartufo da gara. La competizione si svolse ovviamente al Ristorante "Il Tartufaro" e i due alti personaggi, inconsapevolmente furono invitati a fare da giudici. La gara fini "pari e patta", ma questo piccolo "fuori programma" servì a tante persone sia di Valtopina che tra i soccorritori a scaricare la tanta tensione nervosa accumulatasi nelle varie settimane di intenso e duro lavoro.
Un altro importante episodio fu quando ricevetti una particolare telefonata dalla casa madre della fabbrica di autoveicoli Renault: essa voleva donare un automezzo a favore del Comune per le attività di Protezione Civile. La telefonata mi informò inoltre che i piloti di Formula 1 volevano dare una mano alla ripresa della comunità. Insieme al sindaco iniziò perciò l'organizzazione dell'evento. L'inaugurazione del nuovo mezzo doveva avvenire nell'ambito di un'iniziativa che i piloti e gli sponsor della Formula 1 automobilistica avrebbero fatto per la piccola comunità valtopinese. La manifestazione fu chiamata "La Formula 1 per Valtopina". La scuderia Minardi mise a disposizione un veicolo da corsa, ritinteggiato di bianco con il nome della manifestazione e lo mise in esposizione. Tutti gli sponsor organizzarono stand per omaggiare la popolazione dei loro prodotti. I bambini incontrarono i loro piloti beniamini, tempestandoli di domande ed ebbero in dono un modellino da collezione della Ferrari. La Formula 3, mise in mostra e facendo provare ed ascoltare anche il ruggito dei potenti motori. Mentre io organizzavo il taglio del nastro della macelleria realizzata in container di Gaby. Inaugurazione avvenuta alla presenza di Jean Todt, Direttore della scuderia Ferrari e dal pilota Alessandro Nannini. Una sorpresa voluta proprio per la passione di Gaby per i motori. Una giornata che ha visto la partecipazione non soltanto degli abitanti di Valtopina, una volta tanto non protagonisti per le disgrazie causate dal terremoto, ma per un importante evento che ha richiamato non solo i mass media di tutto il mondo ma soprattutto tanti giovani del folignate.
Iniziative questa che porterà ad un grande contributo economico a favore della popolazione.
Incessante fu la presenza del personale della P.A.T. (Provincia Autonoma di Trento) che tanto riuscirono a realizzare per la piccola Comunità, come progettare e ricostruire le scuole comunali, distrutte dal terremoto.
La presenza in quei terribili giorni anche degli studenti dell'Istituto per Geometri I.T.C.G T Olivelli di Darfo Boario Terme (BS) che insieme al Geom. Walter Mario, fecero il rilievo delle strutture mobili e provvisorie installate nelle varie frazioni e case sparse. Erano inoltre presenti gli studenti del programma ECHO partecipanti ad master europeo Noha in aiuti umanitari inviati dall'Università la Sapienza di Roma per sperimentare sul campo il valore dell'etica e dell'aiuto umanitario.
Poco prima del Natale del 1997 lascio Valtopina. Il mio lavoro si poteva dire concluso. Gli impegni erano stati mantenuti e un nuovo incarico mi aspettava nelle Marche. Ho conosciuto nuove persone mi hanno regalato l'amicizia ed insegnato il valore della tenacia e della perseveranza. Sono tornato tante volte a Valtopina a trovarli, sia perché volevo comprendere i tempi della ricostruzione post sismica, ma soprattutto perché mi mancava il loro calore e i loro abbracci. Ogni evento calamitoso porta disgrazie, difficoltà e brutti ricordi ma aiutano a ritrovare il sentimento di gratitudine, di amicizia e di solidarietà, spesso confinati in un angolo di noi tutti da una società sempre più consumistica, ansiogena ed egoista. Non auguro mai a nessuno di subire il dramma di un terremoto e di portarne per tutta la vita le invisibili ferite nel nostro animo, ma auguro a tutti coloro che hanno purtroppo subito questi eventi di ritrovare il valore dell'umiltà e dell'amicizia che mi è stato donato dagli abitanti di Valtopina.