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Il Mio Piemonte: Santa Giustina di Sezzadio

Venerdì 21 Aprile 2017 12:37
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SezzadioÈ una fresca domenica primaverile. Il sole si nasconde un po' tra le nuvole ma non c'è più il vento di stamattina. Voglio dedicare questo bel pomeriggio per visitare l'Abbazia di Santa Giustina di Sezzadio.
Grazie all'assenza di traffico raggiungo velocemente la mia meta. Vengo accolto nel parco da grandi platani che incorniciano parte dell'antica Abbazia. Il prato verde di erba ancora tenera e giovane è colorato da piccoli ciocchi di violette e margherite. Un Labrador, dal bel mantello crema, mi corre incontro scodinzolando, pare voglia darmi il benvenuto.
Secondo la tradizione, la fondazione dell'Abbazia è da attribuirsi ad un miracolo avvenuto durante un viaggio del re longobardo Liutprando. Egli era un devoto cristiano ed in prossimità di Sezzadio, volle riposare sotto un albero. Liutprando portava con sé, in una pisside, le reliquie di Santa Giustina che pose al riparo sopra un ramo dell'albero. Al suo risvegliò, la pisside iniziò a spostarsi, meravigliatosi di questo prodigio, Liutprando decise di edificare un'Abbazia in onore di Santa Giustina deponendovi le sue reliquie.
Fondata quindi da re Liutprando, la chiesa venne ristrutturata nel 1030 dal marchese Ottoberto, del ramo aleramico dei marchesi di Sezzadio, che ne associò un monastero benedettino. L'abbazia conobbe grande ricchezza e prestigio, raggiungendo il massimo sviluppo delle attività spirituali e commerciali tra l'XI e il XII secolo. Dal XIV secolo iniziò però una fase di declino decadendo progressivamente. Durante il periodo napoleonico fu oggetto dello stesso destino di altre grandi abbazie piemontesi, con i possedimenti assegnati ai veterani dell'esercito ed l'Abbazia trasformata in granaio. Nel 1863 il complesso fu acquistato dal senatore Frascara che iniziò il recupero della chiesa. La famiglia Frascara trasformò gran parte del complesso abbaziale in villa, denominandola "L'Abbadia". Il complesso conventuale, come appare oggi, è formato dalla chiesa, da una villa e da alcuni edifici rurali.
Prima di entrare, voglio ammirare alcuni particolari esterni della costruzione. Sempre accompagnato dal bel cagnone che mi scodinzola attorno e da un venticello che mi costringere ad indossare il cappello.
La costruzione è quasi completamente in laterizio. La facciata, tripartita a salienti interrotti, è scandita da una serie di strette lesene piatte che salgono sino alla fascia di archetti che ne corona la sommità. Sulla facciata nella prima metà del XV secolo al di sopra della campata centrale della chiesa venne costruita la torre, oggi mi pare assai rimaneggiata. Tutta la sua superficie esterna della chiesa presenta lesene piatte ed il coronamento di archetti, sia sulle pareti settentrionali che meridionali che sulle campate delle navate inferiori che di quella centrale. Mi colpisce subito, sul lato settentrionale la parete completamente rifatta con l'inserimento di contrafforti e di pinnacoli ed una cornice ad archetti intrecciati. Invece nella parte superiore delle pareti della navata centrale mantengono, sul lato meridionale, il coronamento ad archetti è stato sostituito da una cornice a mattoni. Da notare come nella chiesa siano veramente poche le aperture e la luce, come se il buio dovesse permettere un maggior raccoglimento in preghiera. Il transetto è enorme e sporge notevolmente in pianta dalla linea delle navate costituendo un grande blocco parallelepipedo da cui emergono ad Est le tre absidi. Anche le absidi viste dall'esterno presentano un coronamento con archetti, e fregi a denti di sega e dentelli quella centrale. In quest'ultima sono interessanti due aperture, strette e lunghe che sono presenti poco sopra il terreno sembrano chiuse da una lastra di marmo, invece sono di alabastro e vogliono permettere il filtrare la luce solare nella cripta della Abbazia.
Il mio accompagnatore a quattro zampe mi abbandona sul portone d'accesso alla chiesa.
L'interno della chiesa ha un impianto romanico con elementi gotici. È suddivisa in tre navate, originariamente coperte da capriate sostituite da volte costolonate nel XV secolo per due terzi con volte a crociera. Fanno infatti eccezione le prime due campate occidentali, d'ingresso, che conservano le capriate. Si pensa che la chiesa sia stata accorciata in quanto la popolazione monastica si era notevolmente ridotta. Il grande tetto è sorretto da pilastri, rettangolari con semicolonne assiali.
Evidente, all'incrocio della navata meridionale con il braccio del transetto due lati di una più antica torre, ora inglobata negli ampliamenti della chiesa dell'XI secolo. Il maestoso interno, conserva decorazioni ad affresco di scuola lombarda dei secoli XIV e XV. Nell'abside sinistra si trovano le storie della Vergine di metà Trecento, mentre nell'abside centrale si distinguono bene le scene della Passione ed un Giudizio Universale dei primi del Quattrocento. Infatti in questo catino absidale centrale, il Cristo Giudice è affiancato dalle scene raffiguranti gli eletti e i dannati. Nei registri sottostanti sono raffigurate scene mariane e cristologiche; i diversi livelli sono separati da finte mensole, con lo scopo di rendere le figure rappresentate con effetto tridimensionale. Mi soffermo un attimo davanti all'immagine di un cavaliere in armatura in preghiera, dipinto posto sulla sinistra dell'abside. La parte centrale del presbiterio, dove si erge l'altare è rialzato sopra una cripta, alcuni irti gradini in laterizio permettono di accedere all'area absidale. Una stretta finestrella posta sul basamento del rialzo, permette la visione dell'interno della cripta dalla navata.
Alla cripta si accede dal transetto meridionale, anch'essa è a tre navate. Qui è ancora perfettamente conservato il grande pavimento a mosaico risalente all'XI secolo.
La cripta è un ambiente rettangolare absidato le cui volte poggiano su sei colonne e su semicolonne addossate ai muri. Tra le semicolonne, tratti di muro sono scanditi da archi ciechi su lesene.
La cripta, molto suggestiva, risale sicuramente al tempo di Liutprando. Bellissimo il pavimento, quasi completamente ricoperto di un mosaico bianco e nero con disegni di intrecci, disegni geometri e fioroni e un'iscrizione che ricorda Ottoberto, "riparatore della chiesa".
Mi diverto a scattare fotografie, all'interno della chiesa ed alzando gli occhi mi colpiscono dei grandi fori centrali, coperti con un nylon, che sono posto all'incrocio dei costoloni delle volte a botte, sicuramente servivano per il grano, quando questa immensa chiesa fu ridotta a luogo d'ammasso di granaglie.
Uscendo trovo il mio amico a quattro zampe che mi aspetta. Marzo è un mese pazzerello, mi stringo la giacca perché il vento si è fatto più insidioso e il buio si è quasi portato via i colori pastello in cielo. Ancora uno sguardo alla chiesa che si presenta ancor più severa e suggestiva, con questo clima dai colori rugginosi. Una carezza di saluto al mio compagno di avventura. Salgo in auto e sfacciatamente sorrido, sapendo che prima o poi la luce vincerà sul buio.