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Luci ed ombre a Torino (LVIII ed ultima parte)

Lunedì 01 Maggio 2017 10:42
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UnciUnciUnci-Unci è un folletto o meglio un Goblin che ho conosciuto molto tempo fa, durante la mia permanenza nella Hogwarts torinese. E se la Rowling nel racconto lo definisce una piccola creatura umanoide dall'intelligenza straordinaria che ha dita lunghe, piedi grandi e corpo tozzo ma che dispone di un potente potere magico, l'Unci-Unci torinese, di magico non ha nulla se non l'essere spocchioso. E se nel romanzo lavora alla Gringott, la banca dei maghi, costui invece lavora in proprio. Nel romanzio, da secoli i Goblin controllano la Gringott, ossia la banca dei maghi, Unci-Unci torinese e i suoi amici mangiamorte da poco invece controllano la Hogwarts torinese, ma forse la controllavano già da prima, solo che non in maniera pubblica.
Dopo essersi salutati, insieme attraversiamo corso Vittorio Emanuele II, Unci-Unci mi invita a prendere un caffè, considerato che ho ancora un po' di tempo prima della partenza del treno, accetto volentieri.
Insieme percorriamo via Paolo Sacchi, raccontandoci amenità e visto che i Goblin non fanno mai nulla per nulla, certamente vuole sapere qualcosa da me, ma non so cosa e certamente non ho voglia di raccontarglielo. Ma voglio stare al gioco!
Mentre Unci Unci parla, il mio sguardo cade su una lapide posta all'incrocio tra corso Vittorio Emanuele II e via Sacchi. Questa lapide ricorda Giuseppe Alemanno, nato il 10 luglio 1914 nel vercellese a Livorno Ferraris, trasferitosi nell'agosto 1939 a Torino dove lavorava come Vigile Urbano. Il mattino del 18 giugno 1944, verso le 9.30, venne mortalmente ferito da un colpo in fronte che lo raggiunse nel momento in cui, avvicinatosi ad un collega, si apprestava a dargli il cambio. Le indagini rivolte verso il prospiciente albergo Bologna occupato da tedeschi e fascisti non diede esito; probabilmente il colpo parti da un'autocolonna tedesca, transitante in quel momento sul corso. Morì il 26 giugno 1944 all'ospedale Mauriziano.
Ma i miei pensieri corrono anche sulle vicende che sono accadute in questa via, in particolare sotto i portici e i palazzi che vi si affacciano, tra i quali un racconto recentemente letto, ambientato nel gennaio del 1944. Un cameriere che lavorava all'albergo Genova, posto al civico 14, notò per alcune sere un personaggio che appostato fuori dei portici sembrava attendere qualcuno. Il primo pensiero fu quello di immaginarlo come un agente della Polizia nazista o fascista. L'albergo e il ristorante, all'epoca era frequentato da militari tedeschi e il 22 gennaio una bomba esplose dentro il locale facendo molti morti e feriti tra cui tre militari tedeschi e tre lavoratori civili italiani. Il 24 gennaio 1944 per rappresaglia i tedeschi fucilarono 5 dei partigiani al Martinetto e i loro cadaveri furono esposti sul luogo dell'attentato. I partigiani uccisi furono: l'astigiano Maurizio Mosso di Grazzano, nato il 25 settembre 1898, ma domiciliato a Torino con la famiglia, anarchico adente alle prime squadre operaie cittadine; Luigi Brunone Gambino, nato il 19 dicembre 1906 a Torino, magazziniere, anarchico e militante anch'esso nei primi gruppi di resistenza a Torino; l'alessandrino Aldo Camera, nato a Stazzano il 20 marzo 1910 ma residente a Torino, manovale e militante socialista, costui si occupava dell'arruolamento di giovani partigiani e si occupava degli approvvigionamenti dei gruppi partigiani delle valli di Lanzo; Jori Carlo Mimmo, genovese nato a Sestri Levante il 25 marzo 1909 e residente in via degli artisti 1 a Torino, venne arrestato per attività antifascista nel 1937 e scontò tre anni di confino in Calabria, fu arrestato nuovamente il 9 gennaio 1944 per possesso d'armi nella propria abitazione; per ultimo, Giustino Bettazzi, nato a Prato nel fiorentino il 27 settembre 1894, straccivendolo, abitante in via Santa Giulia e legato al movimento anarchico, arrestato perché ritrovato in possesso di armi. Comunque dopo questo atto di rappresaglia l'uomo dall'impermeabile scuro e il cappello dalla falda larga non apparve più davanti all'albergo Genova, ma un altro fatto drammatico avvenne all'interno dell'albergo, allor quando dopo il restauro dell'edificio avvennero due inspiegabili suicidi. Tra cui quella di un funzionario della Prefettura.
Ma un uomo con impermeabile grigio era già apparso in precedenza in via Sacchi e a raccontarlo è Renzo Rossotti nel suo libro "I fantasmi di Torino" che ebbi modo di leggere e i suoi racconti in questa camminata mi sovvengono, come quel racconto ambientato nell'inverno del 1942. Scrive Rossotti: Verso sera, il garzone di un bar di via Sacchi stava abbassando le serrande, ed osserva che nella strada deserta, davanti ad un portone del civico 26, quasi nascosto nell'ombra di una colonna, vi era un signore con il cappello dalla tesa larga che indossava un impermeabile grigio scuro. L'apparizione gli sembrò quasi un allucinazione. La misteriosa figura apparve alla vista del giovane barista per più sere, sempre nella stessa posizione. Una sera durante un allarme per i bombardamenti, le sirene della contraerea avevano già iniziato a suonare e si sentivano i rombi dei motori degli aerei e i tuoni dei primi bombardamenti, quando prima di scendere nel rifugio antiaereo il garzone osservò per qualche istante quel signore dell'impermeabile che non si muoveva di un passo dalla sua posizione.
I bombardamenti furono purtroppo pesanti con edifici crollati e molti feriti. Due sere dopo, mentre il garzone cercava di chiudere gli infissi sgangherati dallo spostamento d'aria dei bombardamenti, vide nuovamente l'uomo nella stessa posizione. Il palazzo colpito dai bombardamenti fu in parte devastato e proprio in occasione di uno di questi bombardamenti, più o meno all'altezza del civico 26, un uomo mentre cercava di raggiungere il rifugio antiaereo rimase decapitato all'interno dell'androne del palazzo. Il corpo senza testa fu identificato molto tempo dopo. Nel frattempo ulteriori bombardamenti distrussero anche il bar dove lavorava il garzone. Il ragazzo, una sera, tornò tra le macerie del bar per recuperare alcuni suoi oggetti personali e trovò, nuovamente, sempre nello stesso punto ancora l'uomo con l'impermeabile, sempre il medesimo atteggiamento di chi aspetta qualcuno o qualcosa.
Quasi un mese dopo l'episodio dell'uomo decapitato, vi furono altri fatti strani. Il muro crollato del bar era stato restaurato se pur in modo approssimativo per dare alloggio ad un giovane, Giorgio Grillo, il quale però si lamentava di non riuscire a dormire in quel locale per strani rumori e folate improvvise di aria fredda. La storia fece rapidamente il giro del quartiere fintanto che insospettiti da tanti strani eventi, alcuni abitanti della zona chiamarono un medium che frequentava il bar all'angolo con corso Vittorio Emanuele. Fu organizzata una seduta spiritica e da quel momento gli strani fenomeni svanirono e il garzone non vide più l'uomo con l'impermeabile e il giovane ragazzo non fu più disturbato nel suo alloggio di fortuna.
Dalla chiacchierata con Unci Unci, vado a scoprire che da tempo ha lasciato la compagnia dei mangiamorte, perché si è sentito tradito. Mi fa sapere che ha aperto una nuova attività, che vive felicemente la sua vita di coppia e che ha anche abbandonato l'Hogwarts torinese, almeno credo nelle sue funzioni di responsabilità che ricopriva. Entriamo insieme in un bar e ci sediamo ad un tavolino.
Il piccolo tavolino è rotondo, con il ripiano in formica verde, tipico dei locali anni settanta del secolo scorso. Ma tutto il bar ha l'aspetto retrò degli anni del boom economico, un arredo decaduto, forse un tempo ricercato, ma è pulito. Ordiniamo due caffè. Il barman, un signore attempato, con un giacchino bianco e farfallino al collo su una camicia bianca, un po' consunta, smanetta sulla macchina del caffè per prepararci la nostra consumazione.
Unci Unci è un ragazzo gioviale e giovanile, gli piace assai parlare, ha un viso tondo con due occhi vispi color scuro, coronati da folte sopracciglia, capelli neri e lisci. Veste sempre elegantemente alla moda. Abbastanza corpulento ma non grasso ed ha una statura regolare.
I barman ci serve i due caffè, accompagnati da due cioccolatini. Vediamo dalle vetrine, transitare insieme un gruppo di mangiamorte, ci guardiamo negli occhi senza commentare. Pare contento anche Unci Unci di non essere stato visto da questo piccolo manipolo di mangiamorte che si dirigono in angolo in fondo a via Sacchi, luogo di loro consuetudinario ritrovo. Un tempo anche Unci Unci, sarebbe stato con loro.
Saluto Unci Unci con una vigorosa stretta di mano, mi domando se veramente è cambiato oppure è solo un momentaneo distacco da quello che è la sua vera indole?
Lascio via Paolo Sacchi, questo eroe cittadino, spesse volte il suo cognome viene citato indicandone la strada ma ben pochi si sono posti la domanda chi fosse costui.
Paolo Sacchi, nacque a Voghera nel 1807 e morì a Torino nel 1884, fu un sergente d'artiglieria sabaudo, addetto al deposito delle polveri da sparo di Borgo Dora. Nel 1852, mentre era in servizio, un incendio divampò nella polveriera e il Sacchi senza indugio si gettò tra le fiamme a isolare delle casse di esplosivo, evitando che la già grande strage accaduta con 26 vittime, fosse ancora maggiore. Il consiglio comunale di allora conferì a Paolo Sacchi la cittadinanza onoraria e una pensione annua di 1200 lire. Vicino a via Sacchi, nella parallela via Vincenzo Gioberti, vi è al al civico n° 23, uno strano, ma non per questo meno affascinante e moderno quadrato magico, dipinto sulla facciata del palazzo. Per tutti è lo schema di Sator, e se la risoluzione di questo rompicapo è assai difficile o impossibile, per me rimane comunque enigmatico. Affermano che potrebbe essere essere anche un quadrato esoterico. Il quadrato ha ricorrenti iscrizioni, latine per quanto possa comprendere: sator – arepo – tenet – opera – rotas. La loro giustapposizione, nell'ordine indicato, dà luogo a una strana forma di palindromo. Ossia - tenet - letta da sinistra a destra o viceversa rimane identica, mentre gli altri, se sempre letti orizzontalmente, le une sono palindrome delle altre se lette al contrario, ossia: sator di rotas, arepo di opera e viceversa. Identico gioco se letto verticalmente nei due sensi. Solo la parola centrale, sia letta orizzontalmente che verticalmente si legge palindroma in ogni senso e per lo più ne forma una croce. Un vero mistero degno degli enigmi torinesi.
Mentre mi dirigo a prendere il treno, non posso non pensare a quanto Torino, sia inconsciamente presente nella vita di tutti noi. Tanti sono i film che l'hanno immortalata come momento storico ma anche semplicemente come scenografia. Nella mia passeggiata ne ho citati alcuni, ma non sono che una minima parte dei film qui girati. Ma anche la musica l'ha da sempre vista protagonista Qualche cantante o gruppo musicale ho avuto modo di citarlo nel mio girovagare, ma sono veramente tanti i gruppi e cantanti nati a Torino o che hanno mosso i primi passi in questa città, ma altrettanti che hanno citato Torino nelle loro canzoni, come Antonello Venditti con "Torino" del 1982, i Subsonica con il "il cielo su Torino" del 1999, ancora Lucio Dalla con "Un auto targata TO" del 1973 e molti altri.
Le luci della città si sono accese, il crepuscolo, ormai è giunto, voglio lasciare questa città ancora con un ricordo storico. Sebbene Carlo Emanuele I avesse già imposto ai proprietari di casa di Torino, di mettere lumi sui davanzali delle finestre che si affacciavano sulla pubblica via e posto il divieto di aggirarsi di notte senza lanterna, sarà la madama reale Maria Giovanna che nel 1675 ordinò al Consiglio comunale di illuminare gli incroci delle strade del centro. Nei quali vennero collocate lanterne a olio coperte di tela cerata che venivano accese al crepuscolo e spente la mattina. Questo servizio di illuminazione pubblica venne sospeso tra il 1734 e il 1782, al fine di dirottare i fondi in sostegno alla popolazione che era stata colpita da carestia ed epidemie. Il grande cambiamento arrivò nel 1846 quando si iniziò ad usare il gas per l'illuminazione pubblica.
Raggiungo il binario, ove mi aspetta il treno per riportarmi in "mandrogna". Torino è una città meravigliosa, tutta da scoprire, ogni volta che ci torno ne scopro un particolare nuovo e più vago per le sue strade, più mi rendo conto che non la conosco. Ogni sanpietrino, ogni mattone può raccontare una storia sempre diversa. Italo Calvino, credo che ne abbia compreso lo spirito quando scrisse "Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre la via alla follia", come se la città cercasse di essere maestra ma è anche vero che la morale di Torino è alternativa, tanto emancipata quanto bisbetica e complessata. Una continua ricerca di se, capace di vezzeggiarsi tra le altre città ma pronta a chiudersi a riccio quando si cerca di catturarne lo spirito. Vivace e snob, divertente ma mai abbastanza da renderla grande, quasi volesse essere sempre ricercata e coccolata.
Ho passato bellissimi momenti nella mia Hogwarts torinese. Ho avuto altresì l'occasione di conoscere anche persone splendide che mi hanno permesso di ampliare i miei punti di vista. Ho imparato a confrontarmi con chi aveva opinione diametralmente differenti alle mie. Ho compreso come le diversità siano ricchezza e che se si vuole vi è sempre un punto d'incontro tra le diverse opinioni.
Il mio treno corre sui binari, dal finestrino, con le immagini ormai al crepuscolo scorrono cartoline della campagna piemontese. Quanto amo questa terra con i suoi chiaro scuri, con i suoi panorami mozzafiato, con i profumi delle stagioni, ogni angolo è una scoperta, ogni angolo mi dona la voglia di esserne parte.


Fine LVIII ed ultima parte.


Bibliografia