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Il Mio Piemonte: a Miradolo tra memorie caravaggesche ed alessandrine

Domenica 21 Maggio 2017 11:19
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MiradoloLa sveglia suona alla solita ora. Mi alzo dal letto con difficoltà, le giunture e tutte le ossa ormai scricchiolano, segno che le primavere passano. Mi affaccio dalla finestra, il sole affiora maestoso all'orizzonte dietro le prime colline del Monferrato. Promette una giornata splendente, capace di sciogliere il freddo pungente delle mattine di marzo. La colazione è rapida, ho voglia di uscire a godermi la bella giornata che si sta annunciando. Faccio fatica a decidermi se vestirmi con abbigliamento pesante o con dei capi già primaverili, come mi indica il calendario. Opto per vestirmi leggero ma di portarmi appresso una giacca più pesante. Il viaggio di oggi non è breve e sento la necessità di un caffè, ho scelto di ascoltare un cd di un cantante poco conosciuto: Davide Carone. Le sue canzoni mi allietano il viaggio e mi fanno dimenticare il caffè, che comunque assaporerò al mio arrivo. La mia meta di oggi è la mostra, ideata e curata da Vittorio Sgarbi, "Caravaggio e il suo tempo" all'interno del castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo.
Il sole è talmente splendente che devo indossare gli occhiali da sole. Questo atto mi fa comprendere che la bella stagione sta giungendo. I campi lungo il mio percorso sono di un verde intenso con macchie di colore giallo e viola dei fiori. Siepi di forsizie, biancospini in fiore, alberi di peschi, susini sono un'esplosione di colori. Qualche timido ciliegio tenta di fiorire. Nei giardini delle ville padronali ci sono numerosi narcisi e i bellissimi fiori delle magnolie.
Parcheggiato l'auto in un ampio spazio, dopo un buon caffè, posso finalmente varcare l'ingresso del parco del castello di Miradolo. Mi metto in coda per accedere all'interno del castello, mentre ammiro la fioritura del bel parco. Alti alberi di camelie, dai grandi fiori bianchi, rossi e rosa. Fanno parte del parco anche grandi tassi, liriodendri, platani, cedri del Libano e sequoie, un verde lussureggiante sicuramente favorito dal vicino torrente Chisone.
Il castello, nobilitato come una grande villa ha una storia molto particolare: è costituito da una parte nobiliare e da una parte rustica, ed è collocato all'ingresso della Val Chisone. Il suo impianto risale al XVII / XVIII secolo, ridisegnato e ampliato nella seconda metà dell'ottocento. Inizialmente indicato come una semplice "cassina" della famiglia Macello, che pur non essendo una famiglia nobile erano i maggiori proprietari terrieri del luogo. La famiglia Macello trasformò il proprio cognome in Massel, francesizzandolo un po'. Successivamente i Massel acquistano il titolo di Marchesi di Caresana. Nel 1866 la marchesa Teresa Massel si sposò con Luigi dei Conti Cacherano di Bricherasio portando in dote il castello di Miradolo. Luigi come dono di nozze trasformo l'antica "cassina" in una nobile residenza dal gusto neogotico. Da questa unione nacquero Emanuele e Sofia. Il primo fu tra i soci fondatori della FIAT, fu trovato prematuramente morto nel 1904 quando era ospite ad Agliè dalla famiglia del duca Tommaso di Savoia-Genova e della moglie Isabella di Baviera. La causa della sua improvvisa scomparsa non è mai stata del tutto chiarita. Mentre la contessina Sofia di Bricherasio, discreta pittrice, allieva del pittore Lorenzo Delleabni, morirà nel 1950, lasciando il castello di Miradolo alla Provincia Religiosa di san Marzano di don Orione, successivamente acquisito da un gruppo di privati nel 2008.
La contessina e il fratello Emanuele sono noti anche nell'alessandrino perché Sofia di Bricherasio donò alla comunità di Fubine un fabbricato da destinare ad asilo infantile. Infatti a Fubine vi è anche il Palazzo Bricherasio, conosciuto come il castello, un edificio storico seicentesco appartenuto, a partire dal XIX secolo, al casato dei Cacherano di Bricherasio, oggi sede di una casa di riposo. Nelle adiacenze del palazzo vi è la Cappella Bricherasio nella cui cripta c'è il monumento sepolcrale, opera di Leonardo Bistolfi, ricorda la vita e l'opera di Emanuele Cacherano di Bricherasio.
Dopo questa memoria che lega la mia provincia con il castello di Miradolo e dopo una lunga coda posso finalmente accedere alla mostra. I visitatori sono davvero numerosi ed è difficile potersi soffermare molto ad ammirare le opere esposte. Benché io sia venuto per vedere solo il quadro del Caravaggio, sono veramente lieto di ammirare anche i capolavori di Artemisia Gentileschi, Battistello Caracciolo, Cecco del Caravaggio, Mario Minniti, Jusepe de Ribera, Gioacchino Assereto, Rutilio Manetti, Matthias Stomer, Giuseppe Vermiglio, Pacecco De Rosa, Biagio Manzoni, Gregorio e Mattia Preti.
Il percorso espositivo si snoda attraverso tre sezioni: la prima è centrata sulla giovinezza e sugli anni della formazione di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, tra Milano e Roma, avviando un inedito confronto tra tre superbe tele realizzate dai maestri del giovane come appunto Simone Peterzano con la "Sacra Famiglia con San Giovannino e un angelo", maestro di Caravaggio, e il "Cristo morto sostenuto da Dio Padre con due angeli" di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, definito «pictor unicus, rarus et excellens» nella cui bottega a Roma lavorò il Caravaggio. Come tutti le grande scuole di pittura dell'epoca, il Caravaggio si deve cimentare nel ritrarre dal vero frutta e verdure. Il genere della Natura morta, è riproposta con le opere di Tommaso Salini, Pietro Paolo Bonzi e Agostino Verrocchi.
La seconda sezione ruota intorno all'opera meravigliosa del Caravaggio, ossia la "Maddalena penitente" proveniente dalla Galleria Doria Pamphilj di Roma. La giovane donna rappresenta "la verità del pentimento espresso dalla Maddalena e qui tradotto senza orpelli e senza l'artificio del devozionale e del religioso", così la descrive il critico d'arte Vittorio Sgarbi. Questo quadro fu dipinto intorno al 1597, ed è un assoluto capolavoro del maestro lombardo. Michelangelo Merisi abbandona l'idea di dipingere donne e uomini ideali, raccolti da un neoclassicismo imperante nelle opere sacre per darsi ad una raffigurazione realista sia per i chiari che gli oscuri passaggi della vita. Infatti la Maddalena è una giovane ragazza di borgata che si presta a farsi immortalare dal pittore, secondo il sottoscritto il Caravaggio non voleva ritrarre dal vero una Maddalena penitente ma solo una fanciulla di borgata seduta su una sedia, vestita con abiti tradizionali e nobili con ai suoi piedi picche le gioie. Forse la giovane, stanca del rimanere in posa s'addormenta e il pittore invece di svegliarla coglie l'occasione di ritrarla nella sua posa naturale. L'immagine è colta e fissata con subitanea intuizione. Ecco che il capo chino su un prosperoso seno e le mani quasi congiunte posate sul grembo la ritraggono quasi come se fosse in preghiera, una lacrima aggiunta successivamente che scorre sul roseo naso la rendono una perfetta Maddalena penitente. Certo la mia lettura è serva di una personale visione ma non mi sembra tanto lontana dalla verità, conoscendo un poco la vita dell'artista. Sicuramente con questa opera, così come tutte quelle dipinte dal Merisi, ha inizio tra la fine del Cinquecento, e inizio Seicento un nuovo stile di ricercata pittura. Il Caravaggio benché ancora fuggiasco da Roma e in continua ricerca di protezione tra Napoli, la Sicilia e Malta, segna il tempo e cambia la storia della pittura cambiando la nostra visione del mondo riportandolo alla realtà.
Sono tanti i caravaggeschi che popolano questa mostra, consentendo un racconto del tempo di Caravaggio di assoluta originalità. Nella terza sezione, infatti si nota come gli artisti ritraggono personaggi reali e non immaginari come fra gli altri, il senese Rutilio Manetti, il genovese Gioacchino Assereto, Giovanni Serodine, e i magnifici dipinti del calabrese Mattia Preti e dello spagnolo Jusepe Ribera di cui si potranno ammirare il capolavoro di quest'ultimo "La testa di San Giovanni Battista " del 1646, proveniente dal Museo Civico Filangieri di Napoli.
Io rimango a lungo tempo ad ammirare invece altre tre opere particolari, magari meno conosciute ma molto significative. La prima è "San Giovanni Battista al fonte" di Cecco del Caravaggio, custodito presso la collezione di Pier Luigi Pizzi a Venezia. Infatti mi incuriosisce il fatto che il giovane pittore, faceva da garzone e si prestava anche come modello per le sue opere al Caravaggio, oltre a vivere insieme al Merisi a Roma. Era dunque uno dei pochissimi artisti che conoscono la tecnica adoperata da Caravaggio, potendogli rubare il mestiere non avendo mai avuto il Caravaggio dei veri e propri allievi. Infatti gli esami fatti sul quadro hanno scoperto che Cecco dipingeva allo stesso modo di Caravaggio, utilizzando una pittura "a risparmio", ossia non delineando le figure col colore ma lasciando emergere la preparazione scura del fondo che ne definiva alla conclusione del quadro la figura. La seconda è la tela "Salomè visita San Giovanni Battista in carcere" del Guercino, ossia di Giovanni Francesco Barbieri, pittore che fu fortemente influenzato dal Caravaggio. La terza opera, sicuramente non spettacolare come le precedenti è per me l'occasione per sedermi ed ammirarla con calma, è di un pittore alessandrino dimenticato e che voglio invece ricordare, ossia Giuseppe Vermiglio. Si sa poco di Giuseppe Vermiglio che nacque in Alessandria o nell'alessandrino nel 1585 e morì nel 1635. I pochi documenti parlano del pittore come lombardo, ma ricordiamoci che all'epoca il territorio alessandrino faceva parte del ducato di Milano. Ho letto che aveva trascorso i primi due decenni del XVII secolo a Roma a studiare arte con Adriano di Monteleone, ed è qui che si avvicina al caravaggismo, ma del Caravaggio non impara solo lo stile pittorico. Anche lui è campione per arresti per porto d'arma abusivo, risse da osteria, azzuffamenti e processi con il padrone di casa per arretrati dell'affitto. La sua lunga permanenza a Roma ci restituiscono brandelli di una vita turbolenta, che richiama inevitabilmente alla memoria quella di un suo collega lombardo Michelangelo Merisi da Caravaggio. Infatti gli anni di permanenza romana sono del resto, gli stessi della fuga del Caravaggio da Roma a seguito della famigerata zuffa della Pallacorda risale al maggio 1606. È dunque più che probabile che i due si siano effettivamente conosciuti o quantomeno incontrati nei vicoli del centro di Roma in cui Vermiglio e i suoi compari davano sfogo alle loro intemperanze, magari insieme allo stesso scapestrato e litigioso Caravaggio. Intorno al 1620 torna in Piemonte, dove dipinge nelle città di Novara e Alessandria ma anche a Milano e Mantova in Lombardia.
Prima di lasciare la mostra, trovo due gli enigmi di grande interesse. Infatti sono esposte opere ritenute non del tutto autografe di Caravaggio: come la versione del "San Francesco che riceve le stimmate"o "San Francesco in estasi" proveniente dalla parrocchia di Santa Maria Assunta di Fagagna e custodito dal 1912 presso i Civici Musei di Udine. L'opera, ha un antico legame con la città di Pinerolo, come descritto dal pannello che la commenta. All'inizio del Seicento è menzionata nel testamento di Ruggero Tritonio, abate della ricchissima abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo. Il Tritonio riceve in dono la tela dal banchiere genovese Ottavio Costa che più probabilmente la fa dipingere dall'originale caravaggesco di sua proprietà, oggi ad Hartford, infatti il banchiere, ci dicono le cronache, era abitudinario far dipingere copie molto realistiche di quadri da lui posseduti da donare a persone a lui vicine. Ma anche "San Francesco in meditazione" è un altro suggestivo enigma caravaggesco. Questa tela esposta proviene da una collezione privata maltese e benché sembra essere stata dipinta in un tempo non molto lontano dalla permanenza dell'artista Merisi sull'isola maltese è di difficile attribuzione al Caravaggio. Copia questa di quella eseguita da Caravaggio per Carpineto Romano, ma e sempre attribuita al Caravaggio un'altra versione per la chiesa dei Cappuccini a Roma. Chissà se anche quella maltese è del Caravaggio o di un suo Avatar.
Una bellissima raccolta provenienti da istituzioni museali e da collezioni private italiane ed estere, mi hanno offerto una mostra raffinata ed elegante che ha messo in evidenza il genio di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610) e la sua capacità di fotografare la realtà «dipinta anche nei suoi aspetti più traumatici», come ha scritto Vittorio Sgarbi. Oggi sono felice di aver fatto un bel viaggio nella storia, immerso e sognante nella natura di questo castello incorniciato da un bellissimo parco. Ho potuto ammirare e cercare, guardando la realtà dipinta da straordinari maestri caravaggeschi la realtà della vita di fine Cinquecento ed inizio Seicento. Un'onda di nuvole si è accoccolata sulle montagne. Aspetta solo l'arrivo del fine settimana.
Lascio Miradolo, il sole è sempre alto e luminoso, il vento porta il profumo della primavera. Voglio assaporare l'attimo del presente, pensare alla storia vissuta oggi e per ora, non curarmi del domani.