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A zonzo con il calessino (III parte)

Venerdì 01 Dicembre 2017 10:06
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CalessinoIl primo centro abitato che incontriamo con i nostri rimbombanti Calessini è Oleggio in provincia di Novara. Il passaggio da Lombardia a Piemonte si nota anche dal cambiamento dal materiale costruttivo dei fabbricati, dove il laterizio prende il posto ai materiali prefabbricati e l'organizzazione dei centri abitati mi pare più regolare. La vegetazione che ci circonda è prosperosa e lussureggiante, i campi coltivati sembrano disegnati da antichi agrimensori. Le coltivazioni sono diverse a alternate. Le cascine, che dalla strada possiamo ammirare, evidenziano come l'allevamento bovino da latte sia molto sviluppato. Il centro storico è posto su un modesto rilievo collinare, già anticamente abitato da una tribù degli Insubri, di quella civiltà che oggi gli esperti definiscono di Golasecca. Ma anche gli Ittimoli, cercatori d'oro stanziati nella vallata del Ticino e i Vertamocori. Successivamente Oleggio fu parte della Gallia Transpadania e l'abitato prende la configurazione della città romana con il cardo parallelo al corso del Ticino. Dopo i Romani, Oleggio fu abitato dai Longobardi, mentre al periodo delle invasioni Ungare e Visigote si fa risalire l'edificazione di un castello e la sua presenza è menzionata in un documento conservato a Novara del 982 che riporta "in loco et fundo olegio pecia terre prope vico et vinea nominatur subtulus monte et prope castro" su "Le carte" dell'archivio capitolare di Santa Maria di Novara - 1913 Vol. I e "Castelli e Villaggi nell'Italia padana, popolamento, potere e sicurezza fra IX e XII secolo" del 1984. Molto curioso sapere che il nome attestato come Oleggio è di etimologia incerta, forse derivato dal latino oletum ossia piccolo oliveto, oppure olliculum diminutivo di olla, in piemontese ula cioè pignatta da minestra. Ma è anche probabile che sia derivato dal nome di qualche patrizio romano. Comunque gli oleggesi, un tempo abitarono anche in un borgo che si chiamava Oleggio Scarolfo, derivato forse dal fatto che in epoca longobarda il borgo fu sede di uno Scario, ossia di un funzionario reale. Un'altra versione vuole che il nome di Oleggio derivi dal prefisso "Ol" che significa "sopra" e dalla parola etrusca "esin" che significa appunto "Ticino". ossia Olesin cioè altura sul Ticino.
Oleggio conobbe anche la dominazione dei conti di Biandrate e quindi di quello di Novara. Era munita di mura urbiche quando nel XIII secolo gli viene conferita la dignità di Burgum e con l'occupazione per conto di Galeazzo Visconti verrà anche munita di mura viscontee che seguirono l'antico disegno romano. Nel 1361 Galeazzo Visconti, piuttosto che cedere Oleggio e il suo castello al nemico Marchese di Monferrato, con cui era in lotta, e vederlo distrutto dalle sue feroci milizie mercenarie, lo diede alle fiamme. Galeazzo Visconti, fece radere al suolo le fortificazioni non solo del borgo oleggese, ma anche di numerosi altri castelli dell'area novarese tra cui quelli di Mezzomerico e di Marano Ticino, per creare la "terra bruciata" all'invasione della "Compagnia Bianca", mercenari scozzesi agli ordini del capitano di ventura John Akwood, italianizzato in Giovanni Acuto, al servizio del marchese di Monferrato che contendeva al Visconti le terre del novarese.
Sempre della famiglia dei Visconti è bene ricordare un particolare e feroce personaggio Bernabò. Costui frequentava con assiduità le terre intorno ad Oleggio dove vi aveva trasferito la sua residenza di caccia. La leggenda vuole che che nella zona del Castello detta Motto tenesse quasi 5000 cani e perciò detta appunto "Motto dei cani". Si racconta inoltre che la cura dei suoi amati cani fosse affidata agli abitanti con l'obbligo a mantenerli in buona salute, e se qualche esemplare si fosse ammalato o morto, i disgraziati sudditi subivano le sue angherie fatti di supplizi e prigione.
La storia, benché magari fantasiosa si trasforma in leggenda, con il popolano "Pirin" che cercò di assassinare il duca milanese offrendogli dei "tapit", ossia tipico dolce oleggese, avvelenandolo, ma scoperto fu condannato a morte; da qui trae origine la maschera locale, appunto del "Pirin ad San Du'na'", alla quale vengono affidate le chiavi della città durante il periodo di carnevale.
Successivamente Oleggio, pur diventando Comune autonomo, rimase nella sfera del dominio degli Sforza. Nel XV secolo venne infeudata al conte Giovanni Attendolo Bolognino, castellano della Rocca di Pavia. La famiglia di quest'ultimo tenne tale potere fino all'Ottocento, ad esclusione della proprietà del porto sul Ticino e dei diritti mercatali che rimasero in capo al Comune. Tra il Quattrocento e il Seicento, anche Oleggio subì diverse occupazioni come quando nel 1513 gli svizzeri vi si accamparono per andare a combattere l'esercito francese. Dal 1527 fu occupata dagli spagnoli a seguito della dominazione del Ducato di Milano. Il borgo per la sua posizione strategica per il controllo dei valichi alpini e per la presenza del porto fluviale fu considerata determinante durate tutta la cosiddetta guerra dei Trent'anni, dove si svolsero aspri combattimenti sul suo territorio. Ma se è pur vero che le incursioni delle truppe sabaude portarono molta distruzione è anche vero che ebbe un notevole sviluppo economico proprio per la felice posizione e la presenza di molti mulini. Il territorio di Oleggio, non trovo pace nemmeno durante la guerra di successione spagnola.
Oltre alla carestia e alle guerra, Oleggio in questo triste periodo non viene risparmiata neanche dalle epidemie di peste che decimarono la popolazione; si racconta che i decessi furono talmente tanti e con con una frequenta tanto sostenuta che il parroco ne sospese la registrazione non riuscendo più a mantenerne il conteggio.
Agli iberici succedettero nel 1713 gli Asburgo, ma con il trattato di Aquisgrana del 1748, che pose fine alla guerra di successione austriaca, Oleggio e tutto il novarese passò ai Savoia. Con la conquista francese del 1796 da parte napoleonica e la nascita della Repubblica Cisalpina, divenne parte del Dipartimento dell'Agogna con sede a Novara. Con la restaurazione, nel 1814 Olegio e il novarese tornarono ai Savoia.
Sono molte le cose che un viaggiatore – turista può visitare a Oleggio. Dalla chiesa parrocchiale dedicata ai santissimi Pietro e Paolo Apostoli, progettata in stile neoclassico da Alessandro Antonelli, collocata nel punto più elevata della cittadina, contenente diverse opere d'arte, alla Pieve di San Michele ubicata nel recinto cimiteriale. Questa Pieve, in stile romanico, già citata nel 973, divenne poi chiesa parrocchiale e possiede importanti cicli pittorici ad affresco. Ma degna di nota è anche il santuario della Beata Vergine Assunta in località Loreto, eretta a seguito di un evento miracoloso. Si racconta che in questo luogo vi fosse anticamente una cappella con un immagine della Madonna, per merito della quale un uomo muto, nel 1550 avrebbe acquistato la parola. La cappella fu poi inglobata nel santuario edificato tra il XVI e XVIII secolo, con l'immagine ad affresco che oggi funge da pala d'altare. Oppure anche la chiesa di Santa Maria Annunciata, risalente al 1660, eretta sulla preesistente chiesa di Santa Maria del castello, un tempo posto all'interno dell'incastellamento del borgo nella cui sacrestia vi fu istituito nel 1612 un ospedale. Tra le architetture religiose ricordiamo a poco più di un chilometro dal capoluogo, l'oratorio di Santa Maria in Golnago, con abside del XII secolo e affreschi del XV e XVII secolo o il Seicentesco oratorio di Santa Croce e del Santissimo nome di Gesù, posto nel centro urbano, l'oratorio di San Lorenzo in borgo e molti altri. Tra gli edifici civili e bene ricordare il Settecentesco Palazzo Bellini, le antiche Porte Pozzolo e Mazzeri, gli unici antichi accessi delle vecchie mure urbiche rimaste.
I nostri calessini, lambite la vetuste cerchia muraria del borgo, corrono per campagna novarese; molte sono le persone che con sguardi di meraviglia, osservano questa colorata, scoppiettante colonna di tre ruote che vagano decisi sulle strade che collegano Oleggio a Momo.



Fine II parte.