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Educazione

Mercoledì 21 Febbraio 2018 09:41
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educazioneQuante volte mi è capitato di ascoltare commenti sui giovani per qualche comportamento sconsiderato! L'espressione generalmente usata è: "È questa l'educazione che vi insegnano a scuola?", attribuendo di fatto alla scuola un compito non proprio, o meglio non esclusivo della insegnamento scolastico.
Infatti la scuola non può essere considerata l'unica responsabile dei comportamento incivile dei "nostri" figli. L'educazione non va circoscritta in limiti di età, tempo o spazio ma tutti giocano una parte rilevante nell'educazione delle giovani generazioni.
La famiglia, il luogo e l'ambiente in cui vivono i fanciulli, i giochi e le amicizie e compagnie che si frequentano sono l'imprinting della nostra gioventù.
Comportamenti che troveranno sfogo tra i banchi di scuola.
Il fine della scuola è l'istruzione e l'educazione non è che il mezzo di cui la scuola si serve per completare l'opera educativa della famiglia e della società.
Tutto quello che a scuola si apprende, deve essere dunque utile all'educazione dei ragazzi, futuri uomini e donne che governeranno le cose e i beni della società.
Infatti sia Scuola che famiglia devono preoccuparsi di formare il giovane per metterlo nelle migliori condizioni per creare una famiglia sana, attiva e partecipe nella società in cui dovrà vivere.
Ma oggi il rapporto tra genitore e figli è molto diverso dal rapporto che avevano, ad esempio i nostri genitori con il sottoscritto e mia sorella.
Non ci mancava di certo l'affetto e l'amore, nonostante le difficoltà economiche in una famiglia operaia, la presenza dei nostri genitori era costante. Magari evitavano di comprarsi un paio di scarpe per il loro necessario, per permetterci di avere la cartella e i libri nuovi per andare a scuola. Le loro privazioni erano segno di amore nei nostri confronti, tutto per darci quello che nella loro gioventù non poterono avere. Il regalo arrivava solo a Natale e il giorno del compleanno e se rimanevamo promossi a scuola. In questo ultimo caso, per me era una rara occasione.
Ed i regali erano sostanzialmente un capo d'abbigliamento nuovo o dei libri da leggere e studiare. Oggi le case sono piene di giochi, per lo più superflui, tesi tutti ad accontentare i capricci dei bimbi e per farli stare tranquilli.
Oggi non si attendono le feste per acquistare capi i d'abbigliamento necessari, ma si seguono le mode e le tendenze. E se a scuola non si è studenti modello, la colpa è degli insegnanti che non comprendono mai i ragazzi e non sanno insegnare. Ai miei genitori, quando portavo a casa una nota della maestra era sempre un dramma. Quando vi era il "colloquio" tra insegnanti e genitori, per me era una terribile giornata. Temevo il rimbrotto di mio padre e mia madre che inevitabilmente arrivava. Difficilmente la colpa era dell'insegnante che "non capiva", ero semplicemente io che non studiavo.
I giochi erano semplici e molti di gruppo, tornavo a casa con le ginocchia sbucciate, sporco e sudato, rischiando anche sonore sculacciate. Dovevo continuamente guardare l'orologio per essere a casa all'ora prefissata. Era timore del predicozzo, ma era anche rispetto ed educazione nei confronti dei miei genitori. Anche quando ormai ero grandicello e frequentavo altri adolescenti, non ci permettevamo mai di arrivare a casa troppo tardi, sapevo che ad attendermi sveglio c'era mio padre che semplicemente mi guardava con sguardo crucciato, non facendomi domande. Solo quella presenza ad attendermi, era educativa.
Oggi si esce di casa in tarda notte e si rientra all'alba, si dorme fino a mezzogiorno se non si va a scuola, fregandosene di chi a casa sta in pensiero, di chi deve alzarsi presto per andare a lavorare o per fare i lavori domestici. L'importante è trovare la tavola imbandita, avere l'ultimo modello di smartphone, abbigliamento di grandi marchi e di moda, poter frequentare palestre, concerti e mai mancare all'happy hour con gli amici, discoteca e via notturna.
Nulla di male in tutto ciò, ma se tutto è ambientato nel rispetto e nell'educazione.
Pensare di essere gli unici al mondo ad aver ragione, rende supponenti e arroganti.
Diritti e doveri vengono confusi e il dovere viene solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni voluttuari. Non posso che evidenziare che dove non c'è un adeguata educazione civica, famigliare e scolastica non vi è rispetto e non vi è comprensione dei principi della democrazia.
Un giovane impreparato ai compiti che l'attendono, finisce per essere disorientato, spesso seguendo la strada più agevole facilmente entra a far parte di quel branco di pecore assalibili dai lupi, oppure diventerà parte di un sistema di violenza, anarchia e disordine, trasformando la pecorella in lupo per non essere sbranato.
Da qui la disaffezione alle regole e al voto, a cercare risposte populiste e qualunquiste, a scopiazzare i modelli di vita più facili e più rapidi, guardando al risultato immediato, senza soffermarsi sulle conseguenze. La frase più qualunquista è quella che ascolto più frequentemente è "Tanto con cambia niente", "sono tutti uguali", di fatto arrendendosi e nascondendosi dietro il comportamento populista della falsa indignazione.
La pianta della libertà, nasce dove l'educazione trova un terreno fertile, dove il clima è democratico; dei suoi frutti, sono meritevoli chi ha saputo allontanare i pericoli dell'ignoranza, delle pigrizia e dell'egoismo.
La scuola ha le sue responsabilità, tant'è che non è il livello scolastico che fa l'uomo oggi. Troppi sono le persone che hanno frequentato le Università ma non sono stati capaci di cogliere il valore che lo studio ha nella partecipazione, nello sviluppo delle idee e dei principi e nella condivisione. In questo caso è evidente che fin dalla più giovane età, dalle frequentazioni, dall'ambiente di vita, dalla famiglia che sono stati minati i principi essenziali della convivenza e del rispetto.
Non vorrei mai essere come costoro, un branco di lupi mannari, dal viso gentile e il vestito della festa, che vivono nel disordine, dove la violenza e l'arroganza sono l'unica arma per ottenere ciò che altri ottengono con l'educazione e il sacrificio.
Fortunatamente i miei genitori mi hanno insegnato il valore del sacrificio con il loro esempio e di come sapersi accontentare di quello che si è conquistato con il proprio quotidiano lavoro. Ma anche come la rassegnazione sia una malattia da combattere e sradicare e che la sua medicina sta nell'educazione, nel rispetto reciproco, nella tolleranza, nella convivenza democratica con i suoi diritti e doveri da preservare.
La speranza è che anche le future generazioni, riescano a riequilibrare il rapporto di civile convivenza attraverso l'educazione che la famiglia in primis e la scuola poi deve offrire. Come tanti devo fare un mea culpa, ma ciò non deve permetterci di accettare uno stato di fatto, e il saper cambiare è una prerogativa di chi ha avuto un passato e che guarda davanti a se, cercando sempre di migliorare. E se i giovani sono il futuro, noi dobbiamo sapergli donare lo scrigno della storia e dei sacrifici del passato, loro devo aver la capacità di saperla raccogliere.