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A zonzo con il calessino (IX parte)

Venerdì 01 Giugno 2018 10:06
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CalessinoSubito dopo palazzo La Marmora si affaccia sul corso del Piazzo la chiesa del Santo Sudario del XVIII secolo; chiusa al culto nel 1807, fu poi riaperta alla devozione nel 1834 da Carlo Ferrero della Marmora. Presenta una facciata semplice, suddiviso in tre parti da semplici lesene, una ampia cornice marcapiano la divide in due ordini, nella cui parte centrale superiore, una semplice finestra rettangolare sovrasta la porta d'accesso. Non vi sono sulla candita facciata orpelli, affreschi e decorazioni. Subito dopo il Palazzo dei Ferrero principi di Masserano; edificio che conserva ancora i caratteri del XVI secolo. Dal cortile interno si può ammirare la torre ottagonale, detta dei Masserano e risalente al primo quarto del XVI secolo, oggi bisognosa di importanti ed urgenti restauri. Il palazzo per una quindicina d'anni, a partire dal 1864, fu adibito a stabilimento idroterapico. Attualmente è trasformato in lussuosa residenza, suddivisa in importanti appartamenti privati. Di fronte a questo nobile palazzo vi è Palazzo del conte Gromo Losa di Prarolo, che grazie all'attività di valorizzazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, questo edificio, meglio conosciuto come Istituto Beata Vergine d'Oropa, dal nome che le suore Rosminiane diedero allo stabile nel 1896 è stato completamente restaurato ed è diventato un importante polo museale. Una lapide, posta sul palazzo, ricorda Maurizio Losa di Prarolo, che nasce a Salussola, forse nel 1727, dove il padre Giovanni Alessandro ne era il vassallo. Il padre aveva ottenuto il titolo comitale di Prarolo, situato in provincia di Vercelli nel 1722. La sua famiglia, di origine Avignonese, si era trasferita in Piemonte, dove il trisavolo Maurizio nel XVI-XVII secolo aveva in feudo il castello di Crissolo, ed un ramo di questa famiglia si sposta a Salussola. Maurizio era l'ottavo e ultimo figlio di Giovanni Alessandro e Maria Cauda Caselette. Alla morte del padre il titolo di conte pervenne al fratello primogenito Giuseppe. Il destino di Maurizio è quello di essere avviato alla carriera militare. Nel 1744 è Alfiere del reggimento “Saluzzo”, impegnato nella guerra di successione austriaca. Il reggimento “Saluzzo” fece parte della spedizione austro-sarda che inseguì l'esercito francese fino in Provenza, dove Maurizio rimarrà ferito. Nel 1747, morì il fratello Giuseppe e vista l'assenza di altri eredi, in quanto gli altri fratelli erano prematuramente morti, la corona comitale e l'eredità paterna giunsero a Maurizio. Nel 1775 il conte Maurizio Losa si unì in matrimonio con una delle più blasonate famiglie del Piazzo, ossia Giulia Gromo di Ternengo, figlia del conte Giovanni Ercole. Con il matrimonio e la dote di Giulia, il conte Maurizio Losa, comprò al Piazzo da Giuseppe Vincenzo Francesco Maria Lascaris, conte di Castellar, il palazzo in questione. Il Losa ricoprì ripetutamente la carica di Consigliere e Sindaco di Biella. Contestualmente agli incarichi amministrativi, proseguì la sua carriera militare fino a diventare Brigadiere di Fanteria della Regia Armata. Fu anche nominato Governatore del castello di Asti nel 1789.
Maurizio e Giulia non ebbero figli; alla morte della moglie, nomina suo erede il cavalier Leopoldo Gromo di Ternengo, fratello minore di sua moglie, lasciando dei beni anche al nipote Carlo, figlio di sua sorella Anna Margherita. L'Unico obbligo che doveva assumersi Leopoldo era quello di fare proprio il cognome Losa e di far uso delle sue armi gentilizie; un blasone recante tre pesci argentati. Altri lasciti furono fatti ad alcune istituzioni religiose, tra le quali la chiesa parrocchiale di San Giacomo.
Maurizio morì il 28 febbraio 1796 all'età di sessantanove anni. Leopoldo Gromo Losa di Ternengo visse nel palazzo del Piazzo e cosi le sue generazioni a seguire, fintanto che nell'ultimo quarto del XIX secolo l'intera proprietà fu venduta alle suore rosminiane. Oggi il Palazzo Gromo Losa ha uno splendido giardino all'Italiana e ospita diverse mostre temporanee.
Proseguendo con Stefano la nostra passeggiata, raggiungiamo un edificio che un tempo era un Convento Domenicano e che era sorto sui ruderi de castello del Piazzo. Castello voluto da vescovo di Vercelli Uguccione e distrutto dopo la rivolta del 1377, capeggiata dal canonico Codecapra contro il vescovo Giovanni Fieschi. Era un periodo di accesi conflitti tra importanti casate, ma soprattutto tra autorità comunali ed ecclesiastiche. Con la nomina di Giovanni Fieschi a Vescovo, avvenuta nel 1348, lo scontro si accese con ancor più veemenza. Il Vescovo addirittura si barrico all'interno del borgo del Piazzo, chiudendo le porte in faccia ai Consoli della città, circondandosi di una milizia privata, composta in maggioranza da mercenari stranieri. Biella chiese la protezione ai Visconti di Milano nel 1351, ma riesce a liberarsi del Vescovo solo nel 1377, imprigionandolo nel suo castello. Il Vescovo, liberato da Ibleto di Challant, ma dallo stesso venne imprigionato nel castello di Montjovet, allo scopo di fargli cedere la Signoria di Biella in favore del Conte di Savoia. La cittadinanza fa poi sottomissione ad Amedeo VI di Savoia nel 1379. Sui resti del castello fu poi edificato nel 1422 il convento di San Domenico, di cui rimangono alcune arcate gotiche a costolone. Rimane invece il Monastero di Santa Caterina, soprannominato “il Casone”, che sorge tra la costa del Piazzo e la costa del Vernato. La facciata verso il Vernato conserva una fascia di decorazioni in cotto. Le monache cistercensi occuparono il monastero tra il XVI e il XVII secolo. Una lapide posta sulla facciata verso la costa del Piazzo, ricorda la celeste apparizione della Madonna con il bambino Gesù e Sant'Anna, avvenuta il 26 luglio 1620. Stefano mi racconta la misteriosa apparizione: una monaca, gravemente inferma, chiamata Donna Anna Ludovica, il giorno della festa di Sant'Anna, dopo la Comunione informò il padre confessore e la Madre Badessa che le erano apparse nella sua cella due dame con un bambino in braccio e la più anziana le disse "Io sono Anna, madre della gran Madre del figlio dell'eterno Padre; e perciò ti faccio sapere, che tu devi promulgare l'incoronazione dell'immagine di mia figlia Madre di Dio nel monte di Oropa, a Lei al suo dolcissimo figlio sarà oltremodo grata ed accetta... e per dimostrarti che ciò che ti dico è vero, partirai dalla presente vita il settimo giorno della tua infermità e soggiungendo che la coronazione seguirebbe l'ultima domenica d'Agosto ". E così avvenne e la salma della suora ora è sepolta a Oropa nella Cappelletta del Sepolcro.
Il borgo prosegue verso via del Vernato ma noi dobbiamo rientrare verso piazza della Cisterna dove ci aspettano gli altri per organizzare la serata e finire l'happy hour.



Fine IX parte.