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Il mio Piemonte: Masserano

Giovedì 11 Ottobre 2018 10:04
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MasseranoL'autunno è quella stagione in cui esci di casa freddoloso e ci torni quasi in maniche corte, ma sfrutto gli ultimi scampoli dell'estate e anche oggi la mia auto corre già sull'autostrada fino a inerpicarsi sulle prealpi biellesi.
Giunto in piazza del mercato non posso che attendere degli amici che oggi mi faranno da guida turistica. L'arrivo di Gian e Lele con la loro auto Kia con tutte le scritte pubblicitarie della loro società "Viaggia e Scopri" è facile da riconoscere. Subito dopo, arriva Stefano che di Masserano è originario.
Dopo qualche convenevole mi faccio da loro condurre per la visita del borgo di Masserano. Il paese si sviluppa sulla cresta di una collina, il suo territorio è bagnato dal torrente Ostala che al confine con i Comuni di Casapinta e Curino forma il lago delle Piane. E se la zona nord è collinare, a pochi chilometri dal centro abitato a sud troviamo un area di brughiera alternata a pianura risicola.
Mentre ci rechiamo verso il Palazzo dei Principi, Lele mi racconta la storia del borgo che pare molto antica. Le origini di Masserano si fanno risalire al X secolo, ma forse era già abitata in epoca paleolitica. Anche il toponimo di Masserano è incerto; alcuni lo fanno risalire a "Messer-hand", parola di lingua longobarda che significherebbe "mano armata" come dimostrerebbe lo stemma del Comune. Il primo documento che identifica la località è del X secolo, quando l'imperatore Ottone I, dona la Corte di Campalona, ossia la zona intorno al borgo, all'arciprete Astulfo. Solo nel 1141 viene identificato come Messerano. Nel medioevo è sotto la giurisdizione del Vescovo conte di Vercelli Lodovico Fieschi fino al 1394 quando il papa Bonifacio IX lo infeudò ad Antonio Fieschi, fratello del vescovo. I Fieschi tennero il feudo per quattro secoli. Nel 1517 la famiglia Fieschi assume il cognome Ferrero Fieschi a seguito dell'adozione di Filiberto Ferrero. Il papa Giulio II nel 1506 eleva il feudo a contea, poi nel 1547 a marchesato da papa Paolo III e ancora principato nel 1598 da papa Clemente VIII.
Il Principato di Masserano unito al marchesato di Crevacuore, fu un piccolo Stato indipendente e prosperò fino al 1741 quando sarà ceduto ai Savoia benché l'investitura della famiglia si protrasse fino al 1791. Questo particolare e insolito principato, feudo pontificio acquisì altresì il potere di battere moneta e la zecca si trovava proprio nei pressi della piazza del mercato.
I Fieschi e i Ferrero Fieschi non furono sempre amati dalla popolazione, infatti il 2 luglio 1624, la popolazione insorse contro il principe Francesco Filiberto, assalendo il castello-palazzo e distruggendolo. Il principe fu costretto a scappare e il suo figlio primogenito Carlo Filiberto venne ucciso. Tornata la calma i suoi successori fecero ricostruire il castello, ampliandolo e decorandolo. Carlo Filiberto era già stato allontanato dal feudo durante la guerra con la Spagna, ritornato nel borgo aumentò subito le tasse alla popolazione già duramente provata dalla guerra. Fu inoltre accusato di appropriazione indebita di beni della chiesa, omicidi e prepotenze verso i sudditi, oltre alla complicità a coniare monete adulterate con basso contenuto di metallo prezioso.
Prima di raggiungere il palazzo del Principe è d'obbligo una sosta alla chiesa della Collegiata che fu costruita tra il 1480 e il 1486 per volontà di Innocenzo Fieschi.
Alla chiesa parrocchiale che si prospetta sulla strada principale di Masserano ci si accede attraverso tre rampe di scale.
L'attuale facciata risale al 1834, è a capanna, tripartita da lesene, più grandi quelle angolari. Le stesse lesene s'innalzano sopra il tetto con eleganti cuspidi. La chiesa ha tre ingressi sulla parte anteriore, tutte le porte in legno hanno eleganti cornici in pietre locali e sovrapporte con ricercate volute. Sopra alle porte laterali si aprono due lunghe finestre ad arco acuto, mentre nella parte centrale un bel rosone permette alla luce di illuminare l'interno. La facciata è affrescata a strisce alternate con colori tenui quasi a ricordare marmi gialli paglierini e verdi. Anche le lesene sono affrescate con gli stessi colori ma con leggere disegni in stile goticheggiante.
Nella chiesa, nonostante la poca luce presente posso ammirare un bell'organo, ma soprattutto la statua della Madonna degli Infermi, Salus Infirmorum, o anche detta Madonna di San Teonesto. La statua lignea rappresenta una Madonna con bambino ed è stata scolpita da uno scultore dell'alto Reno. Ma ovviamente la tradizione popolare vuole che sia stata scolpita da San Luca e portata a Masserano nel III secolo da San Teonesto. La statua era inizialmente collocata nell'antica chiesa di San Teonesto e trasferita nella parrocchiale nel 1802. La statua il 24 ottobre 1813, si salvò miracolosamente dai danni arrecati da un fulmine che cadde sul vicino campanile e penetrò nella cappella provocando notevoli danni.
Sempre nella chiesa, a tre navate, è interessante osservare il tiburio ottagonale, decorato a strisce bianche e nere e con gli evangelisti raffigurati nei pennacchi delle colonne. Se non fosse per la poca luce, mi soffermerei ad ammirare i tre pregevoli dipinti che vi sono conservati; La Madonna del Rosario di Raffaele Giovanone e La Madonna e Santi attribuito a Bernardino Lanino, ma anche L'Ultima Cena attribuita a Gaudenzio Ferrari. Curioso sapere che in questa collegiata vi predicò San Carlo Borromeo nel 1584, chiamato dalla marchesa Claudia di Savoia in soccorso del marchese Paolo Besso Ferrero Fieschi, colpito da un grave male. Infatti l'anno precedente durante la visita a Vercelli al duca Carlo Emanuele I, San Carlo Borromeo aveva miracolosamente guarito il duca da un suo malore. San Carlo giunse a Masserano il 22 Settembre, incontro il marchese e celebro messa, vi torno l'11 Ottobre per celebrare le esequie di Paolo Besso. Nel transetto di destra, in un urna, sono collocate le sante reliquie di San Teodulo e Vitale, portate a Masserano nel 1663 dalle catacombe di San Clepodio di Roma.
Raggiungiamo tutti il piazzale, ove si prospetta il palazzo dei Principi, oggi occupato dagli uffici comunali, dalla caserma dei Carabinieri dal 1817 e una parte adibito a polo museale. Il palazzo dei Principi fu costruito per volere della marchesa Claudia di Savoia e di suo figlio Francesco Filiberto nel 1597, ampliato nel 1624 dopo la famosa rivolta.
L'edificio è dipinto di bianco a parete liscia, interrotte solo dalla finestre e dalle verdi porte. Attendiamo un giovane amico di Gian e Lele che ci farà da guida all'interno della parte del palazzo adibito a museo. Il grande scalone d'accesso al piano nobile, trova sul muro due lapidi marmoree dedicate una ai caduti di guerra fino al 1938, l'altra al celebre musicista di origine masseranese, Pietro Mercandetti Generali detto "Pietro Generali" che fu maestro di Rossini.
Vi sono anche due busti, uno dedicato al poeta Corrado Corradino 1852 -1923 e l'altro al concittadino Giovanni Battista Cassinis 1806 – 1866. Quest'ultimo fu giurista e politico italiano: cominciò la carriera come consigliere comunale di Masserano, poi rappresentante del Collegio di Salussola nel parlamento Subalpino. Amico di Camillo Benso conte di Cavour fu dapprima ministro di Grazia e Giustizia, poi ministro degli Interni. Eletto presidente della Camera dei deputati il 26 maggio 1863, fu poi nominato nel 1865 a Senatore del Regno. Il 18 dicembre 1866 si suicidò, pare per alcune errate scelte riguardo a delle nomine politiche.
La guida ci inoltra nelle varie stanze del palazzo collocate nella manica lunga. Così abbiamo l'occasione per ascoltare la seconda parte della storia di Masserano. Dopo la rivolta del 1624 i successori di Francesco Filiberto, fecero restaurare e ampliare il palazzo, smantellando ciò che rimaneva del castello, ed edificare la chiesa di Santo Spirito.
Ancora una rivolta popolare si ebbe nel 1637 quando il principe Paolo Besso aumentò le tasse, solo grazie all'intervento di papa Alessandro VII si ottenne la conciliazione tra le parti. Durante le guerre di successione spagnola che nel XVII secolo devastarono il Piemonte, anche il principato di Masserano non ne passò indenne, a causa delle devastazioni create dai francesi. In quel periodo il principe Carlo Besso andò a risiedere a Madrid. I suoi eredi; Vittorio Filippo e Vittorio Amedeo videro ratificate le loro investiture da parte di papa Clemente XII, fintanto che il pontefice nominò vicario del possedimento Carlo Emanuele III di Savoia. I Principi conservarono i titoli ereditari, ma solo con il congresso di Vienna, il territorio di Masserano entrò a pieno titolo nei possedimenti del Re di Sardegna.
Proseguiamo la visita all'interno del palazzo e accediamo di sala in sala, attraverso antiche porte seicentesche. Le pareti delle stanze sono tutte caratterizzate da fasce decorative con motivi floreali e geometrici. Ogni parete ha dei cartigli diversi, tutti bordati da motivi pseudo architettonici con conchiglie, mascheroni e putti. I temi raffigurati all'interno di ogni cartiglio sono diversi da stanza in stanza, con iconografie del vecchio testamento.
All'interno della prima stanza di rappresentanza è conservato l'altare ligneo barocco, dorato, un tempo in uso nella chiesa di San Teonesto, come le statue lignee di San Francesco d'Assisi e San Bonaventura da Bagnoregio in veste cardinalizia.
Un camino diverso per ogni stanza e tutti di pregevole fattura. Nella prima stanza è altresì conservata una antica carta degli Stati Sardi del 1851. Altre opere sacre provenienti dalla chiesa di San Teonesto sono presenti anche nelle altre stanze di rappresentanza. Tutti i locali hanno soffitti a cassettoni di pregio. Anche gli arredi sono originali Seicenteschi e Ottocenteschi. Così arriviamo in un ambiente che un tempo era probabilmente adibito a cancelleria del Principe, dotato di particolari e bei arredi. Nella sala degli eroi ed eroine, le cartelle delle fasce decorative rappresentano le scene della morte di Cleopatra, il taglio del nodo di Gordio da parte di Alessandro Magno, Muzio Scevola che si brucia la mano e molti altri. Un bel quadro raffigurante San Teonesto è conservato nella quarta sala di rappresentanza. Il quadro raffigura il Santo che armato di spada combatte un misterioso nemico, forse l'arianesimo. La tradizione vuole che Teonesto fosse un martire della legione tebea che subì il martirio,altri lo vogliono proto vescovo di Vercelli, martirizzato durante le persecuzioni dei cristiani.
Nelle stesse sale vi sono ritratti di papa Clemente VII e di San Carlo. Segue la saletta di Pomona, la dea latina dei frutti. La sala ha un soffitto interamente decorato da stucchi e affreschi. Segue la saletta di Minerva o delle Arti, con affreschi che ricordano la Pittura, Geometria, Scultura e la Musica. La sala dello zodiaco, quello in cui il Principe esercitava la giustizia ha una superba decorazione a stucchi con cartigli raffiguranti i segni zodiacali. Sul soffitto a cassettoni sono dipinte a tempera nove scene mitologiche con Venere, Apollo, Diana, Giunone, Saturno, Minerva, Marte, Giove e Mercurio. Un bel quadro raffigurante San Giorgio e il drago è collocato sopra a un bel camino in marmo nero con decorazioni di cariatidi, festoni in stucco. Anche il quadro con San Giorgio ha una bella cornice a stucco con figure femminili e putti. In questa sala sono presenti molti interessanti arredi e quadri. Tra i quali sono affissi alla parete due fucili a baionetta di epoca napoleonica. La sala dell'alcova o di Venere che fiancheggia quello dello zodiaco, forse usata anche come sala del trono, presenta un importante repertorio di stucchi con dipinti di Venere e vari personaggi mitologici.
La nostra guida ci narra con dovizia di particolari la storia accaduta in ogni stanza o dei suoi arredi. Sono alquanto ammirato di quello che sto osservando in questo minuscolo borgo biellese, fuori dai grandi percorsi turistici.
I miei compagni di viaggio, forse più avvezzi a queste cose, guardano con occhi diversi alcuni particolari della stanze.
Giungiamo così nella sala di Eolo, un tempo utilizzata come sala da pranzo del Principe. La sala è attualmente utilizzata dagli uffici comunali; ben conservata ha un soffitto affrescato con motivi mitologici, adiacente vi è la sala di Plutone e Proserpina, forse la sala da letto del Principe. Anche qui il soffitto è affrescato con motivi mitologici e stucchi. colpiscono particolarmente i pannelli lignei o scudi della finestra, per la loro forma e decorazione. La sala delle allegorie era utilizzata come bagno del Principe, anche questa sala è deliziosamente decorata con stucchi e affreschi. Torniamo verso la galleria degli specchi, lunga ben 41 metri e con soffitto a botte, dotata di undici finestre che si affacciano verso la piazza del borgo. Subito dopo la galleria si trova la cappella con altrettante decorazioni. Usciamo estasiati dalla visita al palazzo del Principe, ringraziando la nostra guida e ci dirigiamo a visitare la chiesa di San Teonesto, non prima di aver pranzato e visto il borgo antico.
Ritornati in piazza del mercato, ove un tempo si affacciava il palazzo della Zecca, abbattuto nel 1799, per volontà del Consiglio della Municipalità ritenuto "segno dell'abominevole antica Tirannia" e dove nel dicembre 1798 era stato eretto l'albero della libertà, ci inoltriamo verso il borgo antico, attraversiamo via delle Beccherie, una strada costeggiata da antiche case medioevali con lunghi e bui portici. Come dice il nome, un tempo questa contrada era dedicata ai negozi di macelleria. Su casa Aichino al civico 3 è scolpito un guerriero, probabilmente una scultura tardo medioevale benché la tradizione locale la vuole di origine celtico-pagana, L'altorilievo raffigura un guerriero medioevale sul cavallo al galoppo, munito di cimiero e lancia, sullo scudo porta le armi degli Avogadro. Infatti, per un breve periodo del XIII secolo fu possedimento degli Avogadro, fintanto che l'11 aprile 1214 Masserano passa al Comune di Vercelli. Inutile dire che l'atmosfera che si respira in questa contrada è veramente particolare, da un lato il fascino del tempo e del mistero e dall'altro immagini le paure che potevano avere i viandanti solitari che si trovavano ad aggirarsi sotto questi bui portici, o timorati di spiacevoli incontri dietro gli angoli scuri delle viuzze laterali. Lele, per non farci mancare racconti raccapriccianti ci narra di un fatto avvenuto nel Seicento, dove si narra che giovani fanciulle scomparivano tra le "strecce" di tali sparizioni fu accusato un macellaio, soprannominato la Iena, che rapiva le giovani fanciulle, le uccideva e delle loro carni ne faceva insaccati da vendere. Raggiungiamo così una caratteristica piazzetta dove si uniscono diverse contrade con i loro caratteristici portici.
Il nome del ristorante dove Gian e Lele hanno prenotato è anch'esso particolare: Locanda del Gallo Storto. Il nome deriva da un altro altorilievo posto sulla antica facciata, di quello che un tempo era conosciuta come casa Beltrami. Infatti vi è abbozzata la sagoma di un gallo, posto però storto. Anche qui la credenza popolare lo vuole simbolo o idolo pagano, ma sicuramente non ha nulla a che fare con i riti pagani, più semplicemente, visto la sua forma rustica poteva essere l'insegna di un negozio di pollami. Nulla di pagano quindi, anche perché proprio nel medioevo il gallo iniziava ad essere usato come simbolo delle armi dei nobili, lo troviamo sulle facciate delle chiese e addirittura oggi lo usiamo come banderuola segnavento. Una più accurata ipotesi, potrebbe significare anche un simbolo di avviso e di protezione; infatti ricordiamo che fu un gallo a svegliare dal torpore San Pietro, come ci raccontano i Vangeli.
Il locale del ristorante è piccolo, come potevano essere piccole le botteghe e le abitazioni medioevali. Ha mantenuto intatta la caratteristica e l'atmosfera con i suoi soffitti a botte e i mattoni a vista.
La cucina è molto curata con prodotti culinari rigorosamente fatti in casa e la cucina è tipicamente piemontese. Ho così modo di assaggiare il "Tapulone" e bere dell'ottimo Bramaterra. Il tapulone è un piatto di origine valsesiana fatto di carne di asino tritata, verze ed aromi. Ma anche assaggiare la "paletta, un particolare taglio della spalla di maiale, un prosciutto insaccato e speziato.
Dopo aver abbondato con le libagioni, chiacchierato amichevolmente con i titolari del locale, due passi per il borgo vecchio aiuteranno la nostra digestione.
Ci avventuriamo nei vicoletti e nelle strette stradine del borgo, infilandosi di tanto in tanto sotto i grandi e lunghi portici medioevali. Dopo essermi soffermato sotto la casa natia del giurista Cassinis Giovanni Battista ci ritroviamo nella piazzetta dove un tempo si faceva il mercato. Sulla piazzetta del borgo inferiore si erge la chiesa della Sacra Famiglia. Tre gradini anticipano l'unica porta d'accesso, la semplice facciata è scandita da semplici lese, il frontone sagomato, porta sul culmine l'effige scolpita di un angelo. Sopra la porta di accesso una grande finestra rettangolare permette la luce di entrarvi. La porta è incorniciata da due colonne laterali con capitelli che sostengono l'architrave in pietra. La chiesa è ad unica aula rettangolare e con l'abside affrescato. La chiesa sembra sia stata voluta dalla comunità locale e costruita nel 1776.
Continuo ad aggirarmi per le "strecce" caratteristiche vie del borgo vecchio di Masserano. Si vive un atmosfera totalmente medioevale se non fosse per la presenza e dell'illuminazione elettrica. Dopo aver guardato l'antico portico Natta, ove secondo la tradizione si tenevano le riunioni del Consiglio della Comunità, lentamente ci allontaniamo dal centro del borgo vecchio per raggiungere San Teonesto.
Questa chiesa romanica dedicata a San Teonesto è risalente al X – XI secolo e fu parrocchia di Masserano fino al 1507 quando lo divenne la Collegiata.
San Teonesto, creduto un martire della Legione tebea, fu più probabilmente un popolano di Vercelli martirizzato nel 304-306, inizialmente sepolto nella basilica di Sant'Eusebio a Vercelli. Si accede al sagrato della chiesa attraverso una lunga e acciottolata salita. Il sagrato, anch'esso in acciottolato è molto ampio ed è circondato da un muretto in pietra che ne caratterizza la prospettiva anteriore. La facciata a capanna è tripartita da leggere lesene, prive di ogni ornamento. Due squadrate finestre sono poste nelle parti laterali della facciata. Nella parte centrale, alcuni gradini fanno accedere al ligneo portone, sormontato da una lunetta. Sopra ad essa una piccola finestra rotonda permette alla luce solare di entrarvi. La facciata un tempo doveva essere affrescata, poco si evince da ciò che ancora si distingue sulla facciata stessa.
Dopo che la parrocchiale fu spostata nella collegiata, la chiesa fu occupata dai frati minori osservanti di San Francesco che l'ampliarono e vi affiancarono il convento con il chiostro. Il campanile fu più volte rimaneggiato, solo la parte inferiore è originale del XII secolo.
L'interno della chiesa, ora benché in pessime condizioni permette di distinguere le varie modifiche ed ingrandimenti. Riusciamo anche ad accedere ad una particolare cappella, realizzata in puro stile barocco, ricco di volute in gesso, le pareti presentano ancora diversi e colorati affreschi. Sul pavimento antistante all'altare maggiore è collocata una botola che introduce a una cripta ove trovarono sepoltura sicuramente i maggiorenti di Masserano.
La chiesa con l'annesso convento venne chiusa nel 1802, quando dopo l'ingresso dei francesi in Piemonte furono soppressi gli ordini religiosi. Successivamente la chiesa venne riaperta solo in occasioni molto particolari, fintanto che nel 1925 fu definitivamente chiusa e trasferiti gli arredi sacri nella chiesa Collegiata. Il Municipio acquistò la chiesa e il convento per farne un edificio scolastico. Attualmente la chiesa è utilizzata solo per visite culturali.
Usciti nuovamente sul sagrato, il sole iniziò ad arrossare il cielo e rende ancora più magico il panorama. Si scorge il campanile della seicentesca chiesa dello Spirito Santo, diventandone protagonista della bucolica immagine.
Questa chiesa è posta all'ingresso del paese, anticipata da un ampio sagrato. La sua facciata è scandita da sottili lesene e dalla cornice del marcapiano. La facciata termina con un ampio frontone a timpano. Il registro inferiore è arricchito da una lunetta con decorazioni a rilievo, posta sopra il portone d'accesso. La parte superiore, ospita invece due nicchie vuote poste sopra le estremità laterali della facciata. La chiesa è a navata unica con due cappelle laterali, si presenta in stato di rapido decadimento, vetri rotti con piccioni svolazzanti all'interno, le pregevoli statue in gesso che arricchiscono le due cappelle laterali, raffiguranti Santo Stefano, San Sebastiano, Sant'Eusebio e San Rocco come i molteplici stucchi barocchi presentano segni del tempo e dell'incuria. L'antico altare è in marmi policromi con bei putti marmorei, i candelabri sono consumati dal tempo, mentre il coro ligneo posto dietro può raccontare molte storie del borgo, benché da tempo in disuso. Lasciamo la chiesa con un po di dispiacere a vedere un edificio di una cosi rilevante ricchezza storica e con un corredo di stucchi e pareti affrescate quasi abbandonato a se stesso. Stefano mi racconta una antico fatto riguardante la chiesa, risalente al 1722, allorquando il Vescovo fissò il luogo delle adunanze della Confraternita di Santo Spirito nella casa parrocchiale, proibendo le riunioni nella piccola chiesa, ove aveva sede la Confraternita perché vi aveva trovato rifugio, usando il diritto d'asilo tale Angelo Romersa, accusato di aver commesso un omicidio a Roma, della vicenda non si conoscono poi le conclusioni.
Rientrando verso l'auto ci soffermiamo brevemente in via Roma, dove si affacciano molte case padronali, nei pressi di Largo Montecameri, osserviamo una serie di palazzi, recentemente restaurati con bei colori vivaci, sono il palazzo Corradino, di cui abbiamo visto un esponente in un busto marmoreo nel palazzo dei Principe. Questo Palazzo fu per un breve lasso di tempo anche la sede della squadra dei Volontari Antincendi Boschivi e grazie a Stefano in passato ebbi modo di visitarlo. Ma è conosciuto anche come palazzo Novaro mentre il mio amico Stefano lo chiama palazzo Sasso. S'affianca ad esso la casa del Podesta, così indicata perché durante il periodo fascista ci abitava il Podesta di Masserano, l'ultimo interessante palazzo è quello che un tempo era sede della Pretura; su questo palazzo un balcone con una bella ringhiera in ferro con lo stemma di Masserano nobilita ancoraggi l'edificio. Sempre in questo Largo s'affaccia casa Massaris sormontata da una cinquecentesca torre tozza e quadrata e mal tutelata. Ultima curiosità è proprio nel toponimo di Montecameri che gli studiosi locali fanno risalire al nome dell'antico borgo fondato dalle tribù galliche dei Libici e dei Salii.
Allontanandomi in auto dal borgo, passo dinanzi all'antico ospedale San Carlo, noto come l'Infermeria San Carlo, ora Casa di Riposo, costruito nel 1819 come Ospedale Civile dei Poveri per volere del canonico Ottavio Fieschi. L'edificio successivamente ampliato grazie ad altri benefattori fu restaurato nel 1888 e successivamente ancora ampliato negli anni Settanta del XX secolo. Mi soffermo, ancora, ad osservare dall'esterno un'altra chiesetta che trovo subito fuori il centro abitato. La chiesetta di proprietà privata, priva di ogni cartello turistico è dedicata ai Santi Vito, Modesto e Crescenza come un cartiglio dipinto sulla porta della facciata ci ricorda. L'edificio presenta un pronao in pietra, sorretto da due massicce colonne e da due pilasti quadrangolari. La facciata è a capanna con un timpano movimentato da leggeri stucchi. La facciata, totalmente intonacata ed in pessime condizioni, è alleggerita da due lesene con capitelli ionici e nella parte superiore al pronao da due nicchie vuote. Tra di queste una ampia finestra, vetrata dalle forme modanate. Con Lele riusciamo ad affacciarci all'interno da due piccole finestre quadrate e protette da una leggera rete metallica, poste ai lati della porta. Ciò che vediamo è desolante, di quella che poteva essere una chiesetta edificata nel 1749 su una precedente cappella rimane poco. Sullo sfondo si nota un bell'altare policromo, il coro e l'arco trionfale sono ampiamente decorati. Gli affreschi dei Santi che posso intravedere sono fatti da mani semplici ma devote. Il caos regna, trasformando la chiesetta in un deposito forse teatrale se non carnasciale con pupazzi di Carmensita e il Caballero della nota pubblicità di un caffè.
Tante sono le cose che si potrebbero ancora vedere a Masserano e nelle sue frazioni. Come la chiesetta della Madonna degli Angeli, posta sulla sommità di un colle e che avrebbe dovuto essere l'inizio di un Sacro Monte, opera che rimase incompiuta. Ma anche la chiesa barocca di San Bernardo, o in frazione Mombello la chiesa, anch'essa barocca, dedicata ai santi Faustino e Defendente, ancora l'oratorio di San Giacomo, posto ove inizia la Baraggia, oppure la fontana di acqua "curativa" in frazione Cacciano.
Mi piacerebbe altresì vedere anche la vecchia stazione ferroviaria della ormai scomparsa linea Biella - Masserano.
Rientro lentamente verso casa, contento di aver visto un bellissimo borgo in compagnia di amici.
Accendo l'autoradio e le canzoni dell'ultimo festival di Sanremo invadono la mia autovettura con i suoi ritmi. Ciò mi permette di ricordare una masseranese che vinse il festival nel 1975, Rosangela Scalabrino, in arte Gilda. Costei fu una meteora del panorama musicale italiano, vinse il festival con il brano "ragazza del sud". Ormai il buio ha vinto sulla luce e arrivato a casa non posso fare altro che programmare un altro viaggio.