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A zonzo con il calessino (XIV parte)

Giovedì 01 Novembre 2018 07:31
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CalessinoMentre i calessini affrontano impavidi le lunghe e tortuose discese, commento con Gian come il piccolo borgo abbia saputo costruire un percorso ecomuseale legato alla castagna, con tanto di mulino per la macina delle castagne essiccate e delle granaglie, ma anche antichi essiccatoi per poter raccontare alle giovani generazioni che del castagno non si gettava nulla. Come ad esempio le foglie che rastrellate nei boschi quando erano secche, venivano conservate in un luogo asciutto e arieggiato. Le foglie erano poi utilizzate come lettiera nelle stalle.
Raggiungiamo così Settimo Vittore, il caos del traffico dell'importante Strada Statale che l'attraversa ci ricorda come è la frenetica vita di oggigiorno. L'antico borgo di Settimo Vittone si estende sulle riva sinistra della Dora Baltea. Il suo paesaggio presenta una grande varietà di panorami agresti. Si può passare dai pascoli montani ai boschi di faggi, betulle, castagni, ai coltivati terrazzamenti a secco. Il lavoro secolare di costruzione di questi terrazzamenti strappati alla montagna, permette la coltivazione dell'uva nebbiolo. Gli impianti di questi vigneti, coltivati a pergolati e sostenuti dai caratteristici tupiun, colonnette in pietra imbiancate con la calce che trattengono il calore dei raggi del sole di giorno per restituirlo la notte, rendono uniche queste montagne. Dal fondo valle si inerpicano strette stradine e mulattiere selciate per raggiungere case isolate e frazioni.
Settimo Vittone, nacque forse già come villaggio dei Salassi, ma si sviluppò soprattutto con la realizzazione delle strada romana che univa Eporedia, l'attuale Ivrea, ad Augusta Praetoria, ossia Aosta. Infatti il nome Settimo, indica il settimo miglio romano della strada. Il toponimo Vittone, sarà aggiunto nel Medioevo.
La storia di questo borgo sta tra leggenda, mistero, caparbietà e fierezza. Si narra che nell'Alto Medioevo la regina Ansgarda, moglie ripudiata di Ludovico il Balbo, Re di Francia, si rifugiò dal fratello Ottone Ascario marchese di Ivrea e signore di Settimo. Ansgarda morirà nel 889 in pace e serenità e pare abbia trovato sepoltura nel Battistero della Pieve di San Lorenzo. Una lapide apocrifa esposta sul muro dell'ingresso del luogo sacro pare vorrebbe ricordare la sua presenza. In memoria della sorella, Anscario avrebbe fondato nell'894 l'ospedale di San Leodigario. Mentre sulla lapide e quindi sulla permanenza della regina Ansgarda si hanno molti dubbi, l'ospedale è realmente esistito fino al 1772.
Di certo si sa che nell'XI secolo il suo territorio, denominato Valle di Montalto dipendeva dal Vescovo di Ivrea. L'area per la sua posizione strategica fu lungamente contesa, ma i signori di Settimo, grazie ad una politica di alleanza, riuscirono a mantenere una certa autonomia. Nel 1357 il Vescovo cedette ad Amedeo VI di Savoia ogni diritto su Settimo e il suo territorio e obbligò i signori del luogo a sottomettersi ad Amedeo VI.
Il patrimonio architettonico di Settimo Vittone è impressionante per un borgo con poco più di 1500 abitanti. Alle porte del centro abitato si erge la Chiesa Parrocchiale di Sant'Andrea, costruita sul luogo di una duecentesca chiesa. L'attuale parrocchiale è stata iniziata a metà del Seicento e terminata dopo ripetuti ampliamenti nel 1851. Dedicata a Sant'Andrea, che è anche il patrono del borgo, custodisce notevoli opere di valore artistico. La torre campanaria che porta incise la data 1697 ricorda un campanile romanico con quattro trifore ornate da colonnine in pietra, mentre l'ottagonale cuspide è di evidente gusto barocco.
Il castello è invece arroccato sopra uno sperone roccioso, fu distrutto nel XVI secolo per volere del Duca di Savoia Carlo III, per motivi strategici durante il conflitto tra Carlo V e Francesco I. Dell'antico castello rimangono alcuni ruderi di una torre e alcuni tratti con fregi del portale di ingresso. Alcune di questi fregi sono stati integrati in una villa residenziale, costruita tra il Seicento e Settecento nel versante che si protende verso la vallata. Nel grande parco del castello si trova il complesso altomedioevale di San Lorenzo, costituito dal Battistero di San Giovanni Battista e dalla Pieve di San Lorenzo che funse sia come Chiesa castrense che come Chiesa Parrocchiale fino al 1661. Il Battistero e la Chiesa sorsero in epoca carolingia ed erano una tappa importante per i pellegrini che si muovevano lungo la via francigena. L'architettura è tipicamente “preromanica” e gli edifici sono realizzati con ciottoli e schegge di pietra locale e la copertura in pietra di Losa. Il Battistero è a forma ottagonale con tetto a spicchi, originariamente doveva essere staccato dalla chiesa, poi unito con un passaggio coperto. La Pieve è a aula unica, con tre nicchioni nell'area presbiteriale, con volte a botte. Vi si accede attraverso una porta sovrastata da un campanile realizzato forse nel XIII secolo. La Pieve è riccamente affrescata con raffigurazioni dipinte in secoli diversi.
Anche le borgate di Settimo Vittone hanno molte peculiarità, come Cesnola, circondata da ricche vigne in una bella conca e dominata dai suggestivi ruderi di un altro castello. Questo fortilizio risale verosimilmente al XI secolo, si conosce poco su questo maniero. I loro feudatari erano i signori di Castelletto e lo ampliarono nel XI-XII secolo. Anche questo castello subì la demolizione voluta dal Duca Carlo III. A partire dal 1789 appartenne alla famiglia dei Palma di Cesnola. Il castello è raggiungibile tramite una mulattiera medioevale, tra castagni e vigneti aveva una torre centrale con due cinte murarie, ed alcune costruzioni adibite a servizi oltre alla Cappella Castrense. Una volta Cesnola con il suo castello era Comune autonomo.
Anche a Montestrutto, posto in cima al poggio c'è un castello, eretto in stile neogotico tra la fine dell'Ottocento e inizio Novecento, realizzato sulle rovine di una fortezza medioevale. Sotto al castello in pianura sorge la Chiesa romanica di San Giacomo. Interessanti anche le borgate di Torredaniele, Caney e Carnaley.
I calessini ormai sono sulla ex Strada Statale 26 e rapidamente ci troviamo nel territorio di Carema, ultimo Comune del Piemonte. Il centro abitato si estende sulla nostra destra. Storicamente ha segnato il confine tra l'Italia e le Gallie in epoca romana e l'Italia e il Regno di Borgogna nel Medioevo, quindi tra il ducato di Aosta e il Canavese. Questo fece sì che si caratterizzasse come borgo doganale. Il suo territorio è percorso dalla Dora Baltea e da numerosi torrenti. Il particolare tipo di terreno di natura morenica e due speroni di roccia che proteggono la zona dai venti permettendo una favorevole esposizione al sole, hanno favorito la coltivazione delle viti sui terrazzamenti. Il vino prende il nome dal luogo, ossia Carema, ed è ottenuto dall'uva di nebbiolo. Questo vino d.o.c - denominazione di origine controllata - prevede un affinamento di 24 mesi di cui almeno 12 in botte. Questa produzione è consentita solo nel Comune di Carema. Questo vino figurava già nella lista dei vini dei re di Francia e sulla mensa dei Duchi di Savoia, ma la sua più ampia diffusione è in parte dovuta alla presenza dell'Olivetti, che spesso distribuiva bottiglie di questo vino a clienti e fornitori.
L'antica strada romana che attraversava il canavese aveva della colonne militari poste a intervalli regolari di 1480 metri, ossia il miglio romano, Carema come tutte le altra località fino ad Aosta è sorta intorno alla pietra militare miliare. La lapide a Carema fu ritrovata sotto l'Altare Maggiore della Chiesa e poi trasferita ad Ivrea nel Palazzo della Curia. Questo evidenzia come anche la comunità di Carema sia nata intorno alla quarantesima pietra miliare. Infatti il toponimo Carema pare essere una deformazione medioevale dell'aggettivo “quadragesimum lapidem ab Augusta Praetoria”, ossia la distanza di 40 miglia da Aosta. Altri affermano invece che la deformazione del nome sia dovuta al “Cameram”, cioè dogana, indicante la tassa della Quarantesima parte, ossia, il 2,5 % delle merci che dalle Gallie pagavano per entrare in Italia.
Lungo le strette viuzze e nelle minuscole piazze si affacciano e si trovano antichi e importanti monumenti. Una lapide sepolcrale, di origine romana, un tempo murata nella Chiesa Parrocchiale e poi trasferita nel Palazzo vescovile di Ivrea, ricorda le antiche origini romane. E' dedicata a Sallustia Loge, liberta di Caio Sallustio Crispo, personaggio legato alla moglie dell'Imperatore Ottaviano Augusto. Carema fu infeudato dai vescovi di Ivrea agli Ugoni, che si distinsero per le spogliazioni di pellegrini e mercanti che percorrevano la via delle gallie, la via francigena. Nel 1171 i marchesi del Monferrato dovettero intervenire per mettere termine alle vessazioni degli Ugoni. Il territorio nel 1357 fu dato in Feudo dal Vescovo Giacomo di Francisco ad Amedeo VI. Fu incorporato dai Savoia nel Ducato di Aosta, per tornare nel 1564 al Canavese. Tornerà sotto Aosta per volontà del fascismo dal 1929 al 1945.
L'abitato di pregio urbanistico-architettonico, presenta una struttura tipicamente medioevale, con belle case in pietra con severe facciate, le “lobbie” cioè i caratteristici balconi in legno o pietra e i tetti ricoperti con le “lose”. Negli incroci delle stradine, dove si può creare un piccolo slargo o piazzetta è facile incontrare antiche fontane.
Tra le più interessanti spicca una fontana risalente al XVI secolo, posta in Via Basilia. Consiste in una ampia vasca in pietra con una stele in granito, posta in punta alla vasca. La fontana fu voluta dai Conti Challant-Madruzzo in omaggio ai Duchi di Savoia nel 1571. Infatti la stele è ornata con gli stemmi araldici dei Savoia e i gigli di Francia, il nome Carema e frase in latino che dice: “se qualcuno ha sete, venga a me e beva”. Altra fontana titolata a San Matteo è datata 1460. Una terza, si trova in Via Vairola è datata 1818.
Di chiara struttura medioevale è la Grand Maison o Masum, imponente e massiccia Casaforte che probabilmente aveva un compito difensivo. Sulla sua facciata resti di stemmi araldici. Secondo la tradizione oltre ad essere presidio militare, vi si amministrava anche la giustizia. Una piccola torretta probabilmente fungeva da vedetta e nel sotterraneo vi erano i prigionieri. Si racconta che vi fosse una botola trabocchetto per i casi di giustizia sommaria.
Di origine altomedioevale è la Torre degli Ugoni, dimora urbana dei Signori del luogo che avevano il diritto di riscuotere il pedaggio. Sulla facciata delle case si possono ammirare diverse immagini sacre dipinte sugli intonaci. Diversi gli edifici religiosi, tra i quali di particolare devozione sono la piccola Cappelle di Siei, dedicata a San Grato. L'epoca di costruzione di questa Cappella è incerta, ma si possono individuare due livelli pittorici, riconducibile al 1412 e il più recente al 1863. Caratteristico l'altare in pietra, nella nicchia al centro della parete è raffigurata una Madonna con Bambino in trono. La Cappella veniva raggiunta per le rogazioni, ossia i riti penitenziali e la fecondità dei campi. Anche la Cappella Suplin, antica sede della confraternita dei Disciplini dedicata al S.S. Sacramento detta anche di San Matteo, sempre di data incerta, benché sulla facciata sia riportata sulla meridiana la data 1644. L'interno è molto ricco di affreschi ottocenteschi, l'Altare riconducibile a fattura seicentesca è realizzato in stucco di malta e marmorino.
Interessante anche la Cappella di Via Croce, e sopra uno spuntone di roccia la Cappella seicentesca di San Rocco, considerata ”la sentinella” del canavese. Da citare la Cappella di Sant'Anna al Maletto. L'Alpe Maletto è una località di montagna che sorge a 1300 metri. Mentre nella frazione Airale vi è la Chiesetta barocca del 1842 dedicata a San Defendente.
Sempre in frazione Airale, vi sono ancora i ruderi del castello di Castruzzone. Il nome deriva da Castrum Hugioni. Edificio che nel 1357, Amedeo VI ricevette in feudo dal Vescovo di Ivrea. Il castello rovinò definitivamente nel 1777. Fu anche incendiato dai Caremesi, soggetti a vessazioni dagli Ugoni. Si narra di tristi gesta dei feudatari che vi dimoravano con uccisioni, carcerazioni e l'esercizio dello jus primae noctis.
La Chiesa Parrocchiale è dedicata a San Martino, patrono del Borgo, la chiesa era già parrocchia nel 1261. La parte più antica dell'attuale Chiesa risale al 1749. In stile barocco è il presbiterio, coro e sagrestia. La chiesa fu ampliata nel 1883-1890 su progetto dell'ing. Camillo Boggio in stile romanico-gotico. Caratteristico il settecentesco campanile alto 60 metri.



Fine XIV parte.