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Il mio Piemonte: Voltaggio

Martedì 17 Dicembre 2019 15:42
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VoltaggioIn auto lo sguardo scivola lontano, mentre il sole sbarazzino gioca con qualche nuvola. La luce rimbalza sui tetti delle case che costeggiano la mia strada e pare che dietro gli alberi che corrono lungo il corso del torrente Lemme vogliano far esplodere la chioma.
Raggiungo così Voltaggio, dopo aver parcheggiato l'auto in piazza dedicata al benefattore Tommaso Gazzola, ripasso rapidamente la storia del luogo per comprenderlo meglio ciò che mi accingo a vedere, o meglio rivedere, visto che il piccolo paese della Val Lemme è stato luogo di refrigerio e riposo ogni qual volta ne sentivo le necessità.
Posto alle pendici e schiacciato tra il colle dove si ergeva la rocca e il torrente Lemme che si beve il Morsone, era già conosciuto ai romani per la sua fonte sulfurea, ma anche per la sua importanza strategica, infatti è posto alla confluenza delle antiche strade della Bocchetta e di Capanne di Marcarolo, che da Genova raggiunge l'oltre giogo e la pianura padana.
Infatti il suo toponimo è documentato nel 1006 come Vultabum, forse un derivato latino di Volta con suffisso -obulum, ossia magazzino di mercanzia su via romana. Infatti a Voltaggio avrebbe dovuto passare anche la strada perduta di Pian del Restie. Fu pertanto un luogo lungamente conteso proprio per la sua posizione strategica non solo militare, ma soprattutto per i commerci con la Liguria.
Il nome varia nei secoli da Vultabium a Vultacium a Vultebo. A fine X secolo il territorio fa parte della marca Obertengo e tra l'XI e XII secolo passa al Comitato di Tortona sotto il controllo degli Albertini, marchesi di Gavi. Nel 1121 il territorio e il suo castello vengono acquistati dai genovesi, impegnati a estendere il loro controllo oltre giogo, per le attività commerciali.
Del castello purtroppo non rimangono che ruderi raggiungibili da un sentiero che s'inerpica sulla montagna, partendo da dietro la chiesa parrocchiale.
Nel 1127 il Comune di Genova investe la castellania a Oberto Porco e Bonifacio della Volta mentre Wilielmus De Volta è nominato console degli uomini di Voltaggio.
Dal XVI secolo iniziano periodi di alternate fortune per i Voltaggini.
Opizzino degli Spinola di Luccoli nel 1310 incendia Voltaggio e due anni dopo ne diventa primo feudatario imperiale.
Da Opizzino i diritti feudali, tramite la figlia passano ai marchesi di Monferrato.
Entrato successivamente in possesso della famiglia Scorza che giurano fedeltà alla Repubblica di Genova nel 1347 come signori di Voltaggio.
Pochi anni dopo l'Imperatore Carlo IV concede nuovamente Voltaggio ai marchesi del Monferrato, ma il loro dominio durò pochi anni e la Repubblica genovese tornò a dominare sulla Val Lemme.
Nel 1418 con la conquista della Val Lemme da parte dei Visconti, le terre furono infeudate dapprima a Isnardo Guarco, poi a Spinola Caccianemico, signore di Rossiglione.
A metà XV secolo Voltaggio è tra i possedimenti di Pietro da Fregoso; suddito del Duca di Milano è nel 1468 fra quelli del patrizio alessandrino, signore di Bisio, Gavi e Francavilla, Antonio Guasco.
Con la convenzione del 1479, Gavi, Voltaggio e Fiaccone, l'attuale Fraconalto, il Duca di Milano sono cedute ai genovesi.
Voltaggio trova così stabilità fino al 1625 quando per un breve periodo è sotto il controllo di Carlo Emanuele di Savoia.
L'occupazione delle truppe sabaude, avvenute con il saccheggio e una parziale distruzione, provoca epidemie e carestie.
Ancora distruzioni furono provocate nel 1747 con gli scontri tra le truppe franco spagnole e austriaci per il controllo della strada della Bocchetta.
Dopo l'occupazione napoleonica, Voltaggio segue l'annessione al regno di Sardegna nel 1815.
La mia passeggiata comincia con una visita al complesso conventuale dei Cappuccini con la sua splendida pinacoteca.
Questa sorge all'estremo limite sud dell'abitato e conserva un patrimonio artistico, forse solo secondo alla Galleria Sabauda di Torino.
Tale raccolta la si deve a padre Pietro Repetto che in quarant'anni di paziente ricerca arricchisce il modesto convento di un ingente patrimonio artistico.
Il nucleo centrale della raccolta iniziata nel 1877 dal religioso voltaggese e conta di un centinaio di tele. Grandi opere di maestri di arte ligure dal XVI al XVIII secolo.
Le opere raccolte, tutte devozionali, provengono dalle sagrestie e dai magazzeni delle chiese liguri.
Il convento di San Michele Arcangelo dei padri Cappuccini è stato costruito nel 1603 ed ha conservato la tradizione francescana.
Il complesso originariamente formava un quadrato, successivamente ampliato nel 1880.
La chiesa, consacrata nel 1662 dal vescovo di Albenga è a navata unica e conserva preziose tele e opere lignee come una scultura policroma dell'Assunta o le statue del Nazareno, dell'Addolorata e di Gesù morto.
Dopo aver dedicato molto tempo alla visita della quadreria e della chiesa, ripasso sul ponte di San Rocco, che supera il torrente Lemme; il ponte prende il nome di una cappella demolita nel XIX secolo.
Un tempo a Voltaggio esistevano due monasteri, quello dei frati minori conventuali fu presente fino al XIX secolo, ora è scomparso.
Subito dopo il ponte, trovo l'antico oratorio di Sant'Antonio abate, risalente al XVI secolo, ma già esistente nel 1582 come cappella rurale, posta alle porte dell'abitato. Nel 1695 vi trova costituzione della confraternita di Santa Maria in Portico. L'interno a navata unica conserva opere del Seicento genovese, anche il gonfalone risale nel 1600 e raffigura dipinto da entrambe le parti Sant'Antonio Abate con il cane e il maiale.
E se un tempo, il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio si benedivano gli animali da lavoro, oggi si benedicono gli animali da compagnia. È tradizione lo stesso giorno distribuire sale e focaccia benedetta. Queste ultime sono pressate in appositi stampini in legno risalenti all'ottocento che imprimono alla tonda focaccia i simboli sacri. Queste focaccette vengono infornate per essere cotte ed assumono il caratteristico colore giallo grazie ad una pennellata di zafferano, è consuetudine, dopo essere state benedette , conservarle in casa fino all'anno nuovo. I confratelli vestono una cappa bianca e tabarro damascato rosso coi bordi dorati. Un tempo assai lontano i contadini erano soliti a raccogliere la legna e donarla all'oratorio che provvedeva a venderla per trarne sostentamento.
Nella vicina piazza dedicata a Gerolamo De Ferrari si affaccia palazzo Gazzolo, del XVIII secolo, casa natale di padre Pietro Repetto. Su un vicino palazzo fa bella mostra una meridiana che reca l'iscrizione: "Omnes Vulnerant - ultima necat" ossia Tutte feriscono - l'ultima uccide.
Nei pressi anche la villa del principe Gerolamo De Ferrari dove una lapide ricorda la tradizione che vuole che San Luigi Gonzaga vi abbia sostato tra gli anni 1582-1584.
Lungo la strada principale dedicata a Cesare Anfosso, medico, che nel 1793 fonda una scuola di "Grammatica, retorica e filosofia" e a cui lascia le sue sostanze, una lapide sulla casa del medico lo ricorda.
Le case si adeguano all'andamento del terreno e il paese costretto tra il corso del torrente e le montagne è tutto costruito lungo l'unica strada principale, dove di tanto in tanto partono brevi vicoli che si spiegano sulle montagne e si trasformano in sentieri. Dal lato del torrente vi corrono incontro o lo attraversano solo sull'antico ponte romano.
Si apre tra le case, quasi all'improvviso una piazza, dedicata ai maestri della Benedica. Un ampio belvedere si affaccia sulla valle del Lemme e sulle circostante montagne. Su questa piazza si affaccia palazzo del capitano Cesare De Ferrari.
Dalla piazza scende una irta strada diretta verso la ferriera De Ferrari, detta "Ferriera nuova" attiva fino al XIX secolo.
La via centrale, sempre costeggiata da antiche case intonacate e dipinte alla genovese prede il nome di via San Giovanni Battista De Rossi. Le finestre delle case hanno deliziose tende e i davanzali sono arricchiti da splendidi fiori. Su molte case sono presenti molti affreschi devozionale. In questo tratto di strada sono presenti prestigiosi palazzi e oratori.
Tra i palazzi sicuramente degno di nota è Palazzo Galliera o della duchessa di Galliera, edificato dalla famiglia De Ferrari nella seconda metà del XVI secolo. Lo dimostrano le linee tardo cinquecentesche con la sua monumentale facciata. Il palazzo passò alla famiglia Rocca per vicende ereditarie per tornare al Marchese Giò Raffaele De Ferrari nel 1698. Un elegante inserzione, posta nell'ingresso, ci ricorda che nel 1702 qui venne ospitato il re di Spagna, Filippo V. Il palazzo diventata successivamente residenza estiva della duchessa di Galliera, Maria Brignola Sole De Ferrari; nobildonna genovese, alla cui famiglia si deve la nascita dei musei di Palazzo Rosso e Palazzo Bianco, nonché la fondazione dell'ospedale che porta il suo nome.
Subito nei pressi di Palazzo Galliera, si erge il bellissimo oratorio di Nostra Signora del Gonfalone. L'attuale edificio risale alla prima metà del XVII secolo. La facciata è tripartita da imponenti lesene sui cui capitelli poggia un doppio marcapiano sopra il quale si erge un timpano con lunetta. Il tetto è a capanna, la facciata presenta una sola porta di accesso, incorniciata da piedritti e un piccolo frontone. Sopra di esso vi è l'affresco della Madonna del Gonfalone. Ma la facciata è interamente affrescata con dipinti riferibili al XVII secolo di Santi e Profeti.
La confraternita che amministra l'oratorio fu istituita come Compagnia dei Disciplinati, indicata anche come Compagnia del Riscatto e della Santissima Trinità. Tale denominazione era assunta perché i confratelli si occupavano di affrancare gli schiavi cristiani prigionieri dei "barbareschi". La confraternita, ancora oggi, veste con una sovraveste bianca e una mantellina aguzza.
L'oratorio a navata unica conserva le reliquie di San Clemente martire, pervenute alla Confraternita nel 1673, grazie a padre Angelo Maria De Rossi, voltaggese e superiore dei cappuccini a Roma. Sull'altare dell'oratorio fa bella mostra un dipinto del 1682 di Bartolomeo Agosti, che raffigura la traslazione delle reliquie dal cimitero di San Callisto sull'Appia a Voltaggio, borgo raffigurato sullo sfondo. Molte altre sono le pali di altare presenti nell'oratorio, databili dal Seicento all'Ottocento.
In questo tratto di strada tra i caratteristici negozi che si affacciano con le loro mercanzie ed antiche insegne, alcune lapidi ricordano personaggi famosi che vi nacquero. Tra questi Giovanni Battista De Rossi, a cui è dedicata la strada. Costui, ultimogenito di nove fratelli e sorelle, nasce da Carlo e Maria Francesca Anfossi il 22 febbraio 1698. Giovanni Battista rimase a Voltaggio fino all'età di undici anni, a dodici anni è paggio dei marchesi Giovanni Scorza e Maria Elisabetta Cambiaso a Genova. A tredici anni si trasferisce a Roma presso lo zio francescano, Angelo Maria, e il cugino Lorenzo, canonico di Santa Maria in Cosmedin. A Roma diventa allievo nel Collegio dei Gesuiti, laureato in Filosofia, l'otto marzo 1721 è ordinato sacerdote con dispensa papale per la sua giovane età. Dedito ai poveri, devolve tutti i suoi averi ai bisognosi. Alieno da ogni titolo onorifico, eccetto solo quello di Canonico della Basilica Maggiore in Cosmedin. Cagionevole di salute e soggetto ad attacchi epilettici, muore il 23 maggio 1764. Oggetto di venerazione mentre era ancora in vita fu beatificato nel 1860 e canonizzato da Papa Leone XIII, l'otto dicembre 1881.
Un altro personaggio storico è la Beata Maria Repetto, definita "la monaca Santa delle Brignoline". Suo padre Giovanni Battista, era un notaio, priore dell'oratorio di San Giovanni e segretario del maire durante il periodo napoleonico, mentre la madre, Teresa Gazzale era la figlia del Maire di Voltaggio. Maria Maddalena Pellegrina nacque il 31 ottobre 1807, entrò nella congregazione delle Brignoline a Genova nel 1829, visse tutte la sua vita in monastero e vi uscì solo per assistere i malati durante le epidemie di colera che colpirono Genova nel 1835 e 1854. non tornò mai più a Voltaggio ma ne fu strettamente legata per tutta la vita.
E ancora Nicolò Olivieri, nacque nel 1792, ordinato sacerdote nel 1815, fin dal diaconato aveva aderito alla congregazione dei missionari rurali. Assegnato alla parrocchia di Prè a Genova nel 1817, assunse nel 1823 la direzione del ricovero dei Penitenti. Benché il congresso di Vienna aveva stabilito che commerciare gli schiavi fosse reato, la tratta era ancora fiorente. Olivieri sentì il desiderio di impegnarsi nel riscatto degli schiavi. Iniziò l'opera di riscatto viaggiando come missionario per l'Africa per riscattare i bambini e i ragazzi resi in schiavitù. Morì a Marsiglia nel 1864 ancora intento nell'opera del riscatto, era riuscito a liberare ottocentodieci schiavi. Fu sepolto nel cimitero marsigliese di Saint Pierre.

Prima di arrivare nella piazza antistante la chiesa, vi è una piccola piazzetta, intitolata a Sinibaldo Scorza, un tempo lo spiazzo ospitava l'antico cimitero. Oggi sulla piazzetta si affaccia il palazzo Scorza-Battilana, edificato nel XVI secolo. Il palazzo ha una bella facciata scandita da logge affrescate sovrapposte. Presenti anche pitture grottesche nell'atrio del palazzo. In questa residenza storica vi nacque il 16 luglio 1589, il pittore Sinibaldo Scorza, discendente dei conti di Lavagna. Entrò "in bottega" del maestro Raggi a Genova, la sua attenzione era particolarmente rivolta ai paesaggi dei pittori fiamminghi. Sinibaldo Scorza è ritenuto il primo "animalista" di scuola genovese, abile disegnatore di animali, ma anche abile miniatore e incisore. Morì a Genova nel 1631.
Su piazza Garibaldi, già piazza di Santa Maria e poi cambiata durante il periodo giacobino in piazza della Libertà, si affacciano oltre la chiesa parrocchiale, anche un grande edificio un tempo abitato a Gran Hotel con annesso stabilimento termale. Fu uno dei primi istituti termali che effettuavano bagni solforosi e cure idroterapeutiche, utilizzando l'acqua della vicina fonte sulfurea. Il complesso insiste su una precedente loggia edificata nel XIV secolo, voluta dagli Spinola. Il palazzo Spinola fu costruito nel 1854 e ampliato nel 1882 dal dottor Giambattista Ramamengo. L'attuale edificio oltre a integrare palazzo Spinola, occupa gli spazi un tempo occupati dal piccolo ghetto ebraico con piazza Giudea.
In questo piccolo ghetto visse dal 1534 al 1567, Joseph Ha-Cohen, medico e scrittore della comunità ebraica genovese e autore del libro storico " La valle del pianto" ossia Emeq-ha-bakha.
Una lapide posta sul complesso, ora trasformato in residence, ricorda il medico Romamengo che volle fortemente il Grand Hotel con l'istituto balneare che fu meta per oltre mezzo secolo delle vacanze della borghesia ligure.
Sempre sulla piazza si affaccia il palazzo comunale del XVII secolo, già sede del giusdicente dell'ordine nobile dell'antica Repubblica di Genova. Benché variamente modificato negli anni, l'edificio presenta tutti gli aspetti tardo seicenteschi, la facciata su cui sono presenti ancora tracce di uno stemma nobiliare e di un antica tinteggiatura alla genovese, presenta anche una lapide che ricorda la Duchessa di Galliera. Nelle vicinanze dei locali commerciali che propongono i caratteristici amaretti di Voltaggio come lo storico Bar Cavo. Poco prima dell'ingresso del palazzo municipale un antica targa ricorda il caffè Italia, un tempo da me frequentato perché proponeva i migliori amaretti della Val Lemme.
La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta e dei Santi Nazario e Celso è stata edificata nel 1202, forse ampliando una precedente chiesetta dedicata a San Pietro. Questa chiesa diventa parrocchiale quando viene abbandonata la pieve medioevale posta in località San Nazaro, di cui oggi non vi è traccia. La presenza di un massiccio ed imponente campanile, posto al centro della chiesa, anomalo per le caratteristiche della chiesa, fa pensare a una precedente torre di guardia all'accesso al castello. La facciata è tripartita, suddivisa da lesene che corrispondono alle tre navate. Sulla facciata si aprono tre portali, anticipati da protiri ad archi semicircolari. Il monumentale ingresso centrale è sormontato da un architrave in pietra, la lunetta sovrastante è priva di affreschi o decori. Sulla parte laterale si aprono invece tre finestre a bifora. Un lungo marcapiano divide la facciata, dove nella parte centrale del timpano è presente un rosone occluso e disegnato da una corona di laterizi e pietre, mentre sempre delle lesene tripartiscono il tetto che è a salienti. Lungo tutto il cornicione archetti pensili richiamano quelli disegnati sulla tozza ed alta torre campanaria. Salgo la scala che conduce al piccolo sagrato della chiesa parrocchiale, dove una balconata in pietra lo incornicia. La chiesa come la sua facciata ha subito molti rimaneggiamenti e ingrandimenti rendendolo un piacevole coacervo stilistico. Da segnalare che nel 1638 la canonica e parte della chiesa viene danneggiata da un incendio appiccato dalle truppe piemontesi. Nell'incendio andò distrutto gran parte dell'archivio.
Numerosi gli altari, tutti contenenti preziose opere d'arte, come i dipinti di Sinibaldo Scorza, come "L'assunzione della Vergine" posta sul bel altare maggiore in marmi policromi, dono nel 1707 di Pompeo Scorza.
Nell'altare del Rosario, fanno bella mostra quindici dipinti di rame, dipinti e attributi sempre a Sinabaldo Scorza dalla tradizione locali.
Nella chiesa vi sono anche altre pale d'altare particolarmente interessanti come quella di Giovanni Andrea De Ferrari che raffigura la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria e gli apostoli.
Invece l'opera "Vergine col bambino e i Santi Antonio e Rocco" datata 1628 è attribuita a Giuseppe Badarocco, di Oldoino Multedo del XIX secolo è invece l'Assunzione".
Mentre "Vergine col bambino e i Santi Sebastiano e Francesco" è attribuito ad un allievo del Fiaselle.
Sempre a Sinibaldo Scorza, ma improvvidi lavori di restauro ne rendono difficili la lettura è il dipinto della "Vergine con bambino e Santi".
Alzando gli occhi, una serie di più recenti affreschi datati 1960 del pittore Carlo Donati raffigurano gli esponenti della chiesa di Voltaggio come San Giovanni Battista de Rossi; la beata Maria Repetto, la "monaca Santa"; Nicolò Olivieri e la fedele collaboratrice dell'opera del Venerabile Olivieri, Maddalena Bisio.
In una nicchia in fondo alla navata dentro vi è la scultura linea policroma di Antonio Maria Maragliano databile a cavallo del XIII secolo raffigurante le Vergini in trono tra gli angeli.
Al di sotto di questa nicchia, riposano le spoglie del venerabile Nicolò Olivieri.
In testa alla navata di sinistra vi è un corridoio che accede alla sagrestia dove vi sono conservati alcune interessanti lapidi, alcuni risalenti al XIII secolo.
Una ricorda la visita effettuata a Voltaggio dal papa Pio VII il 15 giugno 1815.
Ma molti altri furono i personaggi che sostarono a Voltaggio come l'imperatrice Maria d'Austria diretta da Praga a Genova per raggiungere il Portogallo e occupare il trono vacante, costei vi soggiornò il 13 ottobre 1581.
Ancora l'8 febbraio 1599 Voltaggio ospita Margherita d'Austria, sposa per procura del Principe Filippo III. La futura regina sarà ospitata a Palazzo Scorza-Battilana.
Sempre in questo palazzo il 22 giugno 1599 è accolto l'arciduca Alberto e la moglie Clara Eugenia. Transita da Voltaggio, anche San Bernardino a cui nel ricordo nel 1430 fu edificata una chiesetta nei pressi del convento di San Francesco, ora scomparsa.
Uscito dalla chiesa mi inoltro sul sentiero che parte proprio da dietro la chiesa, lentamente salgo lungo l'irto sentiero che conduce dopo 10 minuti di camminata ai ruderi del castello.
Dalla cima del castello tra le poche mura di pietra rimaste il panorama sulla valle è splendido, tra le alture verdeggianti la strada che conduce al passo della Castagnolo sembra un grande serpente, mentre il passo della Bocchetta sembra di poterlo toccare con mano da quanto appare vicino.
È altresì visibile in cima al Monte Tobbio la chiesetta dedicata a Nostra Signora di Caravaggio.
Dopo aver goduto del panorama, osservato con attenzione i piccoli fiori e delle orchidee selvatiche lentamente scendo.
Mi ritrovo così, nuovamente in piazza Garibaldi e da qui prendo per via Francesco Rizzo.
La via è dedicata al medico che nel Settecento lasciò un cospicuo lascito alla comunità. Lungo questa strada trovo sulla mia destra l'antico palazzo Scorza-Ambrogini del XVI secolo.
Poco distante attraverso un piccolo portico una strada scende verso il corso del torrente Lemme che agevolmente raggiungo.
Qui posso ammirare il ponte romanico detto di Paganini, un tempo luogo di pagamento del pedaggio, una barriera daziaria.
Il ponte è in pietra a schiena d'asino, a due arcate asimmetriche, presenta un alto parapetto in pietra con robusti rostri realizzati per evitare i danni provocati dal materiale che le piene del Lemme potrebbe ancor oggi trascinare. Una casa adiacente ingloba un robusto torrione difensivo del borgo.
Rientrato sulla strada provinciale, via Roma raggiungo così un ampio incrocio, sulla destra del quale un ponte attraversa il torrente Morsone sul quale in posizione centrale vi è un edicola dedicata a San Nicola.
Poco distante prendo una stretta ma carrozzabile strada che dopo pochi metri si apre su un ampio spazio denominato Piazza dell'Ospedale o Piazza de Ferrari Brignole Sale.
Su questa piazza con alberi di platani si affaccia l'ex ospedale Sant'Agostino ora struttura sanitaria protetta dalla fondazione Pio Istituto De Ferrari Brignole Sale.
L'area un tempo era occupata da diversi edifici religiosi che furono inglobati da fortificazioni poi distrutte dalle truppe piemontesi nel 1625 e successivamente definitivamente demolite nel 1875 per erigervi l'ospedale, voluto dalla Duchessa di Galliera.
L'unico edificio rimasto in piedi, anche se in precarie condizioni è l'oratorio di San Sebastiano.
Non vi sono più tracce della cappelletta di San Bernardino e il monastero e chiesa di San Francesco dei Minori Conventuali.
L'oratorio di San Sebastiano risale dal XVII secolo. La facciata unica cosa visibile proprio per le sue precarie condizioni è in un barocco ligure, con strutture che si sviluppano in altezza. Rimane ben poco dell'antica magnificenza di quando era sede della Confraternita di San Sebastiano o "della morte et oratione".
Tornato su via Alessandria passo sotto un basso archivolta che si appoggia su villa Morgavi, già sede nel 1647 dell'Albergo dell'Aquila poi Reale, un lungo edificio che si sviluppa lungo l'asse stradale.
Rifatto ripetutamente nei secoli, ospitò nel 1815 Vittorio Emanuele I e la moglie Maria Teresa in visita ai territori genovesi appena passati ai Savoia.
Sulla strada carrozzabile che ormai conduce fuori dall'abitato costeggio tra alti muretti in pietra gli impianti sportivi, fino a raggiungere l'oratorio di San Giovanni Battista.
L'edificio dall'imponente mole, presenta una grande cupola che è stata edificata a partire dal 1878 su un terreno donato dal dottor Gio Batta Romanengo.
Esisteva già un oratorio dedicato a San Giovanni Battista o oratorio del Suffragio che insisteva nell'area del convento di San Francesco dei minori conventuali e poi andato distrutto.
L'edificio lo trovo chiuso e sono rammaricato di non poter ammirare alcune opere d'arte sacra ivi contenute, come le tele "San Sebastiano e le pie donne", il "Battesimo di Cristo"del pittore ligure Domenico Fiasella vissuto tra il 1589 e il 1669. Ma anche l'artista genovese Giovanni Battista Poggi è presente con i quadri "La Vergine, Santa Chiara e San Michele Arcangelo" in puro stile tardo cinquecentesco ligure. Invece del 1617 è "l'Immacolata" di Sinibaldo Scorza. Anche il pittore voltaggese Bernardo Carrosio vissuto tra il 1593 e il 1681 è presente con alcune sue opere. Presente anche una preziosa statua lignea policroma, tardo barocca della "Madonna Immacolata".
Prendo via dell'amore, una lunga strada costeggiata da verdi prati e belle ville moderne per raggiungere la riva sinistra del torrente Morsone e vedere casa Grimaldi e fonti sulfuree.
Raggiungo così casa Grimaldi o casa Gotica e posso riposarmi sotto un frondoso albero seduto su una panchina.
Vicino alla casa e alla fonte, vi è la strada che conduce alle Capanne di Marcarolo che a pochi passi supera il guado sul torrente Morsone.
Casa Grimaldi, esempio di casa medioevale era una porta daziaria dove si riscuoteva la gabella.
Sicuramente residenza nobiliare, presenta finestre a bifora con eleganti colonnine.
Dentro una cavità artificiale del XIX secolo, sgorga invece dalla roccia la fonte sulfurea.
Dopo essermi ritemprato anche con l'acqua sulfurea attraverso sulla passerella metallica il ponte pedonale sul torrente Morsone e mi ritrovo nel parco giochi e sulla piazza Martiri della Benedicta.
Lentamente raggiungo il centro storico, dove sulle case vi sono decine di affreschi e statue della Vergine, sede di grande fede e devozione.
Ma prima devo fare scorta di amaretti nel piccolo panificio di via Ambrogio Scaglioso.
Ci sono anche due gatti sulla porta che attendono qualche anima benevole che gli doni qualcuna di quelle delizie qui prodotte.
Il piccolo locale è colmo di profumi di pane appena sformato ma anche di focaccia e degli amaretti, mia delizia e pena.
Sono stati appena prodotti e la signora li sta fasciando a caramella, a mano uno per volta.
Con il mio bottino, dopo un caffè al bar Cavo raggiungo l'auto e riparto per la mia residenza.
Ma non posso non allungare l'occhio al grande edificio della vecchia filanda che oggi ospita un ristorante.
Era questa zona denominata San Nazaro dove insisteva la pieve scomparsa di San Nazario e Celso, dove la leggenda vuole che questi Santi battezzarono nelle acque del Lemme e primi abitanti del posto, ancora pagani.
Proseguendo verso Gavi trovo sulla mia sinistra, poco lontano dalla strada la grande cascina Frassino.
Un tempo in questo luogo esisteva anche una chiesa dedicata a San Lorenzo, detto di San Lorenzo del Frassino, già segnalata nel 1180.
Oggi a memoria della scomparsa della chiesa esiste una modesta cappelletta, edificata in epoca imprecisata e purtroppo oggi dimenticata.
Non posso che rientrare verso la mia pianura, soddisfatto di aver meglio visitato un borgo "cerniera" tra Piemonte e Liguria. Anche il sole pare farmi l'occhiolino soddisfatto, mentre si nasconde dietro una nuvola.