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Acerenza: un borgo da scoprire

Mercoledì 25 Dicembre 2019 17:08
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AcerenzaL'occasione di visitare Acerenza, una delle più antiche città della Basilicata posta su un altopiano tra il fiume Bradano ed il suo affluente Fiumarella è un mio viaggio a trovare dei miei vecchi amici. Il viaggio per raggiungere è tra paesaggi veramente fantastici, infatti Acerenza possiede un patrimonio boschivo veramente invidiabile con boschi di Cerro di alto fusto e un lago artificiale della Diga posta a valle della cittadina che rende il paesaggio da libro di favole. L'economia del borgo si basa infatti su agricoltura, aziende di produzione di vino e olio nonché artigiane della lavorazione del legno, del ferro e del vetro.
Mi pongo l'obiettivo di fare un giro nel centro storico, borgo medievale con il suo Castello Longobardo e la Cattedrale.
Le origini di Acerenza sono molto antiche riferibili al Paleolitico e vi sono inoltre testimonianze delle prime tribù degli Oschi, che ci riportano all'età del bronzo, molte e rare testimonianze di epoca greca. Nel II libro di Tito Livio sulla storia di Roma, si racconta che Acerenza fu occupata in epoca repubblicana dalle forze del console romano Gaio Giunio Bubulco Bruto intorno al 317 a.C. Ed intorno alla metà del I sec. a.C. Acerenza è riconosciuta come municipium romano. Il Borgo era molto importante perché dalla città si dominavano le grandi arterie stradali di collegamento tra il sud d'Italia con Roma, attraverso la via Appia, l'Appia-Traiana e la via Erculea che portava sulla costa ionica. Importanza anche evidenziata dal poeta latino Quinto Orazio Flacco che la cita nelle Odi (libro III, 4, 9.20) come «posta su un monte a guisa di un nido d'Aquile». Molte sono le epigrafi votive, bassorilievi e colonne del tempio pagano dedicato ad "Ercole Acheruntino" che sono state ritrovate come materiale di ripiego nell'apparato decorativo della Basilica Cattedrale. Ritrovato anche molti reperti di epoca Tardoantica appartenenti ad una ricca aristocrazia.
Acerenza dopo la caduta dell'Impero Romano, il regno di Odoacre e l'occupazione da parte di Totila, divenne una roccaforte dei Goti, e poi contesa tra Longobardi e Bizantini. Sede "gastaldato" longobardo del ducato di Benevento, tra la fine del VII secolo e gli inizi del XI con un territorio comprendente tutta la Lucania antica. Le Mura difensive romane furono abbattute nel 788 d.C. dall'imperatore Carlo Magno assieme a quelle di Salerno e Conza. Nell'anno 817 d.C. Sicone il gastaldo di Acerenza uccide, nel castello del borgo, Grimoaldo IV Duca di Benevento, prendendo il suo posto e governando fino al 832. Nel 968 Acerenza cade in mani bizantine conservando, i nuovi occupanti mantennero i funzionari di origine longobarda ma imposero i Vescovi con rito greco nominati dalla sede di Otranto.
Tutto l'XI secolo è una serie di scontri e battaglie con i nuovi arrivati, i normanni, che si stringono in alleanza con i Longobardi contro i bizantini. Violente ed epiche furono battaglie del 4 Maggio 1041 presso Monte Maggiore (Foggia) dove trovò la morte in battaglia Stefano III Vescovo di Acerenza (1029-1041); il 3 settembre 1041 la vittoria è delle forze normanno-longobarde nella Battaglia di Montepeloso (Irsina) da qui la conquista di Acerenza. Nell'Assise di Melfi del 1042, Asclettino I Drengot (1000ca.-1045), viene nominato Conte di Acerenza. Nel 1061, Acerenza viene elevata al rango di Diocesi Metropolita con l'Arcivescovo Godano.
Nel 1194 il borgo è saccheggiato da Enrico VI, padre di Federico II. Nel 1228 l'Arcivescovo acheruntino Andrea II (1200-1246) parte con Federico II per la Sesta Crociata. Nel 1254 nel castello di Acerenza viene ucciso, per mano dei suoi stessi soldati, Giovanni Moro, servitore di origine saracena nonché Gran Camerario di Federico II e Corrado IV, poiché aveva tradito il suo signore Manfredi schierandosi con i guelfi filo-papali.
In epoca Angioina, dal 1363 al 1377, Bartolomeo Prignano il futuro papa Urbano VI reggerà la cattedra metropolita acheruntina. Il re Ferdinando D'Aragona, il 6 Luglio 1476, concede lo stemma alla città di Acerenza: due mani che stringono una rosa e, sotto di esse, le lettere M.F. acronimo di MAXIMA FIDES. Nel 1479 il borgo viene acquistato dalla famiglia napoletana dei Ferrillo, che operano diversi interventi architettonici di ristrutturazione nella cattedrale.
Successivamente nel XVII sec. Acerenza, passò sotto il dominio di numerose famiglie nobiliari. Ancora nel 1593 il re Filippo II di Spagna istituisce il Ducato di Acerenza affidato a diverse signorie dagli Orsini ai Pinelli, ai Pignatelli–Belmonte ai Lancillotti, infine, ai Panni. Nel periodo napoleonico è capoluogo di circondario. Con l'Unità d'Italia fu sede degli Uffici del Registro e Imposte Dirette e del Collegio Elettorale, di Pretura e Carcere mandamentale.
Dopo aver parcheggiato l'auto nei pressi del centro storico, inizio la visita da quello che rimane del castello di Acerenza. Infatti con la presa da Totila, il borgo divenne una delle roccaforti dei Goti e più tardi dei Longobardi che la fortificarono e costruirono un castello, successivamente ancora ingrandito dopo l'anno 817. Il castello più volte distrutto, ricostruito oggi è parte inglobato in diverse costruzioni, ciò che rimane del castello modificato nel tempo, è oggi adibito a sede del Museo Diocesano d'arte sacra.
Rimango piacevolmente colpito dalla torretta del Castello dove vi è un quadrante di orologio in pietra bianca. Si tratta di un orologio meccanico con quadrante "alla romana" segnante l'ora italica, infatti sono incisi sul quadrante i sei numeri romani indicanti le ore e con sei gigli che indicavano le mezze ore.
Sono accompagnato nella visita da vecchi amici che vogliono mostrarmi il vero tesoro del borgo, ossia la sua cattedrale. L'attuale Cattedrale acheruntina insiste su un sito già utilizzato come area sacra, infatti essa è edificata su di un tempio romano dedicato ad Ercole Acheruntino e una successiva chiesa Tardoantica. L'inizio della costruzione della Cattedrale dovrebbe essere intorno alla fine del XI sec. ed ha conclusione nei primi decenni del XII sec.
L'edificio è in stile romanico con influenze d'oltralpe ed è con pianta a croce latina. La facciata benché sobria fu rimaneggiata più volte. Il bel portale romanico è anticipato da un protiro aggettante decorato da statue. La Cattedrale originariamente possedeva due torri campanarie entrambe crollate nel terremoto del 1456, verrà ricostruita nel 1555 solo una torre campanaria.
Entrati nella Cattedrale che si presenta subito maestosa con le sue tre navate e 10 massicci pilastri, la sua volta è sostenuta da una finta trabeazione "lignea" a capriate, con cupola a tiburio ottagonale. All'interno della cattedrale troviamo statue settecentesche, opere rinascimentali ed affreschi del XIII-XIV sec. In una delle absidiole è conservato il simulacro e la reliquia del bastone del patrono San Canio. Ma gli amici mi vogliono portare a vedere la gemma più interessante e bella della Cattedrale, ossia la Cripta Ferrillo.
Di forma quadrangolare, la cripta è ricavata sotto l'altare maggiore; il suo interno è ripartito in tre navate da quattro colonne, il tutto realizzato con materiali reimpiegati, come spezzoni marmorei di colonne su basi modanate di evidente fattura tardo medioevale, infatti alcune presentano delle protomi animalesche. Le pareti della cripta sono divise da lesene con capitelli compositi e decorazione fitomorfa, sopra di esse una trabeazione tripartita decorata con stilemi classici, corre lungo le pareti. Queste sono decorate da affreschi, vi sono ritratte una Santa Margherita di Antiochia mentre calpesta il drago, l'Adorazione dei Magi, Sant'Andrea con la croce del martirio e un libro e San Matteo. Sulla volta della cripta a crociera, sono affrescati raffigurati Apostoli, Dottori della Chiesa e Fondatori degli Ordini. Nella navata centrale vi è un piccolo altarino con gli stemmi araldici della famiglia e diversi putti che conserva un sarcofago marmoreo, questo ha al centro lo stemma della famiglia Ferrillo-Del Balzo altresì decorato con ghirlande, attributi vescovili e cristologici. Questo sarcofago, detto anche Cassone di San Canio, è forse il cenotafio di famiglia visto che i corpi mortali della famiglia committente sono sepolti a Napoli.
Questo bellissima cripta è stato appunto voluta dalla famiglia del patriziato napoletano Ferrillo già presente tra le famiglie più in vista dai tempi di Carlo I d'Angiò (1266 – 1282). Nel 1479 Matteo Ferrillo acquista i feudi di Genzano ed Acerenza, successivamente suo figlio, Giacomo Alfonso Ferrillo ristruttura la Cattedrale Acheruntina gravemente danneggiata dal terremoto del 5 Dicembre 1456 e dotandola nel 1524 di una nuova cripta, molto probabilmente impiantata su una preesistente di epoca altomedievale. A fianco della cattedrale vi è il cinquecentesco dell'ex Pretura. Proseguiamo la passeggiata per vedere altre piccole meraviglie in questo antico borgo lucano, non a caso l'Acerenza è stato annoverato tra i borghi più belli d'Italia. Il borgo è dotato di un fascino particolare ed è facile perdere lo sguardo nelle strette stradine del centro storico ad ammirare gli splendidi settecenteschi palazzi gentilizi con i loro portalini in pietra, i loro mascheroni e gli stemmi delle antiche famiglie acherontine.
Notevole il palazzo della Curia vecchia ex Arcivescovado del XVII secolo sito in via Vittorio Veneto o palazzo Gala situato vicino a Porta di San Canio. Un altro edificio d'interesse è la Chiesa di San Laviero Martire o del Purgatorio situata in Via Umberto I, realizzata nel 1065 venne dedicata a San Laviero martire acheruntino e coopatrono della città con San Canio e San Mariano.
L'interno presenta una pianta rettangolare a navata unica con accenni neogotici e finestrelle a sesto acuto, conserva un altare in pietra in stile barocco su cui troneggia la tela settecentesca che raffigura il martirio del santo per decapitazione. Sullo sfondo sono visibili i profili delle due città in cui il santo viene venerato, la natale Acerenza e Grumento, cittadina dove subì il martirio il 17 novembre del 312 d.C.
Nella chiesa si conservano altresì la statua in cartapesta di San Rocco, in legno di San Giuseppe e della Madonna Addolorata vestita di nero. Un altro interessante edificio religioso è la chiesa o Cappella del Calvari. L'edificio è di forma rettangolare a navata unica con una volta a botte sull'altare e a vela sull'entrata. Conserva una piccola statua del Cristo Morto. La sua facciata è tanto semplice quanto singolare con la sua piccola campana all'interno di una cella a vela, realizzata in mattoni rossi mentre tutto i resto dell'edificio è intonacato. Vi è una sola porta d'accesso, posta sul lato lungo dell'edificio e piccole finestre permettono l'accesso alla luce. Due contrafforti poderosi in muratura che sorreggono la struttura sul lato sinistro, forse parte della prima cinta muraria della città. Posta nell'omonima via troviamo nella nostra passeggiata la Chiesetta dell'Annunziata, forse risalente al XIII sec. L'accesso è decorato da un portale a sesto acuto in pietra. L'edifico di chiara costruzione medioevale presenta una realizzazione in materiali poveri, le uniche decorazioni esterne possono considerarsi un'absidiola con monofora centrale, archetti pensili in puro stile romanico e due finestrelle strombate. Un tempo vi si adorava la rappresentazione dell'annunciazione, un dipinto su legno oggi conservato al Museo Diocesano. I locali annessi erano adibiti a xenodochio ossia ospedale dei pellegrini. Il nostro tour per la cittadina prosegue, mentre dalle finestre fuoriescono i profumi della cucina lucana che iniziano a mettermi appetito, ma prima di recarci al desco, voglio ancora vedere il Museo Diocesano realizzato all'interno del castello che ospita anche il nuovo palazzo Arcivescovile. Infatti il museo ospita oggetti provenienti dal tesoro della Cattedrale, come oreficeria, argenteria, statuaria lignea e dipinti ed una collezione di paramenti liturgici. Accanto alle opere sacre che provengono da altre chiese della diocesi di Acerenza, sono esposti reperti archeologici anteriori emersi dal sottosuolo acheruntino provenienti da corredi tombali, databili tra il VI e il II sec. a.C. e ceramica di tradizione dauna. Nelle adiacenze dell'antico Castello Acheruntino, si trova la chiesetta gentilizia della famiglia dei Gala, dedicata a San Vincenzo Ferrer (1350 -1419). L'esterno dell'edificio si presenta sobrio e dalle linee classiche con un piccolo rosone centrale. L'accesso alla chiesetta è possibile tramite una piccola scalinata che termina con un semplice ma grazioso portale. Riusciamo ad entrare grazie alle amicizie dei miei conoscenti, ho così modo di vedere che l'interno che si presenta a navata unica con volta a crociera sbalzata a stucco e gesso, presenti anche delle tombe della famiglia Gala.
Il momento di mettersi a tavola è giunto ed è una sorpresa unica, tra sapori, colori e profumi dei piatti tipici lucani come pasta ammuddicata, una ricetta fatta con ingredienti poveri ma molto saporita a base di bucati e acciughe. Gli strascinati, tipica pasta lucana conditi con salsiccia e ricotta, caule seduto o cavolfiore seduto cioè il cavolfiore cuocendo si "siede" e sembra una bistecca vegetariana con l'aggiunta delle cipolle, delle olive e del peperoncino, dei deliziosi biscottini secchi, poco dolci e molto croccanti, chiamati finocchietti perché aromatizzati da finocchio ed anice, si gustano accompagnati da un bicchiere di vino giovane e molto altro. Il tutto accompagnato da del buon Aglianico del Vulture Superiore e del Grottino di Roccanova.

Ormai satolli riprendiamo il nostro tour per le bellezze di Acerenza e ci spostiamo nell'immediata periferia e nelle campagne circostanti per vedere la fontana di San Marco, considerata il simbolo della città di Acerenza. L'edificio presenta la forma di una tholos di stile greco, con colonne ioniche ed è di fattura neoclassica; un basamento realizzato da scaloni in pietra rendono regalità alla bella fontana. Particolarmente interessante è il Convento di Sant'Antonio da Padova e la chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena, queste poste nella parte bassa della cittadina. Il Convento francescano è della fine del XVI secolo, come la chiesa annessa che fu ricostruita su una struttura del XIV sec.
La chiesa di Santa Maria Maddalena dà anche il nome alla zona detta appunto Piani della Maddalena. Il convento di forma quadrangolare, con chiostro e portico presenta le classiche caratteristiche dei conventi francescani. Il convento ha alta ciminiera utilizzata nella distilleria dei frati fino alla fine del XIX sec. La facciata esterna del complesso e di quelle interne del chiostro sono decorate semplicemente. Il portale in pietra è di fattura settecentesca con decorazione a foglia. Anche la chiesetta a navata unica con volte a botte si presenta molto semplice, solo l'altare è in marmi policromi e imponente, infatti era l'altare maggiore della Cattedrale. Interessante è anche l'acquasantiera in pietra con un'iscrizione settecentesca, sono altresì visibili tracce dell'antica chiesa medievale. I Padri Osservanti verso la fine del XIX secolo abbandonarono il monastero che fu trasformato per volontà dell'Arcivescovo in una nuova parrocchia dedicata Sant'Antonio.
Nelle campagne circostanti, nella macchia boscosa, percorrendo strade bianche posso ammirare dall'esterno ciò che rimane della chiesa rurale della Madonna del Cupo, che presenta un tetto a capanna e campaniletto a vela ormai parzialmente diruto. Interessante il portale in pietra del XIV secolo con l'arco a tagli zigzagato. Questo piccolo edificio religioso andrebbe sicuramente restaurato e salvaguardato non solo per la storia che racconta ma anche per la spiritualità e devozione contadina che nel tempo ha raccolto.
Dopo questa immersione completa nella natura non posso non andare a vedere la piccola chiesa rupestre dedicata San Michele Arcangelo, la chiesetta ricavata in una grotta ad Acerenza fu probabilmente introdotto dai Longobardi che avevano eletto San Michele loro protettore. Nella grotta è conservata una statua lignea raffigurante il Santo. Se attualmente nelle adiacenze della grotta gli acherentesi si ritrovano nei giorni di festa per fare un pic-nic, un tempo, molto probabilmente come in tutte le chiese rupestri dedicate all'Arcangelo, davanti alla grotta si praticavano riti mutuati dalla tradizione pagana come quello dell'incubatio. Molto praticato ancora fino al XIX secolo nella tradizione contadina soprattutto nel sud d'Italia. La pratica voleva che l'ammalato dopo un giorno di digiuno totale, si addormentasse davanti alla grotta sulla pelle di un montone nero sacrificato per l'occasione, nella notte, durante il sonno sarebbe dovuto apparire l'Arcangelo per consigliarlo sulle pratiche da mettere in atto per raggiungere la guarigione. La mattina successiva il fedele doveva immergersi in un apposita vasca posta vicino alla grotta, o in corsi d'acqua vicini per fare delle abluzioni. Questa tradizione era la conseguenza della lettura del Vangelo di Giovanni, 5,2,3,4 dove: «Vi è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici sotto i quali giaceva un gran numero d'infermi, ciechi, zoppi e paralitici." E proseguiva "Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto". Dopo questo racconto, rientro verso il centro del borgo dove in una locale trattoria mi accomiaterò dai miei conoscenti acherontini, subito dopo aver fatto una lauta merenda a base di pane appena sfornato, formaggi di pecora e salumi locali al finocchietto e al peperoncino; ovviamente accompagnati questa volta da un fresco vino bianco locale. Anche questa giornata è passata, ho ritrovato dei conoscenti che non vedevo da tempo è ho visitato uno dei borghi più belli e caratteristici della mia amata Italia.