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Le nuove tecnologie e le difficoltà di comunicare

Venerdì 17 Gennaio 2020 17:50
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Nuove TecnologieMolte delle persone che incontro quotidianamente sono spaventate dai processi troppo rapidi di un'evoluzione tecnologica che esclude molti di loro, quelli che nel gergo sono out , ma direi forse che sono loro che si sentono esclusi e non è la tecnologia che gli allontana.
Sono convinto che nessuno di noi sia out, lo dimostra proprio il fenomeno mediatico del momento cioè Facebook creato nel 2004 da Mark Zuckerberg, laureando ad Harvard, con lo scopo di mettere in collegamento tra loro gli studenti americani: un fenomeno sviluppatosi quindi alcuni anni fa e diffusissimo anche in Italia. Un nuovo Neo Pemberton (colui che creò uno sciroppo per la tosse che poi divenne il marchio più famoso del mondo, la Coca Cola), che non immaginava avrebbe realizzato un sito dal valore milionario.
Questi sono i social network: Wikipedia, l'enciclopedia on-line redatta e aggiornata dagli stessi utenti, spiega come questi siano un gruppo di persone connesse tra loro da diversi legami sociali che vanno dalla conoscenza casuale ai rapporti di lavoro, a rapporti di amicizia e/o famigliari o uniti da interessi comuni.
Facebook, Twitter ecc.. sono quei siti in cui ritrovare vecchi amici, contattare persone che diversamente non si avrebbe modo di conoscere personalmente, pubblicare foto, cercare nuovi amori quale ultima frontiera dell'abbordo.
Un tempo si mandava una letterina al divo del momento di cui si era fan quasi sempre senza ricevere riscontro; ora, basta aprire il suo profilo, mandargli un messaggio e magari chattare.
I social network sono oggi divenuti anche laboratori di contestazione sociali e di appelli di vari comitati pro o contro qualcosa. Il web che prima dialogava in maniera monodirettiva, cioè senza rispondere (oneway web), ora si arricchisce della partecipazione interattiva (two way web), o meglio, di internauti. Ormai sono centinaia di milioni di persone che navigano su internet e sui social. Si passa su internet più tempo che davanti alla televisione.
Ma non solo ragazzini alla ricerca di nuove amicizie e magari dell'anima gemella, bensì nonni che tengono i contatti con i nipoti che lavorano/studiano dall'altra parte del mondo, ma anche tanti politici che hanno aperto la loro pagina per instaurare un primo contatto con gli elettori.
Molte pubbliche amministrazioni, utilizzano questi strumenti come nuovi metodi di comunicazione con i propri cittadini.
Il web è anche uno strumento che porta comunque una dipendenza emotiva, talvolta patologica per chi abusa di tali strumenti. Infatti in molti rimangono inchiodati davanti al computer per ore, talvolta per notti intere: gli occhi ipnotizzati dallo schermo mentre le dita battono sulla tastiera. Sono i nuovi drogati del web: soprattutto adolescenti ma anche uomini e donne per i quali internet diventa una dipendenza. Dalle chat room, ai blog, al cyber sex, al gioco d'azzardo fino allo shopping compulsivo. Molti i rapiti da questo mondo virtuale che trascurano studio e lavoro e addirittura abbandonano gli amici e si allontanano dalla famiglia. Secondo molti studiosi internet non è la causa, ma un sintomo di altri problemi. La propensione al gioco d'azzardo, allo "shopping" sicuramente c'erano già, sono solo stati trasferite sulla rete.
Un noto giornalista, scrittore, conduttore radiofonico, Paolo Attivissimo, mi pare abbia affermato che «il web permette alle persone che hanno un piccolo disagio sociale, come una forte timidezza, di superarlo grazie alle amicizie virtuali. Ma a volte c'è il rovescio della medaglia: rinchiudersi fino ad evitare il contatto sociale».
Crisi di coppia con uomini che si perdono nel gioco o nel sesso virtuale, donne che diventano chat dipendenti, giovani alla ricerca di emozioni forti sono problemi ormai noti: i soli a non accorgersene sono i "drogati del Web", anche se da ciò – dicono gli psicologi – si può guarire.
Internet influenza anche l'hard disk biologico", cioè il cervello: analisi sicuramente da approfondire per evitare una contaminazione nelle nuove generazioni.
C'è anche il lato positivo a tutto questo; basta osservare come un fanciullo impara rapidamente a caricare l'i-pod, mandare un messaggio o delle immagini dal laptop e contemporaneamente studiare una lezione di Storia: il suo cervello sicuramente si è maggiormente sviluppato a lavorare multitasking.
Oggi i "nati digitali" hanno meno di 14 anni, sono sicuramente più portati ad assimilare le nuove tecnologie e sono oramai definiti Screenagers.
Una generazione permanente "collegata", interessata e forse più preoccupata di "sapere chi è "on" cioè collegato in quel momento. Quelli della mia generazione che si informano con televisione, libri e i giornali sono sempre meno, i giovani utilizzano prevalentemente YouTube e i siti di mezzo mondo. Lo schermo per piccolo o grande che sia è il loro riferimento privilegiato, generazione multitasking che compie più azioni insieme, ma drammaticamente legata al presente e con l'idea di un futuro molto prossimo.
Da loro dipenderà la prosperità di un paese, la loro maturità politica e sociale sarà quella che un domani permetterà loro di guidare le nazioni. Noi oggi dobbiamo imparare a essere da un lato guida nella loro crescita ma altresì consapevoli che queste giovani "pantere" sono detentori di quelle conoscenze comunicative e informatiche utili anche alla nostra società, che deve essere capace di diventare "rapace" e pronta ad assimilare tutto ciò che può essere utile per rimanere collegata con l'evoluzione. Il nostro ruolo oggi più che mai è quello di umanizzare il tutto, evitando gli stereotipi di chi vuole che queste nuove tecnologie e metodi comunicativi presto ci fagociteranno rendendoci schiavi.
Dobbiamo apprendere e trasmettere di generazione in generazione, i nostri saperi senza sentirsi vecchi e ormai fuori gioco, anche utilizzando i nuovi metodi di comunicazione.
Altresì dobbiamo cercare di limitare i danni dalla web dipendenza, quasi droga moderna che guarda caso colpisce maggiormente i "diversamente giovani". Impariamo inoltre a cercare il confronto con le nuove generazioni e ad essere anche mentori di quelle esperienze che nessun sistema web può trasmettere, come i valori e i sentimenti