Messaggio

Il mio Piemonte: Larizzate

Lunedì 17 Febbraio 2020 18:51
Stampa
LarizzateQuante volte sono uscito dal casello di Vercelli Ovest e quante volte mi sono chiesto quel nucleo di case con il campanile della chiesa che pare gareggiare con le grandi costruzioni di una riseria ormai abbandonata, cosa fosse?.
Così la curiosità mi ha messo in auto per raggiungere Larizzate, più famoso per gli insediamenti produttivi (come Amazon, Novacoop, officine meccaniche Cerruti ecc...) che sorgono dall'altra parte della strada e hanno portato il nome del borgo in giro per l'Italia, che per la storia del nucleo abitato. Tutto così vicino, tutto così lontano.
Larizzate ora frazione di Vercelli dista veramente pochi chilometri dal centro città; la storia di Larizzate si può riassumere brevemente. Anticamente questo borgo era conosciuto come Calliniascum, e da quanto ho appreso da alcuni scritti era già Parrocchia nel secolo X ed fu menzionata con il toponimo Larizzate in un documento del 1031.
Il suo castello, doveva essere uno dei più antichi e importanti della zona, proprio per la sua posizione strategica ed è attestato già la sua presenza dal 1201. Dalla prima metà del XIII secolo il castello è frazionato in due parti, una possedimento laico, l'altra possesso ecclesiastico dei Benedettini dipendenti dall'Abbazia di San Benigno di Fruttuaria.
La porzione del castello di proprietà della nobile famiglia Avogadro fu acquistata all'inizio del Duecento dalla famiglia Bondonni, la stessa nel 1227 la vendette all'Ospedale Sant'Andrea di Vercelli. Il resto del castello, commenda secolare dei monaci benedettini, fu poi ceduta all'Ospedale Maggiore di Vercelli con tutti i suoi possedimenti.
Cerchiamo di comprendere come nasce l'Ospedale di Sant'Andrea che fu fondato nel 1224 per volere del Cardinale Guala Bicchieri, ossia colui che fece costruire anche la Basilica che porta lo stesso nome.
L'ospedale divenne rifugio per i più deboli e i poveri ma vi trovarono ospitalità anche viandanti e pellegrini. Inizialmente in città operavano altri ospedali, il Sant'Andrea era uno tra i tanti, poco a poco inglobò tutti gli altri della città fino a prendere il nome di Ospedale Maggiore.
Come ogni bravo castello ha la sua truce storia, quella di questo maniero risale a tempi antichi, quando in questa zona imperversava un locale signorotto che con i suoi "bravi" che terrorizzava la popolazione. La leggenda vuole che costui spalleggiato dai suoi uomini, incontra i castellano e sbeffeggiandolo si auto-invita a mangiare un risotto nel castello. Il castellano, spaventato torna casa e ne informa la moglie, considerata la donna più bella di Larizzate. Ben conscio dei pericoli che la donna avrebbe sicuramente corso dopo la cena, decise di trascorrere la notte armato e protetto da uomini di fiducia. Il signorotto e i suoi bravi non si presentano in tutta la nottata. In mattinata il castellano, visto lo scampato pericolo, lascia il castello.
Il signorotto con i suoi tirapiedi, uscito il castellano, riescono ad entrare nel castello, si racconta attraverso dei sotterranei, e fatti prigionieri gli uomini di fiducia del castellano, obbligarono la donna a cucinargli un risotto. Quando il castellano rientrò trovo la bella moglie nuda e priva di vita, sdraiata tra i piatti di risotto. Ancora oggi si indica con risot dij sasin un risotto realizzato velocemente per ospiti sgraditi. Si narra anche che nelle notti più scure si senta le urla disperate della bella dama uccisa.
Entro nell'antico borgo, ormai pressoché deserto, sono veramente pochi gli abitanti che ancora vi risiedono, trovo solo galline e i gatti che gironzolano. Le case non sono molto alte, grandi muretti proteggono le varie tenute agricole che costituiscono l'abitato, poche sono le abitazioni che hanno subito ristrutturazioni. Lapide marmoree poste sull'ingresso delle diverse tenute ricordano che la loro proprietà è dell'ospedale di Vercelli.
All'ingresso del borgo, alcune insegne ricordano che fino a pochi anni or sono esisteva un avviata attività commerciale di ristorazione, l'ex Trattoria Nuovo Mulino. Ancora le tabelle della vendita dei gelati, un dehor ricoperto di erbacce ne ricordano antichi fasti, come ancora ciò che rimane dell'ufficio postale. Il borgo, dove sembra che la gente sia scappata via, si presenta con le finestre sbarrate, i portoni chiusi e il silenzio assordante da l'idea del totale abbandono. Ma quel pugno di irriducibili abitanti riescono comunque a mantenere pulita ed in ordine questa antico borgo, lo dimostrano i giardini curati dell'antistante piazza della chiesa, facilmente raggiungibile da via Generale Nino Bixio, una delle due strade che compongono il borgo. La piccola e bella chiesa è dedicata alla Santissima Vergine Assunta.
Seguendo i lenti passi di un bel gatto grigio, trovo il monumento che ricorda i loro caduti in guerra. Alcune insegne evidenziano ancora la presenza di attività commerciali o artigianali, un bel tentativo di tenere il borgo in vita. Eppure, passeggiando per le due vie del borgo, via Lignana è la principale, e via Nino Bixio la trasversale, mi sento quasi in un'altra dimensione storica. Ma il forte stato di abbandono, è maggiormente visibile appena si entra nella grande corte in cui si affacciano oltre ciò che rimane del castello, anche le ormai chiuse e abbandonate scuole elementari e il centro diurno. Ma anche il cimitero è stato abbandonato: le tombe sono state tolte tempo fa, rimane solo il recinto, con una cappella, immersa in un bosco che è nato ove un tempo raggiungevano il riposo eterno i suoi abitanti.
Il cartello che indica la scuola elementare "C. Gallardi" ricorda che fine XIX secolo la frazione contava circa mille abitanti, negli Anni 70 del XX secolo ne contava ancora un centinaio.
L'aspetto originario del castello è andato del tutto perduto, già nel 1416 il commissario del duca di Milano concedeva all'Ospedale di Sant'Andrea la facoltà di ripararlo. Poi verso la metà del secolo XV, frate Giacomo Avogadro di Casanova, amministratore dell'ospedale, ricostruì il castello, ma delle sei torri e ponte levatoio originali rimane solo un ricordo se non qualche tratto di mura e corpi di fabbrica e le due torri, di cui una rimaneggiata pesantemente in epoche successive.
Brutta fine per un luogo di difesa e come avamposto delle mura di Vercelli. E pensare che da Larizzate proviene un documento, datato 27 agosto 1493, che, per la prima volta, segnala la coltivazione del riso nel territorio vercellese.
Lascio il borgo, che non posso definire "fantasma" proprio perché i suoi pochi abitanti che non ho avuto modo di incontrare sono sicuramente gente coraggiosa e determinata, legata alla storia e ai luoghi della tradizione.
Speriamo solo che l'ospedale di Vercelli pensi a recuperate questo antico borgo che rappresenta un pezzo importante della storia vercellese.