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A zonzo con il calessino (XXX parte)

Domenica 01 Marzo 2020 07:31
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CalessinoRaggiungo cosi Viverone , anzi il borgo che si snoda intorno alle rive del lago omonimo.
La zona costiera del lago era abitata già ai tempi dell'età del bronzo. Infatti insieme al ritrovamento di armi da caccia furono ritrovate intere palificazioni che sostenevano le capanne posizionate su palafitte poste sul lago.
Il toponimo di Viverone non ha un significato certo. Una teoria lo fa derivare dalla coltivazione della vite, infatti due grappoli d'uva sono rappresentati sullo stemma comunale, intorno allo stemma vi è scritto "vitis viva" ma si presume che derivi da "vitis vivax" ossia "il vigore dalla vita".
Altri eruditi locali sostengono che il nome derivi da "vivarium" ovvero vivaio, legato all'allevamento dei pesci di lago. Pare comunque che in antichità fosse anche chiamata "Veurano", "Veuranio", "Vevrano" ma anche "Veprio", "Vibrio-oni", "Vevrano" ed infine "Veveronis".
Le sue coste e le sue alture videro la presenza dei romani, dopo che sottomisero gli antichi abitanti, gli ictumuli, chiamai anche vittimuli, tribù Liguri, proprio perche abitanti una posizione strategica, posta sulla via della Gallia.
Con la caduta dell'impero romano, Viverone subì le devastazioni di tutte le orde barbariche provenienti dal nord Europa e dai paesi caucasici.
Questi luoghi trovarono un periodo transitorio di pace con l'arrivo dei Longobardi, a sua volta cacciati dai Franchi. I loro eredi nel X-XII sec. si contesero il territorio della Capitale ecclesiastica di Sant'Eusebio.
Il suo territorio era suddivise in diverse comunità religiose, oltre a quello di Sant'Eusebio, quelle dell'Abbazia di San Genuario di Lucedio e ai canonici di Sant'Andrea di Vercelli.
Anche il lago prese diversi nomi come lago di San Martino, per la presenza di un borgo con presidio monastico benedettino del IX secolo dedicato a San Martino di Tours, oggi totalmente scomparso, forse addirittura sepolto dalle acque del lago. Il lago assunse anche il nome di lago d'Azeglio, borgo posto sulla costa torinese.
La presenza di una via francigena, non solo rendeva il borgo appetibile per gli scambi commerciali, ma anche ricco di strutture di ospitalità e di insediamenti ecclesiastici.
Raggiungiamo così il lungo lago, con le sue bellissime passeggiate e il suo piccolo porticciolo.
Sono diversi i locali dove la gioventù e non solo, possono passare ore di relax.
Il lago di origine glaciale è alimentato da profonde sorgenti. Le sue rive sono coperte da una forte vegetazione ma altresì ricche di strutture di accoglienza-ristorazione e piccole spiagge.
Comodamente seduti ad un tavolino di un piccolo bar prospiciente i lago, mi riposo, ammirando la ricca fauna con diversi tipi di anatidi e gabbiani che per niente spaventati continuano ad aggirarsi intorno alle sponde, forse speranzosi che qualche turista gli lanci un pezzo di pane. L'arrivo dell'altro calessino con le nostre compagne di viaggio ci ricorda che tempo del riposo è terminato.
Con i due rombatti mezzi a tre ruote, risaliamo le colline che s'affacciano sul lago ed immersi nelle strade che attraversano splendidi vigneti raggiungiamo il borfgo di Alice Castello
Il borgo, un tempo denominata Alice Inferiore, deve il suo nome probabilmente da patronimico latino Allicus nella forma di ablativo plurale Allicicis e la specificazione della presenza di un castello che domina l'abitato.
Anche il suo territorio fu abitato dai tempi antichi. Sul suo territorio ci sono stati dei rinvenimenti di epoca longobarda, ma i primi cenni storici del borgo risalgono al X secolo. Infatti nel 963 l'Imperatore Ottone I concesse Alice al conte Aimone di Vercelli. Nell'anno 1000 l'Imperatore Ottone III, invece, concede l'investitura di Alice alla chiesa Vercellese.
Nel XII secolo risultano feudatari di Alice le famiglie dei Conti di Cavaglià e Bondoni, nel secolo successivo Alice subì i contrasti tra i comuni di Ivrea e Vercelli, fino a quando nel 1231 Alice passò sotto la diocesi eporediese.
Nel 1335 il borgo passò sotto i Visconti e tra il 1404-1417 fu sotto il controllo del Marchese Teodoro II del Monferrato, passò successivamente ai Savoia nel 1427 e nel 1446 passò in feudo ai Masino dei Valperga.
Imponente fu nel 1649, il terribile saccheggio che Alice subì da parte delle truppe Spagnole. I diritti che l'Abbazia di Sant'Andrea ancora aveva sul borgo e sul castello furono venduti solo nel 1746 ai feudatari.
Non abbiamo te,po per una sosta nel borgo, ma lungo il percortso trovo subito un pilone votivo che attira la mia attenzione; infatti è dedicato alla la Madonna con il Cappello, che è ritratta sull'edicola del pilone votivo, datato anteriormente al 1780.
L'immagine rappresenta la Madonna con in braccio il bambino Gesù, su un asino condotto da un angelo. Al fianco della Madonna vi è San Giuseppe che insieme fuggono in Egitto. La Madonna veste semplici abiti, ma porta sulla spalla sinistra il mantello blu, intorno al collo un leggero girocollo e sulla testa un ampio cappello di paglia a falde larghe.
Alice Castello è il classico borgo di campagna, dove le case non sono molto alte, in genere a due-tre piani, con facciate colorate e con molti vasi da fiore sui balconi.
Immancabili gli anziani seduti ai tavolini fuori dai bar o all'ombra sulle panchine intenti a discutere, mentre le donne sono sull'uscio di casa a "cianciare" con le vicine o impegnate a fare la spesa o ancora a tenere a bada i bambini.
I suoi gioielli sono le chiese come quella dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano che venne edificata verso la fine del XVI secolo quale voto fatto dagli alicesi ai Santi Fabiano e Sebastiano, affinché con la loro intercessione il borgo fosse liberato dalla peste. Ma anche la chiesetta campestre di San Grato. Anche questa chiesetta, che oggi presenta un bel portico posto davanti all'ingresso, nasce a seguito di un voto fatto dagli abitanti per essere liberati dai Maggiolini che erano diventati un flagello e stavano distruggendo le viti e le colture; ricordiamo infatti che San Grato è il protettore delle coltivazioni.
Del castello cui il borgo porta il toponimo, si ha notizia dal 1173 ma dell'originale maniero rimane ben poco, infatti ha subito diverse modifiche tra il XVIII secolo e il XIX secolo. Il Castello non è ormai che un grande palazzo, del vecchio castello non rimane più nulla, se non il muraglione esterno.
Nei pressi del castello, in posizione dominante vi è la chiesa Parrocchiale di San Nicola di Bari, di fattura chiaramente barocca e la si raggiunge attraverso una lunga scalinata a forbice.
L'attuale chiesa sorge sulla precedente parrocchia, demolita per far spazio al nuovo edificio religioso costruito tra il 1745 e il 1760. Sul lato sinistro della chiesa, invece, si erge la chiesa della confraternita dei disciplinati dell'Immacolata Concezione che fu edificata nel XV secolo, ma pare vi fosse in precedenza edificata una chiesa più antica. I calessini passano rombanti il pigro borgo e iniziano così a inoltrarsi nella campagna vercellese, ormai immersi tra le risaie.



Fine XXX parte.