Messaggio

Il mio Piemonte : Piverone

Sabato 09 Maggio 2020 11:32
Stampa
L'occasione per fare un breve tour sulla Serra morenica eporediese me lo offre Imma, sarà l'occasione per conoscere e visitare Piverone; questo paese è adagiato sopra un altipiano ma con una zona pianeggiante bagnata dal lago di Viverone.
La storia di questo territorio e dei suoi borghi si perde nella notte dei tempi; fu abitata, già da tempi preistorici e vi sono stati trovati resti di insediamenti a ridosso vicino al lago ma altri reperti dell'età del bronzo furono ritrovati nell'entroterra.
Curioso è il toponimo e anche la sua origine che non ha nulla a vedere con l'assonante comune limitrofo di Viverone. Però ci può introdurre all'epoca romana, quando il suo territorio faceva parte di una fattoria forse di proprietà di qualche personaggio dal carattere un po' particolare e quindi è possibile che fosse soprannominato "Pipero" da Pepe. Da questo fatto potrebbe risalire la denominazione territoriale "villa Piperonis" e da questa arrivare a Piverone il passo è breve, così almeno amano raccontare i piveronesi. Ma credo che l'ipotesi più probabile sia quella del nome di un prediale romano.
Certo è invece è un documento del XVII secolo, conservato nell'archivio storico comunale, che attesta che il borgo di Peveronis aveva, come simbolo araldico, un albero di pepe. Ma anche sul simbolo araldico di Piverone esiste un mistero perché non essendoci traccia disegnata dell'antico emblema, nel 1926 fu scelto, come stemma di Piverone, la croce sabauda.
Del X–XI secolo, invece, vi sono molte interessanti testimonianze, ed è proprio da loro che voglio iniziare il mio giro per Piverone.
La strada sul lungo lago è molto bella, da un lato il lago bagna con le sue acque verdi le spiagge o crea deliziosi angoli dove la cannetta permette il rifugio di una moltitudini di anatidi e rallidi. Dall'altro lato la collina s'innalza dolcemente e tra belle case e piccoli ciuffi di bosco di latifoglie la fanno da padroni bei prati pronti da essere sfalciati e meravigliose vigne, dove si coltivano preziosi nettari di Bacco come Erbaluce e il Nebbiolo.
Prima di raggiungere Imma, voglio fare un breve giro intorno al borgo e comincio proprio dalla frazione di Anzasco. Parcheggiata l'auto presso il lido di Anzasco, sulle rive del lago di Viverone, mi soffermo ad ammirare, seppure ampliata e trasformata nel tempo, la Parrocchiale dell'antico borgo di Unzasco, dedicata a Santa Maria delle Grazie. Questo elegante edificio conserva una bella statua lignea della Madonna col bambino, forse del XIII secolo e ciò mi permette di raccontare un pezzo di storia di Piverone.
In epoca romanica incominciarono ad esserci lungo la costa del lago e sulle alture alcuni villaggi, probabilmente borghi di piccole dimensioni, ed almeno tre sono stati identificati: Piverone, Livione e appunto Unzasco o Ursacio. Quest'ultimo era posto sulla sponda del lago in prossimità della attuale chiesa, il cui nucleo originario è databile intorno all'anno mille.
La piccola chiesa presenta un bel portico ed è interamente intonacata come l'adiacente casa parrocchiale, solo il piccolo campanile con il suo orologio è ancora in mattoni a vista. La chiesa comunemente conosciuta come "Madonna d'Anzasco" era la chiesa dell'antico borgo medioevale di Unzasco ed a tale periodo risalirebbe una statua lignea di Madonna con Bambino che la leggenda narra sia arrivata galleggiando sulle acque.
Il lungo lago è ricco di vegetazione, parchi gioco per i bambini, piccoli ma eleganti locali di svago e soprattutto una bella passeggiata che favorisce la serenità e i pensieri felici.
La strada per raggiungere Piverone è irta e stretta ma il panorama che mi permette di vedere è magnifico, ad ogni tornante il paesaggio è diverso, una volta vista lago con le sue barche a vela bianche, l'altra con i pergolati di uve pronte a profumarsi.
Arrivo così nei pressi della ex chiesa San Pietro in Navione. La cappella di San Pietro de Luviono poi diventata Navione e in volgo Bacione, fu eretta dai monaci del convento eporediese di Santo Stefano a favore della comunità di Luvione. Questo territorio era abitato già nei tempi preistorici e fu in questa zona che furono ritrovati degli antichi stampi di spade in ferro. La chiesa sicuramente presente già nell'XI secolo fu sconsacrata dopo la visita pastorale del Vescovo del 1651 che ne determino l'abbandono. Attualmente la chiesa è in avanzato stato di abbandono anche se fu più volte ristrutturata. L'edificio presenta una facciata a capanna con un grande timpano, privo di ogni tipo di decorazione, sorretto da false lesene. La facciata tripartita da queste false lesene è interrotta da un marcapiano che divide la facciata in due ordini. Nel primo ordine vi è la porta d'accesso coronata da un frontone sagomato a timpano, mentre due rettangolari finestre, munite di grate, sono poste ai lati. Al centro del secondo ordine, una grande finestra rettangolare, parzialmente tamponata, un tempo sicuramente permetteva l'illuminazione interna della navata.
Davanti vi è un bel prato curato, mentre alle sue spalle le file di pali da vigna sembrano un esercito di soldatini in attesa di ordini.
Mi permetto una breve deviazione dal percorso per il centro del borgo, per raggiungere la località Torrione, dove vi sono i resti di una piccola chiesa denominata "Gesion".
I ruderi di questa chiesa del X–XI secolo sono in pietrame, ha una sola navata che come l'abside circolare non è molto grande. In stile romanico canavesano, le pareti, un tempo stuccate, conservano ancora qualche traccia di affreschi. Copriva la navata un tetto a capanna con un soffitto a travi, forse a capriate, di cui si vedono gli incastri nei muri. La zona del presbiterio risulta divisa dalla navata dai tre archetti in mattone, e da due colonne e un basso muretto laterale. L'abside è coperto da una specie di volta a vela, con un apertura rettangolare nel mezzo, dalla quale un tempo si poteva passare per salire sul campanile. Il piccolo campanile, posto sopra il presbiterio, presenta quattro finestre coronate da un cornicione ad archetti semicircolari in cotto ed è sormontato da una copertura piramidale. In passato intorno a questa piccola chiesa sorgeva la borgata di Livione.
Ritornato sui miei passi e superato il Cimitero del borgo con il suo spettacolare e maestoso ingresso, entro a Piverone, ed una fila di belle ville ottocentesche mi accoglie fino ad accompagnarmi davanti al palazzo municipale e alla grande chiesa parrocchiale. Questa è posta in posizione più elevata sul resto de borgo e comunque fuori dal centro storico; infatti poggia su di un terrapieno adiacente alla zona definita del Castellazzo.
La chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Lorenzo, originariamente in stile romanico, è veramente molto grande ed ha subito molti rimaneggiamenti sin dalla prima metà del Duecento.
Una lunga scalinata permette l'accesso al grande sagrato che anticipa un grande protiro. Vi è un ingresso solo e tutta la chiesa è interamente intonacata, solo il piccolo campanile che svetta come un dito mignolo alzato verso l'aria è in mattoni a vista.
La chiesa Parrocchiale è in stile barocco la cui facciata conserva linee cinquecentesche. L'interno dell'edificio è a tre navate ed è ricco di opere d'arte, tra cui è conservato l'affresco della Madonna col bambino e Sant'Anna, un opera interessante che fanno risalire ad un artista collaboratore del più famoso Defendente Ferrari, forse secondo decennio del Cinquecento. L'altare maggiore è barocco, del 1771 come interessanti sono diverse opere lignee come il pulpito, i confessionali ecc.. tutte in stile barocco–rococò canavesano databili tra la seconda metà del XVIII e primo decennio del XIX secolo. Sulla controfacciata, vi è un dipinto raffigurante San Pietro tra i Santi Sebastiano e Rocco.
E' il momento di andare ad incontrare Imma che mi attende in piazza. La piazza è facilmente raggiungibile, trovato un comodo parcheggio, vado incontro alla mia amica che mi attende sotto ad una delle torri dell'antico borgo fortificato.
Occorre ricordare che la storia del centro storico che andrò a visitare è facilmente documentabile perché la Piverone che conosciamo oggi, nasce alle soglie del XIII secolo, quando il Comune di Vercelli, al fine di rafforzare i propri domini nella regione canavesana, decise do fondare un locum francum e di riunirvi gli abitanti dei quattro villaggi di Uderzo, Livione, Palazzo e l'antica Piverone.
Nonostante l'opposizione di Ivrea, il borgo franco venne creato, fortificando il primitivo insediamento di Piverone, che in seguito assorbì le popolazioni delle due comunità di Unzasco e Livione. Infatti l'atto di fondazione di Piverone, conservato a Vercelli inizia così: "Nell'anno dell'incarnazione del Signore 1202, nella quarta indizione, il primo di dicembre, la totalità degli uomini della città di Vercelli concordò con gli uomini di Piverone, Anzasco e Livione e Palazzo, con i grandi e gli umili, con gli uomini e le donne e con tutti quelli che abitano il luogo e il paese di Piverone ... sia a voce sia per iscritto gli uomini di Vercelli stabilirono Piverone luogo franco ..." Di questi quattro borghi non ne fece poi parte Palazzo per intervento della città di Ivrea.
I consoli vercellesi che fecero costruire il nuovo borgo fortificato, costrinsero gli abitanti della vecchia Piverone, Anzasco e Livione a risiedervi. Il nuovo borgo fu munito di mura e torri in stile romanico, per poter resistere ad intrusioni provenienti dall'esterno e anche come baluardo dalle mire espansionistiche eporediesi.
Imma è una giovane donna, non è originaria di Piverone ma con la sua grinta e determinazione e la voglia di promuovere l'antico borgo si è meritata il rispetto di molti. Sarà lei ad accompagnarmi per il centro storico di Piverone.
Dell'antico nucleo medioevale si sono conservate molte testimonianze artistiche e architettoniche: dall'impianto urbanistico a pianta rettangolare un tempo cinto di mura, all'imponente torre-porta, detta dell'orologio che un tempo era l'ingresso dell'abitato.
Il portone d'accesso ad arco, è sovrastato da un massiccio torrione quadrato in cui tuttora sono visibili le feritoie dei ponti levatoi ormai scomparsi. Originariamente la massiccia torre d'accesso al borgo aveva due archi di passaggio, uno carraio e l'altro pedonale. L' imponente parte superiore era aperta e merlata e presentava sul lato sud una torretta di guardia detta "Belfredo" ossia una torretta di vedetta in legno, con campana per dare l'allarme. Oggi la porta-torre municipale è in buono stato di conservazione, ha su due lati grandi orologi ed è comunemente chiamata la "torre campanaria". Cominciamo la passeggiata, ho così modo di vedere le altre due torri. Quella posta a Nord-Est ha una pianta circolare ed è stata recentemente restaurata; il Comune l'ha adibita a punto di ricezione e informazione turistica. Questa torre nei secoli fu utilizzata per scopi sempre diversi, tanto da aver subito varie modifiche architettoniche, ma è interessante visitarla internamente e osservarla esternamente, seguendo la linea di pietra che il Comune ha voluto posare in piazza a memoria delle antiche mura ormai scomparse. La terza torre è quella meno visibile ed è situata allo spigolo Nord-Ovest e si trova su di un terreno privato ed anch'essa ha pianta circolare ma che alla fine del nostro percorso possiamo ammirare nascosta tra alberi frondosi in uno splendido giardino. Durante la passeggiata ricordiamo in un breve sunto la storia di Piverone.
Nel 1376 Piverone diviene feudo di Amedeo VI di Savoia. A partire dal XV secolo, Piverone diventa l'ultima roccaforte territoriale protetta a nord-est del Ducato di Savoia. Nel 1615 viene venduta a Giovanni Gerolamo Francesco Avogadro di Valdengo. La famiglia Avogadro nel 1685 vendono alcune parti del territorio di Piverone ai Comotti, ai Del Pozzo ed ai Furno. Agli inizi del XVIII secolo, il borgo fu meta di villeggiatura di madama Giovanna Battista di Savoia-Nemours, moglie del duca Carlo Emanuele II. Sono periodi questi in cui il borgo si arricchisce di tante case nobiliari come il Palazzo già dei Conti di Tavagnasco, Villa Rava e Villa Avogadro. Quest'ultima era posta all'esterno del ricetto fortificato, ma la sua presenza ha impreziosito un angolo dell'antico borgo. Mentre palazzo o Villa Rava posta sulla via principale, via Flecchia ha molto da raccontare. Un tempo il giardino omonimo, posto aldilà della strada, era attiguo alla casa, nel XVIII secolo, si racconta, che una notte diversi popolani stufi di fare un lungo giro con le loro merci per aggirare il palazzo e il giardino, demolirono il muro di cinta e si crearono un varco di passaggio, da allora la strada attraversa la proprietà di Villa/Palazzo Rava. Infatti, racconta una tradizione popolare che ciò che si disfa di notte vale anche di giorno.
Dentro il giardino della Villa è collocata la Torre d'angolo di nord-ovest, detta di San Giacomo, a pianta circolare. Il palazzo, che conserva esternamente ancora accenni di bei decori e affreschi, fu abitato anche dai baroni Furno che tra il 1730 -1750 fecero abbattere una torre/porta. Ora la torre-porta è ricordata nella toponomastica come via del Torrione; questa porta-torre era simile a quella chiamata ora torre campanaria e si apriva verso il paese di Palazzo
Il barone Innocenzo Furno, morì nel 1845 senza eredi e lasciò i suoi averi all'ospedale San Giovanni Battista di Torino con l'impegno di erigere un ospedale a Piverone, questo ospedale, oggi Casa di riposo viene chiamato in gergo l'ospedaletto. Questo Palazzo/Villa fu comprata da Ludovico Scarfiotti, noto pilota automobilistico italiano e ultimo vincitore del Gran Premio d'Italia nel 1966 a Monza con la Ferrari. Costui soprannominato "gentleman driver" morì l'8 giugno 1968, vittima di un incidente mentre provava una Porsche in vista della gara in salita di Rossfeld, in Germania. Curiosa ed intrigante anche la storia di questa famiglia con legami stretti sia con Torino che Potenza Picena. Famiglia che entrò a pieno titolo a far parte della storia industriale e anche filantropica del nostro italico bel paese.
Anche Villa Crimea, posta poco fuori di Piverone ha un bell'ampio parco; ciò fa comprendere la scelta della nobiltà e dell'alta borghesia di prediligere quest'altura immersa nel verde e nei pressi del lago, oltre che per le delizie gastronomiche che sapienti mani hanno saputo creare con i prodotti della terra. Piverone offre anche molte attrazioni, come la sala per mostra d'arte permanente "La Rua" e il museo etnografico "La Steiva" che raccoglie testimonianze della civiltà contadina.
Nel palazzo dove è collocato il museo, un tempo giardino d'Infanzia Lucca-Borghesio è possibile anche visitare la biblioteca civica. Sempre in questo palazzo di proprietà comunale è stato allestito un ostello e un piccolo teatro nella sala Contessa Eugenia.
Scomparsa la torre di cortina verso la Serra o verso Palazzo, risulta invece ancora visibile quella che forma l'abside della Cappella della Confraternita, una chiesa posta in via Flecchia, dove si trova anche il Palazzo della Credenza del XIII secolo, in cui si tenevano le assemblee della comunità.
Questo torrione è il più difficilmente accessibile ma è visibile dalla sottostante via Roma. Fu annesso alla chiesa della Madonnina o della Confraternita dei disciplinati, sotto il dominio dei Savoia nel XVII secolo per ingrandire la chiesa, diventandone la zona absidale. Questa chiesetta è a navata unica e custodisce una preziosa statua lignea rappresentante la Vergine.
La facciata della chiesetta è semplice ed a capanna, intonacata e tinteggiata con delicati colori, presenta una bella scala d'accesso in pietra che conduce al portone d'accesso. Leggere lesene ne decorano la facciata e pare vogliano sorreggere il bel timpano triangolare. La porta d'accesso è protetta da una tettoia in ferro battuto, sopra la quale una vetrata rettangolare permette alla luce di entrare in chiesa. Uno slanciato campanile è posto sulla sinistra della facciata.
La passeggiata per Piverone mi consente di visitare agevolmente quanto è rimasto dell'antico ricetto fortificato, benché siano ormai pochi i tratti delle originali mura merlate rimasti intatti. Molte stradine sono ancora in selciato con pietre di fiume, rendendo ancor più caratteristiche le case che vi si affacciano con le loro balconate in legno o in ferro battuto. Alcune case presentano sulla facciata, piccole edicole votive ed affreschi religiosi, ma anche molte piante verdi e fiorite sui balconi che abbelliscono il centro storico. Ogni tanto si incontrano antichi pozzi comuni che favorivano il rifornimento idrico della popolazione residente.
Il borgo presenta degli scorci veramente incantevoli, con le sue strette rue in ciottolato e i suoi piccoli cortili con bei giardini.
In via Roma angolo via Pozzo mi colpisce un edificio con frasi religiose dipinte sulla facciata, è la chiesa Evangelica dei Fratelli, segno anch'esso della vivacità del borgo.
Ritornati sulla via principale, via Giovanni Flecchia, provo ad immaginare come sia addobbata a festa e quale sia la frenesia degli abitanti, nell'attesa dell'inizio del palio dei rioni che trova svolgimento proprio nella via centrale di Piverone.
La "Cursa dla Galina" (corsa della gallina) è ormai una tradizione di Piverone che si svolge all'interno della Sagra della Castagna, la terza domenica di ottobre.
Sono quattro i rioni in gara: Borgo, Castellazzo, Valle e Lago; per ogni rione corrono tre galline accompagnate lungo la via da altrettanti Alfieri. L'araldo, dopo aver dato lettura del bando della gara, in stile medievale, presenta i nomi delle dodici galline che si cimenteranno nella tenzone al via delle campane della Torre. Lo spettacolo è incruento ed è vincolato da ferree norme, come: "la bestia non puote essere sospinta, respinta, pussata, percossa et malmenata. Lo volatile puote essere incitato, invuliato et guidato con grani, urla et cibarie varie". Le galline, sono le vere protagoniste del palio correndo all'impazzata fra le vie del paese. L'evento è partecipato da tutta la popolazione e il Gruppo Folcloristico Piverone, nato nel 1973 rende la manifestazione ancor'più attesa. Il Gruppo Folcloristico propone antiche usanze e tradizioni locali attraverso la danza e le musiche. Abbigliati con i costumi tipici del contadino ottocentesco con le sue tipiche calzature in legno ("ciabot"), gli spettacolari sbandieratori con i loro drappi multicolori e i tamburini, che segnano la cadenza di ogni esibizione con il loro rullare, sono un avvenimento caratterizzante tutto il Canavese. I balli proposti dalle danzatrici che ripropongono le danze tramandate da generazione in generazione, mentre sono accompagnati dai musici, con i loro caratteristici strumenti a fiato.
In una piazzetta a forma di anfiteatro vi è anche un monumento color bronzo brunito, dedicato alla Gallina, realizzato dall'artista Mario Casella. Ma non è l'unico monumento presente a Piverone, anche il busto a Giovanni Flecchia, opera dello scultore Lusardi, presente in piazza Lucca fa bella mostra di sé all'ombra della torre circolare.
Costui nacque a Piverone nel 1811 e vi morì nel 1892, fu un illustre glottologo, indologo e orientalista italiano. Per i suoi studi e meriti la Facoltà di Lettere di Torino gli conferì il titolo di professore emerito nel 1890, mentre la Società Reale di Napoli lo elesse socio onorario e l'Accademia delle Scienze di Torino si onorò di farlo Direttore di classe e vicepresidente. Fu nominato senatore a vita nel 1891.
Poco distante dal centro storico e facilmente raggiungibile a piedi, in regione San Pietro si erge un altra torre, ma è un inganno in quanto è ciò che rimane di un antico campanile romanico. Realizzato interamente in pietra ed avente base quadrata, mostra un bel coronamento ad archetti.
Il bel campanile romanico è appartenuto alla chiesa dell'antica Piverone, sorta prima del 1200 ed era intitolata a San Pietro di Subloco.
Lascio Imma, sapendo che la incontrerò nuovamente per la prossima edizione di Libri in Itinere e sarà una nuova occasione per scoprire un altro angolo di Piverone.
Infatti Imma è l'ideatrice e anima di un evento letterario e artistico che si svolge per il borgo, ogni anno. Una manifestazione che richiama amanti della lettura, della musica, della pittura e di molte arti minori.
L'auto ormai corre verso il lago e sono ancora circondato da vigneti terrazzati che si estendono lungo le pendici della Serra, fino a raggiungere nella pianura dove si producono cereali e foraggi.