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Il mio Piemonte: Azeglio

Martedì 09 Giugno 2020 18:42
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AzeglioLa giornata si è fatta improvvisamente calda, il vento ha sbuffato le nuvole che velavano il cielo e il sole ha avuto la sua rivincita. La Primavera è anche la vittoria dei colori pastello e vivaci sulla monotonia di quelli invernali. Azeglio mi si prospetta davanti con il suo castello, quasi a volersi ergersi su tutto ciò che circonda la Serra morenica eporediese.
Sono tante le curiosità che mi hanno spinto a visitare questo piccolo borgo piemontese. Non solo il nome del loro più illustre concittadino, nonché le sue tradizioni, ma anche il castello che ho sempre visto mentre percorrevo l'autostrada.
Mentre raggiungo la Piazza principale del borgo, ripercorro la sua storia.
La zona fu abitata fin dalla preistoria e ritrovamenti di selci lavorate e materiali bronzei e dai reperti palafitticoli rinvenuti vicino alla sponda azegliese del lago di Viverone. Sotto il dominio Romano si ipotizza che assunse il nome che dà origine a quello attuale, ossia Asylum, colonia penitenziaria romana circondata dall'acqua. Le altre ipotesi che si fanno sul nome sono ancora di derivazione latina da In agellis, (piccoli prati) o addirittura di origine celtica da Ac-sela, ossia sopra l'acqua. Caduto l'Impero Romano, il borgo fu assoggettato dagli Eruli, Goti e ai Longobardi.
Quando nel 773 Carlo Magno, re dei Franchi, sconfisse i Longobardi, suddivise il Canavese in contee e marche ed il feudo di Azeglio passò in mano a vari Signori sotto la giurisdizione del Vescovo di Ivrea.
Ma la prima testimonianza scritta risale al 999, quando è citato in un diploma di Ottone III. In un documento del 1041 si attesta che il Vescovo Enrico incluse, nella dotazione del Monastero di Santo Stefano d'Ivrea, "la corte di Azeglio col castello" si tratta del Castellazzo, un'antica fortezza in regione Villa. Invece in un documento del 1044, quando la zona era sotto la giurisdizione del vescovo d'Ivrea, il borgo è citato come zona strategica in quanto posta sul confine di due zone d'influenza, Vercelli e quella eporediese. La storia del feudo vide l'avvicendarsi di varie signorie, tra cui i marchesi di Ponzone, i Bicchieri di Ivrea e i conti di Masino.
Vercelli nel 1270 circa, per rinforzare la propria influenza, spostò l'antico abitato e il suo Castello da località Villa, ad una zona poco distante, denominato poi "Borgo Franco", fortificandolo. Sempre alla fine del 1270 vanno fatte risalire anche le origini del nuovo castello, attualmente proprietà della famiglia D'Harcourt.
Come accadde per gli altri paesi circostanti, anche Azeglio nel 1392 fu assoggettato al marchese del Monferrato attraverso le conquiste del famoso mercenario Facino Cane. Azeglio si libererà soltanto grazie alle truppe sabaude del maresciallo Bonifacio di Challant.
Da quel momento la storia azegliese si legò alla monarchia sabauda e ai marchesi di Ponzone, ovviamente fra alterne vicende delle diverse occupazioni e truppe di passaggio. I marchesi di Ponzone, tramandarono i loro diritti sul feudo, quando le figlie di Giacinto ed Aleramo andarono in spose rispettivamente ai Tapparelli o Taparelli, già signori di Lagnasco e Saluzzo nel cuneese ed al conte D'Harcourt di Fiano Torinese, che ebbero titolo marchionale di Azeglio nel XVIII secolo e adibirono il Castello a loro residenza estiva.
Dai Tapparelli di Lagnasco ebbero discendenza i fratelli Luigi, Roberto e Massimo Tapparelli d'Azeglio, però nato a Torino, noto per esser stato Presidente del Consiglio dei Ministri del Parlamento Subalpino dal 1850 al 1852 e Governatore di Milano nel 1860.
Massimo Tapparelli d'Azeglio, nasce a Torino il 24 ottobre 1798 ed è considerato tra i cittadini più illustri del borgo, Era intensamente legato al borgo e lo testimonia il fatto che egli si firmò sempre "d'Azeglio" o "Azeglio", oltre ad essere un politico, un diplomatico, fu pittore e scrittore. Infatti tra gli scritti più noti, ricordo: Ettore Fieramosca, Niccolò de' Lapi, I miei ricordi, ecc. Ed è proprio in "I miei ricordi, così si esprimeva: "È un paese di brava e buona gente di quel sangue (un po' stizzoso, ma buono) che pretendiamo avere noi Canavesani. Con questo noi io mi vanto un poco; perché… a rigore i miei sono di Savigliano,…ma tante belle memorie mi legano agli Azegliesi, ed essi dal canto loro mi vogliono tanto bene che non potranno aver per male s'io mi dico dei loro; quantunque la mia famiglia, per via di femmine e soltanto da poche generazioni divenisse proprietaria di quel castello".
Sposò Giulia Manzoni, figlia di Alessandro Manzoni a Milano il 21 maggio. Alla morte del padre, ereditò il Castello di Azeglio e lì vi trascorse brevi ma intensi soggiorni ed è proprio nella quiete della campagna azegliese che finì di scrivere l'Ettore Fieramosca che tanto successo riscosse, una volta pubblicato, proprio per i suoi richiami risorgimentali.
Parcheggio l'auto nell'ampia piazza principale di Azeglio sulla quale si affaccia l'imponente palazzo municipale eretto nel 1860, dotato di ampi portici e la Torre campanaria, una delle più alte del Canavese con i suoi 52 metri di altezza. Un piccolo giardino ed alcuni poderosi ippocastani fanno compagnia al busto di Massimo d'Azeglio. Il noto statista pare da un angolo della piazza osservare il via vai delle persone e il regolare svolgimento delle attività dell'antico borgo.
Girato l'angolo, dietro l'alto campanile, si apre improvvisamente un panorama fantastico, il mio sguardo vaga fino al castello di Masino. Il selciato, la chiesa parrocchiale e le mura del Castello richiamano antichi fasti e mi pare di sentire arrivare la carrozza con a bordo Massimo d'Azeglio e la sua gentile consorte Donna Giulia al rientro da un giro per le campagne e le colline circostanti.
Il Palazzo/castello o semplicemente il castello come il loco lo chiamano gli azegliesi, fu eretto nel XIV secolo. La sua mole domina l'intero paese e nei secoli ha subito profonde modifiche ed ampliamenti La facciata esposta a sud-ovest del grandioso palazzo-castello è di color rosso-magenta e subì trasformazioni strutturali anche nel corso del XIX secolo.
Immediatamente sotto il Castello, la Chiesa di San Martino, dedicata successivamente anche a San Deodato, fu progettata nel 1784 dall'architetto Filippo Castelli.
La chiesa presenta una facciata neoclassica con un bel prònao con alte colonne, l'interno è a pianta greca ed in stile barocco-rococo luminoso e solenne, ricco di colonne e di altari in marmo. La chiesa è collegata tramite passaggi aerei al vicino castello; questo permetteva ai castellani di assistere alle funzioni religiose senza essere osservati.
Proseguendo la passeggiata, mi dirigo verso il cimitero, trovo la vecchia chiesa parrocchiale anch'essa dedicata a San Martino.
L'attuale chiesa è stata ricostruita nell'VIII secolo sul sedime dei resti dell'antica chiesa che era anteriore al 119. Questa chiesa rimase parrocchiale fino al XIV secolo circa, quando fu edificato il nuovo borgo franco d'Azeglio.
Benché le sue dimensioni non siano molto grandi, anch'essa è ricostruita con una facciata neoclassica, tripartita da leggere lesene e con un doppio marcapiano e un timpano modanato. L'interno è a navata unica con un bell'altare barocco.
Rientro verso il centro del borgo e dopo aver sorseggiato un caffè nel bar in Piazza Massimo d'Azeglio, percorro un breve tratto di strada fino a raggiungere la chiesetta di San Carlo in Via Roma, datata 1651. Dell'edificio originale, la parte più antica rimane il campanile. La chiesetta fu già sede della Confraternita di San Giovanni Battista, ma quando fu rimaneggiata fu dedicata al Santo arcivescovo Borromeo.
La pianta è ad aula unica con abside rettangolare, dove si trova un altare in marmo bianco. Nel corso dei secoli la chiesa di San Carlo ha subito varie modifiche. Esternamente oggi sulla facciata a capanna si può osservare un affresco, posto nel timpano di facciata, dove domina la figura dell'Onnipotente fra nubi e angeli. Quattro leggere lesene tripartiscono la facciata, una grande finestra rettangolare è posta sopra la porta d'accesso, altre due piccole finestre sono poste sulla facciata, lateralmente alla porta d'accesso.
Proseguendo per via Roma, dopo l'incrocio con via Marconi, appena fuori dal borgo, trovo la chiesa di San Grato. La sua forma planimetrica circolare dimostra l'influenza rinascimentale. Presenta un grande portone in legno noce con un sovrapporta a timpano. Purtroppo di questa chiesa come delle altre si conosce ben poco a causa del rogo appiccato nel 1704 dai francesi che distrussero tutti "i registri parrocchiali sulla pubblica piazza". Comunque la piccola e proporzionata chiesa di San Grato, seppure sia una modesta chiesa di campagna, sembra quasi racconti, anche attraverso le forme barocche borrominiane, la vitalità e spiritualità popolare.
Un tempo era luogo delle cosiddette "rogazioni" cioè particolari novene propiziatorie di abbondanti piogge e raccolti e a protezione degli animali. Una anziana signora, incontrata nel bar, a cui avevo chiesto informazioni, mi aveva detto che nella chiesa si allestisce un bellissimo presepio e che un tempo conservava le reliquie di San Grato sotto il piano dell'altare.
Proseguendo la passeggiata a piedi raggiungo la regione Calcinarla, detta così perché in essa si trovavano gli antichi forni per la calce. Qui trovo un edificio color rosso carminio, un tempo era l'Asilo infantile, voluto dallo stesso Massimo Tapparelli D'Azeglio. Costui in qualità di Presidente del Gabinetto del Regno Sabaudo e Ministro degli Esteri, nel firmare la pace con l'Austria ricevette 16.000 lire per diritti di cancelleria, che volle fossero impiegate per la costruzione del 2º asilo infantile del Regno d'Italia. L'asilo fu inaugurato nel 1864, gestito dalle suore dell'Immacolata di Ivrea. Successivamente lo stabile fu abbandonato e poi ristrutturato, rispettando il progetto architettonico adibendola ad abitazione privata.
Nei suoi pressi c'è la chiesa di Sant'Anna con il suo grazioso sagrato. La chiesa fu costruita su una precedente chiesetta di campagna nel XII sec. Dell'attuale chiesa di Sant'Anna non si ha la data di fondazione, ma pare sia già descritta in documenti del XVI secolo. L'edificio ha una facciata semplice con un tetto a capanna, l'interno si presenta ad aula unica.
In paese vi è anche un particolare museo, quello dell'Ecomuseo dei Seggiolai. Infatti l'economia del borgo è stata a lungo legata, oltre alle attività agricole e di allevamento, anche alla produzione di sedie. Un'attività realizzata da una buona parte delle famiglie, che l'alternavano ai tradizionali lavori agricoli. Gli uomini erano soliti a costruire la struttura in legno, mentre le donne impagliavano i telai utilizzando delle lunghe erba di palude, detti della lesca, che venivano fatte seccare e intrecciate a fasci. Purtroppo di tale attività manuale si è perduta la memoria.
Le case del borgo sono a due o tre piani con bei giardini fioriti. Sembra un posto suggestivo, che nasconde un'anima segreta e nonostante abbia un importante storia, sembra che ogni suo abitante sia parte di un inizio di una nuova storia, ambientata in paese di favole.
Per vedere alcuni altri particolari edifici devo riprendere l'auto.
Raggiungo così, la frazione Piane, in cui le antiche case si confondono con eleganti ma moderne ville, a dominare su questa zona del paese è la chiesa dedicata alla Madonna di Lourdes, voluta dalla popolazione come ringraziamento per la fine della I Guerra Mondiale. La chiesa è posta in mezzo ad un verde prato, luogo scenografico sia per devote passeggiate, che per campestri pic-nic. Questa è una piccola costruzione con facciata a capanna, l'interno è ad ambiente unico, nella zona absidale spicca la ricostruzione della Grotta di Lourdes.
Sempre in auto raggiungo la frazione Castellazzo, dove sopra un alto poggio si stagliano i resti della Casa Forte, detta il Castellazzo, risalente all'XI-XII secolo. Sono le antiche fortificazioni, ossia una gigantesca torre merlata, affiancata da un enorme edificio a pianta rettangolare, che precedettero la creazione del Borgo Franco. Sempre in auto, dall'altra parte del paese, immersa in un bel bosco e lungo l'antica strada sterrata romana che univa Vercelli a Ivrea vi è la chiesetta di Sant'Antonio di Monteperosio. Questa era un antico ospizio per pellegrini, conosciuto meglio come Santuario di Sant'Antonio Abate. L'edificio è risalente all'XII secolo, offriva ospitalità ai pellegrini che percorrevano la via Frencigena "Romea" per recarsi a Roma.
L'edificio è stato restaurato di recente, la sua facciata a capanna è anticipata da un bel portico. Oggi è utilizzato per le celebrazioni nuziali ed al suo interno sono ancora visibili antichi affreschi.
Ultimo luogo della mia passeggiata per Azeglio è la frazione Pobbia, dove vi è la chiesa della Beata Vergine delle Grazie, eretta nel 1850. L'edificio con una facciata in stile neoclassico ha l'interno a croce greca, con un bel altare in marmo. I due altari laterali sono dedicati a San Giuseppe e alle Anime Purganti. Il suo campanile è alto 40 metri ed è stato edificato nel 1879.
Ma Azeglio aveva tanti altri edifici religiosi, ormai scomparsi o quasi, come la diroccata Cappella di San Rocco, posta in località porta d'Arecco, sulla strada che si dirige verso Albiano.
Nel territorio di Azeglio esistevano nel XII secolo sette celle o piccole chiese, molte delle quali ormai scomparse. Tra queste ricordiamo la Cella di Santa Maria di Fontana Moregna, parrocchia, tra la metà del 1200 e la metà del 1300, di un villaggio di modeste abitazioni.
Ad Azeglio è utile ricordare che ha luogo uno storico Carnevale, rievocazione di un antica festa con protagonisti i personaggi che prendono i loro nomi dagli antichi mestieri locali, come l'Ampajaura che era colei che impagliava, oppure il tlerin, ossia il cuscino un personaggio maschile. Altro personaggio maschile del carnevale è il Cadregat, colui che costruiva le sedie.
Tra i personaggi famosi possiamo sicuramente annoverare anche il Cavaliere Pietro Lucca, decorato di medaglia al valore militare, che rinunciando alla pensione che gli spettava come ferito di guerra sostenne il mantenimento del cappellano di Pobbia, perché anche la frazione potesse "avere un prete che dicesse Messa nella chiesa ed insegnasse ai bambini. Ma anche Giuseppe Coppo che fu un garibaldino azegliese.
Lascio così Azeglio e il suo apprezzato bel panorama, dove lo sguardo viene catturato dai paesini che sembrano incollati sulle dolci colline, come se fossero di cartone. Viti, prati fioriti, piccoli boschi e il lago sono i veri gioielli di questa terra.