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A zonzo con il calessino (XXXIV parte)

Mercoledì 01 Luglio 2020 07:31
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CalessinoLa mattina splende, il risveglio è stato dolce, la colazione abbondante, i calessini sono pronti a partire. Gian è alla guida, le ragazze sono dietro al nostro rosso ape-calessino che già corre verso sud, lungo la ex statale 31 del Monferrato che unisce Vercelli ad Alessandria.
Lasciamo sulla nostra destra l'abitato di Stroppiana di cui da lontano fatico a riconoscere i campanili della Chiesa Parrocchiale di San Michele, risalente al 1760, e della Chiesa di Santa Marta che custodisce la Cappella del Santo Sepolcro ed una Deposizione in terracotta; è meta di grande devozione popolare.
Stroppiana è citato per la prima volta in un diploma imperiale del 1014 con il nome di Stirpiana, il paese fu feudo del vescovo di Vercelli, poi proprietà di varie famiglie nobili, tra cui i conti di Biandrate, il Marchese del Monferrato, i Langosco di Stroppiana, i Langosco della Motta e i Vialardi.
A Stroppiana, imbocchiamo la strada provinciale 118, Stroppiana-Caresana. I calessini corrono tra le risaie dove l'uomo ha saputo dissodare gerbidi ed incolti e trasformarlo in un terreno fertile, che in primavera sembra un immenso lago, diviso da esili arginelli che ne tratteggiano un coreografico disegno a quadretti. Tra gli skyline di grandi cascinali e borghi, aironi e garzette frequentano questi ameni luoghi.
Superata l'autostrada A26 dei trafori, in lontananza si intravedono le prime case di Caresana, che oggi una circonvallazione ne abbandona il percorso del suo centro storico. Posso così solo tentare di riconoscere a debita distanza il tozzo campanile della Chiesa Parrocchiale di San Matteo apostolo, più difficile vedere il piccolo campanile della Chiesa di San Rocco e della Chiesa di Santa Maria Assunta, mentre la bella Chiesetta della Confraternita di San Giorgio, dista a pochi metri dalla nostra strada. La Chiesetta si presenta linda ed in ottimo stato di conservazione con il suo tetto a capanna e il bel campanile. L'accesso alla navata unica è anticipato da un porticato, sul quale si eleva una alta parete ottimamente affrescata, come è bello l'affresco che riproduce San Giorgio e il drago, dipinto nel timpano del frontone semicircolare della chiesa. Dalla chiesa parte annualmente la festa di San Giorgio e Corsa dei buoi. Un evento di grande richiamo turistico, soprattutto per la Corsa dei buoi, una delle manifestazioni più antiche e popolari d'Italia.
La gara avrebbe un'origine incerta. Parrebbe che abbia avuto inizio da un voto del 1630 o del 1637, fatto durante una pestilenza. Altri affermano però, che la gara abbia origini più remote legate a un voto del 1236. Inizialmente la corsa non era altro che il ritorno in paese della processione che aveva accompagnato San Giorgio dal centro alla Chiesa intitolata al patrono. La processione era formata anche da quattro carri che trasportavano il pane che veniva benedetto, e che presto divenne una competizione tra gli stessi carrettieri dando così origine alla Corsa dei buoi. Ne nacque una gara del tutto spontanea ed estranea alle celebrazioni ufficiali per San Giorgio, che ripetendosi ogni anno, incontrò il favore della popolazione, divisa a parteggiare per l'una o per l'altra coppia di buoi.
Il toponimo di Caresana discenderebbe dal nome gentilizio Caresius. L'abitato di Caresana ha storia molto antica, anche se non era collocata dove è ora, ma si pensa che l'insediamento si trovasse in regione Marcova, posto a sud dell'attuale.
Possedimento della Chiesa di Vercelli tra il III ed il IV secolo ma le prime notizie certe e documentate si hanno solo nell'anno 882, quando, l'Imperatore Carlo il Grosso, con proprio atto rinnovò il dominio del paese ed il suo territorio alla Chiesa di Vercelli.
Documentata la presenza nel 961 nel territorio di Caresana dei Saraceni, che forse distrussero l'antico borgo in regione Marcova, inducendo gli abitanti a stabilirsi a ridosso del Castello. Il maniero era di mole imponente e comprendeva una vasta area racchiusa da muraglia e da fossato che pressappoco corrisponde gli attuali isolati del centro del borgo.
Di tale costruzione non rimane pressoché nulla e alla scomparsa delle rimanenti vestigia ci pensò il violentissimo terremoto che nel 1117 modificò profondamente la fisionomia urbana. Caresana passò in mano a diverse famiglie gentilizie e nel 1254 venne eretta in Borgo Franco.
Infeudata dopo il 1500 agli Avogadro di San Giorgio in Monferrato, subì durante la guerra di successione del Monferrato, diversi saccheggi e nel 1614, Caresana fu data alle fiamme dai tedeschi all'ordine del Governatore di Milano. Nel 1637 Caresana fu occupata dagli Spagnoli che assediavano Vercelli. Nel secolo XVIII cambiò spesso signoria e fu più volte teatro delle lotte fra Vercellesi e Casalesi. Invece durante la guerra d'indipendenza del 1859 fu occupata dapprima dalle truppe austriache che vessarono la popolazione, poi dalle truppe sarde e dalle truppe francesi.
Con il calessino la nostra strada prosegue fino a superare il ponte sul torrente Sesia ed entriamo così in Lombardia. Siamo sempre circondati da risaie quando incontriamo il borgo di Langosco, primo comune della provincia di Pavia. Ormai abbiamo lasciato il nostro Piemonte e percorreremo solo strade della Lomellina. Anche il piccolo borgo di Langosco lo passiamo velocemente, in quanto la strada provinciale non lo attraversa. Di poche centinaia di abitanti, anche Langosco ha un antica storia. Nell' 882 fu donato dall'imperatore Carlo il Grosso al Vescovo di Vercelli, il borgo faceva parte della Contea di Lomello, appartenente ai Conti Palatini. Nel 1164 è citato nel diploma con cui l'Imperatore Federico I pose la Lomellina sotto il dominio di Pavia. Nel 1250 appare come Langoschum nell'elenco delle terre pavesi nella signoria rimasta ai Conti di Lomello, che nel XIII secolo si erano divisi in vari rami, confermati nei loro diritti nel 1311. I signori di Langosco furono nuovamente infeudati dagli Sforza nel 1467 del borgo come molti antichi feudi. La stessa famiglia; manterrà la signoria fino alla fine del feudalesimo e nel 1707 Langosco passò sotto il dominio sabaudo. A Langosco sorgeva una rocca a difesa del confine sul Sesia che venne distrutta nel secolo XV da una piena del fiume. La stessa piena atterrò anche le chiese di San Salvatore e di Santa Maria, mentre gravi danni subì la Chiesa di San Martino che venne riedificata nei primi anni del XVII secolo. La Chiesa fu nuovamente oggetto di rovina dagli scontri franco-spagnoli tanto da interdirne l'uso. Funse provvisoriamente da luogo in cui officiare le funzioni religiose l'oratorio di San Domenico. Nel 1815 fu intrapresa la costruzione della nuova Chiesa che fu ultimata nel 1824. la Chiesa di San Martino si presenta con una bella facciata neoclassica con quattro lesene e capitelli ionici. Sopra il portale in una lunetta vi è un bell'affresco che ritrae il Vescovo San Martino che, con il dono del mantello, fece rifiorire l'estate. Il municipio è sito nel centro del borgo in un bel palazzo padronale del 1775. Sono presenti sul territorio altri antichi monumenti e reperti archeologici, come i resti del ponte romano che attraversava il torrente Sesia, ormai visibili solo in periodo di secca. Dove la strada provinciale 21 che conduce a Rosasco, incrocia il tracciato dell'antica strada romana, vi è una Cappelletta dedicata a Santa Giuliana e fu eretta come lazzaretto durante la peste del 1630, la cui devozione è dimostrata dai frequenti visite dei fedeli che vi lasciano ceri votivi e fiori freschi. Infatti gli abitanti del luogo venerano la statua della Santa, invocata contro le malattie nervose.
Un'altra cappelletta, in località Palazzo è dedicata a San Bernardo da Mentone, con un'iscrizione sulla facciata che indica l'anno di costruzione 1537, questa conserva al suo interno affreschi della scuola di Bernardino Lanino.
In questo tratto di territorio della pianura padana i confini tra regioni fanno strani scherzi, come a denti di una sega, talvolta corriamo tra campi piemontesi e poco dopo siamo nuovamente nella Lomellina pavese, ma finalmente vediamo gli skyline di Cozzo e di Candia Lomellina che pare fronteggiarsi. La distanza è molta, ma nella pianura, basta poco per far sembrare una collina come una montagna. Dobbiamo cambiare diverse strade provinciali per raggiungere il paese di Valle Lomellina.
L'abitato di Valle Lomellina ha il tipico impianto a case basse disposte lungo larghe vie irregolari, i nostri ape-calessino li percorrono strombazzanti. L'ora di pranzo s'avvicina ed anche loro pare vogliano ricordarci che dobbiamo raggiungere il luogo in cui pranzare che non dista molto da dove ci troviamo. Abbiamo però il tempo di percorrere un po' più lentamente questo borgo.
Il primo nucleo che dà origine al comune di Valle Lomellina risale al periodo pre-romano; l'area era infatti occupata da piccoli villaggi risalenti all'età del bronzo. Con l'invasione gallica del IV secolo a.C. gli insediamenti in Lomellina aumentano, favoriti dalla prosperità data dal fertile terreno e dalla ricchezza d'acqua. I romani vi costruirono la strada che partendo da Ticinum, ossia Pavia, raggiungeva le Gallie attraversando la Lomellina, ciò arricchì di molto il villaggio grazie al commercio offerto dal transito. Ovviamente con la caduta dell'Impero Romano e l'arrivo dei barbari vi fu un periodo di instabilità economica e sociale che avrà termine con l'insediamento dei Longobardi nel territorio pavese. A testimonianza di ciò, bisogna ricordarsi che il patrono di Valle Lomellina è San Michele Arcangelo, che era il protettore dei Longobardi. Il suo toponimo Valle potrebbe derivare dal latino vailum cioè fortezza, arroccamento; in effetti la Lomellina dell'epoca romana era caratterizzata da piccole colline e dossi comprese tra zone paludose su cui edificare un presidio militare. I primi documenti comunque certi riguardanti Valle risalgono tuttavia al 1200, benché un Siro da Valle risulti Console a Pavia già nel 1112. Durante l'epoca delle Signorie, Valle Lomellina o semplicemente Valle, fu assoggetta a Pavia o meglio alla famiglia Strada, Signori che manterranno il predominio sul paese fin verso la metà del XV secolo, quando il potere degli Strada declina fino a scomparire del tutto. Valle per un periodo di circa cento anni è in feudo ai Signori minori che si succedono quali titolari del possedimento, si affiancano a loro anche una sorta di autonomia Comunale, che era rappresentata nei Consoli. Tra i Signori locali, nel '400 divenne anche signoria dei Beccaria di Pavia, sostituiti poi dal ministro ducale degli Sforza, Cicco Simonetta, nel 1470. Dopo la morte di quest'ultimo il feudo fu incamerato e fu venduto a un Tasino di Ferrara. Invece con l'occupazione francese del 1499, il feudo viene ceduto al cardinale d'Amboise, che lo vende al ministro Bergonzo Botta. I figli di costui lo cedono nel 1527, poi passa a un ramo della famiglia dei Visconti. Estintosi questo ramo nel 1564, il feudo,dopo essere stato incamerato dalla camera ducale, nel 1574 fu acquistato da Giovanni Agostino Litta, Marchese di Gambolò e primo Conte di Valle. Ed il feudo di Valle rimase ai marchesi Litta di Gambolò fino all'abolizione del feudalesimo nel 1797. E' nel 1707 che Valle, con tutta la Lomellina, fu inclusa nei domini di Casa Savoia, seguendone le sorti fino all'unità d'Italia, ovviamente fatto salvo il periodo napoleonico tra il 1796 e il 1815. Nel 1859 entrò a far parte della provincia di Pavia e di conseguenza della Lombardia, dividendosi definitivamente dal Piemonte.
Al centro del paese sorge un curioso Castello, originario del XIV secolo, distrutto, ricostruito e rimaneggiato nell'Ottocento con aggiunte romantiche. Il castello risulta un complesso architettonico decisamente anomalo con la sua pianta a semicerchio, con torri cilindriche, loggiati a finestre ad archi acuti ed un ricco corredo di merli e beccatelli. Edificio più degno di un immaginario castello da romanzo d'avventure romantiche. In origine il castello fu una delle roccaforti più importanti della Lomellina e costituiva, insieme ai castelli di Sartirana, Lomellina, Frascarolo e Lomello, la cintura difensiva della parte sud occidentale del Ducato di Milano. Invece le case adiacenti hanno conservato le caratteristiche tipiche del borgo medievale. Nei suoi pressi vi è la piccola Chiesa di Santa Maria del Castello, dove sono stati recentemente ritrovati affreschi del Quattrocento.
Se il tempo non fosse tiranno farei una visita alla seicentesca Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo che conserva al suo interno a navata unica e volta completamente affrescata, nell'altare del Suffragio la statua del Cristo Morto racchiusa in una magnifica urna. Invece il settecentesco Altare Maggiore è abbellito con pietre dure preziose.
Sempre in Paese è presente la bella Chiesa di San Rocco e San Sebastiano, posta nella Piazza principale, a pochi passi dalla Chiesa Parrocchiale; questo edificio è a forma rettangolare e fu innalzata nel 1469. Entrambe le chiese hanno facciate semplici con un'unica porta d'accesso. La prima ha coppie di lesene ai fianchi del portale che sembrano sorreggere il grande architrave con fregio dedicatorio su cui è iscritta l'intitolazione della chiesa a San Michele Arcangelo e il frontone con timpano triangolare. Sopra il portale della parrocchiale vi è affrescato San Michele Arcangelo che incatena il male. Invece il portale della chiesa di San Rocco e San Sebastiano possiede una bella ed elaborata cornice del portale d'accesso con colonne e capitelli compositi che sorreggono un architrave e il frontone semi circolare spezzato, con al suo interno uno stemma nobiliare in rilievo. Ai lati del portale della Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano, due coppie di leggere lesene sorreggono l'architrave con un fregio dedicatorio e il frontone triangolare, nel cui timpano vi è un affresco incorniciato da stucchi; sotto il marcapiano una finestra a serliana cioè un elemento architettonico composto da un arco a tutto sesto, affiancato simmetricamente da due aperture sormontate da un architrave; fra l'arco e le due aperture sono collocate due quadrate colonne. All'interno della finestra trovano posto, al centro la Madonna in Trono e ai lati, rispettivamente i Santi Rocco e Sebastiano. La seriana è inserita all'interno di una bella cornice in stucco intensamente elaborata.
Invece il Palazzo Municipale, Municipio è un esempi o di architettura littoria degli anni '20 del XX secolo.
Transitando sull'ape-calessino abbiamo modo di veder anche il monumento ai caduti vallesi nelle due Guerre Mondiali. E' un monumento molto particolare perché costituito da un altare in stile neoclassico con sei colonne doriche che sostengono una cupola; sull'altare è posto un braciere in ricordo delle vittime. Ormai i calessini corrono verso Lomello, ma la nostra tappa culinarie è a metà strada. Troviamo sulla via per Semiana il Santuario della Madonna di Casaletto, edificato nel XVI secolo, situato appena fuori dal centro. La leggenda narra di un eretico che colpisce a colpi di bastone l'immagine di una Madonna posta in un'edicola di campagna Il danno che l'uomo procurò lasciò un segno indelebile sul dipinto che scomparì miracolosamente da quel luogo per poi ricomparire a in località Casaletto di Valle Lomellina dove un tempo vi era un piccolo convento di frati, costruito in un antica struttura che ricordava un cascinale.
Un frate di giovane età, mentre era intento a sistemare la chiesa del convento, notò che appoggiato ad un muro, vi era un dipinto, fino ad allora mai visto! Sbigottito il giovane, avvisò i frati più anziani, di questo strano rinvenimento. Tutti rimasero sorpresi nel vedere il dipinto della Madonna e fu subito dichiarato il miracolo, trasformando il piccolo convento in un Santuario, meta di molti pellegrinaggi. Il convento, oggi è ormai abbandonato, si può osservare esternamente ancora la Chiesa in stile Romanico, ed internamente essa custodisce un solo altare dove sulla sommità troviamo il pregevole dipinto della Madonna Immacolata.



Fine XXXIV parte.