Messaggio

Dietro le quinte di Cuba (VII parte)

Venerdì 27 Maggio 2011 10:02
Stampa
Cuba (04/2010)La casa di Levian è nella periferia di Ciego de Avila, una piccola casetta in muratura dove vive con la moglie e la figlia, nata da pochissimi mesi.
Levian ci attende sulla strada con la sua stampella in pantaloncini corti con le infradito ai piedi. E' di carnagione più chiara di Wilmer con capelli ricci castano scuro e si presenta a torso nudo, con un fisico scolpito da far invidia ai nostri culturisti palestrati. In questo caso comprendo che è la danza che la fa da padrona con le sue quotidiane prove degli spettacoli che i ragazzi devono fare.
La moglie, coetanea di Levian, è in cortile impegnata a lavare in un mastello l'abbigliamento della loro bambina che diventa subito il giocattolo per tutti noi.
I capelli e gli occhi scuri sono quelli della mamma, ma la vivacità è sicuramente del padre.
Mentre Wilmer e Levian si raccontano le loro vicissitudini di lavoro, Yanelis s'improvvisa baby sitter. Mamà insieme alla moglie di Levian e a sua madre preparano il caffè e si scambiano quei convenevoli che solo tra donne possono farsi. Il papà di Levian porta una bottiglia di aguardiente, cioè di succo estratto dalla canna da zucchero con la frantumazione che può essere direttamente fermentato, non producendo zucchero. In questo modo si ottiene un Rum agricolo, nel quale il succo viene depurato, decantato, filtrato e fatto fermentare in tini per 36/48 ore. In alcuni casi viene fatto fermentare nei vecchi alambicchi di rame. Questo rum agricolo è il vero rum dei pirati dei carabi, rude ma fine non avendo subito alcuna alterazione con sostanze aromatiche.
Ne bevo un piccolo sorso per non dare loro l'impressione di essere scortese, ma è da un po' di tempo che gli alcolici non mi attirano più.
Mentre la moglie di Levian e la sua famiglia preparano il pranzo chiacchierando con Yanelis e Mamà, decidiamo di andare a fare una visita della città con l'auto insieme a Wilmer e Levian.
La città è praticamente tutta in piano, senza significativi rilievi come la quasi totalità della provincia. Il capoluogo risale al 1538, quando il conquistador spagnolo Jacone de Avila costruì una fattoria in un luogo chiamato Ciego. Ben presto la tenuta agricola divenne punto di riferimento per tutti i viaggiatori e fu così denominata Ciego de Avila. Intorno ad essa furono costruite nuove case e nel 1840 il luogo venne elevato a rango di città. Sviluppatosi a ridosso della Carretera Central la città mantiene ancora oggi la piacevole atmosfera di paese rurale che da sempre l'ha contraddistinta.
Come le altre città cubane, Ciego de Avilà è costituita da una via principale con strade laterali parallele che con le loro intersezioni disegnano una scacchiera seguendo il modello urbanistico tipico delle città americane e gli isolati, tranne rari casi, sono costituiti da edifici bassi e porticati. Le strade sono generalmente molto trafficate e caratterizzate da un andirivieni di carrozzelle trainati da cavalli, ciclotaxi, bici, e carretti trainati da biciclette, sidecar che danno un idea molto suggestiva della città.
Arriviamo nella piazza centrale che è il cuore di Ciego de Avila, Parque Josè Marti, una piazza non certo meravigliosa, dominata dal moderno edificio a 12 plantas, che pare un grattacielo sulla città e ne caratterizza lo skyline urbano.
Qui, oltre al monumento dedicato al poeta spagnolo, si trovano affacciati sulla piazza la chiesa di San Eugenio de Palme, patrono della città e il palazzo dell'ex Ayuntamiento (municipio) ora sede del Governo provinciale. Levian si siede comodamente su una panchina del parco e ci invita a fare due passi per Calle Indipendencia, la via dello shopping, visto che lui con le stampelle non potrebbe percorrerla e sarebbe a noi d'impaccio nella visita, così lo lasciamo per qualche minuto per curiosare tra i negozi.
La via è la più viva e trafficata di tutta la città, esclusivamente pedonale, ed è piena di vita con gente che passeggia, entra ed esce dai negozi che ne costellano tutto il percorso. Qui sotto i bei portici delle case sostenute da colonne neoclassiche, tra negozi di abbigliamento, parrucchieri e barbieri, librerie e gallerie d'arte la gente pare indaffarata a fare l'ultimo acquisto per correre a casa a cucinare in attesa che escano i figli da scuola.
Con Levian andiamo a berci una Bucanero (birra cubana) al “El Rapido” all'angolo tra calle Castillo e Libertad mentre Wilmer si scola la sua tradizionale jugo de naranja È bello vederli insieme, sono molti amici, si sentono tutti i giorni telefonicamente e vista la distanza che c'è da Matanzas a Ciego de Avila non è ricorrente la possibilità d'incontrarsi. Wilmer è anche molto preoccupato per l'intervento chirurgico che deve sostenere LEVIAN.
La provincia di Ciego di Avila ha mantenuto la sua economia agricola basata sulla coltivazione della canna da zucchero e della “Regina dei Frutti” una varietà di ananas dolce e succosa, detta Espanola Roja.
Il tempo del pranzo a casa di Levian, scorre tranquillamente, il bambino dorme serenamente nel suo lettino e nel pomeriggio lasciamo questa bella famiglia tra calorosi abbracci e promesse di rivederci presto.
La casa della Sorella di Mamà si trova in un villaggio sperduto a qualche decina di km da Ciego de Avila in direzione Nord, costituito essenzialmente da piccole case in legno dotate di un piccolo patio davanti all'ingresso. Quattro misere stanze con un pavimento in legno, l'ingresso che fa da salotto, una cucinetta con piccoli e poveri arredi e le stanze da letto per i cugini di Wilmer e Yanelis e per gli zii sono ciò che mi si presenta quando arriviamo.
Mentre Wilmer e la sua famiglia s'intrattengono con i parenti io sfrutto l'occasione per fare un giro tra queste casette che assomigliano più a baracche che altro ma che comunque hanno dignità di dimore oneste e pulite.
Il traffico è quasi assente, solo gente a piedi o a cavallo, con un sole caldissimo e la luce che riverbera sulla sabbia da fastidio agli occhi tanto da non permettermi di vedere subito un giovane ragazzo che si avvicina. E' un nuovo incontro con la Santeria ma questa volta il ragazzo non è né mulatto né scuro ma è un bianco e questo sta a significare che la Santeria non ha adepti solo di colore.
Mi soffermo a guardarlo con il suo vestito bianco tale da farlo somigliare ad un possidente terriero che va a visionare le sue piantagioni di ananas (piňa) con passo lento ma determinato, sotto il suo cappello bianco dalle falde larghe. E' vestito con una camicia dal colletto a punta e una giacca bianchissima come i pantaloni e le scarpe che pare non s'impolverino nemmeno. I capelli neri tagliati corti spiccano su tutto quel bianco candido, i lineamenti del viso sono fini, al polso cerco il braccialetto che ritrovo nei colori verde e nero(almeno credo), i colori se giusti sono quelli di OGGUN che si sincretizza con la religione cattolica in San Pietro.
Il suo nome significa guerra, distruzione, ma anche medicina, spirito buono e cattivo. Nasce dalle viscere della terra e la sua missione è quella di combattere sempre per tutti gli uomini sia nella religione che nella vita. Questa fu la sua condanna poiché commise la mancanza di abusare di sua madre Yemma.
Obatalà (suo padre) non fece in tempo a punirlo, perché fu lo stesso Oggun a maledirsi da solo, scagliandosi un anatema che gli avrebbe impedito di dormire sia di notte che di giorno.
Bevitore di aguardiente si ubriaca per dimenticare. Gli piace la stregoneria, violento e astuto, è il dio dei minerali, delle montagne e del ferro in generale.
Ufficialmente è sposato con Oya, ma ha perso la moglie che è diventata fedele amante di Changò suo Fratello, con cui è in lite perenne.
Più vicino alla natura umana che non a quella divina, questo Orisha partecipa a tutte le inquietudini e i difetti terreni, ed è simbolo del quotidiano. Sulla spalla tiene una borsa tigrata adornata con molte conchiglie. Si veste di violetto e attorno alla vita ha un gonnellino in fibre di palma che protegge dai mali della vita.
Il suo ballo è molto bellicoso, con un machete in mano e quindi assimilabile a qualcosa di violento, ma rappresenta anche il lavoro di tipo agricolo anche se talvolta viene rappresentato con incudine e martello. Protegge dalla febbre, dagli interventi chirurgici e, in generale, da tutti i danni derivati da metalli ferrosi e da incidenti con perdita di sangue. Inoltre è protettore di fabbri, meccanici, ingegneri, fisico-chimici e militari.
Non so perché questo giovane ragazzo abbia scelto OGGUN, ma dal suo passo lento è marziale può solo indicare una scelta di vita militare.
Mi soffermo un po' all'ombra del patio vicino ad una splendida buganvillea e guardo giocare i cuginetti di Wilmer che si divertono con una gomma d'auto, trasformandola in un improvvisato salvagente, a rotearla sulla polverosa strada, a saltarci dentro a piedi congiunti. Basta veramente poco a far felici dei bambini che non conoscono i nostri giocattoli elettronici a forma di mostro o peggio i videogiochi che rincoglioniscono la nostra gioventù.
Lasciamo questa splendida famigliola con la quale avrei voluto fare una foto di gruppo ma ho avuto vergogna a chiederglielo e allora senza indugio ci dirigiamo nuovamente verso Ciego de Avila.


Fine VII parte.