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Eremo Sant'Alberto di Butrio

Martedì 09 Marzo 2021 11:26
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Eremo Sant'Alberto di ButrioSono passati trent'anni dall'ultima volta che avevo percorso queste strette strade che si snodano tra le colline sulla sponda destra del torrente Staffora.
La strada è la stessa di allora, tortuosa e affascinante, il paesaggio intorno è lo stesso, verdi campi si alternano a boschetti e le case sembrano incollate ai dolci crinali delle colline.
Proprio qualche giorno fa, mi era tornata alla memoria questo posto e mia sorella mi aveva sollecitato a ritornarci, ricordandomi che proprio quell'ultima volta fu la data e il luogo del suo matrimonio. L'unica cosa che trovo cambiata è l'area adiacente all'Eremo di Sant'Alberto di Butrio, risistemata, più accogliente e scenografico, un luogo già di per sé magico.
Il grande cortile ospita una serie di tavoli e panche, poste all'ombra sotto frondosi alberi, dove pellegrini, devoti e turisti si riposano, rinfrescati da una leggera brezza che si è alzata.
Anch'io prima di accedere all'Eremo mi godo nel silenzio del luogo il panorama e ripercorro con la mente la storia dell'Eremo e del suo importante abitante: Sant'Alberto.
La costruzione dell'Eremo venne iniziata dallo stesso Alberto nell'XI secolo, dove il monaco asceta stabilì la propria residenza. Avendo guarito miracolosamente un figlio muto del Marchese Malaspina di Casalasco, costui per riconoscenza gli edificò una chiesa in stile rinascimentale, dove Sant'Alberto e i suoi seguaci potessero celebrare il divino ufficio. Ha così inizio l'edificazione del Monastero. A capo della comunità fu eletto Sant'Alberto, che vi visse fino alla sua morte, avvenuta nel 1073. Anche dopo la morte del Santo la comunità continuò a crescere e anche estendere la presenza sia spirituale che temporale, con molte dipendenze situate nelle attuali provincie di Alessandria, Pavia e Piacenza.
Della vita di Sant'Alberto si conosce ben poco, se non grazie ad un affresco del XV secolo presente nell'Abbazia e una pubblicazione apparsa nel 1613 a Milano scritta da Padre Filippo Ferrari di Alessandria dei Servi di Maria. L'Eremo ospitò personaggi illustri, si crede che avesse sostato l'Imperatore Federico Barbarossa e Edoardo II plantageneto, che prima si era nascosto nel castello di Melazzo, vicino ad Acqui Terme.
Edoardo II Re d'Inghilterra nel 1308 sposò Isabella, sorella di Filippo IV Re di Francia, dalla quale unione nel 1312 nacque Edoardo III che lo sostituirà sul trono. Isabella congiurò contro il marito e dopo anni di regno segnati da conflitti e sciagure Edoardo II fu imprigionato dai fedeli della moglie, e fu costretto ad abdicare. Apparentemente fu ucciso nel castello di Berkeley in Inghilterra nel settembre del 1327, invece riuscì a scappare all'assassinio e vagò in Irlanda, Francia e poi in Italia sotto le spoglie di un pellegrino. Raggiunto l'Eremo, dopo due anni di penitenze e preghiere vi morì: dapprima fu sepolto nell'Eremo, poi la salma fu trasportata in Inghilterra nel mausoleo di Gloucester. Nel Medioevo si credeva che i sovrani potessero guarire gli infermi con poteri taumaturgici, come le monete che essi toccavano o che venivano a contatto con la sua tomba. Ciò provocò non pochi disordini con i popolani proprio per questa credenza.
Dopo un florido periodo nel XII e XIII secolo, con l'avvento degli abati commendatari, per l'Eremo cominciò un periodo di decadenza. Nel 1542 gli ultimi monaci olivetani lasciarono l'Eremo, in loco rimase solo un sacerdote per la cura delle anime.
Nel 1595 la chiesa di Sant'Alberto fu eretta in parrocchia. Seguiranno secoli d'abbandono e nel 1810, Napoleone soppresse gli ordini monastici e requisì l'Eremo.
Nel 1900 a Don Orione fu affidato la cura dell'Eremo, avvenne la riesumazione dei resti mortali di Sant'Alberto, poi deposti in una statua di cera conservata nell'Eremo. Don Orione affidò la custodia dell'Eremo alla congregazione della Divina Provvidenza che ancora oggi lo custodisce.
Come da secoli la vita dei monaci è scandita dal motto di San Benedetto: ora et labora. La sveglia per costoro è alle ore 5.00 e fino alle ore 19.30, ora della cena, alternano le ore di preghiera, meditazione, al lavoro. In particolare assolvano i compiti dell'accoglienza, ospitalità dei pellegrini, si occupano della cura della Chiesa, dell'orto, dell'allevamento di animali e della produzione di miele.
L'Abbazia si presenta con un particolare prospetto, ove vi domina una tozza torre quadrangolare medioevale un tempo costruita per funzioni difensive insieme alla cinta muraria, ormai scomparsa. Ad essa si appoggia la sagrestia e un porticato, sotto il quale una porticina permette l'accesso alle tre chiese collegate tra loro ed edificate in epoche diverse.
Si accede direttamente alla Chiesa dedicata a Sant'Antonio, forse trecentesca e un tempo solo una tettoia o il pronao della Chiesa principale dedicata a Santa Maria. Questa Chiesa è stata tutta affrescata nella seconda metà del XV secolo, forse opera di Manfredino e Francesco Boxilio di Castelnuovo Scrivia, o comunque da un monaco a loro ispirato.
Al centro della Chiesa, un pilastro anch'esso affrescato, pare reggere l'intera volta. Tra i santi ritratti che riconosco vi è sicuramente San Gerolamo, San Ruffino, Sant'Innocenzo e San Giovanni Battista, come lo indicano i cartigli con i nomi iscritti in caratteri gotici che accompagnano i diversi santi. Sopra l'architrave di ogni arco sono ritratti i profeti maggiori e minori, alcuni identificabili anche dal cartiglio con il loro nome che tengono in mano.
Sulle pareti vi sono dipinte delle lunette con affreschi agiografici dei santi. In tutti gli affreschi prevale il gusto gotico con motivi di richiamo all'arte bizantina. L'adiacente Chiesa di Santa Maria con cui l'Oratorio forma un singolare connubio, è stata nei secoli trasformata, perdendo i suoi preziosi affreschi, ma non l'intimità con Dio, che Sant'Alberto aveva cercato. Da questi due edifici vi è l'accesso alla Chiesa di Sant'Alberto con importanti affreschi del XV secolo, tra cui la “Vergine tra i Santi e Bertramino Malaspina” e “Il miracolo di Sant'Alberto alla corte papale” che racconta la leggenda secondo la quale Alberto, accusato presso il Sommo Pontefice di non rispettare il digiuno, si recò a Roma per difendersi da questo addebito, e durante il pranzo alla presenza del Papa e di tre Cardinali, compì il miracolo di trasformare l'acqua in vino, dimostrando così la sua innocenza. Inoltre vi è un affresco in cui è raffigurato un Imperatore che probabilmente è Sigismondo di Lussemburgo.
In questa Chiesa, dietro l'altare maggiore vi è la tomba in cui era stato tumulato Sant'Alberto. Nell'unica navata è conservata sotto una teca di cristallo, la cera del Santo con al suo interno le sue reliquie.
Scendo così per una stretta scala nel lato superstite del chiostro del XV secolo, con le sue colonnine binate e capitelli raffiguranti figure umane e zoomorfe. Da quello che era l'antico chiostro, di cui rimane un solo lato e il pozzo, si può accedere al locale ove vi è la tomba di frate Ave Maria e alla stanza ove vi abitò dal 1923 al 1964, conducendo una vita di preghiera e penitenza.
Frate Ave Maria, al secolo Cesare Pisano, nacque a Pegli, località di Ortovero in provincia di Savona il 24 febbraio 1900, a 12 anni perse la vista per una fucilata accidentalmente sparata da un amico. A vent'anni viene accolto da Don Orione nei suoi istituiti e due anni dopo è all'Eremo di Sant'Alberto, dove crebbe la sua fama di santità. Morì all'ospedale di Voghera il 21 gennaio 1964.
Sempre sotto il porticato interno, ove un tempo vi era la legnaia, venne scoperta la tomba scavata nella roccia, dove si presume fosse stato sepolto re Edoardo II d'Inghilterra.
Lascio così questo luogo di spiritualità e di pace, dove non solo ho potuto ripercorrere i felici momenti trascorsi con mia sorella il giorno del suo matrimonio, ma altresì ho goduto momenti di relax.
Prima di allontanarmi dall'Eremo, voglio ripercorre poche centinaia di metri e raggiungere il luogo ove un tempo, in una grotta ormai scomparsa, in fondo ad un vallone, Sant'Alberto aveva trovato il primo rifugio.
Ormai rientro verso la mia residenza soddisfatto di aver trascorso una diversa e interessante giornata a poche decine di chilometri da casa.