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Il mio Piemonte: Monleale

Sabato 17 Aprile 2021 14:13
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MonlealeLa giornata si presenta luminosa tanto da invitarmi a fare un "giro fuori porta", non devo andare molto lontano ma solo sulle prime propaggini dei colli tortonesi. Così ben presto mi trovo ad arrancare verso Monleale Alto. Ho passato da poco Monleale Basso, posto lungo la strada provinciale 100 della Val Curone. È lo stesso torrente Curone a dividere l'abitato di Monleale Basso dal comune di Volpedo. I servizi più importanti ormai sono collocati a Monleale Basso, compreso il Palazzo Comunale e il famoso Mercato Ortofrutticolo.
Il nome, in dialetto Mulia, pare derivare dal termine dialettale Molia, che significa "luogo acquitrinoso" e dovrebbe fare riferimento a vallette poste tra Monleale e Berzano.
Raggiungo così Piazza Capsoni e dopo aver parcheggiato, ripercorro la storia del Borgo.
Tutto ha inizio il 7 novembre 1172, quando con un Instrumentum, il monte già detto "della Forca" in cui sorge oggi Monleale viene donato da Marinaro del fu Dodone di Volpedo con i figli e fratelli al Vescovo di Tortona, Oberto e ai consoli di Tortona, "affinché si edifichi un castello con la villa con fossati e munizioni". Monleale allora non era altro che una "forca", vale a dire un passaggio, ossia un valico, poi soprannominato Monslegalis. Il luogo che venne poi restituito in feudo ai donatori.
Bisogna fare ancora un passo indietro per un tratto di storia che riguarda il borgo ancor prima della fondazione del Castello e della donazione al Vescovo di tortona. Infatti quando l'Imperatore Federico Barbarossa scese in Italia per assoggettare il Comune di Tortona e vinse con il noto assedio del 1155, tolse l'intera area sottomessa al comune leonino e ove già insisteva un primitivo villaggio, che poi diverrà Monleale, al controllo di Tortona a cui poi la restituì, con il diploma di riconciliazione del 1176 tra Federico Barbarossa ed il Comune di Tortona, il luogo veniva assegnato al contado della città.
Nel 1408 il paese era in feudo agli Opizzoni, poi passa nel secolo XVI, Monleale con il suo Castello al Ducato di Milano. Il Duca Filippo Maria Visconti nel 1412 lo infeuda a Perino Cameri detto da Tortona, insieme con Volpedo, Volpeglino, Sarezzano, Selva e Carbonara. In verità Perino Cameri, capitano del Duca e commissario per l'Oltrepò tortonese e alessandrino diventa feudatario in quanto vantava crediti dal Duca che lo pagò con il feudo di Monleale che dipendeva da Tortona, ma dalla cui giurisdizione venne separato. Perino lascerà invece alla Fabbrica del Duomo di Milano l'abitato di Volpedo. Nell'atto di cessione del Duca, è infatti riportato che «di vendita e dato in paga» stipulato nel gennaio 1413 a Milano, il Perino potrà fare di Monleale «tutto quello che vorrà senza contraddizione nostra o di altri».
Il Borgo passa successivamente ai Guidobono Cavalchini, quando la pronipote di Perino Cameri, Despina, portò in dote la metà di Monleale al marito Giulio Guidobono, che ne fu investito nel 1555. Gli ultimi signori di Monleale furono i Cane e i Calcamuggi, e vi restarono fino all'estinzione dei feudi. Durante il dominio dei Calcamuggi la storia di Monleale è costellata da carestie e disastri naturali. In seguito Monleale con il Tortonese passò alla casa Savoia con il Re Carlo Emanuele III e da allora seguirà le vicende piemontesi.
Stando agli annali il XVII e XVIII secolo, oltre al passaggio dei vari eserciti con le immancabili vessazioni, le diverse pestilenze che coinvolsero tutto il nord Italia, il territorio fu altresì pesantemente segnato da diverse calamità. Nel 1771 una terribile grandinata distrusse i raccolti e produsse una carestia che durò diversi anni. Il 1779 fu segnato da un invasione di bruchi che divorò i raccolti. Ancora nel 1783 vi è un altra carestia a causa di una siccità durata diversi mesi. Il 1792 è ricordato per la fallanza generale dei raccolti e per l'intervento del Re che fece arrivare granaglie dalla Sicilia. Anche con l'arrivo dei francesi a fine del XVIII secolo le vessazioni proseguirono con ingenti tasse e balzelli da pagare. Ma anche con il ritorno vittorioso degli austro-russi, scendendo per la Val Curone da Varzi imposero alla comunità di Monleale una pesante contribuzione per la loro permanenza, il tutto seguito da ruberie verso la popolazione. Tornati i francesi, la sostanza non cambia molto, fino alla restaurazione nel 1815 quando Monleale divenne Comune autonomo. Ma nel 1927 il Fascismo lo aggrega a Volpedo. Alla caduta del Fascismo, prima preoccupazione dei monlealesi fu il ritorno all'autonomia nel 1948.
Interessante ricordare che alla fine del XIX secolo, Monleale diventa il capolinea della Tramvia Tortona-Monleale, un nuovo mezzo di comunicazione e di trasporto anche commerciale, che favorisce lo sviluppo del Borgo.
Monleale Alto è uno splendido balcone sulla Pianura Padana, luogo di produzione di grandi vini come il Timorasso e di frutta di ottima qualità, tra cui un posto di rilievo è occupato dalle pesche e un tempo anche di fragole.
Inizio a percorrere il Borgo a piedi, che nonostante le irte salite si gira comodamente in breve tempo. Subito mi appare l'Oratorio della Beata Vergine del Gonfalone. Questo edificio settecentesco, realizzato in pietra e mattoni, fu terminato nel 1747 e si presenta con tetto a capanna. La Chiesa è molto alta e presenta un piccolo campanile triangolare sulla facciata. Ha una sola porta d'accesso, assai rozza, e nel secondo ordine un ampia finestra rettangolare in pessimo stato di conservazione. Un piccolo sagrato in ciottolato protetto da un muretto in pietra ne anticipa l'accesso. L'Oratorio voluto dal conte Pietro Guidobone, aveva cinque altari ed era sede della confraternita della beata Vergine del Gonfalone. Compito della confraternita era partecipare alle processioni e alle funzioni pubbliche indossando una cappa bianca.
Proseguo la mia strada, sempre in salita, che avanza correndo intorno a quello che un tempo era il Castello, munito di tre torri, che era collocato sul culmine della collina, al centro dell'abitato; oggi sono visibili solo le vestigia immerse in una folta vegetazioni. A ricordarne la presenza il nome della strada, Via Castello.
Le vecchie case, portano ancora, benché consunte dal tempo, le iscrizioni dipinte delle vecchie attività commerciali. Il Borgo, sebbene appaia, in questa ora di una calda giornata, quasi disabitato, ha molti edifici con giardini curati e la strada principale, realizzata in ciottoli di fiume, porfido e lastroni di pietra è assai pulita e decorosa.
Raggiungo la Chiesa Parrocchiale, leggermente sopraelevata dalla strada il cui accesso avviene attraverso una lunga scala. Il sagrato della chiesa è in erba. La chiesa si presenta con una facciata intonacata molto semplice, tetto a capanna e una sola porta d'accesso con una ampia vetrata sovrastante. Questa Chiesa dedicata a Sant'Ambrogio fu edificata nel corso del XVIII secolo, mentre il campanile è del 1874. In precedenza l'antica Chiesa di Monleale probabilmente era situata tra il Monleale odierno e Berzano, di cui non vi è più traccia.
Sono ormai quasi tornato all'auto, facendo proprio il giro intorno al colle dove un tempo sorgeva il Castello. Inizio a vagare per strade costellate di preziosi vitigni; è il vino Timorasso il prodotto finale di questi biondi acini che mi accompagnano nel mio girovagare per i colli di Monleale.
Il Timorasso è un antico vitigno autoctono a bacca bianca di qualità, coltivato nelle Valli Curone, Grue, Ossona e in Val Borbera, dove la vite ha trovato il suo ambiente ideale. Infatti Monleale e i suoi colli è un luogo soleggiato e al riparo dei venti. La sua produzione è assai limitata, ma di alta qualità. Il vino è ben strutturato ed io l'ho sempre accompagnato ai formaggi, soprattutto al Montebore.
Raggiungo così località Cà del Pep sempre nel Comune di Monleale, dove mi soffermo a osservare il luogo in cui un tempo vi era una Roverella detta "Rugrou". Questo albero di circa trecento anni, ora purtroppo è seccato e poi scomparso per colpa dell'uomo. L'albero era entrato a far parte della raccolta di Alberi Monumentali del Piemonte a cura dell'I.P.L.A. Me la ricordo, ogni qualvolta salivo in Val Curone, verde e frondosa, una meraviglia della natura con i suoi 575 cm di circonferenza del tronco.
Rientro così verso casa, gratificato di aver potuto visitare uno dei più bei Borghi della provincia di Alessandria e del Piemonte.