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A zonzo per Pisino

Giovedì 17 Giugno 2021 10:33
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Pisino-PazinEssere in Istria e non andare a visitare il cuore di questa regione è impossibile per chi come il sottoscritto ha una curiosità esuberante. Mentre percorro le belle strade che questa regione offre, sempre costeggiate da verdi prati e da lussureggianti colture agricole o da boschi, ripercorro sommariamente la storia di Pisino o Pazin in croato. Questa cittadina la si trova menzionata per la prima volta nel 983 come fortezza di Pisino "castrum Pisinum", anche se sicuramente come insediamento esisteva già molto prima.
In questo documento, l'Imperatore Ottone afferma la donazione della fortificazione Castrum Pisinum ai vescovi di Parenzo. Costoro cedettero il borgo e la fortezza nel XII secolo al loro conte advocatus Majnard von Schwarzenburg. Fino ad allora intorno al castello vi era un fossato a protezione del Borgo fortificato, al quale si accedeva attraverso cinque porte con ponti levatoi. Alla morte di Majnard, per un breve periodo amministrò il feudo sua figlia Matilde che era soprannominata la contessa di Pisino, per poi passare, con il matrimonio con il conte Engelbert, ai conti di Gorizia. I conti di Gorizia da allora furono indicati come i conti di Gorizia e d'Istria e per un certo periodo risiedettero a Pisino dove ebbero il proprio palazzo.
I conti di Gorizia e d'Istria continuarono ad allargare il controllo su altri città e territori in Istria, e siccome i confini cambiavano troppo spesso, vi furono continue contese. A definire i confini si arrivò, con quello che è riconosciuto come il più vecchio documento giuridico croato internazionale "ISTARSKI RAZVOD" in cui furono disegnati i confini e le giurisdizione dei vari nobili. Questo documento fu scritto contemporaneamente in tre lingue: latina, tedesca e croata in caratteri glagolitici.
Nel 1374 con la morte del conte di Gorizia Alberto IV che era senza eredi, i suoi possedimenti istriani, menzionati con il nome di Contea di Pisino, passarono alla famiglia degli Asburgo in base al contratto ereditario. Gli Asburgo usarono la contea di Pisino come fonte di reddito con il quale finanziarono la propria salita al potere.
Si susseguirono così a Pisino molte famiglie nobili che gestirono la contea, come i Devinski, Walsee, Della Torre, Durr (Duerrer), Mosconi, Swetkowitz, Khevenhüller, Kaitschach, Fugger, Barbo, Eggenberg, Flangini, Porzia, Auersperg, Turinetti de Prie che difficilmente risiedettero a Pisino e per loro amministrava un capitano. La pressione delle tasse fatte sui contadini era talmente esosa che provocò diverse rivolte, come per esempio nel 1409, 1571, 1631, 1653, ma anche nel 1737.
Il Borgo ebbe fino ai giorni nostri una storia turbolenta. Infatti il castello e il Borgo entrati sotto il controllo della casata austriaca degli Asburgo nel 1374, si videro protagonisti nei conflitti con la Repubblica di Venezia. Nel XV secolo la città cominciò a svilupparsi anche al di fuori delle mura fortificate, che furono teatro dei numerosi violenti assalti da parte delle truppe veneziane. L'esercito veneziano attaccò ripetutamente Pisino, ma riuscì a conquistarla solo due volte; la prima nel 1508 quando l'intera contea fu occupata in pochi giorni e in quell'occasione fu invaso anche il castello. Riconquistata dagli Asburgo nel 1510 fu poi nuovamente soggetta a assedi con la nuova guerra austro-veneta del 1615 e nel 1616 Pisino fu distrutta. Da allora la città di Pisino viene definita "l'orgogliosa".
Ai conflitti armati si unì la peste e la minaccia di invasioni turche, mentre nel grande incendio del 1584 a Pisino bruciarono 180 case.
La Contea di Pisino venne acquistata nel 1766 dal conte Antonio Laderchi marchese Montecuccoli, personaggio molto influente alla corte dell'Imperatrice Maria Teresa. Costui era imparentato con il ramo modenese dei Montecuccoli, il cui esponente più celebre fu il condottiero Raimondo Montecuccoli. Il castello di Pisino, chiamato castello di Montecuccoli rimase di proprietà della stessa famiglia fino al 1945. Con l'arrivo in Istria dei francesi di Napoleone Bonaparte, la regione dopo quasi metà millennio, tornò ad essere unità. Infatti con la caduta della Repubblica di Venezia, che governava la parte costiera della regione e degli austriaci, che regnavano sul resto dell'Istria, anche Pisino passò sotto il controllo di Napoleone. I francesi rimasero in Istria fino al 1813, si racconta che quando questi si ritirarono gettarono una gran parte degli armamenti nella Foiba di Pisino.
Con l'abolizione del governo francese, l'Istria passò sotto il potere dell'Austria. Pisino nel 1825 divenne sede del governo locale d'Istria di cui facevano parte anche le isole del Quarnero. Dopo il 1860 l'Istria ebbe il proprio Sabor (parlamento) e la sede da Pisino fu trasferita a Parenzo. Nel 1876 venne aperta alla circolazione la linea ferroviaria Trieste–Pola, lunga 130 km con oltre 10 corse giornaliere nei due sensi. La stazione ferroviaria ha la scritta bilingue Mitterburg-Pisino.
Sempre a partire dalla seconda metà del XIX secolo Pisino divenne uno dei centri culturali tra i più importanti, e vi fu istituito il Ginnasio. Dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1918, Pisino fu occupata e poi annessa all'Italia.
Nella Prima Guerra Mondiale da Pisino partirono dei volontari per arruolarsi nelle file dell'esercito italiano. Tra loro perdono la vita Francesco Dobrilla, Ettore Uicich entrambi medaglie d'argento e il più famoso Fabio Filzi che fu decorato di medaglia d'oro. L'8 novembre 1918 Pisino vide l'ingresso in città dei bersaglieri italiani. L'amministrazione italiana però dura poco ed è destinata a cessare con la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo la capitolazione dell'Italia nel 1943, Pisino fu occupata dai partigiani croati e nel settembre dello stesso anno fu annessa alla federazione di Jugoslavia.
Dopo l'annuncio radio dell'armistizio dell'8 settembre 1943 i soldati italiani lasciarono il presidio istriano cercando di ritornare a casa. Ma ciò creò l'apprensione dei cittadini ed infatti iniziò il periodo di governo partigiano slavo e la triste storia dell'infoibamento. Nel castello vennero rinchiusi i collaborazionisti e i loro famigliari, del governo fascista e dallo stesso partirono coloro che furono destinati alle foibe. Il 27 settembre ed il 2 ottobre 1943 Pisino venne bombardata da aerei tedeschi e entrarono in città le truppe della Wehrmacht, mettendo in fuga gli slavi e portando altri lutti, saccheggi e incendi. Due anni più tardi, a seguito della capitolazione della Germania, Pisino venne occupata dalle truppe iugoslave.
Il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 sancì il definitivo passaggio della penisola istriana alla Iugoslavia, ed ebbe inizio un esodo in massa della popolazione di lingua italiana. Nel 1991, a seguito della dichiarazione d'indipendenza della Repubblica di Croazia, Pisino divenne il centro amministrativo della Regione istriana.
Raggiungo così questo Borgo, incastonato tra il verde lussureggiante, costruito sopra ad una profonda grotta, oggetto da sempre di storie, leggende e luogo di ispirazione per racconti. Pisino non è solo il cuore dell'Istria perché è posto al centro della penisola istriana, ma è una città di lunga e ricca tradizione, con intensi scambi commerciali. Oltre alle numerose attrazioni storiche e culturali, ha una cucina eccezionale di piatti tipici, ottimi vini e grappe.
Parcheggiata l'auto vicino al Municipio, mi avvio tra strette strade e basse case verso il centro storico. I commercianti hanno messo in bella vista le loro mercanzia nelle vetrine e le signore s'avviano con le loro sportine a fare la spesa, mentre giovani mamme spingono i passeggini con i loro pargoli.
Mi trovo così quasi subito davanti alla chiesa parrocchiale di San Nicola che fu costruita nel 1266 e poi ricostruita durante il XV e XVIII secolo. La chiesa romanica è appartenente alla diocesi di Parenzo con lo status di Prepositura. La facciata si presenta tripartita e suddivisa da grandi contrafforti. La parte centrale è a capanna mentre quelle laterali, più basse, hanno il tetto a spiovente. Ogni parte ha una porta, quella centrale ha un portone d'accesso più ampio, tutte sono incorniciate da piedritti e architravi in pietra locale e le porte laterali hanno sopra all'architrave delle finestre a lunetta. La porta maggiore, invece presenta sopra di essa una lastra marmorea incisa. Sulla parte centrale è ricavata una nicchia con al suo interno una statua in pietra di San Nicola. Ai lati della nicchia due finestre rettangolari con arco a tutto sesto. Completa la facciata un bel rosone.
All'interno, la chiesa presenta una struttura a tre navate con una bella abside gotica, un presbiterio tardo gotico e cappelle rinascimentali a cui si aggiungono decorazione in stile Barocco del 1764.
Gli affreschi nel presbiterio della Chiesa di San Nicola vennero dipinti intorno al 1470 e sono tra le più belle pitture murali in Istria. Nella parte centrale della volta romboidale del presbiterio della Chiesa è raffigurato San Michele e scene della creazione del mondo e la lotta tra gli angeli buoni e quelli cattivi. Interessante l'affresco del peccato originale. Il ciclo della Genesi viene caratterizzato dalla presenza di Dio Padre con una corona in testa, il quale viene ripetuto più volte nelle scene. Il ciclo parte dalla rappresentazione del primo giorno con la creazione della luce, segue la creazione del firmamento, la separazione della terra dal mare, la creazione del Sole e della Luna, quella degli uccelli e dei pesci e, infine, la creazione di Adamo ed Eva. Il ciclo si conclude con l'ultima scena ove Adamo ed Eva con Dio sono di fronte all'albero della conoscenza del bene e del male.
Gli affreschi continuano con le figure dei profeti e scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.
Su un fianco esterno della chiesa sono collocate alcune lastre tombali nobiliari che testimoniano l'antica consuetudine di seppellire i morti all'interno delle chiese. Accanto vi è stato eretto nel 1705 un massiccio campanile alto 45 m. Questo è una torre in calcare bianco, con doppio coronamento e trifore nella cella campanaria, sormontato da una torre ghibellina merlata, con cuspide ottagonale. Sulla parte sommitale della torre campanaria vi è un orologio che volge verso la città vecchia, sopra di esso vi è lo stemma di Pisino. Alla base del campanile, un sottopassaggio a fornice, permette alla antica strada della contea di transitarvici sotto anche con dei carri, era il passaggio per il quale si accedeva alla chiesa circondata dal muro di pietra.
La mia passeggiata continua in questo caratteristico Borgo, dove il moderno delle insegne a neon dei negozi, si fonde con le cataste di legna ancora in uso nelle case per scaldarsi. I muri scrostati delle vecchie abitazioni, i giochi dei bambini per strada, i crocchi di uomini a parlare fuori dall'osteria, mi ricordano tanto la mia gioventù, ormai cartoline di altri tempi. Colgo l'occasione per sostare in una birreria per dissetarmi con una pivo, un piccolo bicchiere di birra chiara istriana. Sono, vista l'ora, l'unico avventore e la giovane barista velocemente mi serve da bere, dopo aver sapientemente spillato la birra senza creare molta schiuma. Il locale è più che retrò, non solo nell'arredo. ma anche nella ricerca degli oggetti esposti che fanno bella mostra in un locale che potrei definire quasi un museo. Vecchie lampade anni 30 e 40 del secolo scorso, vecchi dischi 33 giri alle pareti con in un angolo un bel giradischi, una televisore fine anni 50 e molto altro ancora.
Proseguo, così dissetato verso il castello, che mi accoglie sullo sperone di roccia nel punto più alto del borgo. Un grande stemma sulle mura de castello ricorda la sua storia.
Il Castello di Pisino è la più grande fortezza medievale e meglio conservata presente in Istria e viene menzionata nei documenti scritti dal 983. Da quel periodo in poi, il Castello di Pisino, insieme al suo Borgo viene conquistato e saccheggiato, riconquistato, distrutto, riadattato, ampliato ripetutamente ad ogni cambio di signori. Dall'interno delle sue mura, si amministrava tutto il territorio dell'Istria centrale che allora si chiamava Grafschaf Mitterburg, Contea di Pisino cioè Pazinska knežija.
Il castello presenta una forma poligonale irregolare, con un cortile centrale che ospita una cisterna, la sua architettura ha elementi romanici, gotici e rinascimentali. Sulla facciata d'ingresso del castello, rinnovata nel secondo decennio del 1800 anche con l'apertura di finestre, posso ammirare gli stemmi di alcune famiglie nobili, che si succedettero nella signoria: casa d'Austria, Duinati, Walsee, de Pisino o di Chersano, Auersperg...
La fortificazione originaria aveva una forma allungata, con una torre quadrangolare, le mura che comprendevano anche le case circostanti, la cappella romanica, che è consacrata e dedicata alla Madonna della Neve ed un ponte levatoio permetteva di superare un fossato difensivo.
Il castello, di cui alcune parti risalgono al Duecento, con la sua imponente mole si erge sull'orlo della foiba, che rende il luogo assai pittoresco. Infatti nel corso del XIX secolo il fascino del castello ispirò Jules Verne, che non visitò mai Pisino ma decise di ambientarvi il romanzo Mathias Sandorf e per la descrizione della rocca il celebre scrittore francese si basò su alcune fotografie del castello e dalle descrizioni che furono pubblicate dai numerosi scrittori di viaggi che visitarono Pisino. Il romanzo d'avventura pubblicato nel 1885 è ambientato nell'impero d'Austria-Ungheria a Trieste, Istria, Dalmazia ed all'isola di fantasia "Isola di Antekirrta".
In questo romanzo, da cui sono stati tratti diversi film, il protagonista, il nobile ungherese Mathias Sandorf, viene arrestato insieme a due soldati dalla polizia austriaca, condannato a morte con l'accusa di attività rivoluzionaria e rinchiuso nel castello di Pisino. Sandorf riesce a fuggire calandosi lungo un parafulmine durante un furioso temporale. Un fulmine colpisce proprio il parafulmine quando il conte è quasi a terra e lo fa precipitare nelle acque limacciose del torrente Pazinčica trascinandolo nell'orrido della foiba. Il protagonista riesce ad aggrapparsi a un tronco d'albero e, dopo alcune ore, riemerge sul canale di Leme. A piedi raggiungere la cittadina di Rovigno, dove scoperto è costretto a gettarsi in mare da un'alta rupe.
Nel castello sono visitabili diverse mostre, dal Museo Etnografico dell'Istria, al Museo civico di Pisino. Il museo etnografico dell'Istria conserva attrezzi agricoli utilizzati fra il XIX e il XX secolo, tessuti, arredi casalinghi e da cucina. In questo muoseo vi sono ricostruite la bottega del falegname, del fabbro con la fornace, una cucina tradizionale con il focolare e vari utensili e oggetti realizzati dai fabbri. Conserva altresì gli abiti tradizionali indossati dalla popolazione e provenienti da tutte le parti dell'Istria, ma anche abiti degli immigrati provenienti dal Montenegro e popolari femminili italiani.
Invece il museo civico di Pazin-Pisino raccoglie il patrimonio storico e artistico locale, dalla preistoria al primo Medioevo, comprese le insurrezioni dei servi della gleba nel XV e XVI secolo, oltreché una mostra sulla vita e l'opera del vescovo dr. Juraj Dobrila. Costui nacque nella frazione di Ieseni, nei pressi di Pisino il 16 marzo 1812, frequentò il ginnasio a Gorizia e a Karlovac. Frequentò il Seminario Maggiore di Gorizia e divenne sacerdote nel 1837 e dal 1857 al 1875, fu vescovo di Parenzo e Pola e dal 1875 fino alla sua morte avvenuta nel 1882 fu vescovo di Trieste e Capodistria. Questo vescovo istriano fu fautore del Risorgimento ed è il personaggio più importante dell'Istria nel XIX secolo.
Dal "Belvedere", ai piedi della rocca, mi soffermo ad ammirare l'orrido della Foiba, che precipita in ambiente ipogeo. La parete di nuda roccia, sovrasta l'imboccatura della caverna (voragine Martel). Infatti il maniero si erge sul precipizio di circa 130 metri della foiba, dove il torrente Pazinčica, tra anse spettacolari, si inabissa alla fine di un lungo canyon. Il fiume sotterraneo forma due laghi sotterranei che tra di loro sono collegati. Le acque scorrono per chilometri sotto terra fino a sfociare nel canale di Leme. E se Jules Verne non è mai stato a Pisino non c'e mai stato nemmeno Dante Alighieri a cui si afferma avesse trovato ispirazione nella Foiba od orrido di Pisino per desrivere alcune parti dell'Inferno; di certo menziona l'Istria, ovvero Pola e il Golfo del Quarnero nel IX canto dell'Inferno:
"Sì come ad Arli ove Rodano stagna,
sì com'a Pola, presso del Carnaro
ch'Italia chiude e i suoi termini bagna,
fanno i sepulcri tutt'il loco varo,
così facevan quivi d'ogni parte,
salvo che 'l modo v'era più amaro".

Stando a queste frasi sembra che l'autore abbia visitato Pola durante la propria vita, ma credo che Dante abbia soltanto letto della città o sentito i racconti dei suoi sepolcri.
Di certo le foibe e il castello sono state fonte d'ispirazione per diversi scrittori, come per Vladimir Nazor, che all'inizio del XX secolo ha lavorato come professore al vecchio Liceo di Pisino. Vladimir Nazor nacque nel 1876 a Postire un comune della Regione spalatino-dalmata sull'isola di Brazza e morì a Zagabria il 19 giugno 1949, fu un politico, poeta, scrittore e primo Presidente della Repubblica Popolare di Croazia, in qualità di Presidente dell'Assemblea Nazionale della Repubblica Popolare di Croazia. Come scrittore, Nazor acquistò molta popolarità letteraria in Croazia, scrivendo di storie e leggende popolari. Tra cui la leggenda secondo cui gli insediamenti istriani di Grisignana, Rozzo, Piemonte d'Istria, Montona, Sovignacco e Vrh sarebbero stati costruiti da giganti che abitavano la penisola istriana ancor prima dell'arrivo dell'uomo. Il gigante più grande, Dragonja, fu soprannominato "l'aratore" poiché scavò un solco dalla Cicceria fino al mare, facendovi poi scorrere un fiume dal corso pacato e lento. Per questo lo chiamò Quieto. La Cicceria è una regione montuosa storica compresa tra la Slovenia e la Croazia e il fiume Quieto in croato si chiama Mirna.
Su richiesta degli abitanti dell'entroterra istriano, Dragonja scavò un altro solco destinato a un secondo fiume, che dedicò a se stesso chiamandolo Dragonja. Volle fare un terzo fiume nei pressi del castello di Pisino. Quando ormai era pronto a realizzarlo, si accorse che un'abitante della città lo stava deridendo dalla finestra. Così Dragonja se ne andò via offeso, senza portare a termine il suo piano e lasciando Pisino in balia delle acque. A quel punto gli abitanti piombarono nel terrore e pregarono più volte il gigante di tornare, ma Dragonja furioso si limitò ad assestare un calcio e con un solo colpo del piede spaccò il terreno creando l'attuale grotta di Pisino, ritenuta la porta degli inferi.
Giusto per finire la leggenda: nel frattempo, gli altri giganti una volta terminati Montona, Grisignana, Sovignacco, Piemonte d'Istria, Rozzo e Vrh, decisero di utilizzare i pochi "sassolini" rimasti per costruire Hum, la più piccola città del mondo. Di fronte al castello, nascosto tra alti alberi, sul bordo della rupe c'è un mistico antico rudere in pietra, si tratta della casa Rapicio del XIV-XV secolo; edificio che non fu risparmiato dai bombardamenti dell'aviazione tedesca nel settembre ottobre del 1943. Si racconta che Rapicio, ultimo proprietario, non avendo eredi, si fece seppellire con le chiavi di casa in tasca.
Mentre sto osservando il castello, sono attratto dal belvedere dello stesso, dove ci sono giovani ragazzi che affrontano un esperienza brivido, lanciandosi da un'apposita impalcatura, agganciati e distesi e trasportati su un cavo d'acciaio, che dopo alcune centinaia di metri ad elevata velocità raggiunge l'altro capo dell'orrido, offrendo ai coraggiosi un'incredibile vista sulla grotta di Pisino e sul castello. Infatti con la Zip-line è più facile volarci sopra alla foiba che esplorare una parte della grotta facendo una breve passeggiata accompagnati da speleologi esperti.
A lato del castello, in posizione di difesa su uno sperone di roccia che digrada nel torrente, è visibile il portale in pietra di Casa Decorte, in cui aveva avuto sede il vecchio Tribunale. Si trova all'inizio della più antica strada della città, Calle dei Nobili che era abitata dalle famiglie più illustri di Pisino, ossia dagli ufficiali e dagli impiegati amministrativi della contea.
Mi dirigo ora a vedere il convento di San Francesco. Una signora mi viene incontro e gentilmente mi mostra una porta laterale d'accesso alla chiesa. Il convento è un antica istituzione dei Minoriti che porta con sé origini leggendarie. Si racconta che nella cappella della Madonna, posta fuori città, che doveva venire demolita per far posto alle nuove opere di fortificazione, vi era la statua della Vergine. In una notte di tempesta la statua si spostò sul luogo ove ora si trova, ossia sull'altare maggiore della chiesa del convento.
Il complesso del convento francescano con la chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria, fu costruito nel XV secolo, nel periodo compreso tra il 1463 e il 1477. La chiesa ha una facciata a capanna con una sola porta d'accesso, anticipata da alcuni gradini. La porta presenta un timpano e una lunetta, sopra di essa una grande finestra semicircolare ed ancora un oculo, Al suo interno la chiesa presenta un presbiterio tardo gotico e ciò che rimane di un bel trittico del XVI secolo di Girolamo da Santacroce, ora collocati separatamente. Infatti il trittico fu trafugato nel 1976, di cui sono state recuperate solo due tavole. Nel trittico, quando era completo, vi era la Madonna con Bambino in trono con San Giuseppe, San Francesco, Sant'Antonio e San Giovanni Battista nel pannello centrale, in quello di sinistra San Nicola di Bari e San Bernardino e in quello di destra San Girolamo e un Santo vescovo.
Il convento conserva un ricco fondo di testi medievali, messali in scrittura glagolitica e altri preziosi documenti. Il suo altare maggiore del 1726 è opera di Domenico Cavalieri. Nel corso dei secoli passati, il convento dei francescani fu farmacia e ospedale ed ospitò anche la scuola popolare, mentre dal 1836 al 1873 fu utilizzato come liceo di lingua tedesca.
Tornato sul giardino antistante la chiesa, ringrazio la gentile anziana signora che mi ha permesso di accedere all'interno della Chiesa conventuale. La mia visita continua zizzagando tra le vecchie stradine del borgo, su e giù per scalinate, piazzette e dove tra vecchie case, trovo il palazzo dell'Archivio di Stato, già sede del primo liceo croato in Istria, ma anche ottocentesche fontane.
Posso ammirare così il seminario diocesano e trovo la casa natale di Luigi Dalla Piccola, natovi 3 febbraio 1904 e morto a Firenze il 19 febbraio 1975. Costui fu un noto compositore e pianista, trascorse l'infanzia nella sua città natale, mentre più tardi seguì la sua famiglia a Graz, dove era stata inviata in confino durante la Prima Guerra Mondiale, in quanto il padre, direttore di un liceo italiano di Pisino, fu ritenuto "elemento sovversivo" e "politicamente infido" dall'amministrazione austro-ungarica. Alla fine del conflitto, una volta rientrato nella natia Pisino, iniziò gli studi musicali a Trieste. Fu tra i più prolifici ed importanti compositori del XX secolo.
Questo piccolo borgo ha una storia intensa ed è stata luogo di transito di tante importanti personaggi e culture che hanno lasciato nelle sue architetture e nelle sue strade tante ricchezze che hanno arricchito anche culturalmente il borgo.
Il centro del Borgo è in buona parte pedonale e le sue strade hanno uno scarsissimo traffico, un ottima occasione per una passeggiata, soprattutto nel giorno del mercato settimanale. Nel recarmi, ormai a prendere l'auto per fare rientro dai miei amici che mi attendono sulla costa, non posso non notare una grande targa marmorea, posta su un anonima casa, nei pressi di un incrocio vicino al palazzo municipale, che pressappoco cita: "In questa casa il 13 settembre 1943 - Il Comitato Nazionale di Liberazione della Contea per l'Istria prende la storica decisione di separare l'Istria dal Regno d'Italia e unirsi alla Croazia in Jugoslavia".
Un importante ricordo di uno storico passato che viene celebrato con questa lapide collocata il 24 settembre del 1978.
A Pisino sopravvive ancora una minuscola comunità di italiani, non esiste il bilinguismo che caratterizza molti comuni dell'Istria soprattutto della costa, ma è una località storicamente molto legata al nostro Paese perché ha dato i natali a numerosi connazionali illustri tra cui: l'architetto Renato Camus natovi nel 1891 e morto a Sanremo, nel 1971 che fu tra le principali figure dell'architettura razionalista milanese tra le due guerre ed in particolare s'interessò di edilizia popolare a Milano. Per non parlare dello scrittore Pier Antonio Quarantotti Gambini nato a Pisino il 23 febbraio 1910 e morto a Venezia, 22 aprile 1965 fu, oltre a scrittore, anche giornalista, noto per i suoi sentimenti irredentisti; di lui cito i romanzi "La rosa rossa" del 1937, "L'onda dell'incrociatore" del 1947, "La calda vita" del 1958 di cui ispirò un film drammatico del 1963 che conserva lo stesso titolo, "Le redini bianche" pubblicato postumo nel 1967. Oltre al già citato patriota irredentista Fabio Filzi nato a Pisino il 20 novembre 1884 e morto a Trento il 12 luglio 1916, originario di Borgo Sacco Rovereto nel Trentino, da dove proveniva il padre e dove poi vi tornerà, permettendo al figlio di terminare gli studi liceali a Rovereto. Filzi nel 1904 fu chiamato ad assolvere il servizio di leva, inquadrato nel 4º reggimento cacciatori di Salisburg, ma finì sotto inchiesta ben presto con l'accusa di aver favorito la diserzione di un commilitone italiano; fu assolto, ma al momento del congedo venne bollato come "politicamente sospetto". Costui partecipò a diverse manifestazioni studentesche di studenti italiani che chiedevano maggiori concessioni in ambito scolastico al governo. Si laureò in giurisprudenza a Graz e iniziò l'attività forense a Trieste. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale disertò l'esercito austro-ungarico per combattere, come volontario, per l'Italia. Il 10 luglio 1916 il Battaglione Vicenza, formato da diverse Compagnie tra cui una, comandata dal tenente Cesare Battisti, di cui il sottotenente Filzi era subalterno, ricevettero l'ordine di occupare il Monte Corno, una cima del massiccio del Pasubio, venne fatto prigioniero assieme a Cesare Battisti, condotti a Trento, fu processato e condannato a morte per alto tradimento. La sentenza fu eseguita tramite impiccagione alle 19.30 del 12 luglio 1916 nella fossa del castello del Buon Consiglio.
Lascio Pisino o Pazin in croato e da lontano guardo il colle del Calvario, in località Stranga (così chiamata perché la strada una volta era sbarrata dalla barriera doganale), dove sorge una chiesetta ottagonale dedicata al Santo Sepolcro. Edificio, questo, costruito nel 1860 su progetto dell'architetto Cipriani, ed è raggiungibile attraverso brevi sentieri tra i pini, in mezzo ai quali sono dislocate le 14 stazioni della Via Crucis; un luogo anche questo che merita certamente una visita.