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Il mio Piemonte: Motta de'Conti

Martedì 17 Agosto 2021 11:38
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Motta De'ContiLa giornata è splendida, vi sono poche auto in strada, la primavera è scoppiata, tutt'intorno la vegetazione è un festival di colori. L'obiettivo è visitare Motta de Conti nel vercellese.
Sulla mia strada che da Villanova Monferrato mi conduce in questo Borgo agricolo, incontro tra le risaie la cappella dedicata a Santa Maria Assunta, già attestata nel 1570. La cappelletta è localmente individuata come la "Giesietta", ed ogni anno meta di una processione solenne. Mi soffermo con l'auto a riva strada per poterla ammirare. È assai piccola con tetto a capanna e un bel portico anteriore Dall'ottimo stato di conservazione comprendo quanto è alta la sua devozione popolare. Al suo interno una bella riproduzione della Assunzione di Maria.
Prima di entrare in Paese faccio una piccola deviazione per poter ammirare la chiesetta dedicata a San Giovanni Evangelista, risalente al 1682. È un piccolo edificio con tetto a capanna, ben curato sia internamente che esternamente. Vicino alla porta d'ingresso vi è una bella statua in bronzo raffigurante San Pio da Pietrelcina.
Come entro in Paese, devo nuovamente fermarmi per poter osservare la cappelletta di San Rocco che presenta una graziosa facciata. Anch'essa ha una facciata a capanna ma è priva di portico, conserva invece un bel piccolo campanile. Come minuta è la sua aula, ottimamente conservata. Sull'altare presenta una statua di San Rocco, oggetto di fervente devozione. Nei suoi pressi vi è l'edificio dell'ex asilo infantile comunale, ormai purtroppo abbandonato. Raggiungo così Piazza Castello, dove si erge la grane Chiesa Parrocchiale. Prima di andare a visitarla ed ammirare una preziosa tela, ripercorro brevemente la storia del Borgo.
Nonostante siano stati ritrovati reperti risalenti all'epoca romana, la prima documentazione ufficiale dell'esistenza del luogo è databile al XII secolo, quando i Conti palatini di Lomello ne fecero un avamposto sulla sponda destra del fiume Sesia. Ma solo nel XIII secolo, con la costruzione del Castello, la sua popolazione aumentò considerevolmente. Il Castello fu edificato sopra una motta, ossia rialzo, per renderlo più sicuro e al riparo dalle frequenti inondazioni del Sesia e del Marcova, Taluni studiosi fanno riferimento a questo rialzo per la formazione dell'appellativo del toponimo, altri fanno risalire alla mota, un termine medioevale utilizzato per indicare una testa di ponte fortificata, mentre la determinante si riferisce ai Conti di Lomello, primi signori del Paese.
Il cantone della Motta rimase assoggettato alla Chiesa Parrocchiale di San Emiliano di Villanova Monferrato, fino al 1390, quando i signori Pietro, Giovanni il Grosso e Antonio, Conti palatini di Lomello, di Langosco e della Motta, presentava istanza all'arcidiacono della cattedrale di Vercelli per poter costruire una chiesa a Motta con spese a proprio carico. La richiesta era giustificata dalla distanza di due miglia che dovevano percorrere i mottesi per raggiungere la chiesa a Villanova Monferrato. La nuova parrocchia fu dedicata a Maria SS. Annunziata, Sant'Antonio Abate e Santa Caterina da Siena.
Da un ramo dei Lomello ebbero origine i Conti Langosco della Motta. La signoria conobbe numerose vicissitudini, fino a quando, nel 1460 Aloisia Langosco della Motta, coerede al feudo, sposò Marchello di Langosco dei signori di Stroppiana, dando origine al ramo dei Langosco di Stroppiana della Motta.
Nei primi anni del Seicento, il Borgo fu vittima di saccheggi da parte delle truppe spagnole e subì anche i pesanti dazi imposti dal Duca di Savoia per il sostentamento delle sue truppe. Lo stesso avvenne nel secolo successivo quando Motta de Conti divenne luogo di battaglia tra francesi e spagnoli e questi ultimi incendiarono il Paese.
Motta dei Conti passò nei secoli sotto il dominio di numerose famiglie nobili, tra cui i Pollenzo, i Crotti, i Cipelli, i Baldissero.
La Chiesa Parrocchiale di SS. Annunziata fu così intitolata durante il pontificato di Benedetto XIII nel Settecento, quando si abbandonarono i precedenti titoli. Il tetto della chiesa è a falde. La sua facciata è molto semplice ed è tripartita da lesene, presenta una sola grande porta a due battenti e ai suoi lati vi son due alte finestre rettangolari con cornice gotica come il portale. Il rosone cieco posto sopra la porta d'accesso è affrescato, come vi è un affresco sopra l'architrave della porta d'accesso. Un elegante campanile completa la Chiesa.
Accedo alla Chiesa, che si presenta a tre navate con 5 altari. Sul primo altare a destra detto "dei conti" una tavola, probabile opera di Bernardino Lanino (XVI secolo), intitolata "Matrimonio mistico di Santa Caterina con i Santi Antonio, Giuseppe, Giovanni Battista e un Santo vescovo" Mi soffermo a lungo ad ammirare questa meravigliosa tavola che rappresenta la SS.Vergine seduta in trono col Bambino in braccio in atto di porgere un anello a Santa Caterina d'Alessandria. Un'altra interessante tavola, su cui mi soffermo volentieri è di autore ignoto e rappresenta una Madonna seduta in trono con il Bambino in piedi sulle sue ginocchia.
La Chiesa conserva, altresì un quadro ottocentesco a cui la comunità è molto devota e rappresenta una battaglia, sormontata dall'immagine di San Giovanni Battista. Infatti ricorda l'episodio del 24 giugno 1859, quando durante la famosa battaglia di San Martino, nessun mottese perse la vita, ed allo stesso modo rimasero incolumi quelli che parteciparono alla battaglia del 24 giugno 1866 a Custoza. Da allora i mottesi ricordano questi eventi con una solenne processione il 24 giugno di ogni anno, un tempo anche accompagnata da scariche di fucileria. Inoltre, sempre in Chiesa, è conservato un calice d'argento dorato, donato dai conti Langosco della Motta. Questa coppa è cesellata e sbalzata e sulla base è inciso lo stemma dei Conti.
Uscito dalla Chiesa e ristorato da un caffè, bevuto nel piccolo bar antistante l'edificio religioso, ove trovo persone anziane intente a chiacchierare e a commentare i fatti di cronaca, proseguo la mia visita.
Il vicino e purtroppo abbandonato Castello, il cui accesso è interdetto da canali d'irrigazione e da una folta sterpaglia, mi permette di guardarlo da lontano. Ciò che rimane del Castello del III secolo solo nelle strutture essenziali, il resto è frutto di diversi rimaneggiamenti e rifacimenti posteriori. La parte frontale della fortificazione presenta una la torre d'ingresso a pianta quadrata. Le merlature del maniero sono guelfe. La costruzione meriterebbe un destino diverso da quello che purtroppo sembra essergli riservata, anche da lontano sono purtroppo visibili dei crolli.
Una leggenda popolare vuole che il Castello, anticamente fosse collegato alla sponda opposta del Sesia da un lunghissimo cunicolo sotterraneo, nascondiglio di tesori e via di fuga per le donne che si rifiutavano di concedere lo ius primae noctis ai Conti e venivano per questo gettate in un pozzo, che si diceva collegato al cunicolo.
M'incammino per Via Guglielmo Marconi dove trovo il monumento ai caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale. Il monumento commemorativo è composto da un basamento a parallelepipedo, sul quale è collocata una lastra bronzea lavorata ad altorilievo poggiante raffigurante l'incoronazione da parte della Vittoria alata di un soldato morente, accasciato su delle rocce. Poco distante vi è il bel edificio Municipale. Si tratta di un lungo edificio a due piani. Al centro di questo lungo edificio vi è rientrate l'accesso dell'edificio, protetto da un porticato. Al primo piano, sopra le tre finestre con davanzale in colonnina, vi è un ampio frontone triangolare. Davanti all'edificio comunale si apre la piccola ma bella Piazza Padre Francesco Comoglio, con piccole aiuole di rose fiorite. La Piazza è intitolata al missionario della Consolata, Padre Francesco Comoglio definito "Più africano degli africani" nato nel 1891 e morto nel 1983 e che visse la sua esistenza missionaria in Kenia.
Girato in Via Mazzini trovo la bella Chiesetta dedicata San Giovanni Battista, sede dell'omonima confraternita è del XVII secolo. L'edificio è di semplicissima fattura, con tetto a capanna, unica porta d'accesso con due finestre laterali e una finestra lunettata sopra la porta d'accesso. Un altorilievo sacro è posto nel timpano del frontone. La chiesetta è dotata altresì di un bel campanile. Faccio ancora un giro tra le strade di Motta de Conti, caratteristico Borgo di campagna, dove gli anni si contano secondo le campagne del riso, elemento principe delle coltivazioni locali.
Riprendo l'auto e raggiungo la Cappelletta SS. Fabiano e Sebastiano, posto lungo la Strada provinciale 121 in direzione Caresana. Questo Oratorio è del 1597 e si presenta con un tetto a capanna e porticato anteriormente. Ha una piccola porta d'accesso e due finestre ovali. Il suo interno è moderno e sopra all'altare è posto il gonfalone dipinto con San Sebastiano e la Madonna con bambino.
Voglio raggiungere Mantie, l'unica frazione di Motta de Conti che è posta sulla sponda sinistra del Sesia, vi era un'antica mutatio ad medias, ossia un posto di scambio di cavalli, situata sulla antica strada consolare romana che collegava Roma alla Gallia. Per raggiungerla devo tornare in provincia di Alessandria, superare il ponte sul Sesia e percorrere un tratto di strada in Lombardia. Mentre percorro la strada mi sovviene di un noto personaggio mottese: Don Gioacchino Deambrogio a cui è intitolata una strada a Motta de Conti. Costui nacque nel 1785, fu parroco di Motta de'Conti e fu coinvolto nei moti politici del 1821, condannato a morte la sentenza fu commutata nel carcere a vita, spirò nel carcere del Castello d'Ivrea nel 1832.
Raggiunto il piccolo agglomerato di casa, posso soffermarmi a guardare la minuta Chiesa di San Rocco, un tempo retta da un cappellano residente. La piccola Chiesetta molto semplice, presenta un tetto a capanna con un semplice ingresso e un ampia finestra lunettata sopra di essa. Lascio così la frazione di Mantie e il comune di Motta de Conti e rientro verso la mia amata città.