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Il mio Piemonte: Tagliolo Monferrato

Venerdì 17 Settembre 2021 12:08
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Tagliolo MonferratoLa mattina si presenta fredda e umida, però il mio intento di iniziare a fare un breve giro per le colline ovadesi non viene meno. Cerco di proteggermi il più possibile e munito di attrezzatura antipioggia, inizia la mia giornata di esplorazioni.
In questa periodo che porta la natura ad abbandonare i colori autunnali a quelli più rigidi e monotoni dell'inverno, il panorama ha un espressione diversa; sembra che il pittore che sta dipingendo questi colli con le sue ordinate file di vigne abbia pochi colori a disposizioni ma con migliaia di tonalità. Ormai l'uva è stata raccolta ed è già stata pigiata, in qualche cantina lungo la strada che percorro il mosto starà già fermentando.
Raggiungo così Tagliolo Monferrato, posto a pochi chilometri da Ovada, su uno sperone roccioso.
Il Borgo trae il proprio toponimo da Taliolus, Talliolus o Taiolus ad indicare forse una zona di intenso disboscamento. Tagliolo è ricordato nelle cronache del Medioevo con varie denominazioni come castrum taloni o caroli, o anchr Taiolae. Fu concesso nel 976 in feudo agli Aleramici dall'Imperatore Ottone I, fu possedimento di vari feudatari come i Del Bosco, Malaspina di Cremolino, Cattaneo della Volta, gli Spinola, i Doria. Si racconta che durante il periodo medioevale fu sede del monastero femminile di Santa Maria di Bano, alcuni resti sono ancora oggi visibili sul Monte Colma, presso l'omonima località.
Fu conquistato dal condottiero militare della Repubblica di Genova Egidio di Negro, durante l'espansione genovese nell'Oltregiogo. Nel 1431 fu occupato dalle truppe di Francesco Sforza ma il dominio visconteo fu contrastato dalla Repubblica di Genova.
Nel 1498, venne infeudato alla famiglia Gentile, Conti di Tagliolo. Nel 1745, con il matrimonio di Teresa Gentile con Costantino Pinelli, il feudo passò alla famiglia Pinelli Gentile, ancora oggi proprietaria del Castello.
La mia prima sosta la faccio al cimitero del Borgo, che è situato fuori dal Paese ma in una bella radura dominata dalle mura del Castello. Voglio cominciare il mio giro per Tagliolo dalla primitiva Chiesa Parrocchiale, quella dedicata a San Vito e che ora è la cappella cimiteriale. Essa è detta comunemente, ancora oggi, di San Vito, ma la sua vera intitolazione e dedicazione è ai Santi Vito, Modesto e Crescenzia, Martiri.
La particolare intitolazione della Chiesa che in queste nostre zone è piuttosto rara, è dovuta al fatto che Tagliolo, fino al 1803, apparteneva alla Diocesi di Tortona. L'antichissima Diocesi di Tortona è tra le più antiche, sorta nei primissimi tempi del Cristianesimo e che osservava un culto strettissimo nella venerazione nei primi martiri cristiani. San Vito era uno dei tanti che la chiesa tortonese venerava e nell'antica cattedrale di Tortona vi erano conservate le sue reliquie, ed è pertanto probabilissimo, che questa antica Chiesa sia stata dedicata a questo Santo devozionato nella Diocesi. L'edificio pur risentendo delle molte manipolazioni avvenute nei secoli, mantiene le sue semplici linee architettoniche del primitivo edificato.
Faccio un giro intorno alla Chiesa posta al centro del cimitero, le sue pareti sono cosparse di lapidi. Rimango colpito da una di queste che ricorda Caneva Pietro e Caneva Caterina. Il primo nacque nel 1925 e morì nel 1946, la lapide ricorda che costui immolò la sua giovinezza nel campo di Mathausen. Ciò mi ricorda come gli orrori della Guerra e del nazifascismo colpirono anche queste amene colline.
La Chiesa è realizzata in pietra ed aveva la facciata intonacata, ormai in pessime condizioni. Il tetto è a capanna con un semplice portale affiancato da due finestre rettangolari Sopra all'architrave della porta un riquadro ricorda che forse un tempo vi era un affresco, sopra il quale vi sono tre finestre vicine tra loro, quella mediana è più alta e con arco a tutto sesto.
Lascio la Chiesetta di San Vito e poco dopo, al termine di un viale alberato che dal Paese volge verso il cimitero, trovo l'Oratorio di San Rocco che ha una datazione incerta, ma sicuramente molto antica sicuramente seicentesca. Questa graziosa chiesetta è realizzata interamente in pietra, presenta un piccolo campanile a vela. Sopra il portale d'accesso vi è un affresco raffigurante San Rocco. Il dipinto sulla facciata e l'edificio sono stati recentemente restaurati. M'aggiro intorno all'Oratorio e noto come possegga un abside semicircolare con una bella copertura in pietra.
In auto raggiungo il Borgo e parcheggio in Piazza Antonio Bruzzone, benemerito sindaco di Tagliolo dal 1945 al 1976. Il Paese si dirama lungo il corso delle creste dei colli. Cerco di ricordare se è questa la Piazza in cui venivo con mia madre a trovare delle sue amiche; ma ero talmente piccolo che non riesco a trovare punti di riferimenti come il bar in cui avevo preso il gelato.
M'avvio per il Castello e prima di accedere alla lunga salita che conduce all'ingresso del Maniero e alla Chiesa Parrocchiale, mi soffermo davanti al Palazzo Municipale. Nei sui pressi sono collocati, sulle possenti mura del Castello, una lapide che ricorda i partigiani caduti ed i deportati nei lager nazisti, vittime del rastrellamento ed eccidio della Benedicta. Oltre ad un monumento che celebra il sacrificio di tutti i caduti in terra straniera. Sul muro del Municipio, un bassorilievo evoca temi della Resistenza.
Il Castello di Tagliolo, tuttora abitato dai Marchesi Pinelli Gentile, è uno dei meglio conservati dell'Alto Monferrato. Posto sulla sommità della collina che domina il Borgo, il Castello, è articolato in vari torri ed edifici, che ne facevano, con il suo piccolo ricetto, il cuore antico. Come case, chiesa, luoghi ammasso granaglie e vino, ma anche la bigattiera, dove si allevavano i bachi da seta. Il Castello si caratterizza per una torre di forma quadrata, che costituisce la parte più antica, risalente al X secolo, forse utilizzata come torre d'avvistamento per le invasioni saracene. Ebbi modo di visitare il Castello durante una delle tante iniziative che i Marchesi Pinelli Gentile vi organizzano. L'accesso alla parte signorie avviene tramite una bella scala in pietra che conduce a una piccola corte interna. All'interno troviamo saloni decorati, preziosi arredi e raccolte d'armi. Ma ricordo che fu il seminterrato che mi colpì particolarmente, con ancora attive le cantine in cui, da centinaia di anni, vengono prodotti i vini della zona. Il Castello sembra strappato da una cartolina da quanto è particolarmente bello, con i suoi beccatelli, merli ghibellini, bifore e balconi scolpiti in pietra, nonché i diversi segni araldici scolpiti sulla pietra e collocati sulle mure.
Tra i personaggi illustri di Tagliolo, compare anche il nobile Pinelli Gentile Agostino. Costui, natovi nel 1898, non fu solo un eccellente pittore e discendente di una famiglia patrizia genovese che aveva dato anche dei Dogi alla Repubblica di Genova. Il padre Giacomo con lo zio Giuseppe furono veri pionieri di un'agricoltura moderna e soprattutto della viticoltura, mentre la madre Georgina era figlia dell'Ammiraglio Figoli Des Geneys che riorganizzò la marina sabauda. Pinelli Gentile Agostino laureatosi in Giurisprudenza, frequenta a Venezia l'Accademia di Belle Arti divenendo un ricercato pittore. Ma quello che mi interessa in particolare è il fatto che Pinelli Gentile Agostino, fu ricercato dai nazifascisti nel 1943, perché aveva ospitato nel Castello dei perseguitati politici. Trovò rifugio prima a Montaldeo dall'amico Ambrogio, poi a Venezia.
Di fronte al Castello sorge la Chiesa Parrocchiale di San Nicolò; le cui notizie risalgono al 1576. L'edificio ha una facciata a capanna con un grande portale e tre finestre vicine tra loro. In precedenza la Chiesa era adibita ad Oratorio, curata dalla Confraternita di San Nicolò, che vestiva la cappa bianca. La necessità di una nuova Parrocchia era già sentita nei primi anni del 1600, in quanto San Vito era troppo vecchia e lontana. La Chiesa di Nostra Signora Annunziata era di proprietà dei nobili castellani e troppo dipendente dalle loro esigenze.
Sarebbero passati comunque ancora molti anni e si dovette arrivare al 1947 quando, per la vetusta dell'edificio antico, la traslazione del titolo parrocchiale da San Vito passasse in San Nicolò.
L'Oratorio fu ristrutturato per la sua nuova destinazione. La Chiesa venne affrescata e l'abside e la bellissima volta furono decorati negli anni Sessanta del XX secolo. Sono infatti ritratti le figure di San Benedetto, San Defendente, San Carlo Borromeo, San Giuseppe, San Vito, San Pietro, San Nicolò e San Rocco, ossia tutti i santi che proteggono Tagliolo e le sue frazioni.
San Carlo in particolare fu invocato durante la pestilenza del 1630, che provocò fortunatamente poche vittime a Tagliolo, ma purtroppo molte negli altri borghi circostanti.
L'ultima volta che entrai in questa Chiesa fu per le esequie di un mio ex collega, Celestino Ferrari. Eravamo colleghi di lavoro in Provincia e Celestino che abitava a Tagliolo era un bravo cacciatore; nonostante l'Italiano fosse per lui una lingua straniera aveva viaggiato per il mondo per svolgere attività venatoria. Mitici i suoi racconti, esclusivamente in dialetto di Tagliolo, sulle sue battute di caccia in Scozia. Coltivava nel suo piccolo orto di casa dei Kiwi che chiamava "Coucugni" e che ogni tanto mi donava. Un personaggio a tutto tondo, collezionista di animali imbalsamati. Collezione che raccoglie circa 800 esemplari imbalsamati della maggior parte delle specie italiane e della fauna locale che Celestino donò al Comune di Tagliolo, per realizzare il Museo Civico Ornitologico nato nel 1984.
L'ameno Borgo che circonda il Castello conserva tra le case medievali, anche la cosiddetta "Casa del boia" e la Chiesa di Santa Maria, edificata di fianco al Castello e di fronte all'antico forno pubblico. Questa Chiesa è della seconda metà del XVI secolo e funse da Chiesa principale, perché la popolazione trovava scomodo servirsi della vecchia Chiesa di San Vito, distante dal Borgo e poco capiente. Il titolo rettorale lo manteneva ancora la Chiesa di San Vito, sebbene le funzioni parrocchiali si esercissero in Santa Maria. Nel 1630, quando una gravissima epidemia di peste spopolò le campagne ed i borghi, la popolazione tagliolese si votò a San Carlo e gli eresse un altare in questa Chiesa.
La Chiesa dalla semplice facciata e dal tetto a capanna è a navata unica, conserva preziosi arredi lignei e tele nei suoi cinque altari, compreso quello maggiore. Tra l'altro l'altare di San Filippo Neri era stato edificato dai feudatari Gentile.
Prima di lasciare il ricetto con il suo Castello mi piace girovagare tra le strette stradine in ciottolato, immaginare la vita di un tempo per queste contrade con i loro umili lavori. Sentire lo scalpitio e il nitrire dei cavalli appesantiti dalle armature dei cavalieri. Le piccole finestre, anche quelle con le grate, sono tutte addobbate a festa con fiori multicolori. Negli angoli, enormi cespugli di ortensie con i loro grandi fiori colorati, ingentiliscono le stradine e le corti.
Scendo dal Castello e m'aggiro tra le altre strade del Borgo, dove sulle case non è raro vedere dipinte antiche scritte commerciali o anche affreschi votivi. Raggiungo così l'Oratorio di San Benedetto. Questa chiesetta dalla semplice facciata a capanna, priva di ogni decorazione, se non un affresco ormai scolorito, fu fatta costruire intorno al 1600.
Dopo aver girovagato per il Paese, torno a riprendermi l'auto perché voglio visitare alcune antiche frazioni con le loro cappelle.
Dapprima sulla mia strada, che dirige verso Belforte, trovo la Chiesa di San Defendente, edificata tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII. "Defende nos ab hostibus" sono parole, scolpite sul portale di questa Chiesa, ci dicono che essa fu costruita dalla popolazione per impetrare la protezione di San Defendente dalle incursioni delle soldataglie di ventura. L'edificio si presenta in buone condizioni, con tetto a capanna e ampio portico a tetto. L'edificio in pietra ha la facciata intonacata e tinteggiata a strisce orizzontali bianche e nero. Sopra l'architrave una lapide in marmo ricorda che la Cappella è curata della famiglia Bardazza.
Raggiungo così la frazione Mongiardino. Nella piccola frazione dall'urbanistica molto semplice, vede le case tutte contigue immerse nel verde. Al centro si erge il piccolo Oratorio campestre dedicato a San Giuseppe. La Chiesa presenta un tetto a capanna; anticipata da un piccolo sagrato con una piccola porta d'accesso con due piccole finestre ai lati. Sopra all'architrave della porta si apre una lunetta e sotto il culmine del tetto vi è un affresco che ritengo del tardo settecento, ancora ben conservato. L'Oratorio possiede un alto campanile.
Continuo il mio percorso costeggiando strade incorniciate da belle vigne, fino a giungere a San Pietro-Caviggi. Su un altura tra vigne e belle ville si erge l'Oratorio di San Pietro. Questa Chiesetta, citata nel 1670, ha però origini molto più antiche. La facciata è stata recentemente restaurata ha fattezze un po' troppo moderne, ma comunque è assai bella. La facciata è mista tra intonacata e a pietra viva, possiede una sola porta d'accesso con due finestre laterali e sopra l'architrave una lunetta permette alla luce d'entrare e illuminare la navata unica. Possiede un ampio sagrato erboso che s'affaccia su un bellissimo panorama, che volge verso il Borgo di Tagliolo. Mi si racconta che fu oggetto di profanazione da parte dei ladri che rubarono alcune suppellettili e il quadro che era posto sopra l'altare. Quest'ultimo è stato sostituto da un dipinto del pittore Macciò di Masone, rappresentante gli Apostoli Pietro e Paolo.
Mi si racconta che un'altra Chiesetta è presente sul territorio dedicata a San Pietro, in particolare a San Pietro in vincoli. Questa Chiesa è posta in regione Gastaldi, è attualmente incorporata nelle proprietà di una villa privata.
Certamente per me la vera grande scoperta sono gli scavi dell'antico Monastero del Bano che si trova sul monte Colma. Questi scavi sono i ruderi dell'antico monastero femminile cistercense, un tempo frequentato da monache prevalentemente di famiglia nobile genovese. Il Monastero di Santa Maria del Bano nacque prima del 1203, visto che un atto di acquisto di una vigna fatta della priora Mirà è così datato. Il Monastero femminile di Bano, venne soppresso nel 1547 con la vendita di tutti i suoi beni posseduti in Tagliolo.
Lascio così questo Borgo, dopo aver goduto di una splendida giornata, tra storia, arte e panorami mozzafiato anche questo è l'Alto Monferrato.