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Il mio Piemonte: Castello di Redabue

Giovedì 18 Novembre 2021 08:53
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RedabueOggi il bello del sole maggengo è che prima o poi ti aspetti che esca. Infatti mentre il sole inizia a far capolino dopo una mattinata nascosto tra le nuvole, in auto mi sto già arrampicando sul lungo viale alberato che mi conduce a Redabue. Attenderò con ansia Giuseppina che oggi mi permetterà di visitare uno dei castelli e borghi meglio conservati del territorio alessandrino.
Redabue è adagiato alle pendici di un piccolo rilievo, nei pressi del fiume Tanaro tra Masio e Oviglio. Il Borgo e il Castello di Redabue rientrano nel territorio del Comune di Masio, Paese che ha origini antiche; infatti il suo nome dovrebbe derivare da Maxius che sembra indicare l'origine del termine Masio dal latino Maxius - Mansum - Masum ossia "dimora, cascinale". Il Paese di Masio e il vicino Borgo di Redabue sono sempre stati un importante crocevia di scambi, transiti e commerci, già attestati dall'XI secolo.
Raggiunto il piazzale antistante la Chiesa e il Castello mi rendo conto che Redabue sorge in un luogo protetto da un bosco fiabesco, con ampi prati erbosi ed è costituito anche da un gruppo di poche ma eleganti case. Tutto il Borgo è proprietà privata, con un accesso chiuso da un moderno cancello ed è tutto ben conservato.
Mentre attendo l'arrivo di Giuseppina ripercorro un pezzo di storia di questo territorio, in particolare quello legato alla famiglia Scarampi, ma per farlo devo ripassare un po' le vicende del passato e di vicende che portarono gli Scarampi ad essere i feudatari del luogo. Il Castello di Redabue, la cui origine risale probabilmente al XIII Secolo, ma la sua prima infeudazione nota risale al 1413, quando il duca di Milano Filippo Maria Visconti ne investì il luogo a Antonio Carpo, castellano di Mellegrano. Successivamente nel 1451 Francesco Sforza concesse il luogo a Giorgio e Giovanni Antonio Scarampi, signori di Camino, riconfermati all'interno della loro famiglia fino alla fine del XVIII secolo, quando passò ai Della Rovere del ramo di Monastero Bormida, infine verso il 1830 Redabue venne acquistato dai Doria Lamba, il ramo dell'antica famiglia genovese discendente dall'ammiraglio della battaglia di Curzola del 1298, trasformando il castello in residenza di campagna.
Un'altra versione vuole che gli Scarampi fossero già legati al feudo di Redabue fin dal XIII secolo quando ancora non erano nobilitati con un titolo feudale che ebbero solo dal 1337.
L'origine della famiglia Scarampi dovrebbe essere dell'astigiano, gli Scarampi De Platea che diedero più di un console al Comune di Asti, famiglia di commercianti che come molte famiglie benestanti si convertirono alla professione di banchieri, infatti erano titolari di "casane", ossia banchi che in epoca medioevale svolgevano attività di cambia-valuta e di prestito su pegno. I guadagni erano enormi perché l'interesse sul prestito poteva raggiungere anche il 40%. Gli Scarampi estesero la loro attività bancaria anche in altre regioni come Fiandre, Lorena, Champagne, ma soprattutto a Parigi e gli enormi guadagni furono utilizzarsi per procurarsi titoli feudali. Gugliemo Scarampi fu anche podestà di Genova nel 1264. Gli acquisti feudali erano anche un modo per mettere al sicuro i propri capitali, soprattutto in un periodo in cui vi era un aperto contrasto tra il partito ghibellino e guelfo e gli Scarampi erano in esilio per l'appartenenza al primo. Nella famiglia Scarampi il più attivo nelle acquisizioni fu Antonio e i suoi figli che ottennero Cortemiglia, Castelletto Uzzone, Torre d'Uzzone, Cairo, Rocchetta del Cairo, Altare, Bubbio e altri, in modo da controllare tutte le strade che collegavano Alba a Savona e i valichi Alpini. Da questo ramo nasce la discendenza degli Scarampi di Cairo.
Tommaso Scarampi invece, comportandosi analogamente, occupò un area geografica diversa e cominciò con lo sposare Antonia di Valperga, sorella di Giovanni, un vassallo del marchese Teodoro I del Monferrato. Il Paleologo si trovava agli inizi del Trecento in difficoltà economiche e ricorse agli Scarampi per un prestito, così Tommaso, suo creditore, ottenne ciò che voleva grazie ad un contratto di "gageria", ossia al creditore veniva concesso lo sfruttamento di un feudo per un certo numero di anni, al termine del quale se il debitore non fosse stato in grado di riscattarlo, sarebbe scattata l'investitura feudale; ed in questo modo che accadde con il territorio di Camino. L'operazione si ripeté con Pontestura ed ecco perché quando gli Scarampi furono investiti di Redabue, a metà XV secolo da Francesco Sforza, portavano il titolo di Signori di Camino e più tardi si sarebbero fregiati anche del titolo di Marchesi di Villanova. Ci furono diversi tentativi di togliere i diritti feudali agli Scarampi, come nel 1531 e nel 1608 con la morte di Giacomo Teodoro Scarampo, ma dopo qualche tempo i feudi tornavano ai vecchi assegnatari o ai parenti più stretti. Infatti Redabue era un feudo particolare sia per le potenzialità agricole, che per il diritto di pedaggio delle merci, ad esclusione per la strada franca o "strada di Felizzano" che tanti contenziosi e dissidi creò con Masio e i Comuni vicini.
Intanto è arrivata Giuseppina felice di farmi da guida per il Castello e la sua Chiesa. Infatti ci dirigiamo subito nella piccola chiesetta dell'Assunta. Questa chiesetta un tempo castrense e poi parrocchiale, oggi ospita soltanto elitari matrimoni ed è stata la tomba di famiglia degli attuali castellani. La chiesetta ha pianta regolare fu edificata dall'architetto Filippo Juvarra (1678-1736) uno dei massimi esponenti del Barocco italiano, che operò per lunghi anni a Torino al servizio di Vittorio Amedeo II di Savoia. A quell'epoca i proprietari del Castello di Redabue erano i Della Rovere, molto vicini a casa Savoia e per questo motivo lo Juvarra fu scelto per progettare e realizzare la Chiesa di Redabue nei primi anni del 700.
Ci si accede attraverso un piccolo sagrato anticipato da pochi gradini in pietra; la Chiesa è tutta a mattoni a vista, divisa da un marcapiano. Nel registro inferiore della Chiesa, la porta d'accesso è incorniciata da leggeri disegni in laterizio e da 4 sottili lesene; sulla parte superiore vi è un grande cartella incorniciata da elaborate volute in laterizio con una enorme A, che ci ricorda che è dedicata all'Assunta. Nel registro superiore vi è al centro una grande finestra rettangolare che permette alla luce d'entrare e illuminare l'altare maggiore; ai suoi lati, leggere lesene con capitelli e dei disegni con elaborate volute sempre in laterizio, sono presenti anche due pigne. La Chiesa termina con un elaborato timpano ad arco. Al centro del tetto dell'edificio si erge una alta cupola circolare con ampi finestre tondeggianti. Sopra alla stessa cupola troneggia un elegante lanternino con quattro finestre laterali.
Entrati nella Chiesa, mi colpisce subito la bella fonte battesimale in legno di pregevole fattura. L'interno è totalmente intonacata e presenta belle finestre a piombo con vetri colorati, due file di panche rendono vissuto l'ambiente, altari laterali barocchi con grandi e antiche tele, ahimè danneggiate, danno solennità all'edificio. Gli altari si alternano ad alcune tombe della famiglia Lamba Doria, attuali proprietari del Castello e della Chiesa, come le spoglie di Marco Lamba Doria sepolto nel 1861 e deceduto dopo una lunga agonia di un "oscuro morbo" e di Domenico Lamba Doria deceduto nel 1854, ma ve ne sono altri nella cripta della chiesetta.
Una marmorea balaustra divide l'altare maggiore e l'officiante dai fedeli. Anche quest'altare è in stile Barocco, delicate tovaglie con leggeri ricami coprono la mensa e coprono il tabernacolo. Arredi dorati e bei quadri completano la piccola abside.
Lasciamo la chiesetta e ci rechiamo verso il vicino Castello, ora residenza signorile. Il Castello di Redabue tra il Settecento e l'Ottocento ha subito importanti restauri che ne hanno modificato l'aspetto originario, fondamentale è la mutata destinazione da castello difensivo a residenza privata, oggi appare una villa merlata con parco annesso. Del passato dove le guerre ne modificarono spesso le fattezze per i vari danni subiti, sono rimaste vestigia sparse, come le piombature sulla facciata principale, la torre cilindrica merlata, la torre quadrata scostata dal corpo principale, tutti elementi comunque in vari modi ricostruiti. Pertanto è difficile ricostruire l'impianto del XIII secolo.
Vi entro attraverso un bell'accesso che introduce attraverso una cancellata in un piccolo ma impegnativo giardino, ove fanno bella mostra anche piante di non facile coltivazioni. Con Giuseppina mi soffermo nel giardinetto ed osservo dal di fuori la struttura del maniero che si presenta con un bell'effetto scenico, da cui sporge una torre tonda ed un altra discosta dal corpo di fabbrica di forma quadrata. Accompagnato da Giuseppina entro nel Castello, ci accoglie subito la galleria, un ampio locale di grande effetto scenico, grazie anche alle caratteristiche sei porte e finestre piombate dalle quali ci si affaccia al giardino del Castello e ai suoi saloni. Sull'ampio soffitto della galleria dominano gli stemmi di famiglia e ai muri una quadreria con i vari protagonisti della storia della dinastia proprietaria, i marchesi Doria Lamba.
Accediamo al salone principale che è immenso. I soffitti sono decorati e impreziositi di stucchi epoca Rococò, due grandi finestre si affacciano su un grande prato con tigli secolari. Mi colpiscono le due grandi specchiere con decori dorati e i quadri raffiguranti gli antenati della famiglia Doria Lamba. Mi soffermo in particolare a guardare il ritratto di Andrea Doria e la mia mente vola rapidamente tra i tanti importanti personaggi che la famiglia ha espresso.
Dal salone principale si accede alla sala da pranzo, alla galleria, alla sala biliardo e al salone biblioteca. Il salone del biliardo non è meno sontuoso del salone principale è solo più piccolo, un grande biliardo è al centro della stanza, divanetti e poltrone rosse, libri sulla piccola scrivania, lampade, stecche, birilli, palle da biliardo, conta punti alle pareti, sembra proprio un locale continuamente vissuto. Mentre invece il salone biblioteca è caratterizzato da quattro suggestive librerie contenenti volumi e documenti che riportano fatti storici sia della famiglia stessa sia del Castello e del suo territorio: bei divanetti, comode poltrone completano l'arredo, mentre alle pareti stampe e foto di cavalli ricordano il glorioso passato della scuderia dei padroni di casa.
Memorie che mi scorrono grazie ad Antonio, il papa di Giuseppina che da giovane lavorò per il Marchese, non solo come giardiniere ma anche come stalliere; racconti della prima metà del XX secolo quando la nobiltà genovese dei Doria trovava residenza estiva proprio a Redabue. Accediamo così alla sala da pranzo mentre Giuseppina mi racconta i molti personaggi famosi che vi hanno sostato e il suo trascorrere del tempo da bambina mentre giocava nell'ampio parco. La sala si affacciata sul viale d'accesso del Castello e sul giardino, tramite due grandi finestre, è caratterizzata da soffitti decorati in stile Barocco a grandi medaglioni con motivi floreali. Le pareti sono impreziosite dalla presenza di mobili in legni pregiati come vetrinette e mobili espositori di antichi piatti decorati, zuppiere ed altre stoviglie di ricercata finitura, il tutto conforme ai gusti dell'epoca. Due grandi scale dipartono dalla galleria e portano ai piani superiori ove vi sono eleganti camere da letto recentemente restaurate. Dopo aver potuto ammirare queste meravigliosa dimora storica, andiamo a vedere le cantine; in un suggestivo ambiente medioevale con un eccellente e raffinata illuminazione si stanno preparando le decorazioni di un matrimonio che si prospetta fiabesco. L'interessante gioco di volte ad arco che percorrono tutte le fondamenta del Castello con il rosso dei mattoni sono sicuramente una location di fascino per ogni tipo di evento. La vastità degli ambienti che pare susseguirsi ininterrotti se non da sparse nicchie per le bottiglie, botti e antichi torchi, la rendono un luogo ideale anche per perdere la cognizione del tempo. Un tempo la cantina era utilizzata anche da limoniera e i grandi finestroni che s'affacciano sul grande parco ne testimoniano la possibilità.
La storia del Castello è intrisa di scontri e distruzioni proprio perché collocato in una zona teatro per secoli di lotte per il possesso del Monferrato. Fu oggetto di lotte e saccheggi tra le famiglie dei Paleologo e dei Visconti, la storia riporta già nel 1440 una distruzione del Castello ad opera di Facino Cane assoldato da Teodoro II di Monferrato, in un momento di declino del potere visconteo. Nel XVI secolo ripresero gli scontri per il possesso della zona fra gli Spagnoli ed i Savoia appoggiati dai Francesi e il Castello di Redabue costituì uno dei punti nevralgici durante ben due guerre di successione del Monferrato, provocate dalle ambizioni dei Savoia sul territorio alessandrino. Il Castello più volte perduto e ripreso dagli spagnoli contro i franco savoiardi di Vittorio Amedeo II, subì grossi danneggiamenti e conobbe finalmente pace con all'annessione della zona al regno di Vittorio Amedeo II.
Durante la seconda guerra mondiale fu occupato dalle truppe naziste che ne fecero deposito di autocisterne di carburante.
Con Giuseppina facciamo una lunga passeggiata per il parco, tra gli alberi ad alto fusto quali querce, ippocastani, tigli, olmi e aceri, intercalati da cedri del libano, carpini e tassi ed arbusti da sottobosco, come di piante di mirto, di ginepro e agrifoglio; non mancano i bellissimi fiori campestri. Raggiungiamo così un posto ormai dimenticato, che un tempo doveva essere un luogo di ritiro spirituale per la nobile famiglia; la grotta della Madonna di Lourdes, con la statua della Vergine e della giovane Bernadette inginocchiata in ai suoi piedi, La grotta è ricavata in un grande incavo nel terreno, protetta da una cancellata. L'intera grotta è costellata di lapidi ed ex voto come quella che ricorda gli scampati pericoli dei quattro figli dalla guerra e l'intera famiglia dalla febbre epidemica del 1919, voto di Franco Doria Lamba e come lo scampato pericolo di morte da un incidente automobilistico del ottobre 1913, di Isabella Gavotti Doria Lambda e dei nipoti Marco, Teresa, Anna,Teresa e altri che riguardano sempre la famiglia Doria Lambda, ma anche di lavoranti al castello come Antonio Cattaneo caduto dall'alto con grosse pietra sulle spalle per essere rimasto illeso.
Ormai si fa tardi, devo lasciare questo incantato luogo posto fuori dalle strade principali e nascosto da un folto bosco e protetto da un lunga recinzione. Ringrazio Giuseppina e i ricordi di suo padre Antonio per avermi dato l'opportunità di scoprire un altro angolo di questo meraviglioso territorio.