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Il mio Piemonte: Cavaglià

Sabato 16 Luglio 2022 08:52
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CavagliàStamattina mi dedico alla visita di Cavaglià, un borgo del biellese posto ai piedi delle colline moreniche che circondano il lago di Viverone. L'ipotesi principale sull'origine del nome di Cavaglià è Cabaliaca da Caballius poiché forse un tempo vi era una stazione di cambio cavalli. Altre varianti al nome possono essere Cabanaca o Cabaliate. Invece secondo lo studioso Rondolino, l'etimologia del toponimo andrebbe cercata nella voce celtica caula, ossia "cavità naturali formate da colli isolati e da catene di colli a guisa di valli o convalli", in quanto il nome primitivo sarebbe stato anche Caulliaca, vale a dire luogo delle valli o convalli. Ma il suo stemma araldico è un cavallo rampante col motto "non medu sed vi" (non paura ma forza).
Cavaglià sorge in un'area popolata sin dall'epoca preistorica, sicuramente abitato da popolazioni celtiche che diedero nome a diverse regioni intorno all'abitato principale. Il primo documento scritto da cui si apprende l'esistenza del luogo, formato dall'unione di più case o cascinali, è una donazione del 961, quando il borgo era dominio del monastero di Santo Stefano di Vercelli, dal quale nel 963 passerà tra i possedimenti del conte di Cavaglià, Aimone.
Il borgo ha diversi edifici religiosi che testimoniano una grande diffusione del cristianesimo fin dai suoi periodi più antichi. Già prima del XI secolo vi era la presenza della chiesa di Santa Maria del Bibilone, poi nel 1200 si attesta anche la pieve di San Pietro.
La Signoria fu mantenuta per tre secoli dai suoi eredi, ma il declino arrivò con la fine dell'imperatore Federico II. Infatti i nobili di Cavaglià parteggiarono per il partito ghibellino e con la pace del 1254 furono costretti a riconoscere l'autorità del comune di Vercelli. Il borgo fu colpito da numerose pestilenze e carestie. Cavaglià, divenuto borgo franco nel 1257, passò sotto vari governi, compreso i Visconti di Milano e nel 1426 entrò sotto il dominio del Duca di Savoia, Amedeo VIII. I Savoia vendettero la Signoria agli Scaglia e molti altri si avvicendarono fino al 1622, poi venne infeudata alla sorella del duca, Ludovica Maria di Savoia. Nel 1630 una grave epidemia di peste provocò molti morti, così come il transito delle truppe francesi, dirette ad Ivrea, all'inizio del secolo successivo provocò diversi danni.
Nel 1671 Cavaglià passa al conte Paolo Gontieri, Ammiraglio del Po. Nel 1789 il borgo diventa di proprietà dei marchesi Doria di Cirie. Il passaggio degli austriaci e dei napoleonici a cavallo del XIX secolo portò ulteriori gravi conseguenze alla popolazione. Con la prima guerra mondiale si accompagnò anche un'epidemia di influenza, la famigerata "spagnola", che falcidiò buona parte della popolazione. La sua vicenda storica e le sue architetture rendono questo borgo meritevole di essere visitato.
Nella parte alta c'è la chiesa parrocchiale di san Michele Arcangelo edificata tra il 1780 e il 1786 su progetto dell'architetto Filippo Castelli di chiara impronta barocca. La chiesa è a una sola navata con una cupola alta 50 metri, conserva internamente arredi lignei settecenteschi tra cui un coro rococò con gli stalli acquistati nel 1805 dal monastero di Santa Maria della Sala di Andorno Micca. Consacrata nel 1798 la chiesa possiede una fonte battesimale realizzata su disegno di Alessandro Antonelli, lo stesso progettista della Mole di Torino. La chiesa parrocchiale è stata riedificata su un precedente edificio religioso risalente a fine XVI secolo, della vecchia chiesa rimane solo il campanile del XVI secolo.
Sempre nel centro storico si possono trovare antiche case porticate con antiche finestre gotiche. Nelle vicinanze della parrocchia si può ammirare l'oratorio dedicato ai santi Francesco e Bernardino, in origine questa era la chiesa della confraternita dei Disciplinati, anch'essa sorta su un precedente edificio religioso. Conserva preziosi dipinti murari del XVIII secolo che rappresentano episodi di San Francesco d'Assisi; peccato che sono in parte danneggiato dall'umidità.
A pochi passi da San Francesco sorge l'oratorio di San Rocco. L'oratorio fu demolito e ricostruito verso il 1746, in seguito ad un voto della popolazione dopo una pestilenza che colpì il bestiame.
All'ingresso del paese invece, si trova il castello Rondolino, realizzato nella prima parte del XVIII secolo e ristrutturato in stile neo-medievale a fine XIX secolo. Invece del vero castello, quello citato nei vari documenti, rimane solo il toponimo, "dietro il castello"; i suoi ruderi erano ancora visibili nel XIX secolo. Attualmente i ruderi non sono visibili, ma le fotografie aeree ne evidenziano il luogo di edificazione e la sua conformazione irregolare.
Invece una delle cose che mi ha sempre affascinato, che è fuori dal mio percorso, ma ogni volta che mi reco nel biellese incontro prima di attraversare Cavaglià è la maestosa chiesa di Santa Maria di Babilone, edificata nell'area cimiteriale, ben visibile dalla strada che arriva da Santhia.
La sua imponenza e la sua forma ellittica non possono non colpire il viaggiatore. È considerata, sia per le sue forme che per l'eleganza, un esempio di primo barocco piemontese. Già anticamente, sullo stesso sito, sorgeva un altro edificio religioso. Nel 1440 si menziona una ecclesia sanctae mariae da babilona in cui vi era notevole fervore devozionale e che grazie anche ad una donazione del duca Carlo Emanuele I, nel 1620 si dà il via all'edificazione della nuova chiesa.
L'alto pronao che incornicia il portale d'ingresso è settecentesco. Al suo interno un gruppo in terracotta posto sopra l'altare maggiore ed raffigurante l'adorazione dei magi è forse è l'unico elemento risalente alla precedente chiesa, databile tra il XII e il XIV secolo. Purtroppo l'apparato decorativo interno è alquanto deteriorato.
Sempre a Cavaglià, in una proprietà privata vi sono i resti della Chiesa e monastero romanico dei Santi Vincenzo e Anastasio, edificio che faceva parte del Priorato omonimo e dipendeva da quello di San Benigno di Fruttuaria. Il complesso venne fondato intorno al 1000 e fu tra i più ricchi della zona grazie a donazioni e possedimenti a Cavaglià, Alice, Dorzano, Piverone, Tronzano, Salussola, San Damiano, ecc. Il declino del monastero iniziò tra il XV e XVI secolo con l'abbandono dei monaci benedettini. La chiesa e il monastero ormai vuoto, crollò; rimane nel giardino privato i resti dell'abside centrale con l'altare di pietra, l'ingresso della cripta sotterranea. Non potendo visitarlo posso solo ricorrere ad alcuni libri che mi spiegano che sul soffitto dell'abside si conservano le tracce di un affresco raffigurante Dio Padre benedicente, attribuibile al 1400 da pittori di una scuola novarese.  Ma Cavaglià fu sede anche del priorato di Santa Maria del Brianco.
Altrettanto interessante è Chiesa di Cagliano o Calliano, anch'essa riedificata a partire dal 1650 e completata nel 1746 per essere utilizzata dai fedeli che vivevano in una zona alquanto distante dalla chiesa parrocchiale di san Michele Arcangelo. Questo edificio presenta il lato nord con il campanile databile presumibilmente intorno all'XI secolo, mentre il resto dell'edificio è chiaramente corrispondente all'epoca della sua ricostruzione.
Benché la chiesa sia chiusa e interessante sapere che all'interno l'altare maggiore è sormontato da una tela raffigurante la Sacra Famiglia e tra i dipinti presenti, alcuni recano la data del 1651 come quelli raffiguranti Sant'Antonio da Padova e San Francesco d'Assisi.
Tra i personaggi famosi di Cavaglià posso ricordare Giovanni Gersen del XIII secolo che fu Abate dell'abbazia di Santo Stefano di Vercelli dal 1229 al 1240. Costui è ritenuto l'autore de L'imitazione di Cristo. Questo testo ebbe gran diffusione, si calcolano almeno 3.000 edizioni dopo l'invenzione della stampa. Secondo la tradizione, l'abate Gersen nacque nella cascina "Campi di Giugno", che fu demolita e poi ricostruita nel 1912.
Prima di lasciare Cavaglià, devo fare anche una sosta davanti ad un piccolo monumento, ma di grande importanza per il borgo e tutto il suo territorio circostante. Il monumento è ubicato in via Rondolino località locanda Firmino e ricorda i partigiani caduti durante una azione di rappresaglia nazifascista. Il monumento, posto lungo la strada provinciale ex statale 143 del Vercellese è realizzato con dei sassi di fiume posti a piramide con sovrastante una stella a cinque punte. La piramide ha come base un parallelepipedo in marmo. Alcuni lapidi riportano le seguenti scritta:" Cogo Luciano, Negro Silvio, Prelle Mario,Toso Giovanni, Perona Oreste, Nerva Giovanni, Barbero Negro Luigi, Macchieraldo Ernesto, Monteferrario Renzo, Ramella Valet Giovanni. Vittime della furia nazifascista. Cavaglià a ricordo dei qui caduti nella tragica notte del 29 - 30 aprile 1945 ".
All'origine dei fatti vi fu l'ordine di iniziare la ritirata pervenuto il 24 aprile al 75° Corpo d'armata germanico, di cui facevano parte oltre alle divisioni tedesche anche vari reparti della fascisti. La sera del 28 aprile, a Tronzano il comando partigiano di zona e i comandi tedeschi concordarono una tregua. Verso le ore 23 un battaglione del reggimento tedesco giunse a Cavaglià, dove si trovavano i partigiani garibaldini e delle brigate di Giustizia e Libertà. Secondo i racconti, uno sfollato, un certo Sarti, sparò con un fucile da caccia, dalla locanda Firmino contro i tedeschi, innescando la loro reazione che causò la morte di 10 uomini, vari arresti, e la demolizione parziale del municipio dove erano state trovate armi partigiane. Tre partigiani furono uccisi nei pressi della locanda Firmino, mentre transitavano provenienti da Salussola, un altro fu ucciso dopo essere stato fermato su una vettura proveniente da Santhià; altri tre furono arrestati, messi al muro e fucilati, sempre dopo essere stati fermati per strada su una vettura proveniente da Biella; un civile fu ucciso nei pressi del peso pubblico, un altro fu trovato morto nel territorio di Salussola dopo essere stato fermato presso la locanda Firmino; l'ultimo civile, padre di un partigiano, fu fermato presso la locanda Firmino e fucilato.
Ricordo inoltre, nell'allontanarmi da Cavaglià della presenza in questo borgo del biellese di un Cromlech, ossia un complesso megalitico, recentemente scoperto composto da "menhir", di cui gli studiosi fanno risalire alcuni di questi antichi massi di epoca neolitica. È affascinate pensare come questi enormi megaliti, posti in forma circolare potessero servire per segnare il sorgere e il tramonto del sole e della luna, l'allineamento dei pianeti e il ciclo delle stagioni.
Lascio questo borgo del biellese, una bella scoperta del mio Piemonte.