Messaggio

Viaggio in una terra di mezzo (II parte)

Venerdì 08 Luglio 2011 14:15
Stampa
LampedusaPer fortuna in soccorso alla povera economia di Lampedusa è arrivato il turismo: ma anche per questo motivo i Lampedusani dovettero lottare e solo grazie alla loro forte protesta, manifestata con anni di astensione elettorale, a metà degli anni ‘60 venne costruito l'aeroporto. Ma il grande pubblico conoscerà l'isola e il suo magnifico mare purtroppo solo dopo l'attacco militare sferrato da Gheddafi il 15 Aprile del 1986 in risposta ai bombardamenti americani su Tripoli, che mandò su tutte le prime pagine dei mass media l'Isola, permettendole così di farsi conoscere al mondo intero. Ora le tristi pagine degli sbarchi di questi migranti in cerca di fortuna hanno riportato sull'isola decine di giornalisti provenienti da tutto il mondo e le parabole delle TV le trovi ovunque.
Ricordo come nel 1986 Lampedusa balza improvvisamente agli onori delle cronache mondiali, quando il 15 Aprile, verso le 17:30, una motovedetta libica, su ordine del colonnello Gheddafi, avrebbe lanciato due missili SCUD verso l'installazione radio americana LORAN sita a Capo Ponente. Vengono avvertite dalla popolazione due forti esplosioni e si diffonde la notizia che due missili abbiano mancato l'obiettivo e siano finiti in mare.
Tuttora avvolto dal mistero l'episodio dei missili; c'è chi sostiene che in realtà non fu lanciato nessun missile.
Da tempo sosta vicino alla Trattoria da me frequentata, una stazione TV mobile di Sky TG24 che ogni volta che vado a pranzo è in diretta televisiva. Certamente l'effetto "grande fratello", come definisco io chi ama apparire in video, trova maggiormente in questi giorni di continui sbarchi di profughi un forte richiamo per chi è alla ricerca di notorietà. Le novelle comparse sono soprattutto volontari delle maggiori organizzazioni di volontariato presenti sull'isola, che pare vogliano affermare con la loro presenza televisiva il tradizionale "Io c'ero!".

Stare a Lampedusa non può non far venire in mente il libro "Il Gattopardo" che diventò prima un bestseller e poi un colossal cinematografico grazie alla sapiente regia di Luchino Visconti, che seppe trasfondere sulla pellicola l'omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la cui nobile casata ha origine nel 1630 quando Carlo II di Spagna concede la proprietà dell'isola alla famiglia Tomasi (che diventerà così Tomasi di Lampedusa), guadagnandosi così il titolo di Principi di Lampedusa.

Con il mio scooter vado alla ricerca delle tipiche costruzioni rurali, i famosi dammusi, tutte realizzate solo in pietra e che costituiscono la testimonianza della tradizione agricola ormai praticamente scomparsa. Li caratterizza il tetto a volta e possono essere singole abitazioni o articolarsi in strutture più complesse, comprensive di ricovero per gli animali, cisterne, pozzi, aie, ecc. Sicuramente il più grande e suggestivo di essi è "Casa Teresa", ubicato in zona ponente.

Nel mio girovagare rimango particolarmente meravigliato vedendo l'ex base americana LORAN particolarmente militarizzata, per scoprire poi che è divenuta un centro di "accoglienza "per minori sbarcati come migranti a Lampedusa. Loran è l'acronimo di (LOng RAnge Navigation, dall'inglese navigazione a lungo raggio), un sistema di radionavigazione terrestre tramite onde radio LF (a bassa frequenza) che sfrutta l'intervallo di tempo tra i segnali ricevuti da tre o più stazioni per determinare la posizione di una nave o di un aereo.
Ad oggi l'uso del LORAN è in declino, a causa dell'avvento dei più efficaci e precisi sistemi GPS.
E' triste vedere questa punta estrema dell'isola e dell'Italia trasformata in un temporaneo fortino per minori. Mi soffermo vicino a questa ex base militare nel punto più alto dell'isola con i suoi 193 metri nella zona detta dell'Albero Sole, situato sul versante nord occidentale, a scattare qualche foto con un vento fortissimo che i miei pochi capelli sembrano ribellarsi prendendo le forme più strane.

L'isola è più vicina all'Africa che all'Italia, è posta sul 35° parallelo e pare persa nel blu del Mediterraneo offrendo ospitalità anche alle tartarughe che vengono a nidificare sui suoi lidi.
Per raggiungere la spiaggia dei Conigli, dove vanno a nidificare, devo camminare un quarto d'ora in una delle poche giornate trascorse senza pioggia ma fa decisamente caldo e in un battibaleno mi ritrovo a camminare sul sentiero che porta alla spiaggia in costume da bagno. Le mie forme non sono da posa cinematografica ne tanto meno da culturista, ma d'altra parte se devo fare una scelta di opportunità tra un' ora di palestra o un saporito piatto di penne con la bottarga, scelgo senza dubbio la seconda.
Lungo il tragitto sul sentiero ben curato faccio molti scatti fotografici alla vegetazione e al panorama veramente splendido. La spiaggia dell'isola dei conigli è uno dei luoghi più belli di quest'oasi di pace, un fantastico luogo incontaminato, dai colori così incantevoli da sembrare irreali. Non posso non soffermarmi dall'alto della scogliera ad ammirare i colori di un mare che ha tutte le tonalità dal blu all'azzurro. Le acque si rifrangono dolcemente su una sabbia tanto bianca da riflettere la luce del sole.
La sabbia è finissima e a giugno, annunciando l'estate, le tartarughe marine della specie "Caretta caretta" vengono durante le notti a deporre le loro uova per dare origine ad una nuova generazione di questo rettile marino purtroppo minacciato dall'uomo e dall'inquinamento, ora fortunatamente protetta. La spiaggia dei Conigli è importante per la loro sopravvivenza, perché ormai sono molto rari i siti naturali, non urbanizzati, senza luci e rumori che possono consentire alla tartaruga di riprodursi.
Sono contento di aver visitato questa spiaggia, un posto di così rara bellezza. La Regione Siciliana nel 1984 l'aveva dichiarata Riserva Naturale. Purtroppo per diversi anni la riserva è rimasta solo una "riserva sulla carta", fino a quando nel 1996, ne è stata affidata la gestione a Legambiente che la cura meravigliosamente.
Il nome della spiaggia è dovuto all'adiacente isolotto che porta l'omonimo nome, che si presenta alto, pianeggiante con le pareti a picco, abitato esclusivamente da gabbiani reali che pure vi nidificano.
Scrivendo della spiaggia e dell'isola dei Conigli, non si può non parlare di un fenomeno che si rinnova circa ogni 100 anni: quando appunto l'isolotto si unisce alla terraferma ed è anche il motivo del nome dell'isola.

Mentre faccio rifornimento allo scooter un anziano isolano seduto su una traballante sedia, vicino al distributore di benzina, mi racconta la storia di questo bizzarro fenomeno che si verifica all'incirca ogni 60-70 anni. L'ultima volta si è ripresentato nel maggio 2001, quando appunto l'Isola madre e l'Isolotto dei Conigli, solitamente divisi da un lembo di mare, risultarono collegati dall'istmo di sabbia, che come per magia affiorò abbondante di sorpresa dagli incontaminati fondali.
Il "fenomeno" ci consente anche di spiegare come mai l'isolotto porti questo nome, cioè da quando una colonia di conigli raggiunse l'Isolotto. Poi quel lembo di sabbia di collegamento venne spazzato dal mare ed i conigli rimasti intrappolati si riprodussero copiosamente, dando il nome all'isolotto. Ma ora sull'isolotto di conigli non ce ne sono più.

Scorrazzare per l'isola con lo scooter non ha prezzo, un modo di dire che comunque rappresenta la libertà di vivere in un isola che pare lontana dal tempo e dallo spazio e che le grandi città non possono offrirti.
L'albergo ospita alcuni momenti dell'avvenimento mondano più importante dell'anno: "Lampedusa sùsiti" organizzata dalla fondazione O'Scià (Odori, Suoni, Colori d'Isole d'Altomare) organizzazione nata nell'estate 2003 da un'idea di Claudio Baglioni con lo scopo di promuovere il dialogo per favorire l'integrazione culturale e costruire un nuovo modello di convivenza civile, pacifica e solidale, facendo dell'Europa la terra dell'incontro tra le grandi civiltà, culture e fedi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo.
Lampedusa Susiti (Lampedusa rialzati) intende portare Solidarietà agli isolani, accoglienza ai profughi, riconoscenza ai soccorritori., come recita il manifesto affisso su tutta l'isola.
C'è in programma un grande raduno-concerto a più voci e a più strumenti con Claudio Baglioni come star principale al porto di Cala Pisana e un triangolare di calcio tra la squadra attori/cantanti, la squadra di calcio di Lampedusa e una rappresentativa delle Forze dell'Ordine e dei Vigili del fuoco, peccato che non facciano giocare anche una rappresentativa di migranti.
La hall dell'albergo si riempie rapidamente delle persone che sono al seguito di Paola Saluzzi, Pino Insegno, Luca Barbarossa, Andrea Angelucci, Giò di Tonno, Riccardo Fogli, Sandro Giacobbe, Nicola Legrottaglie, Enrico Ruggeri, Stefano Valesi, i Sonora, Marco Masini e tanti altri. Mi trattengo qualche istante tra questo mondo molto appariscente ma molto lontano dalle mie aspettative. Preferisco chiacchierare con Amanda, una bella ragazza che dietro al bancone dell'albergo mi indica uno ad uno questi illustri ospiti che si appropinquano ad un party isolano di tutto rispetto.
Mi sto godendo appieno queste giornate di studio e riposo e tale calca di persone mi infastidisce, anche se concordo con Amanda di ritrovarci in discoteca la sera.

Una sosta non poteva non essere fatta alla spiaggetta della Guitgia. Questa piccola meraviglia si trova nella baia del porto ed è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Una spiaggia incredibilmente dotata di una strana bellezza fatta di soffice sabbia candida bagnata da un mare color turchese e cristallino. E' la spiaggia più attrezzata dell'isola; alberghi, negozi, e locali che gli fanno da corona la rendono adatta soprattutto alle famiglie con bambini.
Li vicino trovo il Santuario della Madonna di Porto Salvo, del quale le guide scrivono che se ne ha notizia già nel 1202, cioè al tempo della quarta crociata. E' uno dei luoghi più importanti per Lampedusa oltre ad essere il luogo di culto della patrona dell'Isola.
Nel 1569 lo scrittore Fazello racconta di "una cappella consacrata a Maria in una grotta".
Ma notizie più precise le troviamo nella relazione che il governatore dell'Isola Bernardo Maria Sanvisente; Capitano di fregata nominato Governatore da Re Ferdinando di Borbone dopo aver acquistato l'isola nel settembre 1843 scriveva al re delle due Sicilie: "nel vallone della Madonna eravi una chiesetta con antichi abituri, una casa diroccata e diverse grotte. Nella chiesetta, che trovai in meschino stato, eravi una statua della Vergine mutilata e gettata al suolo. La feci restaurare e disposi che ogni 22 settembre si cantasse una messa onde solennizzare il giorno del restauro e del possesso dell'Isola avvenuto il 22 settembre 1843 quando con due piroscafi ed a nome del Governo Borbone, sbarcammo a Lampedusa. La chiesetta suddetta serviva dapprima a doppio uso. Infatti al mio giungere nell'isola, all'ingresso c'era una stanza chiusa da un cancello e tutt'intorno alcuni sedili di pietra ed altre case all'uso della religione dei turchi. Questo locale serviva per gli arabi che transitavano per qua e desideravano fare le orazioni della loro religione. Più in fondo, aperto il cancello, si presentava un secondo locale ove i fedeli che desideravano visitare la miracolosa immagine trovavano l'altare cristiano con sopra la Santa Vergine già mentovata". Ciò ci indica il valore e il calore dell'ospitalità lampedusana in quanto la grotta risultava essere divisa in chiesa cattolica e moschea maomettana. Purtroppo durante la seconda guerra mondiale il santuario venne bombardato, distruggendolo ma lasciando indenne la statua della Madonna. Quel bombardamento non fece vittime e i lampedusani devoti, riconoscenti alla Madonna ricollocarono la statua in un nuovo Santuario.
Devotissimi gli abitanti sembrano stringersi attorno a quella madonnina a cui si rivolgono per chiedere una vita migliore, un mare che scateni il meno possibile la sua imprevedibile ira, continuando a mostrarsi generoso con un isola che dal mare trae sostentamento e che regali nella sua storia ne ha avuti ben pochi.
I menù gastronomici isolani non ti danno che l'imbarazzo della scelta; ma si può tranquillamente entrare in qualsiasi locale del posto e gustare piatti saporiti di tutte le specie come la Pasta con sgombri, Spaghetti con Uova di Tonno o di Ricciola all'Olio d'Oliva, Pennette alla Ricciola o Pesce Spada o Tonno affumicato, Penne alla Bottarga, e magnifica nella sua semplicità la Bottarga al pomodoro. Ma io sono goloso e curioso e grazie al mio albergatore riesco ad andare con una sua raccomandazione a mangiare un magnifico cous cous di cernia (piatto tunisino), quindi una stuzzicante insalata dai sapori accentuati di capperi ed erbe aromatiche al ristorante "Regina del mare".
D'altra parte ogni ristorante o trattoria offre le sue gustose specialità e non c'è che da scegliere e da sperimentare volta per volta, ma non posso dimenticare i ravioli di ricotta, dolci fantastici che ancora caldi il mio burbero oste preferito della trattoria "l'Angolo del mare" mi serve a fine pasto.
Durante una sosta in via Roma per un aperitivo con Alessandro e Marco incontro alcuni volontari dell'ANPAS presenti sull'isola, il cui compito è di assistere i migranti sui traghetti che da Cala pisana, dove Claudio Baglioni ha casa e dove annualmente tiene un concerto, s'imbarcano per raggiungere la Sicilia per essere accolti nei vari centri d'ospitalità sparsi per l'Italia.
E' un bellissimo incontro, pieno di umanità e di calore umano che solo i veri volontari sanno trasmettere.
Ormai sono quasi diventato amico dei militari a guardia del "cimitero degli elefanti", come amo definirlo. E' un enorme spiazzo adiacente al porto turistico dove le carrette del mare riposano dopo il loro ultimo viaggio, quello della speranza.
Sono vecchi traballanti e scricchiolanti pescherecci posti pigramente in questo "cimitero" dopo essere stati stipati in maniera inverosimile di poveri emigranti, provenienti principalmente dal Nord Africa. Povere persone paganti tra l'altro un "sacco" di soldi un viaggio che gli è costato anche la vendita di tutti i loro averi e consegnati a questi squallidi faccendieri/trafficanti di anime.
Un viaggio rischioso per tutti, per tutte quelle persone che perdono la vita proprio per le condizioni disumane di viaggio e anche per queste imbarcazioni nate per la pesca e non certo per trasportare persone che vengono stipate a mo' di sardine. Mi sono sempre domandato a che cosa fanno la guardia questi due militari, a vecchi legni consumati? a prove di un reato? Le imbarcazioni o quel che resta di queste vengono poi caricate su grandi chiatte e portate alla demolizione fuori dall'isola.
Sono curioso di conoscere quando e perché l'isola ha perso tutto il suo patrimonio arbustivo e dopo un po' di ricerche vengo a sapere che c ‘entra di nuovo il nostro cavaliere Bernardo Maria Sanvisente che realizzerà. "grandi opere" come sette palazzi (tuttora esistenti), ma anche case e strade, frantoi, stabilimenti per il trattamento del pesce. Ma dalla Sicilia chiedono carbone vegetale, ovvero di alberi da tagliare e bruciare, destinati alla crescente domanda di energia per fronteggiare la rivoluzione industriale in corso nell'Europa e nel regno delle Due Sicilie della metà del diciannovesimo secolo.
Il Re, più interessato ai denari che alla salvaguardia dell'ambiente e degli alberi dell'isola,nonostante le proteste del governatore Sanvisente, concede le autorizzazioni al disboscamento indiscriminato di Lampedusa per la produzione di carbone vegetale.
In pochi anni l'Isola perde tutta la propria vegetazione di alto fusto e conseguentemente anche le coltivazioni ortofrutticole che, sempre più esposte ai forti venti perché non protette dagli alberi, diventano più difficili e meno redditizie. L'economia di Lampedusa si dovrà spostare definitivamente verso la pesca e l'isola prende l'attuale aspetto morfologico di una landa rocciosa, brulla e ventosa. Il Governatore non ci sta e si dimette dalla sua carica ma ciò non fa cambiare idea a Re Ferdinando.
Nel 1872, dopo l'unità d'Italia, il governo italiano decide di installare sull'Isola una colonia penale. Decisione non benevolmente accettata dagli abitanti e la nomina di un Commissario governativo provoca altro malcontento nella popolazione perché ciò porterà la revoca di tutte le concessioni di terre ai pochi contadini rimasti con la conseguente ulteriore riduzione delle ormai poche e rare coltivazioni sull'isola.
In una giornata festiva, piovosa, dove gli sciacquoni d'acqua sono accompagnati da forti venti e nemmeno il K-way ti può dare protezione, vado a messa. La chiesa è quasi gremita nei suoi banchi e l'omelia del parroco è forte ed incisiva quando ricorda il dovere di ospitalità e il ruolo della Chiesa nel dare e offrire accoglienza. Un sermone tutto incentrato sui valori dell'uomo e sulla necessità di offrire al camminate un rifugio.
I lampedusani si trovano spesso ad affrontare da soli l'emergenza immigrazione e la domanda del presule è semplice: "Lascereste mai la vostra terra, imbarcandovi senza garanzie, a centinaia su delle barche fatiscenti, senza generi di conforto sufficienti, con poca acqua e con i vostri figli, vendendo tutti i vostri averi per pagare dei mercenari in un viaggio dalle risposte incerte?
Quanto grande deve essere la miseria, quanta deve essere la paura, prima che la risposta possa diventare un si senza ipocrisia?"

Questa gente si trova tutti i giorni ad affrontare sbarchi di uomini, donne e bambini che portano la sofferenza e la disperazione negli occhi e ciò da anni, anche quando le TV del mondo intero ignorano l'esistenza di Lampedusa.
Le sue parole sono accorate e la gente mestamente ascolta in un silenzio quasi devozionale, anche i pochi turisti presenti alla messa si sentono partecipi di tanto accorato appello.
La chiesa è una costruzione moderna, realizzata con un' unica navata, le statue del Sacro cuore di Gesù, di San Francesco e della Madonna troneggiano ai lati.
Quando esco mi sento un po' lampedusano anche io. Purtroppo il tempo di permanenza si è concluso e devo lasciare l'Isola, l'albergo e questi nuovi amici.

Avrei voluto aver più tempo per cercare una lapide datata 1784 che racconta della morte di un uomo per peste. Un' epidemia che venne probabilmente importata dalla Libia oppure dagli appestati sbarcati dalle galere di Malta e qui inviati dall'Ordine di S. Giovanni.

Ho trovato persone semplici, gente concreta questi isolani, difficile non innamorarsi di questa bellissima terra e della sua gente. Un lembo d'Italia e di terra franca dove incontrarsi tra culture diverse ha la dignità che spetta ad ogni uomo.

Non aspettavo di certo il lusso e lo sfarzo, locali di tendenza, un servizio sempre impeccabile ma ho trovato l'umiltà, cosa rara in questa Italia delle apparenze ma tutto ciò per me è assai più importante. Non posso dimenticare quegli occhi curiosi di questi poveri migranti, stanchi, lucidi, bagnati dalle lacrime di pianto per l'arrivo in una terra che per loro sembra quella "promessa", ma anche tristi per l'abbandono della madrepatria, degli affetti famigliari.
Tutto questo mi ricorda ciò che scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa raccontando nel suo più celebre romanzo "il Gattopardo", quando ti trovi come il Principe di Salina, il protagonista del romanzo, alla fine della propria vita, consapevole del fatto che i cambiamenti sono necessari, sarai talmente stanco che non riuscirai a perdonare chi ti ha stravolto la vita, modificando la lentezza dei tuoi passi giornalieri, che questo sia il rapporto con la devota moglie o la fugace scappatella notturna con una donna dai facili costumi, o nel rispetto e nella timidezza dei figli o nel frequentare la chiesa o nelle sempre uguali battute di caccia. Una tristezza che fa da contrasto alla sua anima vivace e per la sua gente solare, dove il colore del mare dalle gradazioni e tonalità accese deve avermi proprio stregato.

Lascio l'albergo con il rimpianto di non essere andato in discoteca con Amanda, una delle poche promesse mancate ma purtroppo ero rientrato tanto stanco da non essermi svegliato in tempo, cullato quella sera da un caldo vento di scirocco sulle note di dolci melodie.
Mi avvio verso l'aeroporto accompagnato dall'odore forte del finocchio selvatico e delle erbe aromatiche dell'Isola che mi salutano con i loro profumi, ho imparato il valore dell'umiltà e il rispetto verso un territorio magico. Solo ora comprendo perché il suo cittadino più illustre, Claudio Baglioni, scrive:"Nessun uomo è un'isola, ogni respiro è un uomo". Un insegnamento importante che mi riporto a casa chiuso nel mio scrigno della felicità.



Fine II parte.