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Il mio Piemonte: Mornese

Giovedì 09 Marzo 2023 10:17
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MorneseAnche se uscire di casa al mattino provoca ancora un sussulto per via del freddo, la mai titubanza si scioglie lentamente mentre salgo verso la collina dell'alto Monferrato.
La primavera è sbocciata e il mio umore è già più festoso anche se il clima può essere pazzerello.
Per raggiungere Mornese sono passato davanti alla chiesa campestre della Vergine santissima di Pompei, posto ai confini del comune, al bivio delle strade che conducono a Montaldeo e Parodi Ligure; mi sono soffermato brevemente per ammirarla, leggere le lapidi poste sotto il piccolo porticato e scattare qualche foto.
La chiesetta a navata unica ha un tetto a capanna e fu eretta nel 1898, le lapidi poste sulla facciata ne ricordano la fondazione e il suo centenario.
Prima di entrare nell'antico borgo, devo fare un ulteriore sosta per meglio vedere la chiesa campestre dedicata a San Rocco.
La chiesetta si presenta semplice sulle linee costruttive,con un tetto a capanna e sulla facciata prospetta un portale rettangolare con due finestre ai lati munite di grate.
L'edificio è in pietra squadrata e sopra il portale vi è un affresco, assai scolorito che raffigura il santo.
Questa chiesetta esisteva già nel 1597, certamente con fattezze diverse dall'attuale e fu edificata per proteggere il borgo dalle pestilenze invocando San Rocco.
La marchesa Eleonora Spinola, moglie di Filippo Serra, feudatario di Mornese la fece ricostruire a cavallo del XVII e il XVIII secolo abbellendola notevolmente.
Raggiungo così la piazzetta del palazzo comunale, dove sotto i suoi portici alcune lapidi ricordano i caduti mornesini per la patria.
Mentre percorro via Andrea Doria, addentrandomi nel centro storico faccio un breve ripasso di storia locale.
Il toponimo di Mornese è di dubbia origine e pertanto vi sono diverse ipotesi; uno vuole che il suo nome possa rifarsi al latino mulio, mulionis ipotizzando la fondazione da parte di mulattieri genovesi che ne avevano fatto un loro luogo di posta.
Di certo fu attestato nel 1033 come maurenico in un atto notarile che vuole la presenza di monaci cistercensi.
Che fosse luogo di tappa di mulattieri lo attesta anche un contratto sottoscritto il 15 agosto 1118 da Ottone de Murta, che come proprietario di terreni ed alcune case nel territorio di Molanesio li concede gratuitamente ad Ansaldo e Giovanna Molanesi, con l'obbligo di tenerle a sua disposizione e di fornirgli vitto, alloggio a fieno in occasione dei suoi viaggi.
Pertanto nel XII il borgo era già abitato e la tradizione vuole che nel XIII Mornese fosse già un importante centro abitato su una delle più importanti strade che univa Genova alla pianura padana. Rendendo ciò, più favorevoli gli scambi commerciali, tanto che il borgo fu scelto dall'Abate del Santo Eremo di Ponticello quale propria sede. Nel luogo ove esiste oggi la chiesa parrocchiale, costui eresse il proprio castello; in effetti ancora oggi la zona è denominata Castellazzo.
Nel 1270 proprio di fronte al castello dell'abate, la nobile famiglia, Rosso della Volta che partecipavano attivamente al governo della città di Genova, eresse sul colle di Berguato, oggi Borgo alto, il loro castello
Sono anni questo di guerre e pestilenze, come quella tragica e raccontata sugli annali del 1348.
A Genova, le famiglie patrizie si fanno guerra e non lesinano a devastare anche le proprietà oltregiogo delle famiglie avversarie, tra cui Mornese.
Di questi dissidi genovesi e della guerra di Genova contro gli aragonesi, i Visconti signori di Milano ne approfittarono occupando e devastano parte del territorio.
Nel 1330 i Rosso della Volta cedettero il loro fondo che passò sotto il controllo della famiglia Doria. In quel periodo storico i Doria erano in aperto contrasto con la Repubblica di Genova, tanto da avervi scontri armati.
Infatti Luca Doria passò sotto la protezione del marchese del Monferrato e dei Visconti di Milano.
Costui alleatosi con gli Spinola, assaltò il Castello di Tagliolo, occupatolo e si avviò alla conquista di Voltaggio, nel tentativo di costituire un proprio Stato, quando venne raggiunto da una condanna a morte e la confisca dei beni per lesa maestà dalla Repubblica di Genova.
Con la sua prematura morte ha fine il suo progetto e la vedova Violante Doria nel 1384 vendette al Comune di Genova la sua quota del castello.
Con la pace di Torino, la Repubblica di Genova riacquistò piena signoria della zona.
Il castello rimase infeudato a Pietro e Marco Doria, quest'ultimo non sentendosi troppo al sicuro con la repubblica di Genova, cedette la sua metà del castello a Teodoro II Paleologo, marchese del Monferrato, che la reinvestì allo stesso Marco Doria, l'altra metà rimase in piena proprietà della famiglia con Pietro.
Questa ardita alleanza non mise comunque in salvo Mornese; nel 1404 le truppe genovesi occuparono il borgo e distrussero il castello, ma saranno gli stessi genovesi a risarcire i Doria dei danni arrecati al castello.
Ancora nel 1409, Mornese subì le distruzioni e il saccheggio da parte delle truppe mercenarie, dette le “belve”di Facino Cane.
Intorno al 1431, Mornese e il suo castello caddero nelle mani di Francesco Sforza che combatteva per conto di Filippo Maria Visconti. Il feudo rimase comunque in mano alla famiglia Doria.
Tramontata la Signoria milanese, intorno al 1530 Mornese tornò sotto il controllo del marchese del Monferrato che nel maggio dello stesso anno investì del feudo Giacomo Doria della metà del feudo, l'altra metà era, nonostante le traversie era sempre rimasta di proprietà dei Doria.
Investitura ripetuta ancora a Cristoforo Doria, figlio di Giacomo nel 1546, dalla reggente Margherita a nome del figlio Guglielmo, ancora minorenne.
Il borgo come tutto il territorio subì alterne occupazioni di truppe francesi e spagnole impegnate nell'ennesimo conflitto di egemonia della penisola.
Con la pace di Cateau-Cambesis, il Monferrato venne assegnato ai Gonzaga-Nevers. Cristoforo Doria mantenne così l'investitura così come i suoi successori.
Nel periodo di signoria di Ugone Doria, investito nel 1567, a Mornese ha origine una faida che coinvolgerà la famiglia Doria e non solo.
Dodici anni dopo la morte di Ugone Doria, avvenuta nel 1574, la moglie vendette il feudo a Filippo da Passano che ne venne regolarmene investito da Vincenzo Gonzaga, Duca di Mantova e del Monferrato.
Nel 1601 Filippo lo vendette a Nicolò Pallavicino, investito da Ferdinando Duca di Mantova e del Monferrato nel 1618.
Nel 1628, il feudo passò al patrizio genovese Giovanni Battista Serra, prontamente investito dall'imperatore Carlo V.
Da notare che la parte di proprietà dei Doria a metà Cinquecento era diventata feudo imperiale.
Verso la fine del XVII la famiglia Serra fu coinvolta in una causa giuridistizionale con la Camera ducale monferrina, vicenda che si concluse con una sentenza del Senato di Casale che decretò il bando perpetuo di Filippo Serra, sotto la pena di morte.
Con la pace di Utrech e di Vienna nel 1736 il feudo fu assegnato ai Savoia. La guerra di successione austriaca tra il 1744 e il 1749 vede il borgo e il castello più volte occupato dalle parti avverse, subendo in tali occasioni pesanti danni. Alla fine del Settecento il paese fu ancora vittima di innumerevoli passaggi di proprietà, dai Serra ai Marini, ai Centurione, agli Spinola, agli Orsini di Roma e al Conte Pio Luniares di Savoia, ultimo dei feudatari, per poi tornare definitivamente, nel 1844, sotto il dominio della famiglia dei Doria, nella persona di Giorgio
Con l'occupazione napoleonica, Mornese si trovò inserita nel cantone di Castelletto d'Orba nel Dipartimento di Montenotte.
Fu proprio nel XIX secolo che il territorio di Mornese venne assegnato definitivamente alla diocesi di Acqui Terme. La Grande Guerra, come in tutto il Monferrato portò tanti lutti. Dopo l'epidemia dell'influenza spagnola anche la peronospora, malattia che aveva colpito la coltivazione delle vigne, contribuì a mettere in ginocchio l'economia del paese.
La seconda guerra mondiale vide Mornese protagonista nella guerra di liberazione partigiana.
Proseguo così la mia passeggiata e la strada che conduce al borgo alto e il castello è stretta, con belle antiche case, dove ogni tanto si affacciano le vetrine di un negozietto.
Da quelli alimentari escono meravigliosi profumi, dal pane caldo appena sfornato alla pasta fresca appena fatta, mentre in quelli dei verdurieri trovi montagne di verdure e frutta oltreché splendidi funghi porcini. Raggiungo così la piccola piazzetta che anticipa l'irta salita per il castello.
Sulla piazzetta s'affacciava il vecchio palazzo comunale, ormai in disuso con la sua antica loggia.
In posizione dominante, su un colle, si erge l'antico maniero, sorretto da mura possenti e coronato da merli guelfi.
L'aspetto è tipico dei castelli delle zone dell'ovadese, forse una propria scuola visto le influenze sia genovesi che monferrine.
Si presenta un edificio quasi come un massiccio blocco, totalmente intonacato che si sviluppa in altezza, con un apparato difensivo merlato, imponente con le sue caditoie e feritoie.
Quello che differenzia Mornese dagli altri castelli è la sua conformazione, assai più complessa, dovuta alle frequenti costruzioni e ricostruzioni, nonché alle esigenze di trasformarlo da struttura difensiva a palazzo nobiliare.
Vi accedo attraverso una strada acciottolata, attraversando una grande porta che affianca una massiccia torre circolare.
Dallo spiazzo antistante, di quello che oggi è un cortile arioso e con un bel giardino, si prospetta un panorama fantastico sulle colline circostanti.
Su questa corte,oltre al maniero si affacciano delle dipendenze del castello, sicuramente usati, come corpo di guardia, stallaggi, officine del maniscalco, locali per gli armati, prigioni, ma anche come ricetto.
L'accesso al castello vero e proprio, avviene attraverso un alta salita che conduce a un piccolo giardino interno, le cui mura sono tutto quello che rimane della distruzione perpetrata dai genovesi nel 1404.
Da qui un ampio scalone arricchito da armature e interessanti quadri conduce al piano nobili, che è ancora abitato dalla famiglia Doria. Ho invece accesso alla cucina, ed alcuni locali per la servitù e alle cantine.
Attraverso una porta si accede a una zona panoramica munita di antiche bandiere segnavento.
Da questo belvedere è possibile l'accesso alla torre circolare che si prospetta spavalda sia alla massiccia torre quadrata del maniero che sull'intero borgo controllandone i movimenti.
Una leggenda per bambini vuole che la figlia di un re, sotto incantesimo della strega del bosco di nome Sriscin vi fosse stata imprigionata.
Solo grazie alle astuzie di un giovane contadino mornesino di nome Sciancafern, ritrovò la libertà.
Dopo aver ammirato, per quanto possibile il castello, riprendo i miei passi, non prima di aver ricordato le tragiche vicende che accaddero nel XVI secolo.
Era un periodo di conflitti e Mornese trova serenità, almeno apparenti, dopo la firma della pace di Cateau Cambresis del 1559.
IL borgo,era un paese di frontiera, nominalmente monferrino ma abitato da molte famiglie genovesi; luogo di rifugio dei banditi genovesi, polceveraschi che dopo le loro ruberie ed assassini trovano rifugio in Mornese che apparteneva ad un alto Stato e a cui spesso i feudatari offrivano ospitalità.
Ovviamente ciò portava forti proteste e anche minacce da parte genovese.
Soprattutto oggetto dei banditi erano i mercanti e i viaggiatori che transitavano per i passi e i valichi per raggiungere Genova.
In quegli anni, Cristoforo Doria, dovette rinnovare l'investitura feudadale con giuramento di fedeltà a Margherita Gonzaga Duchessa di Mantova, proprio quando il banditismo era al suo culmine.
Del fenomeno del banditismo fu tragica la sorte di Giacomo Doria, nel 1568, figlio primogenito di Cristoforo, nel frattempo defunto. Giacomo mentre cavalcava in direzione di Voltaggio, lungo una mulattiera, fu colpito da tre archibugiate e poi finito con quindici pugnalate e derubato.
Il servitore scampato all'agguato portò la triste notizia in paese e al castello.
I paesani, chiamati dalle campane, accorsero ed esplorarono il bosco, insieme al Podestà di Parodi e ai suoi uomini sotto il cui territorio era stato compiuto l'efferato delitto.
Fu lo stesso Podestà di Parodi che promise un premio a chi denunciasse gli assassini, ma tutto fu senza esito.
In paese intanto si mormorava che il mandante dell'assassinio fosse il fratello, Ugo Doria.
Due anni dopo Ugo Doria, assoldò quali suoi bravi, cinque banditi che da tempo spadroneggiavano anche nel feudo di Mornese. I documenti affermano che costoro insidiassero anche le giovani donne del luogo. Il 21 maggio 1570, durante la Messa, due “bravi” che avevano accompagnato a messa Ugo Doria, furono trucidati, ad altri due toccò la stessa sorte mentre erano nelle cantine del castello ad ubriacarsi.
Anche la nobile famiglia Scorza di Voltaggio non fu da meno, infatti lo Scorza dopo aver ucciso la propria moglie e si rifugiò a Mornese.
Ma costui troverà la morte a Mornese, per mano di un altro Scorza che mentre accompagnava il podestà di Parodi a recuperare degli archibugi di alcuni banditi uccisi, che avevano razziato il territorio, lo trovò ospite dei Doria.
Uscito dal castello, mi aggiro dapprima tra le case del borgo alto e poi prendo via Mario Ferrettino.
Lungo questa strada che mi porta al Collegio di Borgo Alto, inizio a trovare lapidi che ricordano la vita di Santa Maria Maddalena Mazzarello come quello che ricorda Valentino Campi, la casa del sarto, dove la Santa imparò a fare la sarta insieme alle amiche Petronella e Giovana Ferrettino per poi istruire le ragazze povere nell'arte del cucito.
Anche in strada Valgelata, dove nel 1858 la famiglia Mazzarello si trasferisce dalla Valponasca, una cascina posta sulla strada per Parodi Ligure, poco prima della frazione Cadegualchi vi sono raccontate le vicende della santa mornesina.
La Santa vivrà in questa modesta abitazione dall'età dei 21 anni ai 30, ed è qui che trascorre il periodo in cui combatte contro la malattia, il tifo che ha preso curando gli zii ammalati.
Raggiungo così il collegio, questo grande edificio posto su un colle ai piedi del castello. Prima di visitare il collegio ripercorro la storia di Santa Maria Maddalena Mazzarello.
Costei nasce a Mornese il 9 maggio 1837, dopo la malattia di tifo, Maria non fu in grado di lavorare nei campi e inizia ad andare a scuola di sartoria.
Con l'amica Petronilla nel 1862 apre un laboratorio, dove ben presto, attirate dalla sua disponibilità e dalla sua fede si raccolgono le giovani orfane e abbandonate.
Don Pestarino, parroco di Mornese la segue, favorisce e protegge l'iniziativa dove la fede di Maria Mazzarello e la sua devozione a Dio sono testimoniate quotidianamente.
L'incontro con Don Bosco nel 1864 è il momento che dona la svolta alla sua esistenza, dedicata alla preghiera e all'aiuto alle fanciulle povere, diseredate o orfane e consacra la propria vita a Dio con i voti religiosi e fonda con Don Bosco, l'Istituto di Maria Ausiliatrice.
Il collegio fu la prima casa madre delle figlie di Maria Ausiliatrice. Nel 1864, il parroco Don Pestarino inizia a raccogliere i fondi per costruire l'edificio che servisse anche da scuola.
La stessa Maria con l'amica Petronilla, invitava le donne del paese a raccogliere le pietre nelle vigne e portarle sulla strada, dove con due carri gli uomini sarebbero passati a caricarle. Il 13 giugno 1865 si posa la prima pietra.
Il 13 dicembre 1867, don Bosco, invitato da don Pestarino torna a Mornese a benedire la cappella del Collegio. In accordo con Don Bosco, dopo che la curia di Acqui Terme nel 1871 vieta l'uso dell'edificio ai ragazzi, viene destinato quale casa madre per le figlie di Maria Ausiliatrice.
Nel 1879, Maria Mazzarello, si trasferì a Nizza Monferrato dove vi è stata edificata la nuova casa madre e dove vi morì all'età di 44 anni il 14 maggio 1881.
Maria Mazzarello fu in seguito beatificata da Pio XI il 20 novembre 1938 e canonizzata il 24 giugno 1951 da Pio XII per i numerosi miracoli attribuitegli.
L'edificio di Mornese fu venduto e nel 1949 fu acquistato per diventare orfanotrofio per le figlie dei Carabinieri. Vicino all'antica cappella del collegio, che fu ricostruita parzialmente e dove Maria Mazzarello prese i voti è stata costruita una nuova e più ampia cappella con ampie vetrate che raccontano la vita della santa.
È conservata integra la cameretta che ospitò dal 1872 al 1879 madre Maria Mazzarello, mentre nel cortile è presente il pozzo, oggi ristrutturato che dava acqua al collegio, diventato oggi un simbolo per la vita delle figlie di Maria ausiliatrice essendo stata la prima fonte della congregazione.
Sempre in questo collegio il 5 agosto 1872 con la professione di fede religiosa presa da Maria Mazzarello e da una decina di novizie, alla presenza del vescovo di Acqui Terme, di Don Pestarino, Don Bosco e altri sacerdoti nacque l'Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice.
Ritornando sui miei passi, inizio dalla piazzetta sotto il castello a salire per vie della chiesa, anche in questa strada, con le sue caratteristiche case e i suoi negozi, vi sono diverse lapidi che ricordano il passaggio di santa Maria Mazzarello, come quello che ricorda il luogo dove Maria e Petronilla aprirono il loro laboratorio di cucito per le fanciulle di Mornese nel 1862, oppure casa Bodrato, che fu affittata da Maria e Petronilla per ospitare le figlie di un commerciante vedovo, dando così avvio alla prime case-famiglia; ma anche la casa della maestra Angela Maccagno che fu la prima sede delle riunioni delle figlie dell'Immacolata, come Don Pestarino aveva chiamato la comunità di queste ragazze.
Raggiungo così la piazza della chiesa, l'antico luogo dove insisteva il Castellazzo.
Su questo poggio che fronteggia il castello si eleva la grande parrocchiale dedicata a San Silvestro Papa e a San Nicola di Tolentino.
La chiesa fu voluta dal feudatario Nicolò Pallavicini a fine XVII secolo in quanto la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria, ancora esistente sul lato destro della nuova chiesa era troppo piccola.
La parrocchiale assunse la dedicazione a San Nicola da Tolentino, ma dopo alcuni anni prese anche il titolo di San Silvestro Papa a ricordo di una più antica chiesa parrocchiale che era posta troppo fuori dal centro abitato, sulla strada per Montaldeo e che fu abbandonata ed ora è scomparsa.
La chiesa subì nei secoli diverse ristrutturazioni ed ingrandimenti, come la realizzazione delle navate laterali e l'ampliamento dell'abside nel 1813, oppure il rifacimento del pavimento del 1738 voluto dalla marchesa Eleonora Serra Spinola.
A fine del XIX secolo la chiesa fu allungata verso il sagrato, rifatta la facciata e alzato il soffitto.
La facciata si presenta monumentale, tripartita da eleganti lesene. La parte centrale, con il tetto a capanne è la più alta, mentre le parti laterali sono più basse e con tetto a spiovente.
Tre bei portali permettono l'ingresso in chiesa, incorniciati da leggere colonnine che sorreggono eleganti portici elaborati e sagomati con riferimenti liberty.
Sul portone centrale, più grande e su quelle laterali in tre lunette sono raffigurate San Pietro che battezza il centurione, la madonna e Sant'Antonio da Padova.
Un marcapiano corre per tutta la facciata, sulle paraste d'angolo, poggiano le statue di San Nicola da Tolentino e San Antonio, mentre in tre nicchie poste nella parte centrale della facciata vi è la statua di San Silvestro Papa al centro e ai lati San Guido e San Giuseppe.
Un semplice timpano chiude la parte centrale della facciata.
Anche l'interno è molto maestoso. L'altare maggiore presenta nel presbiterio una balaustra, dove nei due pilastrini d'ingresso vi sono gli stemmi della casata dei Serra.
Sull'altare vi è un crocifisso del XVIII secolo, dietro vi è un ottocentesco coro ligneo e sulla parete absidale un importante quadro raffigurante San Silvestro che battezza l'imperatore Costantino, attribuito al pittore genovese Panario della seconda metà del XVII secolo.
Altre due settecentesche tele sono presenti nel presbiterio, raffiguranti l'Epifania e la Presentazione al Tempio.
Tutta la chiesa è affrescata dal pittore Luigi Gambini negli anni trenta del XX secolo.
Anche il pulpito della navata centrale, veramente monumentale è stato scolpito nell'Ottocento.
Ai lati delle navate e del presbiterio vi sono quattro altari, anche con pregevoli tele settecentesche, ovviamente un altare è dedicato a Santa Maria Domenica Mazzarello e fu eretto in occasione della sua beatificazione nel 1938.
Sulla lato destro della chiesa, arretrata di qualche metro vi è l'oratorio dell'Annunziata, già chiesa di Santa Maria, edificata nel Cinquecento e poi ampliato successivamente.
L'oratorio è molto semplice e lineare, con tetto e capanna, un'unica porta d'accesso, due semplici lesene alte fino al timpano e nessuna finestra o decoro sulla facciata.
Nell'oratorio sono conservati il crocifisso processionale e un antico gonfalone bifronte del pittore Santo Panerio e molte altre opere sacre ottocentesche.
Tutto quello che rimane del vecchio Castellazzo è visibile nei sotterranei dell'oratorio che sono visitabili, perché sono utilizzati come sala espositiva della raccolta di presepi realizzati in varie parti del mondo e donati alle suore salesiane di Maria Ausiliatrice.
Per raggiungere l'ingresso di queste stanze sotterranee occorre entrare in una porta posta sul lato destro della chiesetta, transitando su un piccolo giardino, un tempo cimitero di Mornese.
Sempre dalla piazza della chiesa parrocchiale si apre un piccolo sentiero, chiamato degli Orti che percorro per un breve tratto.
Fu su questo sentiero che Maria Mazzarello, rivolgendosi all'amica Petronilla le confessa di aver avuto una chiamata da una voce mentre si trovava in strada a Borgo alto e che le invitava a occuparsi delle giovinette orfane o povere.
Sempre sulla piazza si prospetta la casa dell'Immacolata, fatta costruire da Don Pestarino con l'intenzione di cederla alle Figlie dell'Immacolata.
Nel 1867 le attività di casa Bodrato e casa Maccagno si trasferiscono nella casa dell'Immacolata, è solo in questo periodo che Maria Mazzarello, Petronilla Mazzarello, Giovanna Ferrettino e Teresa Pampurò abbandonano le proprie case e famiglie.
Rientrato nella piazzetta iniziale, percorro via Roma fino a raggiungere i funtanun, un antica fontana che per secoli abbeverò uomini, bestie e viandanti.
Rientrando ammiro le alte mura difensive del castello e riprendendo via Andrea Doria, per raggiungere l'auto, non posso non fare sosta ad acquistare in un pastificio dei Pansotti ancora fatti a mano.
Questi sono prodotti di pasta fresca con sfoglia all'uovo e ripieni di ricotta e verdure. Le loro forme triangolare un po' panciuta le conferisce il nome. Le erbe del ripieno un tempo non era mai le stesse e variavano dalla stagione e da cosa offriva la natura; dalle Bietole, alla Borragine, allo Spinacio, all'Ortica ecc..
Con l'auto, raggiungo così, dapprima la piccola chiesa campestre di San Carlo Borromeo, posta nell'omonima strada. La devozione al Santo arcivescovo di Milano si diffuse nella zona subito dopo l'innalzamento di Carlo Borromeo agli altari.
La chiesetta ha origini seicentesche, di quando Mornese era ancora sotto la diocesi di Tortona.
Nel XVIII i feudatari le restaurano e l'abbellirono, poi lentamente il degrado e l'abbandono hanno la meglio, fino a quando nel XX secolo viene demolita e ricostruita.
Oggi si presenta in stile moderno con un tetto a capanna, un moderno nartece con mattoni a vista, una porta in vetro e ferro.
All'interno è a navata unica con un semplice altare in granito e mattoni e una nicchia con la statua del santo.
Raggiungo le frazioni Mazzarelli che è suddiviso in tre nuclei, Mazzarelli di Qua, Mazzarelli di Mezzo e Mazzarelli di Là; nel primo nucleo vi è la casa dove nacque Maria Domenica Mazzarello.
La casa è assai modesta ma dignitosa, costruita in pietra era circondata da campi e vigneti di proprietà della famiglia, una lapide apposta sulla casa ricorda la sua nascita.
Mazzarello, Maria Domenica vi rimase fino a 12 anni, poi con la famiglia si spostò in Valponasca.
Parcheggiato l'auto faccio una rapida visita al tempio dedicato alla Santa che sorge proprio vicino alla casa natale. La costruzione è moderna e fu consacrata nel 1972, l'anno in cui correva il centenario dell'Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice; per l'occasione il corpo della Santa abbandonò temporaneamente la Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino per tornare a Mornese.
Sopra l'alto frontone, una statua della Santa accoglie i pellegrini.
L'interno del tempio è semplice ed essenziale nelle linee, colpisce subito il dipinto posto sopra il tabernacolo che rappresenta la gloria di santa Maria Domenica Mazzarello, sotto l'altare vi è una reliquia della Santa. Poco distante da questo grande tempio sorge la piccola chiesa dei Mazzarelli; dedicata a Maria Ausiliatrice, e ai santi Stefano e Lorenzo edificata dopo il 1838 e benedetta nel 1843 in ringraziamento per la protezione avuta durante la grave epidemia di colera che sconvolse il Piemonte meridionale e la Liguria tra il 1835 e il 1836.
Mia ultima tappa è il piccolo borgo dei Benefizi. Per raggiungerlo devo percorrere strette stradine che corrono ora su dossi, ora in fondi vallivi, una folta vegetazione boschiva si alterna a prati e a vigneti; il panorama è incantevole ma sembra un luogo lontano dal tempo. Ad un tratto si apre una piccola zona pianeggiante su cui svetta un piccolo campanile.
Intorno alla chiesetta campestre della Madonna Addolorata si ergono antiche e massicce costruzioni, movimentati da archi, balconi, scalette che ricordano un luogo fortificato.
Il borgo, chiamato, nucleo Benefizi è abitato da una manciata di persone e da numerosi gatti che circolano liberamente e controllano ogni mio passo.
Un tempo al Nucleo doveva esser densamente abitato visto il numero di case e forse la presenza di locande o negozi. La chiesetta campestre è in ottime condizioni, recentemente restaurata.
La facciata è semplice, due lesene angolari dipinti di giallo si alzano fino al timpano, anch'esso tinteggiato di giallo, mentre i suoi capitelli sono bianchi.
Ha una sola porta centrale, anteposta da un gradino di marmo, due piccole finestre si aprono ai lati, sulle loro mensole sono posti dei vasi di fiori freschi.
Mentre gli stipiti delle porte sono tinteggiati di giallo, il resto della facciata è bianca; al centro della facciata vi è un quadro raffigurante la Madonna.
La chiesetta risale al XVI secolo e anche il suo interno è baroccheggiante con un bell'altare, la statua della Madonna è posta in una nicchia, circondata da angeli e altre decorazioni, il tutto contenuto in un piccolo tempietto.
La della chiesa dimostra la grande devozione popolare del luogo. Lascio così, il nucleo Benefizi, e l'abitato di Mornese, soddisfatto di aver avuto modo di aver visto e apprezzato un altro pezzo dell'alto Monferrato che ogni giorno mi offre sempre nuove scoperte.