Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Lesa

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LesaIl viaggio verso il lago Verbano in primavera è un'esperienza incantevole, perfetta per rilassarmi e immergermi nella natura. Durante questa stagione, i paesaggi si trasformano e la natura pare risvegliarsi lentamente, i primi fiori sono sbocciati creando bellissimi giochi d colore nei prati. La temperatura mite sul lago mi invita a trascorrere del tempo all'aperto. Raggiungo così Lesa il nome compare storicamente anche come "LEXIA", "LEXA", "LIXIA" e compare per la prima volta in un documento del 998, con cui Liutifredo, vescovo di Tortona, vendette parte delle sue proprietà, fra cui il castrum quod clamatur Lexia al duca Ottone di Carinzia.
In epoca romana da questo territorio, passava la via Severiana Augusta, strada romana consolare che congiungeva Mediolanum l'odierna Milano) al Verbannus Lacus ossia il Lago Verbano, ovvero il Lago Maggiore e da qui conduceva al passo del Sempione ovvero Summo Plano. Nel 1199 gli arcivescovi di Milano acquisirono delle terre in Lesa, Belgirate, Isola superiore ovvero l'Isola Pescatori, Stropino, Carpugnino, Graglia e Lesa ne diventò capoluogo del Vergante. Nel 1224 nella Chiesa di San Martino di Lesa l'arcivescovo Enrico da Settala, firmò un accordo antinovarese con Vercelli, i Conti di Biandrate e i Da Castello di Pallanza.
Già nel 1232 Lesa era dotata di un porto e godeva dei diritti di mercato, poi cancellati nel 1312 a seguito di una controversia con Arona, sede di un altro mercato. Alla fine del XIV secolo Lesa e il Vergante vennero sottratti agli arcivescovi di Milano dai Visconti, che verso la metà del secolo ne avevano già ottenuta l'investitura come "signori". Il duca Gian Galeazzo Visconti, nel 1397, ottenne dall'imperatore Venceslao l'investitura del neonato Contado d'Angera, comprendente tutto il lago. Successivamente nel 1416, il duca Filippo Maria Visconti, restituì Lesa e il Vergante agli arcivescovi, ma successivamente, nel 1441, concesse il feudo a Vitaliano Borromeo. Lesa seguì quindi la storia dei Borromeo conti di Arona.
Nell'ottobre del 1800 un decreto napoleonico della Repubblica Cisalpina tolse al borgo il ruolo di capoluogo del Vergante e abolì la pretura di Lesa. La costruzione della strada napoleonica del Sempione e, un secolo dopo, della ferrovia cambiarono profondamente sia il territorio che l'economia. Fanno parte del territorio comunale le frazioni di Solcio situata in riva al lago, tra Meina e Lesa e le frazioni collinari, Calogna e Comnago, sui colli circostanti. Queste ultime, già comuni autonomi, furono aggregate a Lesa nel 1928, a sua volta unito, fino al 31 dicembre 1947 alla vicina Belgirate a formare un'unica realtà amministrativa denominata Comune di Lesa Belgirate. Nel 1948 Lesa e Belgirate recuperarono la propria autonomia comunale, mentre Calogna e Comnago rimasero frazioni di Lesa.
Dopo aver percorso piacevolmente un lungo tratto della strada che costeggia il lago, arrivo a Solcio e inizio subito il mio girovagare dopo aver parcheggiato l'auto. La gente in giro non è molta, ciò mi permette di assaporare i profumi della primavera e i colori del lago, solcato questo da piccole imbarcazioni. Solcio è sede di un grande cantiere nautico, pertanto non mancano le barche nel porticciolo. Incontro il monumento ai martiri dell'eccidio di Lesa posti sul lungolago. Il 24 marzo 1945, Domenica delle Palme, un soldato tedesco morì in seguito ad uno scontro a fuoco con i partigiani.
In seguito a tale evento, il comando tedesco ordinò l'uccisione di alcuni partigiani detenuti a Baveno. Quella stessa sera, le SS trasportarono con un camion dieci partigiani, di età compresa tra i 17 e i 31 anni a Solcio di Lesa, dove in precedenza era avvenuto lo scontro a fuoco e qui li uccisero con raffiche di mitra. Dopo l'esecuzione, non soddisfatti i tedeschi lanciarono alcune bombe a mano sui cadaveri. Di fronte alla chiesa parrocchiale di Solcio, nella piazzetta e sul limitare della riva è collocato in un recinto quadrangolare un piccolo monumento ai caduti di Solcio, costituito da una stele sormontato da un lume.
Sulla faccia della stele sono elencati i caduti nella prima guerra mondiale e in un secondo tempo vi fu collocata anche lapide in memoria dei caduti solcesi del conflitto 1939-1945. Mi soffermo a visitare la grande chiesa di San Rocco che si affaccia sulla strada statale del Sempione. Questa chiesa fu eretta in sostituzione della più antica piccola ma piccola chiesa di Sant'Antonio Abate, tuttora esistente a monte del paese. La chiesa di San Rocco è un edificio in forme neoclassiche a ordine ionico con pianta a croce greca su progetto dell'architetto verbanese Bartolomeo Franzosini, realizzata tra gli anni 1823 e 1830.
Invece l'attuale campanile è stato aggiunto tra il 1935-1938 in sostituzione di quello originario, più piccolo. La facciata si presenta imponente tripartita da alte colonne e pilasti angolare che pare sorreggere un grande architrave e un ampio frontone. In faccia non sono presenti finestre. Sopra una grande ed alta porta con mensola sopra l'architrave vi è un grande mosaico raffigurante San Rocco con il suo cane. Sul fianco della chiesa, ove sorge un moderno palazzo vi era un tempo una villa, residenza estiva del Vescovo. Mi inoltro tra le strette strade sterrante che si arrampicano sul colle prospiciente il lago. Le case sono assai belle ed in pietra squadrata. Raccontano la storia del borgo come le sue balconate in legno.
Le strade sono selciate in pietra. Dopo aver ammirato l'ordine e pulizia delle strade e i davanzali delle antiche case decorati con colorati vasi di fiori, raggiungo la chiesa di Sant'Antonio abate, realizzata nel XIII secolo in stile romanico. La chiesetta presenta un bel sagrato in ciottoli di pietra. La facciata è assai semplice, con tetto a capanna, interamente intonacata e con due finestre rettangolari, protette da grate poste ai lati della porta d'accesso. Un'altra finestrella, piccola e quadrata e posta sopra la porta al centro dell'edificio. Sul fianco della chiesa corre la linea ferroviaria Milano – Domodossola. Rientro lentamente verso il lungo lago, dopo aver scattato diverse foto dal belvedere del sagrato della chiesetta.
A Solcio sono altresì presenti diverse belle ville, tra le quali ricordo Villa Cavallini. Mi si è raccontato che al suo interno vi sia tra le varie decorazioni un affresco di Luigi Morgari dal titolo "Fanciulle danzanti" in una scena di paesaggio lacustre. Questa imponente dimora, risultato della fusione di tre edifici, è caratterizzata dal bellissimo parco in cui nella parte posteriore, mi narrano si trovino alcune lapidi funebri con epitaffi in memoria dei cani allevati dal senator Cavallini, appassionato di levrieri. Un altra dimora importante è Villa Correnti-Campari, con grande parco e approdo privato. Questa fu fatta costruire alla fine del XIX secolo dal patriota risorgimentale e senatore Cesare Correnti in una rigorosa architettura neoclassica.
Cesare Correnti nacque a Milano il 3 gennaio 1815 e morì a Lesa il 4 ottobre 1888 fu un un funzionario, patriota e deputato del regno di Sardegna e poi del regno d'Italia dal 1849 fino alla sua nomina a senatore nella XVI legislatura e fino alla morte. Ancora il Castello Florio con il suo grande parco. Il castello fu costruito agli inizi del XIX secolo dall'ingegner Viotti che intendeva riprodurre i castelli medievali. In seguito divenne possesso della famiglia Florio. Alle porte di Solcio c'è anche Villa Minetti che mostra ancora il suo carattere barocco come il giardino in forte pendenza che un tempo scendeva fino al lago. Prima di entrare in Lesa voglio vedere ancora alcuni borgate che circondano il capoluogo.
In auto, percorso un tratto di lungolago, superato il torrente Erno mi inoltro verso la montagna, non prima di una sosta nella frazione Villa di Lesa, dove posso ammirare dapprima il monumento ai caduti e poi la stazione ferroviaria. Il monumento ai caduti di Villa Lesa fu inaugurato il 16 Settembre 1932. Il monumento raffigura Prometeo che spezza le catene collocato su un alto pilastro in granito ed è opera dello scultore milanese Achille Alberti. Il pilastro poggia su enormi massi e il tutti è cinto da una cancellata in ferro in stile liberty. Sul pilastro del monumento sono incisi, oltre ai nomi dei 13 caduti durante la Prima Guerra Mondiale, anche il nome di un caduto durante la battaglia di Castelfidardo, 1860, e il nome di un caduto a Derna, durante la campagna di Libia.
Successivamente sono stati aggiunti all'elenco i caduti della Seconda Guerra Mondiale. Faccio due passi per andare a vedere la stazione ferroviaria. Ora la stazione è ridotta a una fermata posta sulla linea Milano-Domodossola, si tratta di un grande e bell'edificio. La sua prestigiosa storia si legge ancora nella grande porta, ormai sprangata, con la scritta Capostazione. Subito dopo aver superato il sottopasso ferroviario mi soffermo ad ammirare la bella chiesa parrocchiale di Villa di Lesa. L'attuale chiesa Parrocchiale è intitolata a San Giorgio e San Giovanni Battista.
In precedenza la chiesa parrocchiale dipendeva dalla Pieve di Gozzano nel secolo XI, passò poi alle dipendenze della Parrocchiale di Lesa nel XV secolo e ottenne l'autonomia definitiva nel Settecento. L'attuale chiesa fu edificata tra il 1764 e il 1774 ed ingloba una cappella dell'antica chiesa romanica di San Giorgio. L'interno del settecentesco edificio presenta una facciata è in stile barocco assai elaborata con alte colonne e pilastri laterali poggianti si altrettanto alti piedistalli che sorreggono un elaborato frontone nel cui timpano ci è un grande cartiglio dedicatorio. Centralmente, in facciata si apre un alta porta con un portale elaborato con delicati stucchi e con un timpano spezzato con immagine sacra.
Sopra di essa una grande finestra rettangolare con arco acuto permette alla luce di entrare all'interno. La finestra è incorniciata da stucchi e da una balaustra, mentre un timpano semicircolare con fregi conclude la facciata. Invece il campanile della Chiesa è romanico e risale al 1025-1050 ed è interamente in pietra spaccata e squadrata. Sotto di essa si apre l'antica cappella che presenta un bellissimo portale in pietra d'Angera con scolpita all'interno del timpano una lunetta con un San Giorgio che uccide il drago. Riprendo l'auto e dapprima mi reco lungo la strada che conduce a Massino Visconti. Poco dopo l'abitato incontro una bella chiesetta intitolata a San Sebastiano.
Il panorama che si gode da questo poggio sul lago è semplicemente fantastico. L'Oratorio di San Sebastiano è posto lungo il percorso dell'antica strada romana e risale al XII secolo. L'edificio è stato recentemente restaurato si presenta come un edificio ad aula unica con tetto a capanna, semplice porta d'accesso e un abside semicircolare con copertura in lose e decorato con archetti pensili irregolari. L'abside è illuminato da strette finestre rettangolari ad arco con vetri colorati. Il campanile, anch'esso in pietra è suddiviso in tre ordini con decorazioni ad archetti pensili. Nel primo ordine vi è una stretta monofora a feritoia, nel secondo una monofora archivoltata e nel terzo una bifora con archivolto cigliato e colonnina in pietra.
Torno indietro fino alla chiesa di San Giorgio ed inizio ad inoltrami lungo una strada stretta con diverse curve a gomito ma che ti offre vedute fantastiche per raggiungere le borgate di Comnago e Calogna. Al bivio tra le due borgate mi soffermo a osservare una lapide che ricorda il partigiano georgiano Pore Mosulischvili. Costui nacque nel 1916 al villaggio Kvemo Machkhaani, Municipalità di Sighnaghi in Cachezia, regione orientale della Georgia. Arruolato nell'Armata Rossa, dopo l'invasione tedesca dell'Unione Sovietica del 1941 si guadagnò rapidamente sul campo la nomina a sottufficiale.
Nel 1944 fu catturato dai Tedeschi e trasferito in Italia insieme con altri prigionieri sovietici e cecoslovacchi per creare un reparto di ex prigionieri con compiti di presidio territoriale e di antiguerriglia. Il reparto aveva sede a Stresa e in questa località Mosulishvili si mise in contatto con i partigiani della 118ª Brigata Garibaldi e nel settembre 1944, con altri 36 ex prigionieri georgiani, entrò nelle file della Resistenza italiana. Costoro furono inquadrati nel 2º Battaglione della 118ª. I georgiani si distinsero subito per azioni audaci partecipando alla difesa della repubblica partigiana dell'Ossola.
Nel novembre i nazifascisti decisero di sferrare una violenta controffensiva nella zona del Mottarone-Vergante, nel basso Verbano e la notte del 2 dicembre 1944 i partigiani trovarono riparo in una baita sopra Lesa; ma la loro presenza venne notata da una spia dei Tedeschi, che accorsero in forze sul luogo. All'alba del 3 dicembre si scatenò un cruento combattimento. Dei sedici partigiani, 8 erano georgiani, accerchiati, avevano quasi finito le munizioni. I Tedeschi intimarono la resa, promettendo salva la vita a tutti i partigiani, purché fosse loro consegnato il comandante. A questo punto, cogliendo di sorpresa i suoi e mentendo, Pore uscì allo scoperto, si fece incontro ai Tedeschi e gridò: «Sono io il comandante! Viva l'Italia! viva i partigiani! viva la libertà!».
Fece ancora pochi passi e puntatosi la pistola alla testa esplose l'ultimo colpo rimasto nell'arma, sacrificandosi per salvare le vite degli altri. Il 3 dicembre 1944 gli venne conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Dopo questa sosta prendo la strada che mi conduce a Comnago. Subito all'ingresso del paese trovo il bell'oratorio di San Giulio, posto in una posizione privilegiata, posto in rilievo in un luogo soleggiato, un balcone sulla vallata e il lago. La documentazione a proposito delle origini di questa chiesa è assai scarsa, sicuramente è di origine medioevale come testimonierebbe lo slanciato campanile in pietra squadra in stile romanico, databile intorno all'XI secolo.
La chiesetta si presenta con un sagrato erboso e un portico con colonnine in granito che anticipa l'ingresso della sei-settecentesco edificio. Poco distante vi è un circolo ricreativo, realizzato all'interno di quello che un tempo era il palazzo comunale. Infatti Comnago è stato comune autonomo fino al 1928. Sulla facciata dell'edificio una lapide in marmo ricorda i caduti in guerra e i dispersi in guerra delle due guerre mondiali e della guerra d'Etiopia. Al bar del circolo, incontro un anziana signora del posto che mi racconta come un tempo il paese avesse diverse centinaia di abitanti, cifra che si raggiunge ancora in estate nel periodo di villeggiatura con il rientro nelle case di famiglia di persone emigrate per lavoro.
Mi racconta altresì che essendo il borgo posto a 480 m. s.l.m. con una stupenda esposizione al sole ne fa metà privilegiata anche di turismo straniero. Ad attrarre i turisti sono anche le diverse passeggiate che si possono fare in montagna, tra le quali, mi racconta la signora del bar mentre mi prepara il caffè, quella che conduce in cima al Monte Croce. Su questo sentiero vi sono tante testimonianze del passato con diverse incisioni rupestri a forma di cuppelle. Dal monte si gode una straordinaria veduta panoramica, si può ammirare la zona meridionale del lago, la Rocca di Angera, i laghi di Varese e Monate, il Monte Rosa e le Alpi. Sulla cima vi è una chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice costruita nel 1890.
Riprendo il mio vagolare tra le strette stradine in pietra del borgo, costeggiate da antiche case e molte edicole votive. Un bel gattone bianco e rosso mi accompagna per un tratto della strada per Carpugnino, fino dove sorge l'oratorio della Madonna di Loreto eretto nel 1649. Si tratta questo di un semplice edificio con tetto a capanna, anticipato da piccolo sagrato incorniciato da un basso muretto in pietra. La facciata presenta una porta centrale affiancata da due rettangolari finestre con grate. Sia la porta che le finestre hanno una bella cornice in pietra. Sopra l'architrave della porta, sul granito è incisa una frase dedicatoria e sopra vi è un timpano triangolare spezzato, in cui dentro, un tempo vi era un affresco.
Sotto il culmine del tetto ed in perpendicolare con la porta vi è una finestra a serliana. Un piccolo campanile svetta dal tetto. Poco dopo la chiesetta vi è un antico lavatoio con acqua sorgiva realizzato in pietra e utilizzato fino agli anni 50 del secolo scorso. Un altro lavatoio, ma assai più moderno, con lastre in cemento e coperto da una tettoia lo trovo sulla via del rientro mentre torno all'auto. In auto proseguo per Calogna, percorrendo una strada panoramica costeggiata da bei boschi. Giungo così a Calogna e dopo aver parcheggiato inizio il mio girovagare. Purtroppo sono tante le serrande chiuse definitivamente, segno di quanto un tempo questo borgo fosse abitato.
Il borgo, con le sue strette stradine, chiuse da antichi edifici in pietra e con i balconi in legno sembra un labirinto in cui mi piace perdermi, osservando le costruzioni e le case ancora abitate. Nei dintorni di Calogna nei pressi dell'oratorio romanico di Santa Cristina, raggiungibile solo attraverso una strada sterrata che corre attraverso il bosco, alla fine del XIX secolo furono ritrovati reperti riconducibili all'età romana come tombe quadrate, oggetti in ferro, resti di vasi, fondazioni di muri, ecc... Gli storici sono concordi nell'affermare che in questo luogo anticamente vi fosse un villaggio romano, chiamato Tupinum o Topino, successivamente rinominato Santa Cristina, in onore della martire che era conosciuta come preservatrice dalle febbri e pestilenze.
Questo piccolo oratorio con tetto a capanna dalle fattezze molto semplici presenta in facciata due piccole finestre ai lati della porta e una finestrella a croce posta in alto sotto il culmine del tetto. L'interno a navata unica conserva diversi affreschi raffiguranti Santa Cristina, la Madonna con bambino, San Giovanni Battista, San Giacomo. Invece, in paese. la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo si erge su un altopiano da cui si gode di un incredibile panorama, sia sul lago che sui monti circostanti. Questa chiesetta ha una bella e ampia scalinata in ciottoli e lastre di pietra, intorno vi è un verde e lussureggiante prato. Tutto l'edificio è intonacato, compreso l'alto campanile che pare voler fare i "grattini" alle nuvole.
La facciata della chiesa è anticipata da un portico con colonne in granito. Presenta una sola porta d'accesso a doppio battente. Nel secondo ordine centralmente vi è una finestra polilobata con due nicchie conservanti delle statue. Il frontone è curvilineo con al centro un'opera sacra. La chiesa all'interno è a navata unica con molti rifacimenti barocchi. In una cappella trovo sotto la mensa dell'altare il ricordo marmoreo di tutti i militari di Calogna caduti durante la prima guerra mondiale. Anche questo borgo conserva molte edicole religiose affrescate, poste prevalentemente sulle case nei crocicchi delle strette strade. Sotto via regina Margherita vi è un vecchio lavatoio coperto e ben conservato.
Poco distante lungo la strada che conduce a Lesa vi è il monumento ai caduti realizzato in marmo e pietra e sul tozzo obelisco si erge una aquila in bronzo con le ali aperte. È il momento di scendere e tornare verso Lesa sul lungo lago. Superato Villa di Lesa mi dirigo verso il Castellaccio e per raggiungerlo passo all'interno di un villaggio residenziale con lussuose ville e villette. Dopo aver parcheggiato, mi vengono incontro dal vicino lago alcune anatre che senza paura mi circondano e mi accompagnano sulla piccola spiaggetta adiacente al Castellaccio. Rimane ben poca cosa di questa fortificazione e ancor meno è attenzionata di cura per salvaguardare i suoi ruderi e con questi la sua storia.
Si tratta di una struttura dell'XI secolo che durante il medioevo fungeva da controllo dei territorio e del lago. Il castellaccio assunse poi il ruolo di dogana per le merci che transitavano sul lago per volere dei Visconti, attività che svolse fino al XVII secolo. Per raggiungere l'Oratorio di Madonna di Campagna riprendo l'auto e costeggiando belle residenze e il centro sportivo lo raggiungo, sostandovi brevemente per visitarlo. Un tempo sorgeva in aperta campagna a poche decina di metri dal lago, oggi è circondato da moderne costruzioni residenziali.
La tradizione vuole che il Sig Griggi di Belgirate, scampato da una burrasca mentre navigava sul lago, volle erigere una cappella in onor di "Maria annunziata dall'Angelo", dotandola di un quadro che la rappresentasse. Benché non vi si potesse officiare Messa, il luogo era assai frequentato, tanto che nel 1647 il vescovo approvo la costruzione dell'oratorio al posto della piccola cappelletta, intitolandola a Maria Santissima e a San Teodoro, protettore contro la grandine. L'oratorio venne ingrandito nel 1682 anticipandolo da un portico. Fu per volere di Papa Pio XI che assunse l'attuale intitolazione. L'edificio è interamente intonacato, presenta un tetto a capanna con campanile a vela, posto anteriormente.
Il portico presenta 4 robuste colonne in granito, sotto il quale vi è la porta d'accesso e due finestre rettangolari ai suoi lati protette da grate. Una lapide posta sotto il portico racconta che quivi s'implorò la protezione e la salvezza ai lesiani e belgiratesi inviati a combattere in Africa orientale. In una lunetta sopra l'architrave della porta vi è affrescato il voto fatto dal miracolato. L'interno è a navata unica, sulle pareti laterali ci sono sei meravigliosi grandi quadri che narrano la vita della Madonna: Gioachino e Anna con la Madonna bambina, L'Annunciazione, La Madonna con Bambino e San Giuseppe, La Madonna Immacolata, La fuga in Egitto e La morte della Madonna.
Bellissimo il settecentesco altare maggiore in marmo con splendidi intagli, al cui centro campeggia la Madonna con bambino. Lascio questo piccolo santuario e in auto mi dirigo verso il lungo lago di Lesa e parcheggiata l'auto vicino all'imbarcadero inizio subito il mio giretto per il centro storico. Dapprima mi reco nella chiesa parrocchiale che posta leggermente in rilevato ha l'abside rivolto verso il lago. Della chiesa Parrocchiale di San Martino abbiamo la prima notizia nel 1224 ma la sua struttura è romanica dalle tante tracce esistenti. Rimangono di questo periodo il campanile benché rimaneggiato, una testa in pietra murata in una panca e diversi frammenti architettonici.
La facciata, assai più moderna presenta un portico ottocentesco sorretto da sei colonne in granito a protezione delle tre porte d'accesso. La principale, assai più grande presenta una lunetta affrescata sovra-porta raffigurante Gesù fra i Santi Bernardino e Marta. Il secondo ordine è modanato con timpano triangolare, sotto il quale campeggiano degli affreschi dei Santi Carlo e Ambrogio, quello centrale più grande, rappresenta san Martino a cavallo. Internamente l'edificio si presenta a tre navate e con pregevoli arredi che testimoniano la ricchezza delle principali famiglie del borgo nel corso dei secoli. L'interno è baroccheggiante con ben cinque altari.
Quello maggiore è in marmi policromi, Una tela lo rappresenta San Martino vestito da soldato mentre taglia il proprio mantello per farne dono ad un povero ignudo, come pure un San Giorgio che uccide il drago. Entrambe le tele presentano lo stemma dei Visconti di Lesa. Degno di nota il pulpito in legno scolpito, sorretto da un'aquila con serpente in bocca. All'interno della chiesa, impossibile non soffermarsi sulla panca in cui un iscrizione in ottone ricorda che era il luogo in cui Alessandro Manzoni si inginocchiava per pregare.
Uscito dalla chiesa, il cui sagrato è in cubetti di porfido, mi soffermo a guardare un attimo, le cappellette della via crucis che la circondano e una alta colonna in granito come il suo basamento con in cima una croce in ferro battuto. Vicino alla chiesa vi è casa di Giulio Carcano. Costui nacque a Milano nel1812 e morì a Lesa nel 1882, fu un patriota partecipando alle 5 giornate di Milano nel 1848, poi Politico e Senatore nel 1876, scrittore, drammaturgo e traduttore di Shakespeare. Fu anche amico e frequentatore di casa dei Manzoni. M'inoltro nelle stradine in selciati di pietra li Lesa.
Le case sono soprattutto medioevali ma anche sei-settecentesche Arrivo in piazzetta San Bernardino dove insiste il circolo comunale, un tempo si affacciava su questa piazzetta l'oratorio di San Bernardino. Nei suoi pressi vi era un antico monastero, anch'esso scomparsa. A poca distanza vi è ciò che rimane dell'antico castello di Lesa, riconoscibile dalle alte mura in pietra e dai merli che ancora insistono su alcune tratte del muro. Nel vicoletto adiacente un tempo vi erano le carceri e la Pretura. I nomi delle vie ricordano soprattutto gli illustri abitanti che vissero a Lesa, come Carcano, Manzoni, Pizzi, Muggetti, De Signoris ecc...
Carlo Antonio Pizzi nel VII secolo fu notaio e filantropo, mentre i Visconti erano una nobile famiglia risiedente a Lesa che nel XVII e XVIII secolo diede illustri personaggi. Domenico Muggetti fu invece nel XVIII secolo un Medico che si dedicò sopratutto ai sordomuti. Molti palazzi del centro storico hanno bellissimi portali in pietra scolpita. Sul lungo lago, invece, si affaccia sia il palazzo municipale, che bei portici con diverse attività commerciali e Villa Stampa. Ed in questo edificio che vi soggiornò lungamente Alessandro Manzoni. Villa appartenuta alla sua seconda moglie Teresa Borri, vedova Stampa.
Nella dimora di villeggiatura dal 1839 al 1857 ricevette sovente amici e letterati: Antonio Rosmini, Giulio Carcano, Tommaso Grossi, lo statista Ruggero Bonghi, il pittore Francesco Hayez, il marchese Gustavo Benso di Cavour, il poeta Giovanni Berchet, il marchese Massimo Taparelli d'Azeglio e il linguista e scrittore Niccolò Tommaseo. All'interno del palazzo è stata allestita, in suo ricordo, la Sala Manzoniana. Del periodo in cui Alessandro Manzoni visse a Lesa si devono le opere minori "del romanzo storico" e il dialogo "Dell'invenzione".
Villa Stampa è di fine XVIII secolo ed è in stile neoclassico ed originariamente presentava un impianto a U, con due ali laterali che la collegavano direttamente al lago, abbattute per la costruzione della strada napoleonica nel 1806. Oggi l'edificio ospita una banca e un Bar. Proseguo la mia passeggiata sul lungo lago dove sono stati collocati i monumenti ai caduti di guerra della prima e seconda guerra mondiale, trovo inoltre un cippo in granito a ricordo del centenario dell'Istituto del Nastro Azzurro. Sono molte le ville che si affacciano sul lungo lago e tutte bellissime, come Villa Noseda anch'essa realizzata nel Settecento e modificata nella seconda metà dell'Ottocento.
La giornata è passata in tranquillità, ho goduto di meravigliosi paesaggi, conosciuto interessanti persone e scoperto tante storie ed è ora di tornare verso casa dopo aver assaggiato in un ristorantino locale del buon pescato di lago. La strada per casa è lunga ma il viaggio è accompagnato dai ricordi di ciò che ho appena potuto vedere.