Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Il mio Piemonte: Madonna del Sasso

E-mail Stampa PDF
Madonna del SassoPer raggiungere il Santuario della Madonna del Sasso, che da il nome all'omonimo comune, ho fatto una levataccia, ma l'arrivo sul lungo lago d'Orta mi ha premiato con lo splendore delle sue acque placide in cui il sole si specchia. Lascio il lago per arrampicarmi, tornante dopo tornante fino a raggiungere, percorrendo la SP 49 della Provincia di Novara, che poi al confine con la frazione Centonora diventa provincia del VCO Verbania Cusio Ossola, mantenendo la numerazione.
Prima di fermarmi a Centonara, frazione di Madonna del Sasso, faccio un ripassino di storia locale. Il Comune di Madonna del Sasso è posto sulla sponda occidentale del Lago d'Orta. Il suo nome deriva dall'omonimo Santuario, eretto tra il 1730 e il 1748 e sorge su uno sperone granitico direttamente al di sopra del lago. Il Comune è composto dalle frazioni di Artò, Boleto, Centonara e Piana dei Monti, ed assume il nome di Madonna del Sasso nel 1928. Infatti a formare il nuovo comune ci ha pensato un regio decreto che ha unito Boleto e Artò, con capoluogo Boleto.
All'epoca vi furono diverse proteste da parte della popolazione, soprattutto da parte degli abitanti di Artò, per la perdita della sede municipale a favore di Boleto. Le frazioni esistevano già prima dell'anno Mille, già nel 962 d.C., e faceva parte del feudo vescovile di Novara. La popolazione maschile è stata per decenni migrante, soprattutto in Svizzera, per svolgere mestieri umili, come calzolai, muratori e soprattutto scalpellini.
In loco il lavoro era quello del contadino, carbonaio, boscaiolo, falegname, piccoli allevatori e cavatori. Migrazione che è solo diminuita nei primi decenni del XX secolo. L'agricoltura si basava sulla vite, gli ortaggi, la canapa il farro e le patate, e si produceva olio di noci. Durante la Seconda Guerra Mondiale, anche questo territorio fu uno degli scenari più importanti della lotta partigiana per la Resistenza.
A Boleto aveva sede il Comando della Brigata Rocco, poi VI Nello, a capo della quale era il Tenente Nello Olivieri, un giovane che si distinse per le sue doti strategiche e umane, poi ucciso in una imboscata nell'agosto 1944. I tanti partigiani caduti per la libertà della Patria sono ricordati dai tanti cippi e dalla intitolazione delle strade. Interessante il primato dei questo territorio, tutto al femminile; infatti è proprio da Madonna del Sasso che arrivò la prima donna a ricoprire la carica di Console, Lucia Bonetta, nel 1776 e a primo Sindaco donna, Fanny Crespi, eletta alla più alta carica comunale negli anni 50 del secolo scorso.
Sosto a Centonara per fare un giro per la borgata. Centonara è una piccola borgata, dalle strette stradine in ciottolato, le case in pietra e meravigliose ville in stile liberty e alle residenze signorili sette-ottocentesche. Da padrone, sul piccolo borgo, lo fa l'oratorio dedicato a Santa Maria Maddalena, uno dei più antichi della valle, risalente al 1300 circa. Oggi è visibile con i successivi interventi cinquecenteschi. Centonara fu una frazione del comune di Artò fino al 1928, quando fu unita al neonato comune di Madonna del Sasso.
Un tempo le occupazioni principali della popolazione erano la pastorizia, l'agricoltura, la lavorazione del legname e la lavorazione del granito. Dopo aver girato per l'amena borgata mi ritrovo davanti alla chiesa che si presenta con la facciata a capanna e l'ingresso anticipato da un porticato con muretto e colonne in pietra che ne sorreggono il tetto. Il portico, con le sue colonne e la pavimentazione, risalgono al XVI secolo, così come le finestrelle basse a doppia inferriata che affiancano il portone d'ingresso.
Sulle tre lunette formate dal tetto a crociera del portico sono poste sia sopra l'ingresso che alle finestre, tre grandi affreschi, rappresentanti San Giulio che naviga verso l'Isola; Santa Maria Maddalena e Sant'Eustacchio. La chiesa di Centonara, il cui campanile è in stile romanico, è ad unica navata; due sono invece gli altari laterali, dedicati all'Immacolata e ai Santi Francesco e Chiara. Un grande Crocifisso settecentesco pende sull'altare maggiore. È presente nell'abside, dietro all'altare maggiore un magnifico dipinto attribuito a Fermo Stella da Caravaggio, del 1545 circa, che riproduce la deposizione di Gesù dalla Croce, con la Vergine Maria, i Santi Grato e Giulio, San Giovanni Battista e le tre Marie.
A Centonata è visitabile un ottocentesca macina per la pesta della canapa e delle noci. Si tratta di un edificio interamente i granito e recentemente restaurato. Questa macina ci ricorda come un tempo l'olio di Noce fosse comune sulle tavole degli abitanti del luogo ma anche come la canapa fosse ampiamente coltivata su questi pendii. La canapa che era seminata in primavera e raccolta nel mese di agosto, veniva dapprima fatta seccare permettendo di separare il filo dal legno. Una volta macinata veniva filata e sbiancata, le sue matasse venivano tessute per farne lenzuola, asciugamani e altre pezze.
A Centonara morì Madre Pierina De Micheli nel 1945; costei, nata a Milano nel 1890 fu una suora della congregazione delle Figlie dell'Immacolata Concezione, beatificata nel 2010. Maria Pierina De Micheli, al secolo Giuseppa Maria, visse profonde esperienze mistiche: avrebbe avuto apparizioni di Gesù e Maria, con l'invito a diffondere la devozione al Volto santo di Gesù. Proseguo il mio viaggio tra incantevole di panorami da cartolina. Il panorama è ricco di castagneti alternati a prati ed altri boschi.
Raggiungo Artò, ad accogliermi, dopo una serie di tornati c'è la chiesa parrocchiale di San Bernardino da Siena e il Monumento ai caduti delle guerre mondiali. Mi fermo a meglio ammirare la chiesa del XIV Sec. e portata a termine in periodo barocco. La chiesa con tetto a capanna ha la facciata anticipata da un porticato novecentesco con colonne in pietra. Sotto il porticato vi sono le tre porte d'accesso con la centrale più grande con una bella lunetta decorata con immagini sacre.
Una grande finestra polilobata è posta il portico in posizione centrale affiancata da lesene che ne tripartiscono l'ordine. Completa la facciata un alto frontone curvilineo, con nel timpano a stucco l'acronimo IHS. Il campanile è assai alto e snello e presenta una guglia piramidale, ed orologio. La facciata della chiesa come il campanile è in stucco dipinto; solo il piede, assai alto, del campanile è in pietra squadrata a vista.
L'interno della chiesa è a navata unica e conserva numerosi e pregevoli altari nonché la statua lignea di San Bernardino. Antistante vi è un piccolo piazzale con punto panoramico, dove vi è anche presente il monumento ai caduti delle frazioni di Artò e Centonara, realizzato in bronzo e granito. Riprendo l'auto, attraverso tutto il bel borgo, dalle strette strade selciate in pietra, fino a trovare parcheggio appena fuori dal paese sulla strada che conduce a Boleto.
Prima di tornare indietro a piedi per scoprire il borgo, faccio subito una sosta al piccolo oratorio intitolato a Sant'Antonio abate che sorge qui vicino. L'Oratorio di Sant'Antonio abate è un edificio sacro è dedicato al santo patrono degli animali che viene frequentato da numerosi fedeli e pellegrini, soprattutto il 17 gennaio, festa del Santo. Durante la ricorrenza, i fedeli si riuniscono per partecipare alla processione religiosa, alla celebrazione della messa e alla benedizione degli animali. Si presenta con forma assai semplice, con una facciata a capanna, con una semplice porta d'ingresso e una ampia finestra a lunetta postavi al centro.
L'Oratorio di Sant'Antonio abate, mi raccontano, che sia un luoghi di culto antico e che internamente conservi importanti opere d'arte religiosa, tra cui affreschi, statue e dipinti. Inizio il mio vagolare per Artò dove mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, dove solo i lampioni elettrici delle strade e il suono del clacson delle auto che devono percorrer le strette strade mi riportano ai nostri giorni.
Il toponimo Artò deriverebbe dal latino ar(c)tus "stretto"; una seconda ipotesi è quella che lo collegherebbe al termine celtico arto "orso", animale che un tempo viveva in queste zone. Le antiche case mescolano elementi romanici e gotici, conferendo al luogo un'atmosfera suggestiva e misteriosa. Nel centro di Artò trovo diverse antiche edicole, anche cinquecentesche; ad esempio una presenta un affresco che rappresenta la Madonna con il Bambino, tra i Santi Giulio, Rocco, Sebastiano e Stefano.
Vi è anche un piccolo e bell'edificio intonacato con un grande orologio, forse era la sede del Municipio prima di essere aggregato al Comune di Boleto e assumere l'attuale denominazione. Infatti oggi Artò è una frazione del comune di Madonna del Sasso situato a 607 metri s.l.m. Interessante anche Il lavatoio pubblico coperto che testimonia la vita di un tempo.
Su un muro del piccolo portico del lavatoio, una lapide riporta un brano del romanzo del 1888 "Alpinisti ciabattoni" di Achille Giovanni Cagna: Passarono vicino alle fontane; un bell'arco di acqua viva precipitava gorgogliando nel trogolo colmo, riboccando e travasando in cascatelle e stillicidi argentei; in terra un guazzo viscido, che fra gli interstizi dei ciottoli lucenti rispecchiava il cielo. Gaudenzio volle bere una sorsata, ma quel mestolone di ferro arrugginito gli faceva ripugnanza, e preferì il metodo più spiccio. Mise la mano sotto la bocchetta dell'acqua, e vi accostò le labbra; ma nell'incurvarsi, la mano si piegò, e giù nella manica un torrente di acqua gelida.
Grazie alla sua posizione suggestiva e alla sua storia millenaria, questo borgo rappresenta una tappa imperdibile per chi ama il bello e mi meraviglio che non sia ancora diventato scenario di qualche film.
È il momento di riprende l'auto e proseguire per Boleto. Attualmente questo borgo è la sede comunale, anch'esso un piccolo ma interessante abitato. Parcheggiata l'auto inizio a aggirami tra le sue strette stradine, molte selciate in pietra. L'edificio comunale si erge davanti ad una piccola e bella piazza su cui vi è anche un grande monumento in granito e pietra dedicato ai caduti delle due guerre mondiali.
Nel "Dizionario topografico dei Comuni compresi entro i confini naturali dell'Italia" del'1861, di Attilio Zuccagni Orlandini, il borgo di Boletto come veniva allora chiamato, veniva descritto come "un semplice villaggio presso il quale sorge in una rupe il bel Santuario della Madonna del Sasso".
Boleto è situato a 680 metri s.l.m. ed ha mantenuto nel suo centro storico le caratteristiche del borgo di montagna. Lo caratterizzano le antiche case; quelle seicentesche hanno ancora affrescati sopra i portali gli stemmi nobiliari. Gli stessi portali in granito sono molto belli e spesso scolpiti con belle elaborazioni. Interessante anche l'antico lavatoio e il museo dello scalpellino.
Nel mio girovagare, accompagnato a tratti da un piccolo cane meticcio che controlla i miei movimenti raggiungo piazza Nello Olivieri. Questo comandante partigiano nacque a La Spezia il 31 dicembre 1914 e fu ucciso a Montrigone di Borgosesia nel Vercellese il 27 agosto 1944. Costui frequentò a Trieste, un corso alla Scuola per sottufficiali di fanteria e durante la permanenza nella città giuliana gli fu conferita la medaglia d'argento al valor civile per un atto d'eroismo.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale fu mandato in Grecia dove si distinse nell'attività di sminamento, tanto che, al rientro in Italia, fu ammesso all'Accademia di Modena, dove conseguì il grado di sottotenente. Dopo l'8 settembre 1943, Olivieri entrò nella Resistenza e si diede ad organizzare il movimento partigiano, dapprima in Lunigiana e poi dal marzo del 1944 in Valsesia. Partigiano e comandante di battaglione nelle formazioni garibaldine si distinse nei combattimenti per la difesa della zona libera della Valsesia.
Anche quando i fascisti ripresero il controllo della valle, Olivieri continuò a guidare i suoi uomini in rapidi attacchi contro i nazifascisti, riorganizzando altresì le forze partigiane locali, tanto che riuscì in breve tempo a costituire la Brigata Garibaldi "Rocco", che fu una delle più combattive nella zona. La zona d'operazione del comandante di Nello Olivieri fu anche la zona di Boleto, santuario Madonna del sasso ecc...
Nello Olivieri cadde ucciso in un'imboscata tesagli da fascisti travestiti da partigiani mentre si apprestava ad attaccare il munito presidio nazifascista di Montrigone. Dopo la morte di Olivieri, la Brigata "Rocco" assunse il nome di 6a Brigata d'assalto Garibaldi "Nello".
Dopo la Liberazione gli fu conferita la Medaglia d'argento al valor militare alla memoria e a La Spezia gli intitolarono una strada ed una scuola elementare. Sempre accompagnato dal mio piccolo sherpa a 4 zampe transito davanti a belle case in pietra, molte muniti di bei affreschi a carattere votivi. Presenti lungo le strade anche tante fontanelle e antichi pozzi. Tanti edifici presentano balconcini in ferro battuto e cortili con bei porticati.
Raggiungo così la chiesa di San Giacomo Maggiore, accessibile solo attraverso una scalinata. Questa presenta un sagrato in erba circondato da un basso muretto in pietra a spacco. La seicentesca chiesa esibisce un'alta facciata con tetto a capanna e un porticato, quest'ultimo fu costruito successivamente ed anticipa l'unico ingresso. Sopra il portale d'ingresso è affrescato il santo titolare con il suo bastone da pellegrino, dentro a una lunetta. La chiesa presenta in facciata due finestre rettangolari e sotto il culmine del tetto vi è una grande la conchiglia di Santiago o di San Giacomo. Particolare il campanile, molto tozzo e terminante con un lanternino a otto facce.
Scendo verso l'auto ed è il momento di salutare con una carezza il mio amico a quattro zampe. Raggiungo così il Santuario della Madonna del Sasso. Fortunatamente nel parcheggio non vi sono molte auto, ciò mi permetterà di aggirami indisturbato sia nel grande sagrato erboso, che nel bosco circostante il Santuario. Questo è un luogo di spiritualità e devozione, ma anche di interesse storico e artistico per chiunque voglia immergersi nella cultura e nella tradizione della zona.
Il complesso è costituito dalla chiesa, torre campanaria e casa eremitale, edificate nella prima metà del XVIII sec. su di uno sperone roccioso. Collocazione panoramica d'eccezione per abbracciare, con un solo sguardo, tutto il Lago d'Orta e i monti della riviera orientale. Qui in origine sorgeva una cappella dedicata alla Madonna Addolorata, risalente probabilmente al XVI Secolo. Il suo piazzale antistante era denominato "il prato della tela", perché durante giornate calde e soleggiate, le donne del luogo vi si recavano a candeggiare la tela fatta in casa.
A seguito alle molte grazie avvenute dalla Madonna Addolorata e alla conseguente sua fama, al posto della cappelletta venne edificata una prima chiesa, in cui nella nicchia della sacrestia vi era custodiva la statuetta della Madonna del Rosario ritenuta miracolosa. L'attuale complesso risale ad inizio XVIII secolo per volontà del boletese Pietro Paolo Minola, che, in seguito ad una grazia ricevuta dalla Madonna, decise di far costruire a sue spese un nuovo santuario, in sostituzione del precedente.
Nel 1748 fu completata la chiesa, mentre il campanile e la casa a lato furono terminati nel 1760. La facciata della chiesa, interamente intonacata e di bianco tinteggiata si presenta con tetto a capanna, tripartita da lesene e anticipata da un porticato nell'ordine inferiore. Si accede solo attraverso delle brevi scalinate e sotto al porticato si aprono tre porte per accedere all'interno. La porta centrale, di maggiori dimensioni è coronata da un timpano triangolare.
Nel secondo ordine vi è solo una grande vetrata rettangolare posta centralmente. Il timpano del frontone, conserva all'interno un grande oculo ovale posto centralmente. Posto su fianco della chiesa ma in posizione distaccata ma collegata alla casa dell'eremita si eleva l'alto campanile in pietra squadrata, culminante con lanternino ottagonale. L'interno della chiesa è a croce greca in stile barocco con due altari laterali. Belli gli affreschi del pittore-architetto valsesiano Lorenzo Peracino.
Mi soffermo ad ammirare la pala d'altare, appartenente al vecchio santuario, realizzata su una tavola, del pittore cinquecentesco Fermo Stella da Caravaggio, rappresentante la Pietà. Il primo nome del Santuario fu dedicato alla Beata Vergine Addolorata nel Sasso di Boleto. Questo luogo il culto ha dato origine a numerose leggende, tra le più note vi è quella del pastore che si addormentò su una pietra collocata sopra lo sperone di roccia in bilico sullo strapiombo mentre pascolava le proprie capre e pecore. Durante il suo riposo un terribile temporale sferzò tutto il territorio e lui, non solo non si accorse di nulla, ma rimase in bilico sulla pietra ma si svegliò seduto in sicurezza sulla solida terra. Il pastore, stupito, volle erigere una piccola cappella per ringraziare la Vergine, proprio sul luogo dove avvenne il fatto.
Un'altra leggenda vuole che un gruppo di scalpellini rischiò di essere travolto da un enorme masso di granito che si era staccato dalla sottostante cava. Non potendo fuggire, i lavoratori implorarono la Madonna la quale deviò il percorso del masso che cadde più lontano. Avvicinatisi al macigno scoprirono che sopra di esso vi era una piccola statua della Vergine; la presero e la portarono nella Cappella di San Mauro. La mattina seguente la statuetta era miracolosamente ritornata sul masso e così fece ripetutamente, ogni volta che veniva spostata dal masso. Pertanto si decise che il posto della statua della Vergine doveva essere per sempre lì sulla rupe.
Una terza leggenda, raccolta all'ecomuseo del lago d'Orta e Mottarone narra che nel 1500 circa, a Pella abitasse un'ostessa che aveva una figlia molto bella di nome Maria. La sposò ad Aycardo, ardimentoso e soldato manesco. Costui di ritorno da una guerra, da una maldicenza sentì che la moglie lo avrebbe tradito con un soldato inglese. Aycardo, assai geloso e incollerito, perse la testa, trascinò la povera e bella Maria sullo scoglio del Sasso e la scagliò giù dalla rupe. Poi, pentitosi, si sporse dalla rupe e trovandola ancora viva, appesa ad un ramo, le tese la mano per salvarla ma lei non si fidò e si lasciò cadere nel vuoto. A ricordo di questo fattaccio, inizialmente venne piantata una croce bianca che poi si evolse in una cappelletta.
Un altra versione vuole invece della bella Maria di Pella, insidiata da alcuni militari spagnoli si gettò dallo sperone per salvaguardare il suo onore. Dal piazzale antistante la chiesa, detto "il balcone del Cusio", si gode una spettacolare vista su quasi tutto il lago e sull'Isola di San Giulio, il Mottarone, le Alpi e la pianura verso Novara. Questo è un luogo dove trascorrere un momento di riposo, pace e riflessione. Si tratta del posto ideale per lasciarsi rapire dalla magia e dalla bellezza che solo un edificio sacro, antico e ricco di storia può offrire.
Ormai è giunto il momento di vedere ancora un ultima borgata prima di rientrare verso casa. La strada per raggiungere Piana dei Monti è lunga e tortuosa ed immersa nel verde di folti boschi ed è raggiungibile solo attraverso strade che transitano in provincia di Vercelli. Infatti la frazione di Piana dei Monti, si trova geograficamente in Valsesia. Il cuore della piccola borgata è il circolo ricreativo e le antiche case con stipiti, colonnine in pietra sono assai caratteristiche. Nella piazzetta si erge, nei pressi di un antica tettoia, il monumento ai caduti delle due guerre mondiali.
Questo è un territorio che durante la guerra di liberazione dai nazifascisti vi si svolsero duri combattimenti e lo ricordano diversi cippi presenti sul territorio. Raggiungo così la chiesa parrocchiale che si erge sopra un altura a dominare il piccolo abitato. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in cielo risale al XVI Sec. e presenta in facciata un seicentesco portico. Ad anticipare la chiesa vi è un alta croce in serizzo datata 1619.
Sopra il portale d'accesso vi è un timpano triangolare con all'interno un altorilievo con Madonna e il bambino Gesù. Seicentesco è anche il campanile, mentre all'interno le Cappelle sono state rifatte nel XVIII secolo, come la Cappella della Crocifissione, che è caratterizzata da numerosi affreschi posti sulle pareti e sulla volta della Cappella. Invece la cappella di San Benedetto fu edificata intorno al 1830, e negli anni a seguire fu destinata ad ospitare le Sante Reliquie di San Benedetto Martire. Inoltre alla destra dell'Altare Maggiore vi è l'altare di San Carlo con un ancona lignea dedicata a Santo titolare. Il dipinto su questo altare è datato 1634, rappresenta al centro San Carlo, vestito con gli abiti vescovili, con ai lati i Santi Giuseppe e Defendente.
Ormai si fa scuro, il sole inizia ad accennare a ritirarsi ed è il momento di rientrare verso casa. Il mio girovagare di oggi mi ha permesso di conoscere un bellissimo territorio, tante storie e soprattutto di entrare in sintonia con un angolo di mondo mistico.