
Secondo la mitologia degli Etruschi, Arezzo sarebbe stata fondata dalla dea Artume, dea della notte, della luna, della morte, della natura, delle foreste e della fertilità. Costei è identificabile con la dea greca Artemide o con la dea romana Diana. Infatti il primitivo villaggio sorse in epoca pre-etrusca in una zona abitata fin dalla preistoria, come dimostrano alcuni ritrovamenti.
Arezzo è una delle città più antiche della Toscana, ma fu tra il VI e il IV secolo a.C. che Arezzo divenne un importante centro della civiltà etrusca. L'abitato etrusco sorse invece sulla sommità del colle di San Donato, occupata dall'attuale città. Conosciuta con il nome di Aritim<\i>. La città era un nodo commerciale e culturale importante, famosa per la produzione di ceramiche.
Arezzo fu una delle principali città etrusche insieme a Cortona, Chiusi e Orvieto all'interno della Valle del Clanis e molto probabilmente sede di una delle 12 lucumonie. Arezzo insieme a Volterra e Perugia tentarono di arginare l'espansionismo romano, ma furono sconfitte a Roselle, presso Grosseto, nel 295 a.C.; e così nel III secolo a.C. quando Arezzo fu conquistata dai Romani, questi ne latinizzarono il suo nome etrusco in Arretium<\i>.
Da allora Arezzo divenne una città importantissima per il nascituro impero, grazie alla sua posizione strategica che ne faceva tappa obbligata per l'attraversamento degli Appennini. Arezzo rimase però sempre gelosa della sua autonomia, cercò più volte di riconquistare l'indipendenza nel corso delle guerre civili della Roma repubblicana, schierandosi prima con Mario e poi con Pompeo. Silla e Cesare vendicandosi la trasformarono in una colonia per i loro veterani, cancellando da Arezzo quasi tutte le tradizioni etrusche.
La città divenne un municipium romano nel I secolo a.C. e conobbe un periodo di grande sviluppo. Durante il periodo imperiale, Arezzo si distinse per la produzione della terra sigillata, una tipologia di ceramica pregiata esportata in tutto il Mediterraneo e di bronzi. La città fu dotata di strutture monumentali come l'anfiteatro, le terme e numerosi templi. La vita culturale ebbe un grande impulso grazie a Gaio Cilnio Mecenate, il cui nome rimarrà per sempre legato alla promozione della cultura della città.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, Arezzo subì le invasioni barbariche e passò sotto il dominio longobardo nel VI secolo d.C. e successivamente sotto il controllo dei Franchi. Certamente la presenza della via Cassia, transito commerciale tra Roma e Luni, ma anche Bologna, permise alla città di mantenere un importante ruolo, almeno fino all'Alto Medioevo. Con l'arrivo dei Franchi che privilegiavano i rapporti con il Vescovo, questo divenne il più alto potere locale. Infatti si tratta di una delle poche città di cui sono noti tutti i vescovi che si sono succeduti fino ad oggi.
Dopo il mille il suo vescovo iniziò a fregiarsi, del titolo di "Conte". A questo periodo risalgono il perduto "Duomo Vecchio" del Colle del Pionta, la Cattedrale e la pieve di Santa Maria Assunta. Il vescovo gestiva il suo potere temporale da Pionta, borgo arroccato come un castello, dove vi risiedeva. Fu questo il periodo che Arezzo e il suo contado si arricchì di numerose abbazie e pievi che contribuirono allo sviluppo anche agricolo oltreché culturale.
Nell'XI secolo, Arezzo si proclamò Comune autonomo e fu subito caratterizzato da una vivace attività politica e culturale. Questo generò un conflitto con il vescovo, che vedeva la sua autorità feudale provenire dall'imperatore e quindi in contrasto con il libero Comune. Discordia che sfociò in varie sollevazioni popolari contro il vescovo e nella rappresaglie di questo. L'imperatore Arrigo, arrivò in soccorso del vescovo, nonostante questa rappresaglia lo sviluppo del Comune non arrestò, anzi trovò ulteriore incremento dopo il concordato di Worms del 1122, che poneva fine alle controversie tra impero e papato e, di fatto, alla figura dei vescovi-conti.
L'influenza territoriale di Arezzo crebbe notevolmente culminando con la conquista di Cortona, avvenuta nel 1298. La città si dotò di una università, lo Studium<\i>, i cui ordinamenti risalgono al 1252. Inoltre durante il periodo medievale, la città visse anche un forte sviluppo economico e artistico, grazie anche alla presenza della Scuola Aretina, che influenzò profondamente la musica medievale grazie a figure come Guido d'Arezzo
Tuttavia, nel XIII secolo, la ghibellina Arezzo si scontrò con la guelfa Firenze nella battaglia di Campaldino del 1289, in cui le truppe fiorentine, guidate da Corso Donati e con la partecipazione di Dante Alighieri, sconfissero gli Aretini, sancendo l'inizio della decadenza politica della città. In seguito si affermò la signoria dei Tarlati di Pietramala, il cui principale esponente fu Guido Tarlati che pur essendo divenuto vescovo nel 1312 continuò a mantenere buoni rapporti con la fazione ghibellina. Infatti la signoria di Guido Tarlati mise temporaneamente fine alle dispute tra le ancora vivaci fazioni. Guido Tarlati risanò altresì il bilancio dello Stato e inizio a battere moneta propria.
Quando iniziò a espandere il dominio territoriale verso sud e verso est, a spese dei possedimenti pontifici, il Papa da Avignone lo scomunicò e lo dichiarò eretico. Nonostante ciò nel 1327, incoronò imperatore a Milano, Ludovico il Bavaro. Nacque in città la magistratura del capitano del popolo e delle corporazioni delle arti, e la costituzione di una magistratura rappresentativa delle quattro parti in cui la città che era divisa: porta Crucifera, porta del Foro, porta Sant'Andrea e porta del Borgo.
Arezzo perse nuovamente l'indipendenza nel 1337 quando a seguito di una pesante crisi economica ed alleanze sbagliate Pietro Tarlati da Pietramala, detto Pietro Saccone Tarlati, fratello del più famoso Vescovo cedette Arezzo a Firenze per dieci anni in cambio di denaro. Trascorso questo periodo, l'indipendenza fu recuperata, ma non la prosperità. Riaccese le lotte tra guelfi e ghibellini, la città conobbe più volte l'esperienza del saccheggio da parte di soldataglie mercenarie chiamate in soccorso ora dall'una ora dall'altra parte. Ad esempio il capitano di ventura francese Enguerrand de Coucy che doveva fronteggiare Carlo III di Napoli per conto di Luigi I d'Angiò, fu assoldato dalla parte ghibellina che era stata appena espulsa dalla città. Costui prese con facilità Arezzo e la rivendette a Firenze per quarantamila fiorini.
Nel frattempo il suo signore Luigi d'Angiò moriva, lasciando l'armata senza scopo e senza soldo. Enguerrand rientrando verso nord, valicò l'Appennino, recando con sé la preziosa reliquia della testa di san Donato, patrono di Arezzo e sottratta alla città. Giunto a Forlì, Sinibaldo Ordelaffi, il signore di quella città, riscattò la reliquia, che tenne con grande venerazione fino a che essa fu restituita agli aretini. Nel XV secolo, Arezzo entrò definitivamente sotto il dominio di Firenze e fu annessa al Granducato di Toscana nel 1384.
Nel primo cinquecento Arezzo si trovò coinvolta in diverse rivolte antifiorentina, che costò inutile sangue di molti aretini. Infatti buona parte di queste rivolte erano animate da poteri anche lontani da Arezzo e dalla volontà popolare. Cosimo I de' Medici attuò ad Arezzo un piano di ristrutturazione urbanistica a scopi difensivi, ricostruendo ed ampliando la fortezza e modificando le mura urbiche con la chiusura di diverse porte. In questo contesto fu anche completata la cattedrale.
Il periodo del Granducato Mediceo a partire dalla seconda metà del Cinquecento vide Arezzo, come tutta la Toscana, in un lento ma inesorabile decadimento economico e culturale. Durante il XVII e XVIII secolo, Arezzo seguì le sorti del Granducato di Toscana, sotto il dominio della dinastia dei Medici e successivamente dei Lorena. Nel 1799, la città fu coinvolta nei moti anti-napoleonici detti di "Viva Maria" avvenuti dal 6 maggio al 19 ottobre 1799 tragicamente conclusa con gravi repressioni francesi.
Con la Restaurazione, tornò sotto il controllo dei Lorena fino al 1859. In quell'anno, con il plebiscito che sancì l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna, Arezzo entrò a far parte del processo che avrebbe portato all'Unità d'Italia nel 1861. La città, come il resto della Toscana, divenne parte integrante del nuovo stato italiano. Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti distrussero quasi il 60% degli edifici, con danni ingenti anche al patrimonio artistico. Gli Aretini parteciparono alla lotta partigiana, pagando un pesante tributo di vittime e la città fu liberata dall'esercito neozelandese e britannico il 16 luglio 1944.
Dopo una lauta colazione, munito di guida, cartina della città e smartphone carico per scattare foto, mi avvicino al centro storico. Come da consiglio del concierge, parcheggio l'auto in via Giuseppe Pietri. Questo sarà il mio parcheggio per tutto il periodo in cui visiterò Arezzo. Dal parcheggio posso ammirare un lungo tratto di mura urbiche tarlantesche in laterizio che un tempo circondavano la città. Superato Porta Stufi, antico accesso alla città che fu murata in epoca medicea e riaperta negli anni 80 del secolo scorso.
Porta Stufi si presenta con il suo arco a tutto sesto con nella parte sommitale i resti della torre difensiva. Il percorso per accedere al colle dove si erge la città è facilitato da una scala mobile che sale verso il duomo. Nella mia salita, odo le grida di giovani ragazzi, sono studenti delle adiacenti istituti superiori che stanno facendo l'ora di educazione fisica in uno scenario all'aperto semplicemente fantastico, come avrò poi modo di vedere giunto in cima al colle.
Per raggiungere piazza del Duomo, transito sotto un corridoio aperto nel palazzo vescovile. Arrivato in piazza, lo spettacolo è bellissimo, sulla mia sinistra mi trovo la lunga e alta scalinata che conduce al Duomo, sulla sinistra il Palazzo vescovile con il museo diocesano di arte sacra. In fondo si apre piazza della Libertà con gli edifici del palazzo della Provincia e il palazzo dei Priori sede del Municipio.
Le due piazze sono divise dal transito di via Ricasoli, al cui angolo si erge maestoso il monumento a Ferdinando I de' Medici. Il Palazzo Vescovile fu fatto costruire a partire dal 1256 dal vescovo Guglielmino degli Ubertini. Il palazzo ha inglobato la chiesa di San Gregorio Magno, che era già presente nel sito e che ne divenne la cappella. Il palazzo fu oggetto di altri interventi successivi che dettero l'aspetto attuale. Il più consistente fu quello voluto dal vescovo Pietro Usimbardi a partire dal 1595, che purtroppo causò la perdita della chiesa di San Gregorio Magno. Addirittura il palazzo nel 1478, fu arricchito da uno scenografico loggiato per mettere in collegamento la sede vescovile e la cattedrale. Il palazzo si presenta con quattro piani fuori terra e nella facciata principale si evidenziano cornici e marcapiani di carattere cinquecentesco.
Internamente al piano nobile del Palazzo Vescovile si trovano sale riccamente decorate con bei cicli pittorici e interessanti quadri. Ma sono attirato principalmente dal Duomo; salgo la lunga e alta scalinata senza togliere l'attenzione sull'imponente edificio che ufficialmente è la cattedrale dei Santi Pietro e Donato. La prima cattedrale di Arezzo sorgeva sul vicino Colle del Pionta, sul luogo in cui era sepolto e venerato il martire san Donato.
Nel 1203 papa Innocenzo III ordinò al vescovo di trasferire il duomo dentro le mura cittadine e fu scelta come nuova sede la chiesa benedettina di San Pietro Maggiore. Con la visita di papa Gregorio X nel dicembre del 1275 ad Arezzo, di ritorno dal Concilio di Lione, si iniziano ad avere i fondi per la nuova Cattedrale. Infatti il pontefice, gravemente malato, morì ad Arezzo il 10 gennaio 1276 proprio nel palazzo vescovile, lasciando alla città la somma di trentamila fiorini d'oro destinati alla costruzione di una nuova cattedrale.
La facciata della Cattedrale fu costruita in arenaria all'inizio del XX secolo in sostituzione di quella precedente, rimasta incompiuta e si presenta con un aspetto neogotico. Essa esibisce una ricca decorazione scultorea. Il prospetto è a salienti che segue la suddivisione interna in tre navate, evidenziata da lesene rettangolari poco sporgenti che tripartiscono la facciata. In basso, si aprono i tre portali, strombati e decorati da una lunetta scolpita a bassorilievo. Il portale centrale inoltre presenta anche una ghimberga sormontata da tre statue, sormontate da un baldacchino: in alto Gesù redentore<\i> e in basso ai lati San Donato<\i> e il beato Gregorio<\i>. Sopra alla ghimberga, sempre in corrispondenza della navata centrale vi è un rosone circolare. Il coronamento della facciata è caratterizzato da una decorazione ad archetti pensili.
Prima di accedere al suo interno vado a veder il suo fianco destro, dove si apre un ampio portale in arenaria, realizzato tra il 1325 e il 1340 circa, impostato su di un arco a tutto sesto e caratterizzato superiormente da una cuspide ed affiancato da due tronconi di colonne in porfido. Nella lunetta sovrastante la porta vi sono collocate delle statue rappresentanti la Madonna in Trono allattante il Bambino tra il Beato Gregorio X e San Donato e due Angeli<\i> databili al 1325-27 circa. Nei pilasti del portale invece sono scolpite a bassorilievo le Allegorie dei Vizi e delle Virtù<\i>. Il fianco destro conserva la struttura trecentesca originaria, caratterizzata dal paramento in blocchi di arenaria.
Accedo all'interno della cattedrale che è organizzata in tre navate, ciascuna delle quali si articola in sei campate coperte con volta a crociera. L'edificio è privo di transetto, in contro-facciata ammiro il bel rosone, opera di Guillaume de Marcillat del 1518, raffigurante la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli<\i>. La volta della navata centrale è interamente affrescata. A ridosso dei pilastri tra la terza e la quarta campata, si trovano due pulpiti marmorei rinascimentali decorati con bassorilievi. La navata centrale termina con una grande abside poligonale del XIII secolo. Questa è illuminata da tre alte bifore dotate di vetrate policrome.
Al centro dell'abside si trova il bell'altare maggiore con dietro l'Arca di San Donato<\i> databile XIV secolo. L'arca sorretta da colonnine è un trionfo di sculture terminante in guglie e pinnacoli gotici. L'Arca di san Donato è una straordinaria opera marmorea che fu realizzata in memoria di San Donato vescovo, martire morto ad Arezzo nel 363 e patrono della città.
Se non erro il corpo del santo è conservato nell'arca della cattedrale, mentre la testa si conserva nel busto reliquario delle pieve di Arezzo. Nella navata di sinistra, partendo dalla contro-facciata, c'è il battistero esagonale, con rilievi della scuola di Donatello databili intorno al 1430, con bei affreschi. Segue un altare seicentesco e la tomba di Francesco Redi, del XVIII secolo. Costui, aretino, fu uno dei più grandi biologi di tutti i tempi, pioniere della biologia sperimentale ed è considerato il "Padre della parassitologia moderna". Segue la bella Cappella della Madonna del Conforto, collocata dietro ad una elegante cancellata in ferro battuto. La cappella è uno sfarzoso ambiente neoclassico ottocentesco, a tre navate.
Qui è venerata la Madonna di Provenzano poi detta del Conforto. La leggenda vuole che questa statua fosse conservata nell'ospizio dei monaci camaldolesi, vicino a San Clemente, e che fosse annerita dal tempo e dalle candele. Nella cappella sono conservate opere in terracotta della bottega di Andrea della Robbia, oltre a grandi tele ottocentesche. L'altare ottocentesco in marmi policromi è stato realizzato su progetto di Giuseppe Valadier. Seguono altari con tele settecentesche e il grandioso organo rinascimentale del XVI secolo con la cantoria disegnata da Giorgio Vasari, poi ancora una statua lignea del XIII secolo incorniciata da affreschi.
Interessante il tronco di colonna dove, secondo la tradizione, vuole che sia stato decapitato San Donato con vicino l'affresco ottocentesco del Recupero del corpo di San Donato<\i>. Ancora il cenotafio del vescovo Guido Tarlati e vicino alla porta della sagrestia il bell'affresco della Maddalena di Piero della Francesca. Nella Navata di destra, partendo dalla cappella del Santissimo Sacramento con grandiose vetrate del XV secolo raffiguranti il Redentore e san Donato.
Segue la trecentesca cappella marmorea di Ciuccio Tarlati, dove trovo una cassa marmorea trecentesca detta il deposito di san Satiro posto sopra ad un sarcofago tardo romano. Molto vivo l'affresco che conserva questa cappella. In questa navata sono presenti anche epigrafi tombali e monumenti sepolcrali. Mi soffermo invece davanti ad altre cappelle con interessanti affreschi trecenteschi e poi ancora tele dal XVII al XIX secolo. Invece il sepolcro di Gregorio X è databile agli inizi del XIV secolo.
Fine I parte