Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Un giro per Lomello

E-mail Stampa PDF
LomelloIn una limpida mattina di primavera mi metto in viaggio, con il cielo azzurro e l'aria fresca che mi sono compagni di viaggio. La strada si snoda tra verdi campi, punteggiati di fiori selvatici e filari di pioppi. Le risaie sono specchi d'acqua lucenti che riflettono le nuvole leggere che scorrono lente. Attraverso piccoli paesi addormentati, dove il tempo sembra scorrere lentamente. Lungo la strada, supero qualche ciclista. L'aria profuma di terra umida e di primavera appena sbocciata. Man mano che ci si avvicina a Lomello, la campagna si fa ancora più ampia e silenziosa.
All'orizzonte spuntano i profili dei suoi campanili. Il viaggio è breve ma ricco di bellezza. Arrivo a Lomello, piccolo e caratteristico borgo della Lomellina. Il borgo ha antiche origini, infatti l'antica Laumellum fu un importante centro romano, forse preceduto da un insediamento preromano. Si racconta che Laumellum derivi da Laevum mellum, ossia dai Levi, antica tribù Ligure e dai Marici, un popolo celtoligure stanziato nell'alessandrino.
In epoca romana Laumellum fu noto soprattutto perché vi transitava la strada che da Piacenza, per Pavia, portava a Torino e ai valichi alpini alle Alpi Cozie. In epoca longobarda il luogo diviene importante perché vi avvenne, nel novembre del 590, il matrimonio tra la Regina Teodolinda e il Duca di Torino Agilulfo. In epoca franca, nell'847, Lomello divenne sede di Comitato (contea) e i suoi conti, nel 1001, divennero conti palatini e poi anche conti di Pavia.
Non vi fu sempre un rapporto benevolo tra sudditi e i conti, infatti ben presto Lomello si ribellò alla loro autorità, costringendo i conti palatini a mettersi al sicuro nei loro castelli. Il piccolo Stato che i conti avevano creato prese il nome di Lomellina. Pavia era ormai diventata una potente città e negli anni 1140-1146 sferrò un attacco contro i conti palatini, espugnando Lomello. L'Imperatore Federico I, se da un lato confermò a Pavia la supremazia sulla zona, dall'altro assicurò ai conti palatini la signoria su una serie di località.
Lomello, però, rimase sotto il diretto dominio pavese e poi dei Visconti. Nel 1450 Francesco Sforza concedette Lomello in feudo al marchese Antonio Crivelli di Milano, a cui resterà fino all'abolizione del Feudalesimo nel 1797. Nel 1707 Lomello, con tutta la Lomellina, venne annesso ai domini dei Savoia.
Parcheggiato l'auto in piazza della Repubblica inizio il mio vagolare. Il primo edificio monumentale che voglio vedere è il castello del XV secolo, edificio posto all'interno dell'ampio nucleo altomedievale. Questo è un raro esempio di complesso comitale ancora visibile con anche i resti del suo ricetto. Il castello, oggi sede del Municipio, fu ricostruito agli inizi del XV secolo dopo una parziale distruzione fatta da Facino Cane che saccheggiò il borgo.
Per quanto l'edificio sia stato trasformato nel tempo, conserva la torre del ponte levatoio, tracce del fossato e al suo interno vi sono sale che presentano affreschi cinquecenteschi di pregevole fattura e due mosaici romani ritrovati, con numerosi altri reperti archeologici, nel sottosuolo del paese. A voler fortificare Lomello fu Gian Galeazzo Visconti che, nel 1381 incaricò l'ingegner Giacomolo Albranelli di fortificare il borgo.
Nel 1449 Francesco Sforza, duca di Milano, dette in feudo, Lomello con Dorno, ad Antonio Crivelli con facoltà di cingere il borgo di mura e fossato e ricostruire il castello. Estintisi i Crivelli, la proprietà passò ai Corini, e sarà l'avv. Angelo Corini, che lasciò alla sua morte, come legato, il castello al gerontocomio, da lui stesso fondato. Nel 1948 divenne sede del Comune e lo è tuttora.
Il castello conserva la statua e la lapide che ricorda che vi ospitò nel maggio del 1799 il Generale Feldmaresciallo Aleksandr Suvorov, Comandante dell'armata russa che sconfisse l'imbattibilità di Napoleone Bonaparte. Davanti all'ingresso della rocca in piazza castello vi è il monumento ai caduti e alcune pietre d'inciampo. Su queste sono riportati i nomi di Nicala Giovanni Battista di 36 anni, Partigiano in Piemonte, nato a Buenos Aires (Argentina) il 30 settembre 1907 e residente a Lomello. Catturato in un rastrellamento, fu fucilato il 14 agosto 1944 al Sestriere (TO) e di Zaltieri Giuseppe di anni 35 Nato a Isorella (BS) il 1° settembre 1909. Costui fu un salariato agricolo, residente alla cascina Boragno di Lomello con la moglie e i quattro figli, nascose numerosi soldati anglo-americani e li aiutò ad espatriare in Svizzera. Come partigiano fu assegnato alla seconda divisione Masia, venne arrestato nella sua abitazione il 30 ottobre 1944 dalle Brigate Nere di Mortara; condotto alle carceri di San Vittore a Milano e poi al campo di Bolzano e deportato a Mauthausen e poi ad Auschwitz, ed ancora trasferito a Buchenwald. Non si conosce nulla della sua morte; infatti le ricerche della Croce Rossa Internazionale non hanno permesso di stabilire la data della sua morte, ma si suppone che sia deceduto dopo l'evacuazione del campo di Ohrdruf.
Un altra pietra d'inciampo, ma anche una lapide, questa posta in via Ottavio Volpi, ricorda il partigiano Giuseppe Loew. Costui, studente, nacque a Milano il 26 giugno 1926 e morì a Dachau il 16 febbraio 1945. Era residente a Villa Biscossi (Pavia) quando, dopo l'armistizio, entrò a far parte del "gruppo militare del Po". Inizialmente Loew ebbe l'incarico di aiutare i militari inglesi e americani che si erano sottratti alla prigionia, successivamente assunse poi il comando della formazione partigiana denominata "compagnia Grieff", della quale facevano parte anche ex prigionieri alleati. La "Grieff" era particolarmente impegnata in azioni di sabotaggio e nel disarmo di militi della RSI.
Il 16 luglio del 1944, Loew fu sorpreso dalla Brigata Nera di Pavia, mentre trasportava dei manifesti di propaganda antinazista e antifascista. Venne rinchiuso per due mesi nel carcere locale e poi trasferito a Bolzano e ancora deportato ad Auschwitz e quindi trasferito nel lager di Dachau, dove morì non ancora ventenne. Il monumento ai caduti è un bellissimo monumento con un fante in armi che da le spalle ad un gruppo colonne che sorregge un braciere sempre in pietra.
Di fronte alla lapide che ricorda Giuseppe Loew vi sono altre due lapidi: una a ricordo del Vice Ammiraglio Giovanni Battista Magnaghi. Costui nacque a Lomello il 28 marzo 1839 da una famiglia di agricoltori. Sentì ben presto il richiamo, quasi una vocazione per il mare e a12 anni entrò nella Scuola Marina di Genova. Costui fu un importante oceanografo e primo direttore dell'Istituto idrografico della Marina, nonché innovatore dei processi e strumenti di rilevamento geodetici. Al suo nome sono state intitolate due navi-laboratorio della Marina Militare Italiana. Come Militare fu decorato al valore nella campagna 1860-61. Scrisse Gli Strumenti a riflessione per misurare angoli, opera che contribuì alla sua fama di scienziato. Partecipò anche alla vita politica: nel 1897 fu eletto deputato per il collegio di Taranto. L'ammiraglio Giovanni Battista Magnaghi morì a Roma nel 1902 e fu sepolto a Genova, nel Cimitero monumentale di Staglieno.
L'altra lapide ricorda il sacerdote Volpi Ottavio che fu un importante filantropo per i poveri e favorì gli studi ai ragazzi meno abbienti. Ottavio Volpi svolse la sua missione in Lomello e vi morì l'11 settembre 1824 all'età di 75 anni.
Proseguo la mia passeggiata tra le vie tranquille del borgo, verso l'insigne complesso religioso, un monumento medievale formato dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, del primo periodo romanico lombardo del X - XI secolo e dal Battistero di San Giovanni ad Fontes risalente al VIII secolo. Quest'ultimo è un antichissimo edificio longobardo a forma ottagonale con quattro braccia che ne disegnano una forma a croce, con i resti dell'originale fonte battesimale. Questo Battistero è un edificio alto 13 metri, costruito interamente con mattoni. Anche la cupola di forma ottagonale è in mattoni, si tratta di una costruzione più tarda del resto dell'edificio, sormontata da un piccolo tiburio.
Nel suo interno la parte centrale è costituita da un ottagono che, insieme alle absidi e alle cappelle del battistero, assume la caratteristica forma crociata. L'edificio al suo interno è oggi completamente intonacato. Elemento di grande importanza è la fonte battesimale, dove avveniva il battesimo a immersione in una grande vasca di forma esagonale irregolare, antecedente alla costruzione del battistero. La presenza di un battistero longobardo conferma l'antichità del centro religioso di Laumellum, dimostrata anche dal rinvenimento di un'epigrafe cristiana datata 544.
Nei suoi pressi vi è l'antica Collegiata di Santa Maria Maggiore, a tre navate dotato di un transetto assai sporgente e tre absidi. La basilica è a croce latina ed ha tre navate che sono asimmetriche, le arcate non sono uguali e la posizione dei pilastri e delle colonne non corrisponde alla posizione dei pilastri e delle colonne opposte. La navata di sinistra è più corta di quella di destra. Maestoso è l'arco trionfale del presbiterio, sopra il quale si aprono due finestrelle rotonde (oculi); sotto l'arco, nella parete che scende fino al catino dell'abside.
La copertura del tetto è con volte a crociera nelle navate laterali e a cassettoni in quella centrale. Tra le informazioni raccolte sicuramente è interessante il privilegio conferito da Papa Pasquale II, il 22 agosto 1107, nel quale si autorizza il parroco di Santa Maria a portare la mitria e il pastorale, e il potere di conferire alcuni ordini minori. Ma quello che colpisce è la sua facciata che pare crollata. Infatti l'ingresso principale insiste su un tratto delle mura tardo romane.
Accedo all'area attraverso un'apertura praticata nella vecchia cinta muraria, e mi troviamo fra i ruderi delle prime tre arcate della chiesa. Invero la facciata era originariamente unita alle antiche mura cittadine; dopo un dissesto o un crollo, forse dovuto al terremoto del 1117, le prime tre campate crollarono parzialmente e si costruì una nuova facciata chiudendo uno degli archi diaframma, tanto da far sembrare la chiesa ancora parzialmente crollata.
Una cosa è certa: Santa Maria Maggiore, insigne per storia ed arte, rimane un affascinante enigma. Nella tradizione popolare, la basilica viene chiamata la "chiesa del diavolo" perché una leggenda racconta che l'edificio fosse stato distrutto dal maligno e da lui stesso riedificata in una sola notte di lavoro febbrile, ma, a causa del sorgere del sole, fu lasciata incompleta. Questa particolare leggenda legata è attribuita al ritrovamento di un dattiloscritto del Comm. Attilio Baratti di Mortara il testo recita:
"Teodolinda volle celebrare nella Chiesa di Santa Maria in Lomello le sue seconde nozze con Agilulfo duca di Torino. Una curiosa leggenda vuole che queste nozze non andassero a genio al demonio perché i Longobardi erano ariani e Teodolinda era cattolica. Con re Autari, il diavolo aveva potuto ottenere che fosse vietato ai Longobardi il Battesimo Cattolico, ma questa volta era la regina stessa che si eleggeva lo sposo acquistando una potenza diretta, che avrebbe poi adoperata a favore della causa cattolica; e per il diavolo il grosso guaio era lì. Allora pensò di farne una delle sue.
Il giorno prima delle nozze portò sul cielo di Lomello tutte le nubi più cariche di tuoni e di lampi che aveva in riserva e scatenò un tremendo temporale. I fulmini caddero sulla chiesa già preparata per le nozze, suscitando un grave incendio e in poche ore la chiesa di Lomello fu un mucchio di rovine. Teodolinda che da santa donna si era preparata alle nozze con la preghiera, si mise a piangere e a supplicare il Signore. Ed il Signore accettò la preghiera della sua serva fedele. Ed eccolo a ordinare al diavolo che sghignazzava in mezzo al fumo, di rifabbricare durante la notte, prima del suono dell'Ave Maria, quello che era stato distrutto, pena la costruzione di tre nuove chiese con la badia.
La pia Regina Teodolinda, sentite le parole del Signore, andò tutta felice incontro allo sposo per comunicargli la lieta novella. La notizia udita dai cortigiani corse di bocca in bocca, e tutti aspettavano che si facesse notte per assistere al miracolo. Ma il diavolo, per nascondere la sua vergogna, sull'imbrunire fece calare una nebbia così fitta e fredda da costringere tutti i cortigiani a starsene chiusi in castello.
Quel che capitò nel buio fitto, nessuno lo poté sapere. Il diavolo pescò nel fondo dell'inferno i migliori ingegneri, architetti e muratori che poté trovare e diede loro l'ordine di rifare la chiesa in tutta fretta. Ma, senza una direttiva unica, senza ingegnere capo, ciascuno fece a modo suo. Intanto l'Ave Maria era lì per suonare. Mancava di portare a termine la facciata. Ma il Signore che dall'alto stava ad osservare, diede l'ordine di tralasciare:
«Lascia di finire la Chiesa, perché si sappia che le cose belle e buone il diavolo non le sa fare; ma farai viceversa il Battistero, dove il figlio di Agilulfo prenderà il Battesimo Cattolico. Non volevi che la mia Chiesa trionfasse, sarà quel Battesimo lo scorno tuo più pungente».
Suonata l'Ave Maria, il corteo nuziale si mosse dal castello. Quando il corteo regale, composto di conti, paladini, duchi longobardi, passò il vasto portone della Chiesa, ed entrò nel tempio di Santa Maria, poté notare come in quella bellissima Chiesa c'era un curioso disordine di costruzioni: le muraglie non correvano parallele, i colonnati erano di forme e dimensioni diverse nei fusti, nei capitelli, nel giro dell'arco e nell'altezza dei piedi. E, meraviglia ancora più grande, ebbero, all'uscita di Chiesa, quando a fianco di essa, trovarono lì, nuovo di zecca il Battistero, regalo nuziale di Belzebù!"
.
La "Chiesa del Diavolo", come viene narrata nelle cronache, esiste solo nella leggenda, ma anche per questo è oggetto di visita di molti curiosi. Un'altra storia arricchisce Lomello è quella che narra dell'incontro di Teodolina con il suo futuro sposo. Costei, sovrana molto amata, alla morte del marito Autari, per mantenere l'autorità regia doveva scegliersi un nuovo marito tra i guerrieri longobardi.
La scelta cadde su Agilulfo, duca di Torino. Quando Teodolinda incontro Agilulfo alla rocca di Lomello, dopo alcuni convenevoli si fece portare una coppa di vino. Dopo aver bevuto, porse la coppa ad Agilulfo. Il duca accettò la bevanda e le bacio rispettosamente la mano. La regina sorrise, e arrossendo, gli dissi che era più opportuno un bacio sulle labbra poiché ella lo aveva scelto come sposo e re del popolo.
Torno in piazza della Repubblica per andare a vedere la chiesa di San Rocco. Questa ex Chiesa di San Rocco, o meglio "oratorio" di San Rocco risale al 1524 e fu voluto dalla popolazione in voto alla Vergine ed intitolato a San Rocco a protezione dal terribile morbo della peste. Dopo la grande epidemia di peste del XVII secolo la chiese fu riedificata nelle forme che oggi posso ammirare.
Sul lato nord dell'edificio si eleva la torre campanaria, costruita sopraelevando il tratto corrispondente la muratura più antica. La seicentesca facciata è interamente intonacata ed affrescata con le immagini dei Santi Rocco e Sebastiano ai due lati del rosone e della Vergine sotto lo stesso. La facciata è tripartita da lesene, presenta una porta centrale, affiancata da finestre rettangolari. Il tetto è a capanna e della decorazione del timpano non vedo traccia.
L'ex chiesa è chiusa ma riesco ad apprendere che all'interno è conservato un altare maggiore settecentesco di forme ancora barocche e ricco di pietre policrome. Percorro un tratto di via Roma fino a trovare la casa natale di Giovanni Battista Magnaghi. Torno indietro per percorrere via Cavour e raggiungere un altro monumento degno di nota, che non può passare inosservato è che vado anche a vedere. Si tratta dell'interessante e pregevole chiesa romanica di San Michele datata XII secolo.
Questa chiesa è a forma di croce latina e fu parrocchia fin dalla sua costruzione, non è famosa e antica come Santa Maria Maggiore, ma non per questo ha meno storia e bellezze artistiche. La sua facciata, apparentemente comune è frutto dell'intervento settecentesco, tripartita da leggere lesene, suddivisa in due ordini e con tetto a salienti e presenta tre accessi. La porta centrale è molto più ampia di quelle laterale e ha un'elaborata cornice. L'Ordine superiore è costituito da una sola campata centrale, presenta un'ampia finestra tamponata, anch'essa ha una elaborata cornice.
A raccordare gli ordini concorrono ai lati due graziose volute a forma sinusoidale che nascondono il tetto spiovente delle navate laterali. Il tutto si conclude con un timpano semicircolare classico. Presenta un alto e tozzo campanile in laterizio a vista, come in laterizio a vista è il bellissimo tiburio ottagonale, che s'innalza sopra la crociera, ornato da trifore e da loggette in cotto. L'interno è in stile romanico lombardo a tre navate con volta a botte e colonne in mattoni.
L'altare maggiore ha eleganti linee barocche che venne eretto nel 1786 ed è sormontato da un tempietto circolare con colonne marmoree a cuspide madornata per l'esposizione della reliquie della Santa Croce. Infatti la chiesa conserva una reliquia della Santa Croce donata da Guglielmo de Grossis, Monaco della città francese di Sant'Egidio, oggi Saint Gilles. Costui la ricevette in dono da Papa Urbano V di cui era legato pontificio.
Nella cupola sopra l'altare maggiore vi è una grande composizione ad affresco di gusto settecentesco che raffigura la cacciata degli angeli ribelli dal Paradiso. Nel transetto destro si apre la cappella seicentesca della Madonna del Carmine costruita in forme barocche con la statua lignea e il baldacchino processionale. Invece in quello a sinistra vi è la Cappella della Santa Croce dove è murata una piastrella in cotto, incisa in latino medievale, con le abbreviature che si usavano all'epoca. Ecco la traduzione:
"Qui giace il corpo del Reverendo Guglielmo de Grossis, francese della città di Sant'Egidio, il quale donò alla presente chiesa il legno della Santa Croce. Morì il 4 maggio 1370. Il nipote Guido pose".
Questa Cappella sino al 1777 era forse solo una piccola abside, con altare eretto a San Francesco, fu solo nell'estate del 1777 che s'iniziò la costruzione di una cappella consacrata al culto della Santa Croce. Invece vi è una formella in cotto, sulla parete della terza campata nella navata destra, dove si legge: "1121 S. Michael" e potrebbe trattarsi della data di costruzione della chiesa o quella di consacrazione dell'edificio. Sono presenti anche altre iscrizioni su mattoni romani con altre date e anche tracce di affreschi di santi risalenti a epoca medievale.
Dal sagrato della chiesa, attraverso via Galilea raggiungo, ciò che rimane della chiesa del Monastero di Santa Maria in Galilea delle suore Benedettine Valleombrosiane. Questo monastero godeva di grandi possedimenti terrieri con alte rendite. Il monastero era conosciuto per la dissoluzione morale e religiosa delle suore, tanto che dovette intervenire direttamente il generale dell'ordine per porvi fine. Inoltre nel 1463, la madre badessa fu trovata cadavere nella peschiera del convento.
Varie furono le ipotesi del decesso, dalla disgrazia, al suicidio all'assassinio. Fu persino arrestato "frate Nigro" dal podestà e consegnato alla autorità ecclesiastiche.
Rimane riconoscibile dell'antica chiesa la facciata realizzata in mattoni a vista. La facciata presenta un portale incorniciato da due colonne che sostengono un timpano in arenaria e sopra di esso vi è un'ampia rettangolare finestra centrale. Anche nel corpo longitudinale sono riconoscibili archetti pensili intrecciati posti nel sottogronda. Il monastero fu soppresso nel 1810 con le leggi napoleoniche e dopo essere stato adibito a caseificio è ora utilizzato quale magazzino agricolo.
Rientro vero la piazza per riprendere l'auto, non prima di aver a brevemente osservato l'ex stazione del travai, locale ora adibito a ristorante. Chissà se nelle loro cucine, preparano il dolce tipico di Lomello?. Si tratta delle "Le palle di Agilulfo", create non tanti anni fa dalla Pro Loco per la festa Medievale denominata "Laumellum". Oggi il dolce è diventato il simbolo di Lomello. Gli ingredienti sono farina, noci, burro, zucchero a velo, il cui ripieno è il cacao e caffè o crema di cioccolato e nocciole.
Una fantasiosa leggenda vuole che una versione speciale, senza cioccolato e senza caffè, fosse stata servita al banchetto per le nozze della regina Teodolinda.
La stazione ferroviaria era posta lungo la linea della tranvia Mortara-Ottobiano-Pieve del Cairo e fu inaugurata nel 1844 e chiusa nel 1933. In auto raggiungo un'altra chiesa sconsacrata e ridotta a deposito, si tratta di quella che era intitolata a Sant'Agata, posta in via 1° Maggio, ma parte della fiancata è visibile lungo via Mentana che attraversa il paese. La chiesa era parte del monastero delle Suore benedettine della Congregazione Cassinese.
La tradizione vuole che il complesso fosse stato voluto dalla regina Teodolinda, ma l'unico dato certo è che nel XII secolo era già esistente e godeva di floride rendite terriere non solo in Lomello. Soppresso anch'esso, con ogni probabilità in epoca napoleonica, la chiesa fu adibita a magazzino e laboratorio di falegnameria.
Sempre in auto raggiungo una sontuosa villa in stato di abbandono in strada provinciale 193 bis. Questa casa signorile è chiamata la "Villa degli Amanti Maledetti", ciò dovuto ad una tragica ed oscura storia. L'edificio in stile liberty, venne costruito alla fine degli anni '20 del secolo scorso da Pietro Cerri, noto imprenditore pavese, che ne fece la sua dimora.
Nel luglio del 1935 nella villa avviene il tragico omicidio del proprietario Pietro, per mano così venne riportato dai giornali, di alcuni rapinatori. Alcuni anni dopo, il figlio di Pietro Cerri perse la vita in uno scontro d'auto, a pochi metri dal vialetto d'uscita della villa. I fatti non furono mai chiariti del tutto; si affermò, negli anni, che gli assassini di Pietro Cerri furono mossi da un movente d'amore, e furono in molti a non credere alla ricostruzione operata inizialmente. Villa Cerri, per tali ragioni e per fervida immaginazione popolare, è da quel giorno conosciuta come la Villa degli Amanti Maledetti. La proprietaria decise di vendere la casa, che da quel momento in poi non fu mai abitata, ma venne acquistata da un noto imprenditore locale.
Mi porto lungo la strada statale 756 in direzione Mede, dove trovo un cippo ai margini della strada. Il cippo è composto da un piedistallo su sui è collocata una colonna spezzata su cui è posta la foto di Angelo Camussoni. Costui, trentenne era un Partigiano della Brigata Bassa Lomellina. Nacque a Sannazzaro de' Burgundi è fu ucciso ove è posto il cippo, durante uno scontro con un gruppo della Brigata nera Alfieri che si stava spostando con una corriera verso Pavia la sera del 25 aprile 1945. Camussoni moriva poche ore dopo a Semiana a causa delle ferite riportate.
Ormai è tardi, è il momento di rientrare verso casa. Lomello è un borgo che merita un accurata visita e dopo aver girovagato per il paese per i suoi più importanti beni monumentali, mi rimetto in marcia, tra le risaie verso casa.