Blog di Dante Paolo Ferraris

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All'ombra di Napoleone (IX parte)

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ParigiCome tutte le mattine faccio un ampio giro del quartiere e mi prendo un primo caffè espresso, in attesa che R&S si alzino dal letto. Colgo l'occasione per vedere Parigi e uno dei suoi quartieri più caratteristici, quando ancora i turisti non invadono strade e marciapiedi, anticipando anche di molto i negozianti che ancora non hanno ancora alzato le saracinesche dei negozi.
Successivamente raggiungo R&S che dopo essersi bevuti un caffè "tipo americano", li trovo incollati con il naso alla vetrina della boulangerie per scegliere con quale baguette ripiena o con quale enorme pasta dolce iniziare la giornata. Ovviamente io mi accodo a loro e consumiamo la nostra colazione, quasi all'ora dell'aperitivo, su una panchina poco prima di prendere il metrò ed iniziare la nostra visita giornaliera alla città.
L'accesso alla Conciergerie, sotto una lieve pioggerella, avviene dopo una breve coda e dopo aver pagato il biglietto d'ingresso. Entrare in un luogo storico come la residenza dei Re di Francia, al centro di Parigi sull'Ile de la Cité, non ha veramente eguali. Fu proprio Clodoveo, primo re dei Franchi, a scegliere questo luogo per la sua dimora, ma fu Ugo Capeto, primo re capetingio ad insediarvi la sua amministrazione che divenne sede del potere reale, ben cinque secoli dopo.
Tale era l'importanza simbolica che, nel XIV secolo, Luigi IX, futuro San Luigi, e suo nipote Filippo IV il Bello, vollero trasformare il palazzo tanto da farne diventare la rappresentazione del potere della monarchia. In seguito questo palazzo diverrà anche sede del Parlamento. Ma ad attirare la nostra attenzione sono sopratutto i fatti accaduti dal XIV secolo, in seguito all'assassinio di alcuni consiglieri di stato, quando Carlo V abbandona l'importante dimora per trasferirsi all'Hotel Saint-Pol, nominando un intendente, o "concierge", dell'amministrazione del palazzo e delle sue prigioni. Nelle celle del palazzo sono stati ospitati molti personaggi che tutti noi abbiamo conosciuto nei libri di storia. Tra questi ricordiamo anche Ravaillac, assassino di Enrico IV, ma le prigioni sono meglio conosciute come luogo chiave durante la Rivoluzione francese. Fu infatti nel 1790 che il Prefetto di Parigi pose i sigilli alle porte del palazzo, fino allora sede del Parlamento e fu proprio qui che il Tribunale rivoluzionario, nel marzo del 1793, vi insediò la sua sede. Dalla stessa data fino al 1794 vi transitarono oltre 2700 persone, tra cui Maria Antonietta e lo stesso Robespierre che fu il fautore di un programma fondato sulla virtù e sul terrore, quando entrò a far parte del Comitato per la salute pubblica. La cosiddetta "legge dei sospetti" ordinava l'arresto di tutti i nemici della Rivoluzione, confessi o semplicemente sospetti.
Calpestare gli stessi pavimenti, percorrere gli stessi itinerari che conducevano gli accusati davanti a Fouquir-Tinville, accusatore pubblico del tribunale, mi fa pensare molto alle sensazioni, paure e terrore che questo luogo incuteva sull'opinione pubblica di allora. La stessa vita dei prigionieri doveva essere terrificante, in celle che ospitavano decine se non centinaia di prigionieri, nelle peggiori condizioni di insalubrità che si aggiungevano al sovraffollamento. I detenuti venivano informati dell'inizio del processo o delle imputazioni solo dal "giornale della sera" che era per loro l'atto di accusa. Unico lusso concesso ai condannati a morte prima dell'esecuzione era permettere loro un ultimo banchetto.
L'Egalitè non vigeva alla Conciergerie, infatti i detenuti erano suddivisi in pailleux o payeux, prigionieri estremamente poveri che si accontentavano di sdraiarsi su un pagliericcio e i pistoliers, galeotti in grado di pagare alcune "pistole" (monete) in cambio di una cella dotata di letti.
Ci intratteniamo diverso tempo con R. che racconta la storia di questi luoghi a S., proprio nella cappella detta dei "Girondini" che occupa l'antico locale adibito ad oratorio medievale del re e dove dopo il processo, i 21 Girondini (venivano così chiamati gli appartenenti al partito della Gironda, fondato nel 1791, rivelatisi particolarmente radicali) si riunirono per l'ultimo banchetto prima della loro esecuzione, avvenuta il 30 aprile 1793.
Percepiamo l'intensità del peso della storia, quando varchiamo l'accesso alla cappella commemorativa di Maria Antonietta, realizzata dove si trovava la cella della regina, ricostruita meticolosamente li vicino, nel luogo che è stato a tutti gli effetti l'ultima sua residenza. Guardiamo con attenzione i pochi arredi di una stanza che nulla aveva di regale se non la regina, con esposte in bella mostra le poche stoviglie e pochi altri oggetti che la regina poteva utilizzare lontano dagli sfarzi del palazzo reale.
Osservo con attenzione anche il cortile delle donne, dove veniva permesso a queste di lavarsi la biancheria, ma soprattutto lavoro di immaginazione nell'angolo degli addii, annesso al cortile, dove i condannati, a gruppi di 12,salivano sul carro trainato dai buoi per essere condotti al patibolo.
Ovviamente la mia riflessione, e il mio unico scatto fotografico, va su una lapide all'interno della sala delle genti d'armi, un bell'esempio di architettura gotica, dove su una colonna vi è un'iscrizione che segna il livello raggiunto dall'acqua durante l'alluvione della Senna del 28 gennaio 1910 che allagò tutta la Conciergerie.
La triste storia di questo tribunale si concluse solo dopo la caduta di Robespierre, che fu vittima dei suoi stessi mezzi di conduzione della cosa pubblica, basati sul sospetto e sul terrore. Lo stesso Robespierre fu fatto prigioniero insieme ad un'altra ventina di giacobini, condotto alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento e quindi inviato alla ghigliottina, tra la folla esultante per la fine del "tiranno". La stessa sorte toccò il giorno dopo ad altri 80 seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l'influenza giacobina in Francia.
Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino e iniziò il governo dei Termidoriani, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto "Terrore bianco" (volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini).
Dopo una visita di così grande interesse storico, non possiamo non prenderci un po' di riposo, gozzovigliando in qualche tipico ristorante francese.
Le guide ci consigliano un ristorante al quartiere di Marais, uno dei quartieri più vivaci della Rive Droite, della Senna, Diversamente da quanto possa suggerire il nome (marais, in francese, significa infatti "palude"), la zona era bensì molto fertile. Oggi è una delle poche zone centrali della città a non avere subito le trasformazioni ottocentesche del barone Haussmann e ad aver mantenuto l'architettura originale. Nella serie di stradine in cui ci avventuriamo, si respira ancora l'atmosfera d'un tempo, diversa dalla calma eccessivamente "borghese" di altre zone del quartiere.
Il Marais è uno tra i quartieri più alla moda della capitale francese, anche grazie alle tante boutiques di giovani stilisti emergenti ed ai locali di tendenza che, negli ultimi anni, sono diventati anche il centro della vita "free" anzi direi "friendly" della capitale francese.
Il locale consigliato porta un nome inequivocabile: "Le Gai Moulin", Il Mulino gaio, gioco di parole non molto sottile, un piccolo ristorante tipicamente francese sia nell'arredo che nella cucina.
Il locale è composto al piano terreno di una sala non molto grande e di un piano interrato (che non abbiamo visto), ha alle pareti alcuni quadri di poco pregio artistico ma di sicuro impatto visivo ed i tavoli sono posti così vicini l'uno all'altro che non è difficile non scambiare qualche parola con gli altri clienti. La cucina è tipicamente francese e di buona qualità.
La clientela è la più eterogenea possibile con gruppi di giovani o famiglie con figli che cenano in allegria e spensieratezza. Dopo aver apprezzato molto la cucina e soprattutto i vini, decidiamo di tornarci anche l'ultima sera prima del rientro in Italia.



Fine IX parte.