Blog di Dante Paolo Ferraris

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Baghdad: una missione apparentemente impossibile (I parte)

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Missione BaghdadUna giornata di sole, si era presentata cosi già alle prime ore del mattino, si sentiva l’aria di primavera e la pasqua era ormai alle porte.
Come tutte le domeniche ero seduto alla mia scrivania in ufficio. Avevo da poco pranzato a casa dei miei genitori, insieme a mio nipote a mia sorella e suo marito.
Durante il pranzo guardavamo con apprensione le immagini che scorrevano sullo schermo della TV, dove a farla da padrone era il conflitto da poco iniziato in IRAQ tra gli uomini di SADDAM e la coalizione guidata dagli Stati Uniti d’America.
Stavo al solito controllando alcuni documenti, quando una telefonata sul cellulare, mi risveglia bruscamente da quel torpore primaverile, era il Commissario Straordinario, che con voce decisa mi stava dicendo che dovevo partire per una missione valutativa in Iraq, insieme ad una Delegazione del Ministero degli Esteri.
Rimango in ascolto, cerco di capire se sono veramente io la persona che cerca. Cerco di prendere tempo, devo riflettere, devo capire cosa sta succedendo. I pensieri corrono veloci, il lavoro, la famiglia, i piccoli interessi quotidiani, non è la solita missione di aiuto a popolazioni alluvionate o terremotate. Le mie esperienze in zone di conflitto si limitavano fino ad allora alla rivoluzione romena, che portò la caduta del regime comunista, allora ero più giovane e meno riflessivo e stare via di casa per un mese in posto da me sconosciuto era l’ avventura che aspettavo con ansia.
Anche le esperienza vissute durante il conflitto serbo-croato, in decine di missioni, in città che diventeranno simbolo di quella guerra, dove dormire in una cantina o fare lo slalom tra le mine anticarro mi sembravano sembrava quotidianità.
Di quei ricordi porto con me le immagini di quelli ignari ma sorridenti bambini, ricoverati per Aids ad Alba Julia, o di quelli dell’orfanotrofio di Karlovac, dove veramente poco bastava per rendergli una giornata diversa. Ma erano, se possiamo dirlo, dietro casa.
Anche Belgrado, durante i bombardamenti alleati o la tragedia Albanese non mi avevano visto così titubante.
Mi consulto con qualche amico al telefono e tutti a dirmi che sono la persona giusta, con me dovrebbe venire un medico che conosco, che dovrebbe occuparsi della parte sanitaria, mentre al sottoscritto quella della valutazione generale della missione e della logistica, di una missione impossibile.
Il mandato affidatoci è quello di capire cosa possiamo fare per aiutare la popolazione di Baghdad, aprendo,la strada a una attività umanitaria congiunta con la cooperazione internazionale del M.A.E.

Fine I parte.