Blog di Dante Paolo Ferraris

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Generazione Hipster 2.0

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hipsterLo siamo un po’ tutti, io in particolare. A chi non piace distinguersi dalla massa, uscire dall’anonimato che è generalmente triste e consuetudinario? Ognuno ha la sua caratteristica, ognuno cerca di essere alternativo a modo suo. Io con il mio stile bizzarro di vita e d’abbigliamento, altri semplicemente per non passare inosservati amano un look "alternativo".
Molti amano definire questo stile di vita come Hipster; io ritengo ormai questa definizione desueta e anche ingannevole, comunque sia l’Hipster è innanzitutto una cultura che spazia dalla moda alla musica, fino allo stile di vita quotidiana. Uno stile ibrido e in continua evoluzione, che non vuole rappresentare nessuno se non se stesso.
Su di loro si è scritto tanto, ma anche tanto di sbagliato. Ad esempio non è vero che ogni capo d’abbigliamento deve essere rigorosamente attillato e che non esiste una differenza netta tra i vestiti indossati dai maschi e dalle ragazze, anche se ho un conoscente torinese che cerca sempre capi attillati e non gli fa molta differenza se il capo è femminile, cosa che io con farei mai.
Come non è vero che usano solo dei jeans ultra skinny, o t-shirt con stampe retrò o nerd, o giubbini di pelle, cosa che io farei senza problemi, ma amo anche i colori pastello.
E’ un stile di moda un po’ vintage, che richiama quella degli anni ’70 e ‘80, ma con un occhio alle tendenze più recenti.
Il vero Hipster 2.0 veste come gli piace, l’importante è sentirsi bene con se stessi. Un altro stereotipo li vuole che indossino solo pantaloni di jeans, lunghi fino alla caviglia e non di più, magari con il risvolto in fondo; non è vero, amano anche pantaloni con la riga o a tubo colorati, con colori spiccati e vivaci ovviamente mai a vita bassa, che pare che il sedere sia salito sotto l'ombelico. Anche sulla donna si è scritto tutto e il contrario di tutto come se il gentil-sesso indossasse solo jeans stretti a vita alta e corti fino al polpaccio, leggings o pantaloncini corti come mutande.
Il mio conoscente Hipster torinese ama indossare delle t-shirt, con disegni e scritte retrò, per arrivare ai modelli più nerd, ovvero che hanno come soggetto la tecnologia, meglio se vintage, altri amano quelle con le scritte riferite alle rock band degli anni ’70 e ’80.
L’unico requisito che lui ritiene indispensabile e che gli devono aderire al corpo. Ma l’ Hipster indossa anche magliette stencillate e camicia a quadri, di cotone o di flanella in puro stile grunge, o bianche, cachi militare purché nella taglia extrasmall e abbottonata fino al collo.
Irrinunciabili i maglioni e cardigan rigorosamente di lana, ovviamene strettissimi con i bottoni che faticano ad abbracciare l’asola quanto sono stretti, ma anche bomber di parka. D’estate, molti giovani Hipster li vedi sfoggiare pantaloni corti, sia Lei che Lui, anzi cortissimi.
L’Hipster certamente ama l’abbigliamento vintage, o presunto tale, non fa molta differenza se si tratti di vintage "autentico" o d’ispirazione, in ogni caso è un must; soprattutto per quanto riguarda gli accessori come borse, cinture e anche talvolta occhiali da sole, accessori che richiamino allo stile di quel ventennio.
Che gli occhiali siano da vista o da sole, l’importante è che la montatura sia spessa o vistosa, comunque meglio se eccentrica; il modello più ricercato è Wayfarer della Ray-Ban. L’importante è non siano considerati troppo "omologati".
Il mio conoscente torinese, e quanti di noi, hanno sdoganato dagli armadi alcuni capi di abbigliamento che fino a poco tempo fa consideravamo assolutamente proibiti o che utilizzavamo da giovanissimi per cui la massa delle persone li ritiene desueti.
Praticamente l’Hipster è un maghetto a riesumare tutto il peggio della moda degli ultimi quattro lustri per essere terribilmente fashion.
Ad esempio, il mio conoscente, e in genere gli Hipster 2.0, adora ed indossa vecchi orologi, magari del secondo dopoguerra ma non per controllare l’ora, solo come oggetto di bigiotteria fashion che attiri l’attenzione, mentre per controllare l’ora tirano fuori ossessivamente il loro iPhone nuovo di zecca, ovviamente continuamente collegato ai propri profili social. Naturalmente anche la Lei, Hipster, fa molto uso di bigiotteria. Alcuni degli accessori che identificano l’Hipster sono la scelta dei prodotti a marca Apple, oppure la macchina fotografica Reflex, mega cuffie per i più giovani, auricolari per i meno giovani ma comunque collegati all’ipod, skateboard per i giovanissimi e la bicicletta con rigoroso cestino di vimini per i meno giovani.
Le riviste di moda o di gossip li descrivono erroneamente così: cuffietta e cappellino, orecchino a cerchio, capelli con ciuffo e per metà rasati; le ragazze con unghie colorate e capelli lunghi. Cosa falsissima, certo i più giovani usano anche il trucker hat come cappellino per i maschi, nei colori più pop o bicolore e possibilmente con qualche scritta in inglese, per lo più con la visiera alzata, ma usano anche cappelli di paglia a tesa corta di color bianco nero per i giovani e panna per i meno giovani, tutti con fasce neutre.
E pensare che la tendenza modaiola nasce nella capitale britannica, vero trampolino di lancio di molte mode, ma l’Hisper anglosassone era, prima di trasformarsi in quello che noi conosciamo adesso, basato su mocassini, dolcevita beige, occhiali esistenzialisti, borse da corrieri, ecc… Ed ovviamente baffi.
Infatti il vero uomo hipster ama fondamentalmente sfoggiare i baffi, infatti sono molti i ragazzi, compreso il mio conoscente, con baffi curatissimi.
Dalle acconciature e nei colori dei capelli possiamo distinguere gli Hipster sobri da quelli stravaganti. Ad ogni modo il taglio, o la colorazione deve suscitare interesse, ci si deve far notare. I ragazzi utilizzano per lo più pettinature "finto arruffate" ingellate o anche un capello con taglio anni ottanta, ossia sottile, corto e poco folto. Le Fanciulle utilizzano per la maggiore acconciature meticolosamente stropicciate, oppure tagli corti e asimmetrici, magari con uno shatush, meglio se con una fascetta intorno alla testa.
Detto questo, il resto del look è molto legato alla moda italiana, comunque si compone di pochi indumenti, minimali e fuori moda come la kefiah, privata di qualsiasi significato politico, che va sfoggiata nei colori vivaci. Per le scarpe si passa dalle espadrillas fashion e solidali, tipo Toms, ai mocassini e sneakers per gli uomini alle ballerine per le fanciulle. Uso comune e disinvolto delle scarpe da basket modello Reebok, vanno bene anche le All Star alte e Vans nere, uniche regole: suola ultrapiatta e stile minimal.
Secondo lo Urban Dictionary, il più autorevole vocabolario online di linguaggio urbano, Hipster deriva dal termine slang hip ovvero "informato sulle ultime mode" ed è una sottocultura di persone tra i 20 e i 30 anni che crede nel pensiero indipendente, nell'anticonformismo, nella creatività, nell'arte e nella musica indie.
Insomma, il lemma "Hipsters" non è facilmente traducibile: l’Accademia della Crusca lo definisce: giovane tendenzialmente disinteressato alla politica e con velleità fortemente anticonformiste, che si riconosce per atteggiamenti stravaganti e abbigliamento eccentrico e variopinto; ma troviamo anche definizioni come "persona moderna", "intellettuale anticonformista", "attivista della controcultura giovanile". Di certo la parola "hip", che si traduce abitualmente come "d'avanguardia", vuol dire essere una persona innovativa, differente, trasgressiva, forse ribelle.
L'Hipster generalmente è laureato, il mio conoscente non lo è, ma posso garantire che molti plurilaureati potrebbero solo imparare dalla sua enorme cultura, comunque in genere l’Hipster ama alternare atteggiamenti sofisticati a stili decadenti, passa da brutalizzare il colore a momenti di incensamento fauvistico. S'interessa di fotografia, arte, non segue ufficialmente il calcio, i più giovani seguono tutte le discipline dello skateboard, i meno giovani amano girare in bicicletta, fare lunghe passeggiate, un po' di nuoto e non disdegnano la palestra per mantenere tonico il proprio corpo.
Seguono con apprensione i casi umani più disgraziati sopratutto se legati a gossip, non teme anzi se può fa sesso estremo, non rifiuterebbe girare un filmino porno ad uso famigliare. Infatti è cresciuto sessualmente con la pornografia di Internet, e non ha preclusioni di sorta ed è anche influenzato dal femminismo e dai rapporti promiscui.
Odia tutte quelle tendenze, nel campo delle idee, dei gusti, della moda, dei consumi legati a comportamenti collettivi che costituiscono "tendenza", ma ama frequentare vecchie signore, magari aristocratiche che collezionano arte o vecchie cose, come oggettistica e mobilio. Non beve molti alcolici, si limita al limoncello ghiacciato o meglio la crema di limone.
Ama la vita del quartiere e le sue "non abitudini", non volendo mai classificarsi abitudinario, ma gli piace la vita quotidiana, come fare la spesa al mercato, avere il conto aperto in yogurteria, frequentare negozi di cinesi, andare a fare un giro in bicicletta o con lo skate-board, ama viaggiare sui mezzi pubblici o farsi scorrazzare in auto dagli amici, andare ai mercatini dell’usato, ama tutto ciò che è kitsch ed è feticcio degli alimenti a km-zero, ma frequenta ristoranti etnici.
Non segue molto le mode e le serate ed è difficile trovarlo nella movida, ma segue le feste di quartiere. Ama i quartieri artistici, come la zona dei Navigli a Milano, o a Londra a Hoxton e Shoreditch dove gli Hipster vengono indicati con il termine spregiativo di shoreditch twats, ma anche Roma al gazometro del Testaccio o al Rione Monti, mentre Bologna è considerata la città italiana Hipster per eccellenza.
Questi venti-trentenni in continua ricerca della propria autenticità, appartenenti alla classe media con una propria forma di edonismo eccentrico, abbigliati in un patchwork di colori ed epoche differenti, che si tatuano e portano i baffi, e magari il piercing, che feticizzano ogni tradizione, mescolando il passato a piacere con contesti estetici attuali, facendo diventare tutto cool, quasi novelli bohémien urbani, sono ahimè purtroppo caduti nelle mani del nemico da loro più temuto; il conformismo e la catalogazione, senza accorgersene, diventando un fenomeno giovanile del XXI secolo, alla stregua di tanti altri.
Divenuti una delle tante espressioni della creatività giovanile, proprio come gli emo o i radical chic, è la musica, la moda, la stessa società consumistica che li ha ingabbiati in numerose definizioni. Ormai è facile ascoltare e leggere di hipster rap, hipster hop o hipster funk, ma anche di hipster-genitori. Questi ultimi sono preferibilmente coppie multiculturali che frequentano con i loro hipster-figli sia concerti che mostre d’arte moderna o mercatini d'antiquariato, creando così l'hipsteria.
E se l'hipsterism richiama intorno a sé giovani istruiti che lavorano o che vorrebbero lavorare nel mondo della moda, dell’arte e della musica, continuano a rifiutare i canoni estetici della cultura standardizzata e di massa, per poi ricaderci inevitabilmente con delle espressioni individuali spesso illeggibili. Un fenomeno, questo, di cambiamento di un’area socioculturale, detto di gentrification, che però non è limitato alle grandi capitali, anche se nelle città metropolitani livelli di hipsterparossismo talvolta siano evidentemente manifesti, soprattutto dove gentrificazione (gentrification) è stata più maggiormente incisiva, ossia in quei decadenti quartieri operai dei centri storici cittadini che sono stati recuperati attraverso un influsso di capitale privato, e che ha visto insediarsi nuovi inquilini - middle class - la nuova gentry appunto, e dove gli originari abitanti sono stati "rimossi" (in senso lato più che letterale) e traslocati in zone più periferiche.
Questo processo di post modernizzazione, ossia di gentrificazione urbana vede i nostri hipster protagonisti e nuovi conquistatori di aree urbane rinnovate.
Ma comunque sia basta ricordarsi tre semplici regole: l'hipster è ironico, vive la vita senza programmi a lungo raggio e con levità, benché sia vanitoso e sopratutto odia essere definito hipster.
Motivo per il quale non possiamo identificare questi ragazzi come bohémien, né come neo-liberal; li differenzia la mancanza di interessi politici. Non vogliono essere catalogati ad alcuna appartenenza politica, perché volutamente indipendenti, non sono anarchici, ma semplicemente disinteressati, tranne per quel che riguarda musica e moda.
Alla base della "crisi hipsterica" dei giovani d’oggi ma anche dei trentenni stanchi di una politica economica espressione del capitalismo bancario, sembra esserci la ricerca frenetica di ogni via utile per sfuggire all’appiattimento del sistema sociale contemporaneo e al suo conseguente impoverimento culturale.
Ciò non fa dell’Hipster un ribelle, forse è un ribelle dimezzato, pur con idee e istanze ambientalistiche (ecologista, animalista ecc..), è privo di un’identità diversa dalla solo negazione di tutto ciò che non condivide. Gli Hipster del XXI secolo o 2.0 sono sostanzialmente individualisti e volubili, fanno gruppo solo per divertirsi o squadra per combattere a difesa dei propri interessi, ma ciò non impedisce all’Hipster 2.0 di passare con disinvoltura da uno stile all’altro. Appartenere ad uno stile o ad una definizione non è Hipster.
Nel frattempo, queste tendenze, con il suo evolversi, diventano sempre di più oggetto di brand commerciali, nelle quali gli stereotipi Hipster diventano un ottimo sistema di propaganda commerciale.
Niente di nuovo sotto il sole: distinguersi dagli altri attraverso le proprie scelte estetiche e ideologiche è un’esigenza sociale, come lo è caratterizzare e strumentalizzare ogni movimento ai fini commerciali e politici, sopratutto quando diventano fenomeno di massa, meglio ancora se diffuso.
E se per l’ Hipster il suo look non è lo sfarzo, ma lo sforzo di differenziarsi rendendo quasi febbrile la propria ricerca di stili accattivanti, affinché piacciano sopratutto a se stessi (anche se è una scelta caotica, purché sia anticonformismo personale).
Mai e poi mai criticarli, perché in fondo tutti vorremmo essere o rimanere per sempre bambini, vorremmo ogni tanto essere noi stessi e piacerci, quasi novelli Peter Pan; volare con lo skate e ascoltare musica con l’Ipod nelle orecchie, parlare di cose divertenti e magari leziose senza doverci sempre nascondere al grigio quotidiano di un ufficio o di una fabbrica.
Io non disprezzo l’ Hipster, anzi lo invidio e vorrei poter essere più folle, perché in fondo, nella mia anima, si annida un po' d’hipsterismo e ciò mi fa sentire giovane e unico.