Passiamo a prendere Matteo in ufficio e ci dirigiamo al casello autostradale.
Dopo una serie di peripezie stradali, chiacchiere al vento con i miei compagni di viaggio, ci giunge la telefonata dall'aeroporto che ci comunica che il nostro volo per Varsavia è annullato.
Visi oscurati da mille domande, sembra che la sfiga voli in aereo con me. Giungiamo all'aeroporto, le gentilissime e interessanti hostess della LOT, ci promettono un imbarco sul volo della sera.
Abbiamo la giornata destinata al "cazzeggio", tanto il volo è per le 19.00. Malpensa non è cosi grande come si pensa e poco dopo siamo già stanchi di vedere vetrine con mille cose inutili, di commentare le passanti, di leggere riviste, meno male che posso passare il mio tempo con l'Ipad.
La "fauna" che vive in questo habitat è veramente particolare, diffusa nelle sue varietà e sottospecie. Trovi giovani aitanti sportivi brasiliani che nei colori carioca vagano in squadra per i corridoi. Vi sono anche belle fotografie di devoti pronti a salire sul primo aereo per vari mari tropicali, già in abbigliamento succinto. Trovi in contraltare invece cortei mariani di persone anziane che seguono il loro parroco per recarsi in qualche pellegrinaggio a chiedere qualche indulgenza
Gli uomini d'affari sono tutti uguali, può cambiare il colore della camicia, ma sempre in giacca e cravatta; la provenienza dei nordeuropei lo capisci dal gusto con cui scelgono la cravatta e dagli abbinamenti dei colori, alcuni veramente tragicomici.
I giovani manager indossano scarpe alla moda, sicuramente poco comode ma che fanno must.
Quelli con più esperienza riescono a scegliere abbigliamenti classici ma certamente più comodi.
Sono le donne che caratterizzano la loro origine, colori folgoranti, paiettes e gonne ampie, sono l'elemento che distingue l'origine del sud est asiatico da quella del sud america, ma anche tra gli "occidentali" non si scherza, è una gara tra tubini, scollature, borsette, ma anche tra maquillage perfetti.
Forse c'è un aereo da ballo diretto chissà dove!
Stare fermo ad ammirare tale passaggio di fauna alloctona e come aprire wikipedia o sfogliare una delle vecchie ma sempre utili enciclopedie cartacee.
Il pranzo al ristorante dell'aeroporto è traumatico,sia per la qualità che per la diversità dell'offerta. Un pranzo leggero per passare indenni le ore che abbiamo di fronte per l'imbarco.
Si sale su questo piccolo aereo Embraer, pieno di viaggiatori che da stamane cercano di raggiungere Varsavia.
Il viaggio passa tra un panino polacco, una bevanda e la lettura di un libro e Matteo che credo sia imparentato con la sibilla Cumana in quanto seguace del mitico colonnello Bernacca, mi racconta come ogni sussulto sull'aereo sia dovuto a un vento particolare di cui conosce nome e grado di parentela.
L'atterraggio è tranquillo, ritiro il mio bagaglio che ovviamente arriva con i soliti danni da carico e scarico; fuori nella Hall degli arrivi troviamo i colleghi polacchi e la rimanente parte della delegazione italiana.
Un'ora e mezza per raggiungere Plock con un moderno pulmino senza ammortizzatori rende il viaggio pari alla partecipazione ad un rodeo, tanti sono i buchi sulla strada
Sul pullman abbiamo il tempo di scambiarci qualche parola, trovare una posizione antalgica prima che morfeo ci venga a trovare e con lui percorriamo indolori il resto del viaggio.
L'arrivo in albergo è preceduto da una intensa pioggia che pare darci il benvenuto in Masovia, uno scarno saluto e raggiungo la mia stanza per riposare le mie stanche membra dopo una giornata faticosa ed improduttiva.
La giornata comincia con la conoscenza dei nuovi partner per il lavoro che mi attende, ma anche per abbracciare vecchie conoscenze che da tempo non vedevo, in particolare gli ungheresi e i tedeschi.
La colazione per me è stata anche la cena della sera prima, dalla mia tisana e frutta di tutti giorni, passo a uova, wurstel, pancetta e ancora marmellate, ristabilendo così l'equilibrio perso nel digiuno serale.
Matteo supera se stesso, i Re di Roma nel VI° secolo a.c. si ispirarono a lui quando fecero costruire la cloaca massima, è inimmaginabile ciò che mangia.
Le ore del mattino scorrono tranquille nella sala riunioni dell'albergo, dove ognuno presenta il proprio punto di vista sulle metodologie da applicare per raggiungere il comune obiettivo.
Nel pomeriggio ci rechiamo a vedere alcuni cantieri di lavoro lungo il corso della Vistola che nelle ultime alluvioni ha rotto gli argini; sono aperture nei terrapieni di oltre 100 metri, lo scenario nelle fertili terre allagate è lunare, decine di centimetri di sabbia le ricoprono per distese immense.
Incontriamo anche la popolazione coinvolta nell'alluvione e i vigili del fuoco intervenuti nei soccorsi.
Insieme a loro chiacchieriamo amabilmente e la serenità di questi contadini è straordinaria, hanno avuto le case allagate da diversi metri di acqua rimasta lì per diversi giorni e quando finalmente se ne è andata gli lascia come regalo miseria e disperazione.
Ma sono ancora lì, ringraziano il loro Santo protettore per aver avuto la vita salva e come novelli Sisifo sono pronti a ricominciare dal nulla.
Raccontano la fuga con l'auto di chi ha avuto il tempo di accorgersene, altri raccontano come l'acqua sia arrivata talmente improvvisa che a fatica sono riusciti a raggiungere la propria abitazione.
Molti sono stati salvati dagli elicotteri, altri con le barche dei vigili del fuoco. Questi hanno dovuto fronteggiare diverse difficoltà, considerata la forza della corrente delle acque e soprattutto per i detriti che vi galleggiavano.
Molti ricordano la grande alluvione del 1982 ma non sono in grado di fare paragoni.
La serata si conclude in un pub della cittadina di Plock, dove degusto dei piatti tipici.
Al nostro arrivo la nostra cameriera, dalle fattezze semplici, acqua e sapone, i lineamenti dolci, mani affusolate, con dita lunghe rende la visione maggiormente aggraziata dal costume tradizionale che indossa. Ci porta subito del pane con cetrioli sotto aceto e una tazza di strutto spalmabile (smalec) e tanti ciccioli di maiale fritto.
Provo a contare le vocali nel menu, sono veramente poche, la lingua polacca oltreché essere per me incomprensibile non è nemmeno leggibile; vincono le consonanti 10 a 2 sulle vocali.
La birra è buona, ma anche l'aringa con la salsa swetana non è male e dopo questo piatto passo a degustare un intruglio di carne e non so che cosa, che porta il nome di Bigos chiudiamo la cena con una buona vodka.
Manuela, che è seduta al tavolo con noi mi rende meno fredda la serata, grazie alle barzellette che ci racconta in spagnolo e io subito mi ritrovo catapultato con la mente nei miei caldi ricordi caraibici.
La serata freddissima si conclude con un rapido giro notturno per la città vecchia, non sono mancate le scenette della miglior gioventù locale in preda ai fumi dell'alcol che mi fanno ricordare amene scene del sabato sera ai murazzi di Torino.
Mentre io sono imbottito a cipolla, forse a causa dei reflui della mia bronchite, riaccesa appena uscito dal pub, passando da ambiente caldo a uno freddo osservo con invidia l'abbigliamento di Gergely, che definirei estivo.
Con spavalderia magiara mostra la propria resistenza al freddo indossando pantaloni leggeri e una bella camicia aperta, sotto un semplice cappotto.
La mattinata comincia con una serie di importanti relazioni e definizioni sulle linee strategiche future, mentre il pomeriggio lo passiamo in una caserma dei vigili del fuoco di Dobrzykow dove ci raggiunge il Presidente della Provincia di Plock, per un incontro conviviale, sereno e pacato.
I pompieri ci raccontano della loro organizzazione, dell'attività svolta durante l'ultima alluvione, dei soccorsi e ci mostrano un filmato girato durante l'emergenza.
Praticamente ceniamo da loro, iniziando il pasto con il loro buon appetito (smacznego) con una vodka, manca la smalec, ma le dosi e le quantità dei piatti di carne sono veramente notevoli. Ogni portata è intervallata da una Vodka, bevuta in bicchieri di 50 ml chiamati kieliszek. Va bevuta in un solo sorso do dna (fino in fondo), ti è concesso un sorso d'acqua dopo ogni bicchiere, d'altra parte siamo dai pompieri e pur bisogna spegnere questo incendio che ti ritrovi in gola.
Riusciamo ad intervistare i responsabili delle operazioni di soccorso intervenuti durante l' ultima emergenza alluvionale.
Abbiamo la fortuna di avere con noi Riccardo che parla un perfetto polacco (insieme a tante altre lingue), questo ci permette di evitare il passaggio dal polacco all'inglese e poi all'italiano. Ciò ci consente di essere quasi diretto nelle domande.
Nel lasciarci, questi arditi soccorritori si rivolgono a noi per il bicchiere della staffa, ringraziandoci reciprocamente con un dzi ekuje.
Dice un detto polacco " Non c'è nulla di più triste al mondo che essere in due con una sola bottiglia".
Varsavia è una grande e bella città, il freddo pungente ci è ormai entrato nelle ossa ed e' un tutt'uno con noi.
L'albergo che ci ospita è fin troppo lussuoso per le mie abitudini, dopo una veloce sciacquata siamo subito immersi nelle vie di Varsavia.
E' pomeriggio inoltrato ma la curiosità è tanta; il Saxon Garden è molto ampio, ci soffermiamo con Matteo ad ammirare e fotografare la tomba del milite ignoto, come a Roma sempre presidiata dai militari a guardia della fiamma perenne.
Il piazzale antistante è molto bello, ma fa un tale freddo che faccio fatica a girarmi tutto in tondo per ammirarlo nella sua maestosità.
Giungiamo, infreddoliti ed imbacuccati in krakowskieprzedmiescie e subito facciamo sosta in un piccolo locale a mangiarci una ciambellina calda. Proseguiamo verso la piazza del castello, non senza soffermarci a guardare il palazzo Radziwill.
A guardia dello stesso vi sono 4 leoni in pietra e la statua equestre del principe Josef Poniatowski, nipote dell'ultimo re di Polonia, divenuto comandante in capo dell'esercito polacco durante il periodo imperiale di Napoleone Bonaparte che aveva fatto della Polonia un Suo Ducato.
Ora Palazzo Radziwill è divenuto residenza del Presidente della Repubblica.
Subito dopo visitiamo la chiesa carmelitana e la chiesa di Sant'Anna, almeno da fuori in quanto vi sono i preparativi per alcuni matrimoni. Entrambe le chiese si salvarono miracolosamente dalla distruzione della seconda guerra mondiale. Breve sosta per ingurgitare una fetta di pane nero cosparsa di strutto con cetrioli affettati e continuiamo il nostro tour.
La piazza del castello ha una forma triangolare, è il punto di ritrovo di tutti i turisti per farsi fotografare davanti alla colonna di Sigismondo III Vasa, monumento eretto in onore del Re che trasferì la capitale da Cracovia a Varsavia. Fu il figlio a volerlo nel 1644.
Certo che la riconoscenza del figlio del Re non poteva esprimersi meglio che con un granitico ricordo, oggi mi accontenterei di vedere i figli rispettare maggiormente i padri.
Comunque, come di tutta Varsavia vecchia, di quella colonna la parte originale è la statua che vi sta in cima, infatti fu abbattuta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale e ivi ricollocata nel dopoguerra. I pezzi originali della colonna, crivellati dalle granate, fanno bella mostra nel lato meridionale del castello che si affaccia sulla piazza.
Ma come vi sono i turisti in piazza vi trovi anche giocolieri, mangiafuoco, pittori, venditori di palloncini, suonatori di qualunque strumento ecc... fino ai ventriloqui con i loro pupazzi, da noi quasi scomparsi.
Entriamo nella città vecchia (Stare Miasto), vecchia è un termine improprio, perché tutta la città vecchia ha poco più di 40 anni ma sembra davvero dimostrarne almeno 200.
Le forze naziste che occuparono Varsavia, obbedirono alla lettera agli ordini di Hitler che furono quelli di radere al suolo la città; la distruzione fu completa, rimase in piedi circa il 15% delle costruzioni.
Si cominciò la riedificazione della città vecchia, ricostruendo i palazzi e i monumenti storici, riportandoli al loro aspetto originario sulla base dei progetti, disegni e fotografie ritrovate.
La ricostruzione iniziata nel 1949 fu talmente perfetta che nel 1980 l'Unesco riconobbe alla città vecchia di Varsavia lo status di sito patrimonio dell'Umanità.
Una rapida sosta, tanto da poter far capolino all'interno della Cattedrale di San Giovanni, anch'essa rasa al suolo durante la seconda guerra mondiale che riassunse il suo aspetto gotico con la ricostruzione postbellica.
All'interno vi sono le tombe degli antichi Duchi di Masovia ma non riusciamo a vederle in quanto anche qui stanno celebrando un matrimonio.
Raggiungiamo sempre più infreddoliti Rynek StaregoMiasta, la piazza della città vecchia, senza dubbio la più bella di Varsavia, con i suoi alti palazzi pseudo settecenteschi.
E' un fiorire armonioso di stili e di elementi gotici e neoclassici con le case dai tetti dai profondi spioventi e i negozietti di artigianato. Sia i ristoranti e i caffè già addobbati per il prossimo Natale la rendono ancora più affascinante.
Una sirena, simbolo della città fa bella mostra nella piazza dove anticamente sorgeva il municipio.
Raggiungiamo con passo lento il Barbacane, senza però non aver fatto sosta in quei tipici locali di venditori di souvenir ( da me meglio chiamati Ciapapuvì tradotto liberamente dal mandrogno in prendi polvere) a cercare due cartoline da spedire o meglio da portare a mano a Beppe e Margherita, i titolari del bar sotto l'ufficio dove lavoriamo. La coppia sta arredando il minuscolo locale con le cartoline che tutti i colleghi gli portano dai vari viaggi i giro per il mondo.
Questa torre difensiva rotonda fatta con mattoni rossi, chiamata Barbacane, anch'essa ricostruita, fa da cornice a dei venditori ambulanti di piccoli oggetti fatti a mano.
Proseguiamo fuori dalla città vecchia fino alla chiesa del Santissimo Sacramento e dal piazzale del belvedere ammiriamo Varsavia dall'alto verso la Vistola. Le luci della città si stanno accendendo rendono il panorama molto bello.
Rientriamo verso l'albergo facendo una sosta a guardare dei mimi davanti al castello reale. Questo è ben illuminato, sembra originale, anche se non lo è in quanto fatto saltare dai nazisti verso la fine della guerra. Molte guide dicono che all'interno è stato riallestito con dovizia di particolari, è un vero peccato non poterlo visitare.
La piazza triangolare è stracolma di giovani, una delle più belle immagini di Varsavia, riuniti a gruppetti, che giocano, scherzano amabilmente, tutti a fronteggiare il freddo pungente.
Per arrivare in albergo cambiamo strada e ciò ci permette di vedere il Palazzo Jablonowski, antica sede municipale dal 1817 fino alla seconda guerra mondiale, quando fu distrutto dai bombardamenti e fu in seguito ricostruito nel 1997.
Di fronte troviamo il teatro Wielki, del quale fu ricostruita la sola facciata neoclassica, il resto è tutto moderno.
Raggiungiamo l'albergo stanchi ma contenti, ci attende un po' di riposo prima di andare a cena.
Mentre io mi immergo in un bagno caldo con tanta schiuma e aromi, il tepore e la stanchezza la vincono sul mio ardire.
Matteo, sempre di idee più sovrane delle mie, parte munito di accappatoio e costume verso la piscina dell'albergo, dove non accontentandosi di una nuotata non si fa mancare ne una sauna ne un idromassaggio.
Da novello anfitrione risale in stanza, pronto a confrontarsi on il pasto serale.
La cena è a base di piatti tipici, ci destreggiamo bene tra una tartara e altri piatti, bevendo ottima birra e concludendo con alcolici. siamo comunque in albergo quindi il palloncino non c'è lo fa nessuno.
La mattina è dedicata allo struscio per le vie centrali, alla Santa Messa e ad una obbligatoria visita al Palazzo della cultura e della scienza.
Puntiamo subito verso la chiesa prescelta per la SS.Messa, ed esattamente quella della S.S. Croce, poco distante dalla sede Universitaria di Varsavia.
La porta riccamente decorata sormontata dall'aquila polacca contraddistingue l'ingresso dell'Università, dove Matteo, studente universitario modello (due anni che aspetto di vedere l'ultimo esame) si fa fotografare.
Questo breve tratto di strada, che unisce palazzo Kazimierz (sede dell'Università) alla chiesa, ha visto le più sanguinose repressioni delle manifestazioni di protesta degli universitari e della popolazione nei violenti scontri contro le forze naziste
Mentre io vado a messa, Matteo si siede comodamente sul piedistallo del monumento dedicato a Niccolò Copernico, attento a provare le tecnologie che la macchina fotografica incorporata al suo telefono propone, infatti fa splendide panoramiche di ottima risoluzione.
Io mi accomodo nell'ultima pancata di sinistra della chiesa, poco distante dal secondo pilastro che incorpora la lapide dedicata a Frederic Chopin.
Musicista polacco natio di Varsavia che morirà a Parigi, ma che per volontà del compositore ne fu trasportato il cuore a Varsavia e collocato in una urna posta in questa chiesa.
Una lapide nel palazzo adiacente alla chiesa ricorda dove visse per lungo tempo Chopin.
Le navate sono gremite di fedeli e chi non ha posto sulle bancate si inginocchia per terra; non sono solo anziani ma tantissimi giovani, single o con l'intera famiglia.
Anche i più piccoli sono assorti nella preghiera.
La SS messa è terminata e Matteo fa un giro lungo le navate della chiesa a vedere questo esempio di Barocco ricostruito.
Continuiamo il nostro struscio, in una domenica mattina con i negozi chiusi ma con le vetrine illuminate da rilucenti pajette che annunciano il prossimo Natale.
Solo i locali dei cinesi sono aperti. Comunque tutti fanno da corona ad una strada principale veramente Reale con molti locali per giovani.
Arriviamo alla galleria Centrum, i negozi sono aperti, ci infiliamo dentro, un po' per curiosità e un po' per riscaldarci visto il freddo che c'è.
Il negozio d'abbigliamento è molto bello, ci aggiriamo tra i giubbotti, camicie, pantaloni, sciarpe, intimo maschile ecc... Finora non avevo speso quasi nulla ed ora invece faccio acquisti, anche Matteo non passa immune ai prezzi bassissimi di capi molto belli, ed in un battibaleno ci lasciamo un piccolo capitale.
All'uscita il freddo è pungente e ci stimola subito la ricerca di una toilette; nelle vicinanze c'è un bar ed è un ottima occasione per un caldo caffè.
Il locale è vuoto, si nota che è appena aperto, color pastello alle pareti con foto in bianco e nero e quadri d'arte moderna, in un arredo semplice realizzato in alluminio e materiali trasparenti.
E' abbastanza grande, ci accomodiamo e uno per volta andiamo alla toilette. Mentre vado in bagno, Matteo ordina i due caffè al ragazzo dietro al banco, io do una rapida occhiata al locale e mi colpisce il giovane cameriere vestito con una sola tshirt bianca che mette in mostra i suoi tatuaggi impressi sui bicipiti da palestrato, brrr con il freddo che fa.
Come entro nel bagno, anch'esso grande e colorato, la ragazza delle pulizie si affretta ad uscire e mi domando il perché visto che sono tutti bagni chiusi.
Beviamo il nostro caffè, ci scaldiamo, paghiamo il conto che è abbastanza salato, 4 volte il prezzo che normalmente abbiamo pagato in altri locali in Polonia, il doppio rispetto all'Italia.
Prendo un biglietto da visita di questo insolito caffè,per ricordare di non tornarci. Uscendo notiamo che i ragazzi dietro al banco, diventati due nel frattempo, ci guardano maliziosamente. Fuori dal locale ci fotografiamo a vicenda con Matteo per memorizzare bene il locale che comunque è molto bello.
Entriamo nel Palazzo della cultura e della scienza, dopo aver attraversato il grande piazzale su cui si affaccia. Il PKiN è un grattacielo che si eleva sopra ai ben più moderni alti palazzi in vetro e acciaio della Varsavia finanziaria.
Questo mostro grigio alto 231 metri, la costruzione attualmente più alta di tutta la Polonia, è stato un dono dell'URSS, costruito tra il 1952 e il 1955 ed è impossibile non vederlo da qualunque parte della città ti trovi.
L'ingombrante edificio, mai piaciuto troppi agli abitanti di Varsavia, a cui hanno sempre affibbiato nomignoli derisori, contiene un salone per congressi con oltre 2800 posti, ovviamente utilizzato per i congressi del partito comunista polacco fino a pochi anni fa ma ci sono anche tre teatri, due musei, un cinema multisala e una moltitudine di uffici, tutti in marmi pregiati con importanti opere d'arte.
L'atrio di ingresso è immenso, sembra la stazione centrale di Milano, cerchiamo la biglietteria per accedere all'ascensore per andare sulla terrazza panoramica. Depositiamo i nostri acquisti nel grande guardaroba.
In Ascensore, c'è una commessa seduta su uno sgabellino che ha il compito di schiacciare il tasto per portarci in terrazza. Per fare 30 piani, cioè 115 metri ci mettiamo pochissimi secondi, ci mette meno tempo che l'ascensore del nostro ufficio ci mette per percorrere i tre piani.
Il panorama è splendido, ci permette di vedere tutta Varsavia, ripercorrere le strade fatte il giorno prima nella città vecchia, scorgere i nostro albergo in lontananza.
Io, da sempre affascinato dai tram, posso guardare dall'alto la rete di questi mezzi di trasporto, quante volte mi sono fermato ad ammirarli e mi sarebbe sempre piaciuto guidarli per un piccolo tratto, soprattutto quelli vecchi. (Sono i desideri che i grandi si portano dietro fin da bambini).
Tornando in Albergo, sistemiamo i bagagli, paghiamo il conto prendiamo un taxi e ci dirigiamo verso l'aeroporto.
Mentre ci rechiamo prendere l'aereo che ci riporterà in Italia, ancora uno sguardo a questa città, veramente particolare e con un fascino che ti attira come una calamita.
Mentre attendiamo l'imbarco,seduti vicino al gate per Malpensa, con l'Ipad vado a cercare quello stano caffè, visto che abbiamo preso il biglietto da visita. Ed è tutto subito più chiaro. Il locale è un punto di ritrovo dei giovani omosessuali della città.
Rientriamo soddisfatti ed arricchiti da queste nuove scoperte e dalle amicizie fatte. Plock e Varsavia ci vedranno di nuovo loro ospiti prossimamente.