Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il dolore dello stretto (Messina ottobre 2009)

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AltoliaVi ripropongo alcuni pensieri che di getto scrissi a fine del 2009 in una mia epistola, ma che sono sempre attuali e qui pubblico con la stessa enfasi.
Questa volta vorrei descrivervi una mia personale esperienza vissuta con il cuore e con la pancia, sicuramente non condivisibile ma fortemente significativa.
Per studio e volontariato ho trascorso alcuni giorni nella terra messinese e sui monti peloritani nelle aree recentemente devastate dal nubifragio del 2009.
Non voglio con voi ripercorrere la storia dell'evento o della catastrofe "denunciata": lo farò forse poi con calma in altri racconti
Per la prima volta invece, ho preso parte ai funerali delle vittime: non avevo mai partecipato a funerali di Stato a seguito di una tragedia, anche se professionalmente ne ho viste tante, forse tutte.
Sabato, quel sabato 10 ottobre, mi sono preso un giorno di riposo, ho posato carta e penna, ho tolto il fango dagli scarponi, mi sono recato la mattina presto in piazza Duomo a Messina.
È il giorno del lutto.
Tutta Messina rende omaggio alle 28 vittime e agli 8 dispersi del disastro che ha colpito i villaggi della zona: Giampilieri, Molino, Briga superiore, Altolia e il Comune di Scaletta Zanclea.
Mentre mi reco nella Cattedrale ricostruita (simbolo di resurrezione della città da tutte le catastrofi che ne hanno segnato la storia), faccio sosta ad acquistare poche cose da un tabaccaio e da lui, originario di Scaletta, raccolgo storie di eventi calamitosi susseguitesi negli anni, di malcostume locale politico e tanto altro: mi colpisce la rabbia con cui esprime i suoi sentimenti, gli occhi lucidi al pensiero di chi non c'è più.
Colpisce soprattutto che lo esternalizzi con me, viandante del nord che ha iniziato a conoscere la gente dello stretto da pochi giorni.
La piazza è già gremita, un imponente cordone di ordine pubblico non fa accedere alla Cattedrale se non muniti di pass, una doppia fila di transenne crea una via d'emergenza, telecamere e parabole televisive ovunque, riempiono la piazza in ogni dove.
La presenza delle alte cariche dello Stato è segnata da una moltitudine di poliziotti sui tetti, dalla lunga fila di auto blu; l'arrivo dei Presidenti del Consiglio e del Senato è annunciato dal roteare, anche assordante, delle pale degli elicotteri della Polizia di Stato.
Idealmente c'è tutta Italia in piazza Duomo a Messina: le 21 bare sono arrivate il giorno prima, allineate in fila per due, ricoperte da venti tricolori italiani e un tricolore rumeno.
Un maxi schermo permette alla folla che mesta e silenziosa riempie la piazza, di vedere e sentire l'officio funebre.
Mi metto in posizione defilata, non voglio rubare spazio a chi ha diritto più di me ad essere presente: sconvolge il numero di persone presenti e la quantità di giovani che abbracciati in un silenzio solidale partecipano al triste momento di vicini di casa che magari non conoscevano.
La cerimonia ha inizio: la folla ammutolisce, il brusio sui commenti delle autorità presenti in chiesa cessa...
Ci sono delegazioni da tutta la Sicilia e dalla Calabria, uno striscione che non calerà mai sopra le teste di tanti, recita le persone come voi non muoiono per sempre, si allontanano soltanto... Vi sentiremo sempre nel nostro cuore... frase che raccoglie le lacrime di tanti astanti che circondano il Duomo in un tenero abbraccio. Striscione che, anche dopo il funerale, non abbandonerà la piazza ma sarà legato da giovani ragazzi alla balaustra della superba Fontana di Orione, voluta dal Senato messinese nel 1547 che orna la piazza e ricorda il trionfo di Orione, mitico fondatore della città e di una sua rinascita, quella della realizzazione dell'acquedotto sul torrente Camaro, che risolse il problema idrico della città.
L'arcivescovo La Piana inizia la SS. Messa, facendo chiamare ad uno ad uno dai propri parroci i nomi dei 27 corpi identificati (uno rimane da identificare).
Ad ogni nome, scandito con generosa chiarezza, un fragoroso applauso unisce all'unisono chi è dentro e chi è fuori in piazza.
Quando il parroco di Giampilieri chiama Ilaria De Luca, l'applauso per la piccola bambina (5 anni) è ancor più fragoroso; le guance dei più si corrugano di lacrime, a fargli eco l'applauso rivolto al ventinovenne Pasquale Simone Neri, lungo e commovente, definito dalla gente comune un eroe per essere perito nello slancio di solidarietà mentre cercava di portare in salvo delle persone in difficoltà.
Quando l'arcivescovo denuncia nell'omelia le colpe degli uomini, la carenza di manutenzione ordinaria del territorio, l'egoismo nell'uso del territorio, la piazza ha un sussulto di orgoglio e rabbia; un fragoroso applauso ammutolisce più volte il presule che deve ritornare sovente sulle sue parole per finire l'omelia.
Le telecamere abbracciano con le sue immagini la piccola bara bianca di Ilaria, legata alla quale un palloncino bianco con il suo nome scritto da mano compassionevole svetta all'interno della Cattedrale, nonché la bara di Maria, mamma di Lorenzo e Francesco, fanciulli ancora dispersi, uniti a lei da due palloncini, anch'essi bianchi, che portano i nomi dei due bambini.
Mentre gli uomini in divisa di tutte le armi ed associazioni si apprestano a portare fuori dal Duomo le vittime di questa immane tragedia, i volontari degli scout portano alle persone presenti in piazza bottigliette d'acqua, intanto i barellieri della Croce Rossa e delle Misericordie corrono ad ogni capo della piazza a soccorrere chi, affranto dal dolore che ha invaso l'intera arena, cede e collassa al suolo.
Dallo schermo si intravede l'ultima aspersione con l'acqua santa alle bare, mentre il padre ortodosso porge l'ultimo saluto a Monica, badante romena morta a 48 anni a Scaletta Zanclea.
Un mesto corteo di uomini in divisa prende a spalle le bare, anche i volontari portano il loro carico di dolore, raccolto in una salma.
Quando esce il feretro della piccola Ilaria, anche il vento saluta la bara e il fruscio delle foglie che circondano la piazza si unisce all'interminabile applauso, mentre una folata accarezzando il palloncino se lo porta subito in cielo.
Anche i palloncini di Lorenzo e Francesco corrono verso l'azzurro del cielo sopra lo stretto di Messina; un bimbo vicino a me si rivolge alla sua mamma dicendole "Mamma, guarda stanno tornando a casa"... il vento corre infatti verso Giampilieri...
Un corpulento bodyguard, sicuramente al seguito del premier, scosta gli occhiali scuri e prova ad asciugare le lacrime.
La piazza si svuota mestamente in quel silenzio assordante: i capi sono quasi tutti chini, quasi a voler nascondere il volto disegnato dalle lacrime.
È Messina che piange.
Io me ne torno verso il mio lavoro, ho vissuto un incredibile momento di solidarietà, ho raccolto la mia fragilità facendone tesoro: mi sento per un attimo anch'io messinese.
La mia mente corre verso coloro che stanno continuando a scavare tra le macerie, alla ricerca di quel che resta degli otto dispersi: forse i palloncini di Lorenzo e Francesco arriveranno prima di me.